N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 1993

                                 N. 62
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
  cancelleria il 29 ottobre 1993  (del commissario dello Stato per
  la regione siciliana)
 Regione Sicilia - Edilizia e urbanistica - Provvedimenti per la
    prevenzione dell'abusivismo edilizio e per la  destinazione  delle
    costruzioni  edilizie  esistenti  -  Concessione  del  diritto  di
    abitazione ai proprietari  degli  immobili  abusivi  (che  abbiano
    adibito gli immobili stessi a dimora abituale e principale propria
    e   del   loro   nucleo   familiare),   acquisiti   al  patrimonio
    indisponibile  del  comune,  previo  pagamento  di   un'indennita'
    ragguagliata  agli  oneri di urbanizzazione previsti dalla vigente
    normativa - Prevista sanatoria  per  gli  immobili  realizzati  in
    difformita'  dalle norme edilizie e ai piani regolatori e rilascio
    di certificato di abitabilita' anche per i manufatti non  conformi
    alle  vigenti  prescrizioni  edilizie, in contrasto con i principi
    della legge statale (di  riforma  economico-sociale)  n.  47/1985,
    relativi  al sistema sanzionatorio dell'abusivismo edilizio, e con
    il principio di  proporzionalita'  tra  gravita'  dell'illecito  e
    sanzione - Determinazione con decreto del presidente della regione
    dei  compensi  spettanti  ai  progettisti  per  la  redazione o la
    revisione dei piani urbanistici in contrasto con  le  disposizioni
    di  cui  all'art.  5  del  testo unico n. 143/1949 sugli oneri dei
    professionisti - Innovazione nella  procedura  di  rilascio  delle
    concessioni   edilizie   e  dei  certificati  di  abitabilita'  ed
    agibilita' in violazione dei principi sull'istituto del  silenzio-
    assenso di cui ai dd.-ll. nn. 180, 280 e 398 del 1993 - Disparita'
    di  trattamento  tra  i  cittadini  con violazione dei principi di
    imparzialita' e buon  andamento  della  p.a.  -  Riferimenti  alle
    sentenze  della  Corte  costituzionale  nn.  132/1986,  487/1989 e
    16/1992.
 (Delibera legislativa regione Sicilia 14 ottobre 1993, artt. 2, 3, 4,
    5, secondo, terzo e quarto comma, 6, 7, terzo comma, 8 e 11).
 (Cost., artt. 3, 5, 9 e 97; statuto regione Sicilia, art. 14, lett.
    f)).
(GU n.47 del 17-11-1993 )
    L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 14 ottobre 1993,
 ha approvato il disegno di legge n. 524, 249, 324,  343,  545,  norme
 stralciate,    dal   titolo   "provvedimenti   per   la   prevenzione
 dell'abusivismo edilizio e  per  la  destinazione  delle  costruzioni
 edilizie  esistenti", comunicato a questo commissariato il successivo
 giorno 18 ottobre 1993, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello
 statuto speciale.
    Il  provvedimento  legislativo  teste' adottato, sebbene sia stato
 presentato  come  una  complessa  e  rigorosa  disciplina,  atta   ad
 assicurare  un efficace controllo sull'attivita' edilizia mediante la
 previsione di termini perentori e di sanzioni a carico  degli  organi
 comunali   inadempienti,  in  realta'  vuole  venire  prevalentemente
 incontro  alle  istanze  di  migliaia  di  proprietari  di   immobili
 edificati  abusivamente, che organizzatisi in gruppi hanno di recente
 in vari comuni dell'isola riproposto i temi e le  rivendicazioni  che
 furono  propri  del  movimento che porto' alle leggi di sanatoria del
 1985.
    La  regione,  difatti,  dimostratasi  incapace  di  governare  con
 l'adozione  di  idonee  misure  preventive  e/o  repressive  la ormai
 generalizzata situazione di dissesto urbanistico (sono  numerosissimi
 gli immobili passibili di demolizione, sorti in massima parte dopo il
 1983)  che  ha  assunto  in  alcune  zone dell'isola (Gela, Vittoria,
 Niscemi, Misterbianco, Bagheria) livelli di notevolissima ampiezza  e
 gravita',  sotto  il  profilo  economico  e  sociale,  e' giunta alla
 determinazione di concedere il diritto di abitazione  ai  proprietari
 degli  immobili  abusivi,  acquisiti  al patrimonio indisponibile del
 comune, previo pagamento di una indennita' ragguagliata agli oneri di
 urbanizzazione previsti dalla vigente normativa.
    Da quanto premesso emerge immediatamente il dato fondamentale  che
 caratterizza  inequivocabilmente  la  normativa in questione come una
 sanatoria generalizzata e per alcuni versi abnorme.
    L'art.  4  conferisce,  infatti,  ai  sindaci  dei  Comuni,   dopo
 l'acquisizione  al  patrimonio  comunale  degli  immobili  realizzati
 abusivamente  e  previa  deliberazione  del  Consiglio  comunale,  la
 facolta',  in  alternativa alle disposizioni vigenti, di concedere il
 diritto di abitazione a coloro che hanno adibito gli immobili  stessi
 a dimora abituale e principale propria e del loro nucleo familiare.
    Il  legislatore  regionale  cosi'  operando,  nell'esercizio della
 competenza esclusiva attribuitagli dallo statuto speciale ex art.  14
 lett.  f),  pone  in  essere  una  normativa  che mira palesemente ad
 eludere nei fatti le  rigorose  leggi  nazionali  e  regionali  nella
 materia dell'urbanistica e dell'edilizia.
    L'apparato  normativo,  cosi'  come  indicato  negli  artt.  4, 6,
 secondo, terzo e quarto comma, 7, quarto comma e 8, non solo crea  in
 favore  dei  cc.dd.  abusivi per necessita' un nuovo diritto reale di
 godimento ma anche legittima la situazione di fatto antigiuridica  di
 numerosi   immobili   edificati   senza  il  rispetto  della  vigente
 normativa.
    Quest'ufficio  in  proposito,  sebbene   sia   consapevole   delle
 motivazioni solidaristiche che hanno indotto il legislatore regionale
 ad  apprestare  strumenti normativi finalizzati ad allentare tensioni
 abitative ed a mantenere un consistente patrimonio  immobiliare,  non
 puo'  esimersi  dal  prospettare  rilievi  di  costituzionalita'  nei
 confronti delle predette disposizioni.
    In proposito, deve rilevarsi in via preliminare che  sebbene  alla
 regione  siciliana  sia conferita competenza legislativa esclusiva in
 materia di urbanistica ed edilizia, competenza fatta salva  dall'art.
 1  della  legge n. 47/1985, questa non possa ritenersi talmente ampia
 da sovvertire l'impianto della normativa statale di riferimento.
    Codesta  ecc.ma  Corte  ha,  difatti, riconosciuto che la predetta
 legge n. 47/1985 e successive modifiche ed  integrazioni  costituisce
 legge  di riforma economico-sociale per quanto attiene alle misure di
 prevenzione del fenomeno abusivistico e  soprattutto  per  il  regime
 sanzionatorio in essa contenuto che, attenendo alla sfera dei diritti
 soggettivi  dei  cittadini,  richiede  necessariamente uniformita' di
 trattamento e determinazione dei limiti comportamentali e delle rela-
 tive conseguenze, in ossequio al principio cardine della certezza del
 diritto.
    E se ancorche' si voglia riconoscere al legislatore  siciliano  la
 facolta'  di determinazione dei tipi e delle modalita' delle sanzioni
 amministrative (nella  fattispecie  la  confisca  dell'immobile),  la
 congruita'  della  pena e', tuttavia, censurabile in sede di giudizio
 costituzionale, qualora le previsioni normative siano irragionevoli e
 possano  condurre  a  "sperequazioni  palesemente   inique",   (Corte
 costituzionale sent. n. 132/1986 ord. n. 84/1984 e n. 256/1987), come
 nella fattispecie in esame.
    Le  norme  in  questione  determinano,  invero,  una irragionevole
 situazione  di  privilegio  a  favore   dei   cittadini   dell'isola,
 privilegio   che   rivela  uno  sviluppo  direttamente  proporzionale
 all'inerzia    degli    amministratori    siciliani,    indubbiamente
 determinante  nella  realizzazione  di  una  situazione di abusivismo
 "diffuso" e  non  piu'  "sparso",  pervenuto  a  dimensioni  tali  da
 richiedere un apposito intervento legislativo.
    Ma  sul  punto  il  principio di proporzionalita' tra gravita' del
 fatto e sanzione, secondo quanto affermato  da  codesta  Corte  nella
 sentenza n. 487/1989, va inteso quale criterio generale di congruenza
 degli strumenti normativi rispetto alla finalita' da perseguire.
    Anche  in  una  materia  quale  l'urbanistica,  in  cui la regione
 siciliana, gode di competenza esclusiva e  pur  in  presenza  di  una
 eccezionale  e  grave  situazione di fatto locale, deve ribadirsi che
 solo lo Stato e' in grado di garantire  effettivamente  l'omogeneita'
 di trattamento di tutti i cittadini.
    Al  riguardo,  pur  ammettendo  la possibilita' che il legislatore
 regionale  valuti  globalmente  il   fenomeno   e   proceda   ad   un
 bilanciamento  degli  antitetici  interessi del diritto dei cittadini
 all'abitazione  e  del  rispetto  dell'ambiente  e  del   territorio,
 l'intervento   legislativo   non   puo'   estendersi   al  limite  di
 compromettere in modo irreversibile  l'assetto  del  territorio  gia'
 determinato o in via di determinazione.
    Invero,  il legislatore siciliano, nell'ancorare a norme di favore
 le costruzioni esistenti al 30 settembre 1993,  dimostra  di  essersi
 preoccupato  esclusivamente  di  conservare  il  patrimonio edilizio,
 comunque ed ovunque realizzato, senza  lasciare  alcun  margine  alla
 discrezionalita'  dei  comuni  di  fatto  obbligati  (attesa la grave
 situazione  di  tensione  abitativa)  nel  valutare  l'incidenza  del
 fenomeno  a  scegliere il regime di cui all'art. 4 e quindi mantenere
 nel proprio territorio tutti gli immobili  realizzati  alla  predetta
 data.
    Inoltre,  nel  fissare al 30 settembre 1993 la data entro la quale
 la  costruzione  degli  immobili  deve  essere  stata  ultimata,  per
 beneficiare  delle disposizioni di favore contenute nel provvedimento
 de quo (termine, si rileva, ben piu' ampio di quello  previsto  dalle
 varie    susseguenti   singole   iniziative   legislative   confluite
 nell'attuale   testo:   30  giugno  1992  e  31  dicembre  1992),  il
 legislatore regionale ha mostrato di continuare a tollerare, se non a
 premiare, il fenomeno dell'abusivismo "dell'ultima ora".
    Le norme oggetto di censura, da tempo  annunciate,  non  hanno  di
 certo    dissuaso   la   persistenza   e   prosecuzione   di   moduli
 comportamentali,  posti  in  essere  in  violazione   della   vigente
 normativa   ed  hanno  legittimato  il  permanere  dei  comportamenti
 omissivi  degli  organi  comunali,  preposti  alla  vigilanza   circa
 l'adozione  dei  provvedimenti sanzionatori di demolizione, in attesa
 della ora avvenuta approvazione definitiva della legge.
    A cio' si aggiunge la scarsa intelligibilita' della norma che  in-
 duce  a perplessita' interpretative circa la concreta possibilita' di
 individuare i soggetti e  gli  oggetti  destinatari  delle  norme  di
 favore.
    Si  rileva  in proposito che la disposizione contenuta nel secondo
 comma dell'art. 4, qualora fosse interpretata letteralmente, potrebbe
 invero  dare  origine  alla  cessione  del  diritto   di   abitazione
 relativamente  ad  un'intera  costruzione abusiva costituita anche da
 una pluralita' di unita' abitative.
    Ad ulteriore sostegno dell'ipotesi che  la  reale  intenzione  del
 legislatore  non  sia  solo  quella  di  consentire  il perdurare del
 godimento dell'immobile a quei  soggetti  privi  di  altra  soluzione
 abitativa,   e'   l'intrinseca  incongruita'  derivante  dai  termini
 stabiliti per essere ammessi ad usufruire del diritto di abitazione.
    L'apparato normativo, cosi' come delineato, ad  avviso  di  questo
 ufficio,  puo'  consentire  la  precostituzione di situazioni tali da
 configurare le condizioni previste per l'attribuzione del diritto  ex
 art. 4.
    Unico  termine  certo e', infatti, quello relativo all'ultimazione
 dell'immobile entro il 30 settembre 1993.
    Orbene,   secondo   costante   giurisprudenza,   la   nozione   di
 "costruzione   ultimata"  e'  riferita  all'esistenza  di  soli  muri
 perimentrali coperti  da  tetto,  quali  unici  elementi  strutturali
 caratterizzanti  l'immobile, concetto questo ben diverso da quello di
 "unita' immobiliare abitabile" ed  abitata  che  giustificherebbe  il
 mantenimento  del  godimento  del  bene  in  virtu'  di  un principio
 solidaristico in presenza di un dato di fatto gia' esistente.
    Alla luce di quanto su esposto, appare di tutta  evidenza  che  la
 normativa  in  esame  assume  quasi i connotati di una ingiustificata
 indulgenza verso il perseverante abusivismo edilizio, posto in essere
 con  assoluta  indifferenza  contro  il  principio  dell'obbligatorio
 rispetto delle leggi.
    Come  l'ecc.ma  Corte ha ribadito con sentenza n. 16/1992, "non si
 puo' non rilevare che una normativa consolidante situazioni di  fatto
 costituitesi  illegalmente .. e' di per se' causa di ben piu' gravi e
 durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile,
 dimostrandosi ai cittadini rispettosi delle leggi" che essi anzicche'
 garantiti, sono lesi in quanto anch'essi titolari  di  una  legittima
 aspettativa  in  merito  alla  tutela  dell'assetto  urbanistico  del
 territorio e dell'integrita' dell'ambiente in cui vivono,  "a  favore
 di    chi,    ancorche'    necessitato   dall'esigenza   fondamentale
 dell'abitazione, ha violato la legge".
    Il legislatore siciliano con l'art. 4, primo comma, del disegno di
 legge  pur  prevedendo  che  i consigli comunali possano stabilire di
 applicare le norme previste dallo  stesso  articolo,  nella  sostanza
 dispone  l'acquisizione  al patrimonio comunale di tutti gli immobili
 realizzati  abusivamente  senza  valutare,  caso  per  caso,  se   il
 manufatto   contrasti  o  meno  con  gli  interessi  urbanistici  e/o
 ambientali.
    La norma, quindi, non appare garante dei  principi  costituzionali
 di  cui agli art. 5, 9, e 97 della Costituzione, in quanto sembra far
 coincidere apoditticamente il "prevalente interesse pubblico" con  il
 mantenimento del possesso della costruzione da parte del soggetto che
 ha violato la legge e dei suoi familiari e quindi, in buona sostanza,
 il perdurare di una situazione antigiuridica.
    La  disposizione  contenuta  nell'art.  4,  cosi'  come formulata,
 costituisce una strumentale interversione del titolo del possesso sul
 bene, finalizzata a garantire il perdurare della situazione quo  ante
 e conseguentemente esclude ogni intervento amministrativo e normativo
 atto a ripristinare la turbata legalita'.
    Sicuro  indizio  di  incostituzionalita'  e'  la norma dell'ottavo
 comma secondo la quale "i procedimenti amministrativi di  repressione
 dell'abusivismo  edilizio  attualmente  in  corso  rimangono sospesi,
 ferma restando la prosecuzione delle  attivita'  processuali  innanzi
 agli organi della giurisdizione amministrativa ed ordinaria sino alla
 data  di  scadenza  del  termine  di  presentazione  delle domande di
 concessione del diritto di abitazione di cui al terzo comma".
    Invero,  l'applicazione  della  norma  in  questione,  nei  fatti,
 comporta   un'interferenza   con   l'esecuzione  delle  ordinanze  di
 demolizione delle opere abusive ordinate dal giudice  penale  con  le
 sentenze  di  condanna,  cui  si riferisce l'ultimo comma dell'art. 7
 della legge n.  47/1985  e  che  pertanto  il  legislatore  siciliano
 nell'introdurre  una  confisca  priva  di  reale natura sanzionatoria
 provocherebbe, oltre ogni ragionevole dubbio, un'illegittima  lesione
 dell'indispensabile uniformita' di trattamento in tutto il territorio
 del Paese (Corte costituzionale sent. n. 179/1986).
    In  proposito  e' determinante, altresi', la considerazione che la
 normativa predisposta dall'assemblea configura un'indubbia disparita'
 di trattamento rispetto ai cittadini che in  un  recente  passato  si
 sono  avvalsi  della  sanatoria  recata  dalla  legge n. 47/1985 (con
 pagamento dei relativi oneri finanziari) nonche' a quelli che  invece
 hanno  subito provvedimenti ben piu' severi (ordinanze di demolizione
 o sospensione dei lavori).
    La disciplina concernente la destinazione  e  l'uso  dell'immobile
 realizzato  abusivamente  inoltre  non  e'  sussumibile  sotto  alcun
 paradigma normativo esistente nel vigente ordinamento giuridico.
    I   soggetti    interessati    all'applicazione    dell'art.    4,
 beneficerebbero,  infatti,  di  un trattamento di particolare favore,
 avendo il legislatore regionale creato un'ipotesi di diritto reale di
 godimento  su  un   bene   formalmente   confiscato   al   patrimonio
 indisponibile,  avulso  e  dalla  disciplina  civilistica e da quella
 pubblicistica.
    Infatti, sebbene siano richiamate  le  disposizioni  di  cui  agli
 artt.  1022,  1023, 1024 e 1025 del Codice civile, vengono dettate al
 settimo comma dello stesso art. 4 delle prescrizioni aggiuntive  agli
 obblighi  del titolare del diritto di abitazione, che determinano una
 configurazione intrinsecamente anomala del diritto reale di godimento
 istituito.
    Tutto  il  congegno  normativo  introdotto appare pertanto viziato
 anche dalla mancanza  di  competenza  della  regione  in  materia  di
 diritto privato.
    In  tal  senso,  codesta  ecc.ma  Corte ha affermato che pur nelle
 materie in cui e' riconosciuta alle regioni  competenza  legislativa,
 ad  esse  non  e'  attribuito  il  potere  di  modificare  i  diritti
 soggettivi per quanto riguarda i profili civilistici dei rapporti  da
 cui derivano (sentenze nn. 506/1991, 391/1989 e 154/1972).
    Ed  invero  il  prevedere i nuovi ed ulteriori obblighi rispetto a
 quelli  previsti  dal  Codice  civile  sembra  costituire   l'estremo
 tentativo  del legislatore regionale di garantire in ogni modo, e con
 una  parvenza  sanzionatoria,   il   possesso   degli   immobili   ai
 responsabili dell'abuso edilizio.
    Attesa la stretta connessione logica fra il disposto normativo del
 suddetto   art.   4   e   le   norme  dell'art.  5  che  ne  limitano
 l'applicazione, si ritiene quest'ultimo analogamente suscettibile dei
 rilievi prima prospettati e pertanto in contrasto con gli artt. 3, 5,
 9 e 97 della Costituzione.
    Per quanto attiene alle previsioni di cui agli artt.  6,  secondo,
 terzo  e quarto comma, ed 8, si rileva che ictu oculi, appaiono norme
 non direttamente attinenti al c.d. abusivismo di  necessita'  quanto,
 piuttosto, riconducibili ad ipotesi di vera e propria sanatoria.
    L'applicazione delle cennate disposizioni consentirebbe di rendere
 legittima  la  condizione di immobili realizzati in difformita' dalle
 vigenti norme edilizie, senza alcun onere  per  gli  interessati  ne'
 alcun  vantaggio  per la collettivita', peraltro lesa nella legittima
 aspettativa della tutela di un preordinato  assetto  urbanistico  del
 territorio.
    Ammettere  la  variante  della  destinazione  d'uso degli immobili
 produttivi, in deroga ai vigenti piani regolatori,  permetterebbe  di
 eludere   agevolmente   le  inderogabili  prescrizioni  del  d.m.  n.
 1444/1968, cui tutti  i  comuni  sono  tenuti  a  conformarsi  (Corte
 costituzionale sentenza n. 141/1972).
    Parimenti   l'art.   8,  dall'oscura  e  fuorviante  formulazione,
 consente in concreto il  rilascio  del  certificato  di  abitabilita'
 anche  ai  manufatti non conformi alle vigenti prescrizioni edilizie,
 in violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione.
    Inequivocabile testimonianza della vera natura  del  provvedimento
 legislativo  e'  resa dalla disposizione del terzo comma dell'art. 7,
 che  fa  salvi  i  contratti   di   utenza   dei   servizi   pubblici
 illegittimamente  stipulati prima della entrata in vigore della legge
 de qua.
    Infatti, il legislatore regionale mentre da un canto ai primi  due
 commi  detta per il futuro una disciplina particolarmente rigorosa ai
 fini dell'erogazione dei pubblici servizi negli  immobili  realizzati
 in  difformita'  alle  prescrizioni  edilizie, dall'altro consente la
 prosecuzione di tutti i contratti esistenti per gli immobili abusivi.
    E'  arduo,  pertanto,   giustificare   la   contraddittorieta'   e
 l'irragionevolezza  della  norma, che si pone in aperto contrasto con
 l'art. 45 della legge n. 47/1985  e  con  gli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione.
    In  conclusione,  dall'articolato  del  disegno  di  legge e' dato
 desumere specifiche ed ingiustificate norme di  favore,  anziche'  la
 proposizione  di  principi  di  astrazione induttiva e generalizzata,
 idonei a risolvere situazioni endemiche di dissesto urbanistico.
    Parimenti, da' adito a rilievi di carattere costituzionale,  sotto
 il  profilo della mancata osservanza dei principi di cui agli artt. 3
 e 97 della Costituzione, la  norma  contenuta  all'art.  11,  laddove
 viene riformulato il settimo comma dell'art. 25 della legge regionale
 n.  71/1978, in materia di contributi a carico del bilancio regionale
 in favore dei comuni per la redazione degli strumenti urbanistici.
    Viene, infatti, demandata al regolamento  emanato  dal  Presidente
 della Regione la determinazione dei compensi spettanti ai progettisti
 per  la  redazione  o  la  revisione  dei  piani  urbanistici secondo
 parametri legislativamente determinati.
    Orbene,  siffatta   previsione   autoritativa   dell'onorario   da
 corrispondere  ai  professionisti, si pone in palese contrasto con la
 disposizione di cui all'art. 5 del  testo  unico  n.  143/1949  e  si
 concreta  inoltre  in  violazione del principio di eguaglianza di cui
 all'art. 3 della Costituzione precostituendo  altresi'  fondamento  a
 determinazioni non conformi al principio di buon andamento della p.a.
    Non  ininfluente,  in proposito, e' anche la considerazione che la
 misura   del   compenso,   autoritativamente    ed    unilateralmente
 determinato,  non  consente  l'eventuale  verifica  successiva  della
 congruita'  delle  tariffe  ne'  garantisce  al   professionista   la
 possibilita' di tutelare adeguatamente i propri interessi.
    Anche le disposizioni degli artt. 2 e 3, sebbene non riconducibili
 alla  censurata  disciplina  transitoria, essendo volte ad introdurre
 una  particolarmente   innovativa   procedura   di   rilascio   delle
 concessioni edilizie e dei certificati di abitabilita' ed agibilita',
 sono  soggette a rilievi di carattere costituzionale sotto il profilo
 del mancato rispetto dei principi di cui agli artt. 3, 9 e  97  della
 Costituzione.
    In  proposito,  si  ritiene opportuno rilevare che la normativa in
 esame e' riconducibile nei  suoi  principi  ispiratori  alla  recente
 disciplina  statale,  di  cui ai dd.-ll. nn. 180, 280 e 398 del 1993,
 basata sull'estensione dell'istituto del silenzio-assenso alle proce-
 dure per il rilascio delle concessioni edilizie.
    Orbene,  siffatta  normativa  statale  di  riferimento,   peraltro
 oggetto  di  modifiche  in  senso  restrittivo apportate in occasione
 delle singole riproposizioni dei sopracitati decreti-legge a conferma
 delle incertezze dello stesso legislatore  nazionale  nell'introdurre
 la  nuova disciplina, viene tempestivamente recepita nell'ordinamento
 regionale  con  sostanziali  correttivi  che,  ad  avviso  di  questo
 Ufficio, finiscono con l'alterarne profondamente le finalita'.
    Sul  punto  e'  determinante  la considerazione che il legislatore
 regionale, a  differenza  di  quello  nazionale,  non  ritiene  quale
 indispensabile   presupposto  per  l'applicazione  dell'istituto  del
 silenzio-assenso l'esistenza di  strumenti  urbanistici  approvati  e
 vigenti.
    La procedura delineata dal legislatore regionale infatti, soltanto
 al  terzo comma dell'art. 2, fa tenue riferimento ad una "conformita'
 degli interventi da  realizzare  alle  prescrizioni  urbanistiche  ed
 edilizie".
    Tantomeno  non  viene  escluso  che  le  richieste  di concessione
 riguardino immobili vincolati ai sensi  delle  leggi  nn.  1089/1939,
 1497/1939  e  431/1985  e successive modifiche ed integrazioni, cosi'
 come previsto dal legislatore nazionale con l'ultimo  decreto  legge-
 proposto.
    A parte l'opinabilita' del tempestivo intervento ricettizio di una
 normativa  ancora  non definita, questo Ufficio e' dell'avviso che il
 legislatore regionale, seppure nella materia de qua abbia  competenza
 esclusiva,  non  possa  discostarsi,  sino  al  punto di vanificarlo,
 dall'intento perseguito dal legislatore nazionale che  e'  quello  di
 semplificare  le  procedure  amministrative  soltanto  in  ipotesi di
 assetto urbanistico del territorio definito e consolidato.
    L'abnormita' della  disposizione  regionale  risulta  ancora  piu'
 evidente   in   considerazione   della  particolare,  prima  esposta,
 situazione di assoluta fluidita' degli strumenti urbanistici, in gran
 parte non ancora approvati dai comuni dell'Isola.
    Tale situazione emerge  con  connotati  di  estrema  gravita'  dai
 pregressi  interventi  del  legislatore  regionale  (da  ultimo legge
 regionale n. 9/1993) che si e' visto costretto,  al  fine  di  dotare
 tutti  i  comuni  dei  piani  regolatori  generali,  a  comminare  lo
 scioglimento degli organi assembleari e la conseguente nomina  di  un
 commissario ad acta entro termini tuttora in corso.
    Cio'  induce  a  ritenere  non  rispettoso  del principio del buon
 andamento della pubblica  amministrazione,  nonche'  di  quello  piu'
 generale  della  tutela  dell'ambiente, il consentire con il semplice
 decorso del termine fissato, un'attivita' edificatoria  che  potrebbe
 successivamente    non   risultare   conforme   alla   pianificazione
 territoriale ancora in itinere.
    Inoltre, la diffusa condizione di inefficenza degli uffici tecnici
 comunali, peraltro ancora gravati dal disbrigo delle  pratiche  rela-
 tive   alla   sanatoria  edilizia  avviata  nel  1985  e  non  ancora
 conclusasi, lascia ragionevolmente  presumere  la  impossibilita'  di
 gestire adeguatamente le nuove incombenze assegnate.
    E'  di tutta evidenza che i suddetti uffici infatti verosimilmente
 con difficolta' riusciranno ad esaminare tutte le istanze nei  limiti
 temporali previsti, e che, ancora piu' verosimilmente, sara' per essi
 gravoso  verificare  successivamente la conformita' delle costruzioni
 realizzate ai piani regolatori ancora, peraltro, non operanti.
    Questo commissariato non puo' esimersi, inoltre, dal sottoporre  a
 codesta  ecc.ma Corte le perplessita' emergenti dalla introduzione ex
 abrupto,    anche    nell'ordinamento    regionale    e    con     le
 differenziazionisopra  descritte, dell'istituto del silenzio-assenso,
 che invero costituisce principio  fondamentale  dell'ordinamento  cui
 anche la regione siciliana e' tenuta ad uniformarsi integralmente.
                               P. Q. M.
 e  con  riserva  di  presentare  memorie  illustrative nei termini di
 legge,  il  sottoscritto  prefetto  dott.  Leonardo   Cerenzia   vice
 commissario dello Stato per la regione siciliana;
    Visto  l'art.  28  dello  statuto  speciale  con  il presente atto
 impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge  n.  524,  249,
 324,   343,   545   recante   "Provvedimenti   per   la   prevenzione
 dell'abusivismo edilizio e  per  la  destinazione  delle  costruzioni
 edilizie  esistenti"  approvato  dall'assemblea  regionale  siciliana
 nella seduta del 14 ottobre 1993 e comunicato a questo  commissariato
 ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 18
 ottobre 1993:
      artt.  2 e 3 per violazione dell'art. 4 del d.l. n. 398/1993 in
 relazione ai  limiti  posti  dall'art.  14  lett.  f)  dello  statuto
 speciale nonche' degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione;
      artt.  4  e  5  per  interferenza in materia penale e di diritto
 privato, per violazione della legge n. 47/1985 in relazione ai limiti
 posti dall'art. 14, lett. f) dello statuto  speciale,  nonche'  degli
 artt. 3, 5, 9 e 97 della Costituzione;
      artt.  5,  secondo,  terzo  e  quarto comma, e 8, per violazione
 della legge n. 47/1985 in relazione ai  limiti  posti  dall'art.  14,
 lett.  f) dello statuto speciale nonche' degli artt. 3, 9, e 97 della
 Costituzione;
      art. 7, terzo comma, per violazione dell'art. 45 della legge  n.
 47/1985  in  relazione  ai  limiti posti dall'art. 14, lett. f) dello
 statuto speciale nonche' degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
      settimo comma dell'art. 25 della legge regionale n. 71/1978 come
 introdotto con l'art. 11 del presente disegno di legge per violazione
 degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
       Palermo, addi' 23 ottobre 1993
  Il vice commissario dello Stato per la regione siciliana: CERENZIA
 93C1120