N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 1993
N. 62 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 ottobre 1993 (del commissario dello Stato per la regione siciliana) Regione Sicilia - Edilizia e urbanistica - Provvedimenti per la prevenzione dell'abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie esistenti - Concessione del diritto di abitazione ai proprietari degli immobili abusivi (che abbiano adibito gli immobili stessi a dimora abituale e principale propria e del loro nucleo familiare), acquisiti al patrimonio indisponibile del comune, previo pagamento di un'indennita' ragguagliata agli oneri di urbanizzazione previsti dalla vigente normativa - Prevista sanatoria per gli immobili realizzati in difformita' dalle norme edilizie e ai piani regolatori e rilascio di certificato di abitabilita' anche per i manufatti non conformi alle vigenti prescrizioni edilizie, in contrasto con i principi della legge statale (di riforma economico-sociale) n. 47/1985, relativi al sistema sanzionatorio dell'abusivismo edilizio, e con il principio di proporzionalita' tra gravita' dell'illecito e sanzione - Determinazione con decreto del presidente della regione dei compensi spettanti ai progettisti per la redazione o la revisione dei piani urbanistici in contrasto con le disposizioni di cui all'art. 5 del testo unico n. 143/1949 sugli oneri dei professionisti - Innovazione nella procedura di rilascio delle concessioni edilizie e dei certificati di abitabilita' ed agibilita' in violazione dei principi sull'istituto del silenzio- assenso di cui ai dd.-ll. nn. 180, 280 e 398 del 1993 - Disparita' di trattamento tra i cittadini con violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 132/1986, 487/1989 e 16/1992. (Delibera legislativa regione Sicilia 14 ottobre 1993, artt. 2, 3, 4, 5, secondo, terzo e quarto comma, 6, 7, terzo comma, 8 e 11). (Cost., artt. 3, 5, 9 e 97; statuto regione Sicilia, art. 14, lett. f)).(GU n.47 del 17-11-1993 )
L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 14 ottobre 1993, ha approvato il disegno di legge n. 524, 249, 324, 343, 545, norme stralciate, dal titolo "provvedimenti per la prevenzione dell'abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie esistenti", comunicato a questo commissariato il successivo giorno 18 ottobre 1993, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale. Il provvedimento legislativo teste' adottato, sebbene sia stato presentato come una complessa e rigorosa disciplina, atta ad assicurare un efficace controllo sull'attivita' edilizia mediante la previsione di termini perentori e di sanzioni a carico degli organi comunali inadempienti, in realta' vuole venire prevalentemente incontro alle istanze di migliaia di proprietari di immobili edificati abusivamente, che organizzatisi in gruppi hanno di recente in vari comuni dell'isola riproposto i temi e le rivendicazioni che furono propri del movimento che porto' alle leggi di sanatoria del 1985. La regione, difatti, dimostratasi incapace di governare con l'adozione di idonee misure preventive e/o repressive la ormai generalizzata situazione di dissesto urbanistico (sono numerosissimi gli immobili passibili di demolizione, sorti in massima parte dopo il 1983) che ha assunto in alcune zone dell'isola (Gela, Vittoria, Niscemi, Misterbianco, Bagheria) livelli di notevolissima ampiezza e gravita', sotto il profilo economico e sociale, e' giunta alla determinazione di concedere il diritto di abitazione ai proprietari degli immobili abusivi, acquisiti al patrimonio indisponibile del comune, previo pagamento di una indennita' ragguagliata agli oneri di urbanizzazione previsti dalla vigente normativa. Da quanto premesso emerge immediatamente il dato fondamentale che caratterizza inequivocabilmente la normativa in questione come una sanatoria generalizzata e per alcuni versi abnorme. L'art. 4 conferisce, infatti, ai sindaci dei Comuni, dopo l'acquisizione al patrimonio comunale degli immobili realizzati abusivamente e previa deliberazione del Consiglio comunale, la facolta', in alternativa alle disposizioni vigenti, di concedere il diritto di abitazione a coloro che hanno adibito gli immobili stessi a dimora abituale e principale propria e del loro nucleo familiare. Il legislatore regionale cosi' operando, nell'esercizio della competenza esclusiva attribuitagli dallo statuto speciale ex art. 14 lett. f), pone in essere una normativa che mira palesemente ad eludere nei fatti le rigorose leggi nazionali e regionali nella materia dell'urbanistica e dell'edilizia. L'apparato normativo, cosi' come indicato negli artt. 4, 6, secondo, terzo e quarto comma, 7, quarto comma e 8, non solo crea in favore dei cc.dd. abusivi per necessita' un nuovo diritto reale di godimento ma anche legittima la situazione di fatto antigiuridica di numerosi immobili edificati senza il rispetto della vigente normativa. Quest'ufficio in proposito, sebbene sia consapevole delle motivazioni solidaristiche che hanno indotto il legislatore regionale ad apprestare strumenti normativi finalizzati ad allentare tensioni abitative ed a mantenere un consistente patrimonio immobiliare, non puo' esimersi dal prospettare rilievi di costituzionalita' nei confronti delle predette disposizioni. In proposito, deve rilevarsi in via preliminare che sebbene alla regione siciliana sia conferita competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica ed edilizia, competenza fatta salva dall'art. 1 della legge n. 47/1985, questa non possa ritenersi talmente ampia da sovvertire l'impianto della normativa statale di riferimento. Codesta ecc.ma Corte ha, difatti, riconosciuto che la predetta legge n. 47/1985 e successive modifiche ed integrazioni costituisce legge di riforma economico-sociale per quanto attiene alle misure di prevenzione del fenomeno abusivistico e soprattutto per il regime sanzionatorio in essa contenuto che, attenendo alla sfera dei diritti soggettivi dei cittadini, richiede necessariamente uniformita' di trattamento e determinazione dei limiti comportamentali e delle rela- tive conseguenze, in ossequio al principio cardine della certezza del diritto. E se ancorche' si voglia riconoscere al legislatore siciliano la facolta' di determinazione dei tipi e delle modalita' delle sanzioni amministrative (nella fattispecie la confisca dell'immobile), la congruita' della pena e', tuttavia, censurabile in sede di giudizio costituzionale, qualora le previsioni normative siano irragionevoli e possano condurre a "sperequazioni palesemente inique", (Corte costituzionale sent. n. 132/1986 ord. n. 84/1984 e n. 256/1987), come nella fattispecie in esame. Le norme in questione determinano, invero, una irragionevole situazione di privilegio a favore dei cittadini dell'isola, privilegio che rivela uno sviluppo direttamente proporzionale all'inerzia degli amministratori siciliani, indubbiamente determinante nella realizzazione di una situazione di abusivismo "diffuso" e non piu' "sparso", pervenuto a dimensioni tali da richiedere un apposito intervento legislativo. Ma sul punto il principio di proporzionalita' tra gravita' del fatto e sanzione, secondo quanto affermato da codesta Corte nella sentenza n. 487/1989, va inteso quale criterio generale di congruenza degli strumenti normativi rispetto alla finalita' da perseguire. Anche in una materia quale l'urbanistica, in cui la regione siciliana, gode di competenza esclusiva e pur in presenza di una eccezionale e grave situazione di fatto locale, deve ribadirsi che solo lo Stato e' in grado di garantire effettivamente l'omogeneita' di trattamento di tutti i cittadini. Al riguardo, pur ammettendo la possibilita' che il legislatore regionale valuti globalmente il fenomeno e proceda ad un bilanciamento degli antitetici interessi del diritto dei cittadini all'abitazione e del rispetto dell'ambiente e del territorio, l'intervento legislativo non puo' estendersi al limite di compromettere in modo irreversibile l'assetto del territorio gia' determinato o in via di determinazione. Invero, il legislatore siciliano, nell'ancorare a norme di favore le costruzioni esistenti al 30 settembre 1993, dimostra di essersi preoccupato esclusivamente di conservare il patrimonio edilizio, comunque ed ovunque realizzato, senza lasciare alcun margine alla discrezionalita' dei comuni di fatto obbligati (attesa la grave situazione di tensione abitativa) nel valutare l'incidenza del fenomeno a scegliere il regime di cui all'art. 4 e quindi mantenere nel proprio territorio tutti gli immobili realizzati alla predetta data. Inoltre, nel fissare al 30 settembre 1993 la data entro la quale la costruzione degli immobili deve essere stata ultimata, per beneficiare delle disposizioni di favore contenute nel provvedimento de quo (termine, si rileva, ben piu' ampio di quello previsto dalle varie susseguenti singole iniziative legislative confluite nell'attuale testo: 30 giugno 1992 e 31 dicembre 1992), il legislatore regionale ha mostrato di continuare a tollerare, se non a premiare, il fenomeno dell'abusivismo "dell'ultima ora". Le norme oggetto di censura, da tempo annunciate, non hanno di certo dissuaso la persistenza e prosecuzione di moduli comportamentali, posti in essere in violazione della vigente normativa ed hanno legittimato il permanere dei comportamenti omissivi degli organi comunali, preposti alla vigilanza circa l'adozione dei provvedimenti sanzionatori di demolizione, in attesa della ora avvenuta approvazione definitiva della legge. A cio' si aggiunge la scarsa intelligibilita' della norma che in- duce a perplessita' interpretative circa la concreta possibilita' di individuare i soggetti e gli oggetti destinatari delle norme di favore. Si rileva in proposito che la disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 4, qualora fosse interpretata letteralmente, potrebbe invero dare origine alla cessione del diritto di abitazione relativamente ad un'intera costruzione abusiva costituita anche da una pluralita' di unita' abitative. Ad ulteriore sostegno dell'ipotesi che la reale intenzione del legislatore non sia solo quella di consentire il perdurare del godimento dell'immobile a quei soggetti privi di altra soluzione abitativa, e' l'intrinseca incongruita' derivante dai termini stabiliti per essere ammessi ad usufruire del diritto di abitazione. L'apparato normativo, cosi' come delineato, ad avviso di questo ufficio, puo' consentire la precostituzione di situazioni tali da configurare le condizioni previste per l'attribuzione del diritto ex art. 4. Unico termine certo e', infatti, quello relativo all'ultimazione dell'immobile entro il 30 settembre 1993. Orbene, secondo costante giurisprudenza, la nozione di "costruzione ultimata" e' riferita all'esistenza di soli muri perimentrali coperti da tetto, quali unici elementi strutturali caratterizzanti l'immobile, concetto questo ben diverso da quello di "unita' immobiliare abitabile" ed abitata che giustificherebbe il mantenimento del godimento del bene in virtu' di un principio solidaristico in presenza di un dato di fatto gia' esistente. Alla luce di quanto su esposto, appare di tutta evidenza che la normativa in esame assume quasi i connotati di una ingiustificata indulgenza verso il perseverante abusivismo edilizio, posto in essere con assoluta indifferenza contro il principio dell'obbligatorio rispetto delle leggi. Come l'ecc.ma Corte ha ribadito con sentenza n. 16/1992, "non si puo' non rilevare che una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente .. e' di per se' causa di ben piu' gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrandosi ai cittadini rispettosi delle leggi" che essi anzicche' garantiti, sono lesi in quanto anch'essi titolari di una legittima aspettativa in merito alla tutela dell'assetto urbanistico del territorio e dell'integrita' dell'ambiente in cui vivono, "a favore di chi, ancorche' necessitato dall'esigenza fondamentale dell'abitazione, ha violato la legge". Il legislatore siciliano con l'art. 4, primo comma, del disegno di legge pur prevedendo che i consigli comunali possano stabilire di applicare le norme previste dallo stesso articolo, nella sostanza dispone l'acquisizione al patrimonio comunale di tutti gli immobili realizzati abusivamente senza valutare, caso per caso, se il manufatto contrasti o meno con gli interessi urbanistici e/o ambientali. La norma, quindi, non appare garante dei principi costituzionali di cui agli art. 5, 9, e 97 della Costituzione, in quanto sembra far coincidere apoditticamente il "prevalente interesse pubblico" con il mantenimento del possesso della costruzione da parte del soggetto che ha violato la legge e dei suoi familiari e quindi, in buona sostanza, il perdurare di una situazione antigiuridica. La disposizione contenuta nell'art. 4, cosi' come formulata, costituisce una strumentale interversione del titolo del possesso sul bene, finalizzata a garantire il perdurare della situazione quo ante e conseguentemente esclude ogni intervento amministrativo e normativo atto a ripristinare la turbata legalita'. Sicuro indizio di incostituzionalita' e' la norma dell'ottavo comma secondo la quale "i procedimenti amministrativi di repressione dell'abusivismo edilizio attualmente in corso rimangono sospesi, ferma restando la prosecuzione delle attivita' processuali innanzi agli organi della giurisdizione amministrativa ed ordinaria sino alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di concessione del diritto di abitazione di cui al terzo comma". Invero, l'applicazione della norma in questione, nei fatti, comporta un'interferenza con l'esecuzione delle ordinanze di demolizione delle opere abusive ordinate dal giudice penale con le sentenze di condanna, cui si riferisce l'ultimo comma dell'art. 7 della legge n. 47/1985 e che pertanto il legislatore siciliano nell'introdurre una confisca priva di reale natura sanzionatoria provocherebbe, oltre ogni ragionevole dubbio, un'illegittima lesione dell'indispensabile uniformita' di trattamento in tutto il territorio del Paese (Corte costituzionale sent. n. 179/1986). In proposito e' determinante, altresi', la considerazione che la normativa predisposta dall'assemblea configura un'indubbia disparita' di trattamento rispetto ai cittadini che in un recente passato si sono avvalsi della sanatoria recata dalla legge n. 47/1985 (con pagamento dei relativi oneri finanziari) nonche' a quelli che invece hanno subito provvedimenti ben piu' severi (ordinanze di demolizione o sospensione dei lavori). La disciplina concernente la destinazione e l'uso dell'immobile realizzato abusivamente inoltre non e' sussumibile sotto alcun paradigma normativo esistente nel vigente ordinamento giuridico. I soggetti interessati all'applicazione dell'art. 4, beneficerebbero, infatti, di un trattamento di particolare favore, avendo il legislatore regionale creato un'ipotesi di diritto reale di godimento su un bene formalmente confiscato al patrimonio indisponibile, avulso e dalla disciplina civilistica e da quella pubblicistica. Infatti, sebbene siano richiamate le disposizioni di cui agli artt. 1022, 1023, 1024 e 1025 del Codice civile, vengono dettate al settimo comma dello stesso art. 4 delle prescrizioni aggiuntive agli obblighi del titolare del diritto di abitazione, che determinano una configurazione intrinsecamente anomala del diritto reale di godimento istituito. Tutto il congegno normativo introdotto appare pertanto viziato anche dalla mancanza di competenza della regione in materia di diritto privato. In tal senso, codesta ecc.ma Corte ha affermato che pur nelle materie in cui e' riconosciuta alle regioni competenza legislativa, ad esse non e' attribuito il potere di modificare i diritti soggettivi per quanto riguarda i profili civilistici dei rapporti da cui derivano (sentenze nn. 506/1991, 391/1989 e 154/1972). Ed invero il prevedere i nuovi ed ulteriori obblighi rispetto a quelli previsti dal Codice civile sembra costituire l'estremo tentativo del legislatore regionale di garantire in ogni modo, e con una parvenza sanzionatoria, il possesso degli immobili ai responsabili dell'abuso edilizio. Attesa la stretta connessione logica fra il disposto normativo del suddetto art. 4 e le norme dell'art. 5 che ne limitano l'applicazione, si ritiene quest'ultimo analogamente suscettibile dei rilievi prima prospettati e pertanto in contrasto con gli artt. 3, 5, 9 e 97 della Costituzione. Per quanto attiene alle previsioni di cui agli artt. 6, secondo, terzo e quarto comma, ed 8, si rileva che ictu oculi, appaiono norme non direttamente attinenti al c.d. abusivismo di necessita' quanto, piuttosto, riconducibili ad ipotesi di vera e propria sanatoria. L'applicazione delle cennate disposizioni consentirebbe di rendere legittima la condizione di immobili realizzati in difformita' dalle vigenti norme edilizie, senza alcun onere per gli interessati ne' alcun vantaggio per la collettivita', peraltro lesa nella legittima aspettativa della tutela di un preordinato assetto urbanistico del territorio. Ammettere la variante della destinazione d'uso degli immobili produttivi, in deroga ai vigenti piani regolatori, permetterebbe di eludere agevolmente le inderogabili prescrizioni del d.m. n. 1444/1968, cui tutti i comuni sono tenuti a conformarsi (Corte costituzionale sentenza n. 141/1972). Parimenti l'art. 8, dall'oscura e fuorviante formulazione, consente in concreto il rilascio del certificato di abitabilita' anche ai manufatti non conformi alle vigenti prescrizioni edilizie, in violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione. Inequivocabile testimonianza della vera natura del provvedimento legislativo e' resa dalla disposizione del terzo comma dell'art. 7, che fa salvi i contratti di utenza dei servizi pubblici illegittimamente stipulati prima della entrata in vigore della legge de qua. Infatti, il legislatore regionale mentre da un canto ai primi due commi detta per il futuro una disciplina particolarmente rigorosa ai fini dell'erogazione dei pubblici servizi negli immobili realizzati in difformita' alle prescrizioni edilizie, dall'altro consente la prosecuzione di tutti i contratti esistenti per gli immobili abusivi. E' arduo, pertanto, giustificare la contraddittorieta' e l'irragionevolezza della norma, che si pone in aperto contrasto con l'art. 45 della legge n. 47/1985 e con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. In conclusione, dall'articolato del disegno di legge e' dato desumere specifiche ed ingiustificate norme di favore, anziche' la proposizione di principi di astrazione induttiva e generalizzata, idonei a risolvere situazioni endemiche di dissesto urbanistico. Parimenti, da' adito a rilievi di carattere costituzionale, sotto il profilo della mancata osservanza dei principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la norma contenuta all'art. 11, laddove viene riformulato il settimo comma dell'art. 25 della legge regionale n. 71/1978, in materia di contributi a carico del bilancio regionale in favore dei comuni per la redazione degli strumenti urbanistici. Viene, infatti, demandata al regolamento emanato dal Presidente della Regione la determinazione dei compensi spettanti ai progettisti per la redazione o la revisione dei piani urbanistici secondo parametri legislativamente determinati. Orbene, siffatta previsione autoritativa dell'onorario da corrispondere ai professionisti, si pone in palese contrasto con la disposizione di cui all'art. 5 del testo unico n. 143/1949 e si concreta inoltre in violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione precostituendo altresi' fondamento a determinazioni non conformi al principio di buon andamento della p.a. Non ininfluente, in proposito, e' anche la considerazione che la misura del compenso, autoritativamente ed unilateralmente determinato, non consente l'eventuale verifica successiva della congruita' delle tariffe ne' garantisce al professionista la possibilita' di tutelare adeguatamente i propri interessi. Anche le disposizioni degli artt. 2 e 3, sebbene non riconducibili alla censurata disciplina transitoria, essendo volte ad introdurre una particolarmente innovativa procedura di rilascio delle concessioni edilizie e dei certificati di abitabilita' ed agibilita', sono soggette a rilievi di carattere costituzionale sotto il profilo del mancato rispetto dei principi di cui agli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione. In proposito, si ritiene opportuno rilevare che la normativa in esame e' riconducibile nei suoi principi ispiratori alla recente disciplina statale, di cui ai dd.-ll. nn. 180, 280 e 398 del 1993, basata sull'estensione dell'istituto del silenzio-assenso alle proce- dure per il rilascio delle concessioni edilizie. Orbene, siffatta normativa statale di riferimento, peraltro oggetto di modifiche in senso restrittivo apportate in occasione delle singole riproposizioni dei sopracitati decreti-legge a conferma delle incertezze dello stesso legislatore nazionale nell'introdurre la nuova disciplina, viene tempestivamente recepita nell'ordinamento regionale con sostanziali correttivi che, ad avviso di questo Ufficio, finiscono con l'alterarne profondamente le finalita'. Sul punto e' determinante la considerazione che il legislatore regionale, a differenza di quello nazionale, non ritiene quale indispensabile presupposto per l'applicazione dell'istituto del silenzio-assenso l'esistenza di strumenti urbanistici approvati e vigenti. La procedura delineata dal legislatore regionale infatti, soltanto al terzo comma dell'art. 2, fa tenue riferimento ad una "conformita' degli interventi da realizzare alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie". Tantomeno non viene escluso che le richieste di concessione riguardino immobili vincolati ai sensi delle leggi nn. 1089/1939, 1497/1939 e 431/1985 e successive modifiche ed integrazioni, cosi' come previsto dal legislatore nazionale con l'ultimo decreto legge- proposto. A parte l'opinabilita' del tempestivo intervento ricettizio di una normativa ancora non definita, questo Ufficio e' dell'avviso che il legislatore regionale, seppure nella materia de qua abbia competenza esclusiva, non possa discostarsi, sino al punto di vanificarlo, dall'intento perseguito dal legislatore nazionale che e' quello di semplificare le procedure amministrative soltanto in ipotesi di assetto urbanistico del territorio definito e consolidato. L'abnormita' della disposizione regionale risulta ancora piu' evidente in considerazione della particolare, prima esposta, situazione di assoluta fluidita' degli strumenti urbanistici, in gran parte non ancora approvati dai comuni dell'Isola. Tale situazione emerge con connotati di estrema gravita' dai pregressi interventi del legislatore regionale (da ultimo legge regionale n. 9/1993) che si e' visto costretto, al fine di dotare tutti i comuni dei piani regolatori generali, a comminare lo scioglimento degli organi assembleari e la conseguente nomina di un commissario ad acta entro termini tuttora in corso. Cio' induce a ritenere non rispettoso del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, nonche' di quello piu' generale della tutela dell'ambiente, il consentire con il semplice decorso del termine fissato, un'attivita' edificatoria che potrebbe successivamente non risultare conforme alla pianificazione territoriale ancora in itinere. Inoltre, la diffusa condizione di inefficenza degli uffici tecnici comunali, peraltro ancora gravati dal disbrigo delle pratiche rela- tive alla sanatoria edilizia avviata nel 1985 e non ancora conclusasi, lascia ragionevolmente presumere la impossibilita' di gestire adeguatamente le nuove incombenze assegnate. E' di tutta evidenza che i suddetti uffici infatti verosimilmente con difficolta' riusciranno ad esaminare tutte le istanze nei limiti temporali previsti, e che, ancora piu' verosimilmente, sara' per essi gravoso verificare successivamente la conformita' delle costruzioni realizzate ai piani regolatori ancora, peraltro, non operanti. Questo commissariato non puo' esimersi, inoltre, dal sottoporre a codesta ecc.ma Corte le perplessita' emergenti dalla introduzione ex abrupto, anche nell'ordinamento regionale e con le differenziazionisopra descritte, dell'istituto del silenzio-assenso, che invero costituisce principio fondamentale dell'ordinamento cui anche la regione siciliana e' tenuta ad uniformarsi integralmente.
P. Q. M. e con riserva di presentare memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Leonardo Cerenzia vice commissario dello Stato per la regione siciliana; Visto l'art. 28 dello statuto speciale con il presente atto impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 524, 249, 324, 343, 545 recante "Provvedimenti per la prevenzione dell'abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie esistenti" approvato dall'assemblea regionale siciliana nella seduta del 14 ottobre 1993 e comunicato a questo commissariato ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 18 ottobre 1993: artt. 2 e 3 per violazione dell'art. 4 del d.l. n. 398/1993 in relazione ai limiti posti dall'art. 14 lett. f) dello statuto speciale nonche' degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione; artt. 4 e 5 per interferenza in materia penale e di diritto privato, per violazione della legge n. 47/1985 in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lett. f) dello statuto speciale, nonche' degli artt. 3, 5, 9 e 97 della Costituzione; artt. 5, secondo, terzo e quarto comma, e 8, per violazione della legge n. 47/1985 in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lett. f) dello statuto speciale nonche' degli artt. 3, 9, e 97 della Costituzione; art. 7, terzo comma, per violazione dell'art. 45 della legge n. 47/1985 in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lett. f) dello statuto speciale nonche' degli artt. 3 e 97 della Costituzione; settimo comma dell'art. 25 della legge regionale n. 71/1978 come introdotto con l'art. 11 del presente disegno di legge per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Palermo, addi' 23 ottobre 1993 Il vice commissario dello Stato per la regione siciliana: CERENZIA 93C1120