N. 669 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 1993

                                N. 669
       Ordinanza emessa il 6 luglio 1993 dal tribunale di Savona
   sull'istanza di riesame proposta da Gullace Carmelo
 Mafia - Provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa -
    Possesso  ingiustificato,  anche per interposta persona di beni di
    valore  sproporzionato  alla  attivita'  svolta   o   ai   redditi
    dichiarati  -  Configurazione  di tale condotta come reato proprio
    richiedendosi per il soggetto attivo la qualifica di indagato  per
    determinati  reati  o di soggetto nei cui confronti si proceda per
    l'applicazione di una misura di prevenzione - Irragionevolezza  in
    considerazione della non definitivita' delle suddette qualifiche -
    Lesione   dei   principi   di   presunzione   di  innocenza  e  di
    irretroattivita' della legge penale.
 (Legge 7 agosto 1992, n. 356, art. 12-quinquies, secondo comma,
    modificato dal d.l. 24 luglio 1993, n. 152).
 (Cost., artt. 25 e 27).
(GU n.46 del 10-11-1993 )
                             IL TRIBUNALE
    Letta l'istanza di  riesame  proposta  nell'interesse  di  Gullace
 Carmelo  del  28  giugno  1993 avverso il decreto di sequestro emesso
 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Savona in  data
 10 giugno 1993, eseguito e notificato il 17 giugno 1993;
    Esaminati  gli  atti  e  la  documentazione  allegata  sentita  la
 relazione  del  giudice  ed  udite  le   conclusioni   della   difesa
 all'odierna udienza camerale;
    A  scioglimento  della riserva assunta, ha pronunciato la seguente
 ordinanza;
    Ritenuto, preliminarmente,  che  il  provvedimento  impugnato  non
 merita  le  censure  di nullita' per vizio di motivazione mosse dalla
 difesa con i primi due motivi della  richiesta  di  riesame,  atteso,
 quanto  alla  contestazione  dell'addebito,  che  questa,  seppur non
 specificamente  indicata   con   riferimento   al   comma   dell'art.
 12-quinques, della legge n. 356/1992 che si ritiene violato, tuttavia
 si   desume  agevolmente  dalla  parte  motiva  del  decreto  laddove
 l'illecito contestato viene ravvisato nella  "disponibilita'  diretta
 ed  indiretta"  dei beni e nel "loro valore sproporzionato al reddito
 percepito" e, quindi, nella fattispecie del  possesso  ingiustificato
 di  valori di cui al secondo comma del citato art. 12, di talche' non
 puo' ritenersi leso il diritto di  difesa,  di  fatto  esercitato  in
 relazione  ad entrambe le ipotesi delittuose contemplate dalla norma;
 atteso inoltre, quanto al secondo motivo di riesame, che  la  mancata
 indicazione del presupposto soggettivo del reato contestato (pendenza
 di  procedimento  penale  per  uno dei reati citati nel secondo comma
 dell'art. 12-quinquies) non costituisce causa di nullita' del decreto
 di sequestro, non rendendo ne' illogico, ne' mancante la  motivazione
 dello   stesso,   il   cui  onere  e'  stato  assolto  dal  p.m.  con
 l'indicazione della norma di legge ritenuta violata; si osserva,  in-
 fine,  che  non  si  ravvisa  alcun  pregiudizio  per i diritti della
 difesa, atteso che,  da  un  lato,  la  sussistenza  del  presupposto
 soggettivo   e'   verificabile   attraverso  un  semplice  esame  del
 certificato dei carichi pendenti e, dall'altro lato, la difesa ha  di
 fatto svolto le proprie argomentazioni anche sotto tale profilo;
    Ritenuto, nel merito, che in relazione ai beni immobili oggetto di
 sequestro  di  cui  alle  schede  redatte dalla guardia di finanza di
 Savona nn. 1), 2), 4), 5), 6),  nonche'  in  relazione  alle  128.700
 azioni  della  S.p.a.  Compagnia  mineraria  di  Toirano  intestate a
 Fazzari Giulia, ed al 52% di tutti i  beni  di  proprieta'  di  detta
 societa',  pure  in  sequestro,  non  sussiste  il  fumus  del  reato
 contestato in quanto:
       a)  la  titolarita' di tali beni e diritti in capo alla Fazzari
 Giulia, coniuge del Gullace dal 1988  e  persona  non  indagata  come
 concorrente  nel  reato  proprio  ascritto  al  Gullace, risale, come
 provato  dalla  difesa,  agli  anni  1980-86,  e  quindi   ad   epoca
 antecedente alla data del matrimonio con l'indagato;
       b)  il  Gullace  dal 1980 al 1988, salvo breve interruzione, e'
 stato detenuto in carcere;
       c) non e' stato fornito alcun elemento di prova in ordine  alla
 asserita  lunga convivenza, a far data dal 1980, della Fazzari con il
 Gullace,  convivenza  che,  secondo  le  indagini  della  guardia  di
 finanza,  avrebbe  favorito  le  ripetute  intestazioni fittizie alla
 attuale moglie; viceversa, come sopra detto, e' positivamente provato
 che la supposta convivenza e' stata di fatto impedita dallo stato  di
 detenzione;
    Ritenuto,  pertanto,  non  risultando elementi da cui desumere che
 tali beni siano stati acquistati con i proventi di attivita' illecite
 svolte all'epoca dal Gullace e che quindi attualmente  lo  stesso  ne
 abbia  la  disponibilita'  per interposta persona fisica e giuridica,
 che il sequestro su tali beni non puo' essere mantenuto;
    Ritenuta, per contro, la sussistenza del  fumus  commissi  delicti
 contestato in relazione agli immobili in sequestro di cui alle schede
 della guardia di finanza nn. 7) ed 8), atteso che:
       a)  tali beni sono stati acquistati dalla moglie del Gullace in
 epoca successiva al matrimonio (nel 1990);
       b) il valore di tali beni  -  anche  ritenendo  attendibile  la
 valutazione  effettuati  dal  perito  di parte dell'indagato - appare
 notevolmente sproporzionato al reddito dichiarato dalla  Fazzari  nel
 1990  e negli anni precedenti e comunque anche il reddito complessivo
 dichiarato dai coniugi Gullace negli anni 1989 e 1990 (si  vedano  le
 dichiarazioni dei redditi in atti);
       c)  che  pertanto  di  tali  beni  non  e'  stata adeguatamente
 giustificata la  legittima  provenienza,  non  potendosi  considerare
 rilevante  il  dato  - evidenziato dalla difesa - del volume d'affari
 dichiarato per l'anno  1990  dalla  Edilnord,  non  rappresentando  i
 ricavi indice di redditivita';
       d)  che,  inoltre,  ai  sensi  dell'art.  12-quinquies, secondo
 comma,  deve  ritenersi  rilevante  la  disponibilita'  non  soltanto
 diretta,  collegata  cioe' a vincoli giuridici tra il soggetto attivo
 ed il bene, ma  anche  indiretta,  realizzata  cioe'  per  interposta
 persona,  tramite  intestazione  fittizia  o fiduciaria; e che, nella
 fattispecie siffatta indiretta disponibilita' e'  verosimile  che  il
 Gullace realizzi attraverso la propria moglie;
    Rilevato,   infine,   che  il  Gullace  e'  persona  sottoposta  a
 procedimento penale per il delitto di cui all'art. 416- bis del  c.p.
 dinanzi alla corte di assise di Palmi;
    Ritenuto,  pertanto,  che in relazione a tali beni la richiesta di
 riesame non puo' essere accolta;
    Considerato tuttavia che il tribunale  ritiene  di  far  propri  i
 dubbi   di  legittimita'  costituzionale  -  sollevati  dalla  difesa
 all'udienza di  discussione  del  riesame  -  della  norma  contenuta
 nell'art.  12-quinquies  della  legge  n.  356/1992 in relazione agli
 artt. 27, secondo comma, e 25,  secondo  comma,  della  Costituzione,
 atteso che:
      quanto all'art. 27, secondo comma, della Costituzione: l'art. 12
 citato,  configurando  un'ipotesi  di  reato  proprio,  riconnette la
 sussistenza della fattispecie criminosa ad una qualifica soggettiva -
 quella di sottoposto a procedimento  penale  -  priva  del  carattere
 della  definitivita';  nonche'  ad  una  qualifica  alla  quale,  per
 espressa guarentigia costituzionale,  non  possono  essere  collegate
 conseguenze sanzionatorie definitive che priverebbero di contenuto la
 presunzione di innocenza stabilita dall'art. 27 della Costituzione.
   Il conflitto tra le due norme e' evidente: alla condanna definitiva
 per  il  delitto di cui all'art. 12-quinquies della legge n. 356/1992
 potrebbe  sopravvenire  l'assoluzione  nel   procedimento   cui   era
 sottoposto l'indagato e costituiva il presupposto dell'incriminazione
 del   possesso  ingiustificato  di  valori  di  cui  al  citato  art.
 12-quinquies; l'assenza di meccanismi processuali (quali  ad  esempio
 la  sospensione  obbligatoria  del processo relativo all'accertamento
 del reato di cui all'art. 12-quinquies) non consente, ad  avviso  del
 collegio,   di   coordinare  la  norma  incriminatrice  con  precetto
 costituzionale. La  stessa  Corte  in  precedente  occasione,  e  con
 riguardo  alla  norma  di  cui  all'art.  708  del  c.p.  ha ritenuto
 incompatibile   l'incriminazione   ricollegata   ad   una   qualifica
 soggettiva provvisoria (Corte costituzionale 19 luglio 1968, n. 110);
      quanto  all'art.  25,  secondo  comma,  della  Costituzione: dal
 momento che la formulazione attuale della norma incriminatrice impone
 all'indagato la "legittima provenienza" e non l'attuale possesso  dei
 beni,  essa appare incompatibile, quanto messo in riferimento ai beni
 dei  quali  -  come  accade  nella  fattispecie  -  risulti   provata
 l'acquisizione  anteriormente  all'entrata  in  vigore della legge n.
 356/1992, con il principio costituzionale di  irretroattivita'  della
 legge penale.
    In  altri  termini,  alla  stregua  dell'interpretazione  logica e
 letterale  dell'art.  12  cit.,  verrebbe  vanificata   la   garanzia
 costituzionale  dei  cittadini  di  far  conto  sulla  " .. sicurezza
 giuridica delle consentite libere scelte  di  azione"  attraverso  la
 possibilita'  di conoscenza delle norme, sicche' in concreto lo Stato
 verrebbe meno all'assicurazione data ai consociati " ..  che  non  li
 punira'  senza  preventivamente  informarli  su cio' che e' vietato o
 comandato" (Corte costituzionale 24 marzo 1988, n. 364).
    Non pare irrilevante sottolineare che nel  contesto  dello  stesso
 articolo,   nel  primo  comma,  il  legislatore  e'  ricorso  ad  una
 differente tecnica di formulazione della norma, consentendo  di  dare
 penale  solo  a  condotte  poste  in  essere  dopo  il  7 agosto 1992
 ("chiunque attribuisce").
    Ritenuto che, alla stregua  delle  considerazioni  che  precedono,
 l'eccepita  questione  con riguardo ad entrambe le norme in conflitto
 deve ritenersi non manifestamente infondate;
      che la definizione dei dubbi di costituzionalita'  e'  rilevante
 ai  fini della decisione della proposta istanza di riesame, attesa la
 ritenuta sussistenza, con riguardo ai beni acquistati  dalla  Fazzari
 successivamente  al  1990, del fumus commissi delicti di cui all'art.
 12-quinquies della legge n. 356/1982;
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 324 del c.p.p.;
    In parziale accoglimento dell'istanza di riesame;
    Dispone il dissequestro dei beni immobili di cui alle schede della
 guardia  di  finanza  nn.  1),  2), 4), 5), 6); delle 127.800 azioni,
 intestate a Fazzari  Giulia,  della  S.p.a.  Compagnia  mineraria  di
 Toirano; del 52% di tutti i mobili ed immobili di proprieta' di detta
 societa';
    Solleva  la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art.
 12-quinquies, secondo comma, della legge 7 agosto 1992, n. 356,  come
 modificato  dal  decreto-legge n. 152/1993 per violazione degli artt.
 27, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il presente procedimento di riesame;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  sia  comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del
 Parlamento.
      Savona, addi' 6 luglio 1993
                        Il presidente: FIUMANO'
    Il giudice estensore: BOSSI
                            Il collaboratore di cancelleria: DI MAMBRO
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