N. 65 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 novembre 1993

                                 N. 65
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
  cancelleria il 2 novembre 1993 (del Presidente del Consiglio dei
  Ministri)
 Cave e torbiere - Disposizioni relative al rilascio di permesso di
    ricerca  e  dell'esercizio  di  attivita'  di  cava  e  torbiera -
    Attribuzione all'autorizzazione regionale del valore  di  variante
    agli    strumenti    urbanistici    -   Illegittima   compressione
    dell'autonomia comunale, per  l'assunzione  in  proprio  da  parte
    della  regione  di  una  competenza  di  natura provvedimentale di
    spettanza dei comuni - Riapprovazione della delibera  legislativa,
    gia'  oggetto di rinvio da parte del commissario di Governo, senza
    la prescritta maggioranza assoluta  -  Riferimento  alle  sentenze
    della Corte costituzionale nn. 157/1990, 212/1991 e 497/1992.
 (Delibera legislativa regione Liguria riapprovata il 5 ottobre 1993).
 (Cost., artt. 127 e 128).
(GU n.47 del 17-11-1993 )
    Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato
 dall'avvocatura  generale  dello  Stato  nei  confronti della regione
 Liguria, in persona del presidente della giunta regionale in  carica,
 avverso  la  delibera legislativa riapprovata dal consiglio regionale
 il 5 ottobre 1993, comunicata al commissario del Governo l'11 ottobre
 1993, e recante "disposizioni relative al  rilascio  di  permesso  di
 ricerca   e   all'esercizio   di   attivita'   di  cava  e  torbiera.
 Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 10 aprile 1979  n.
 12"
    Con  la  delibera  indicata  in  epigrafe  la  regione  Liguria ha
 riapprovato un disegno di legge gia' rinviato  dal  Governo  a  nuovo
 esame del Consiglio regionale (cfr. telegramma n. 200/2632/LI 130.3.1
 in  data  20  maggio  1993)  adeguandosi solo parzialmente ai rilievi
 mossi in sede di primo esame.
    Infatti, pur  avendo  modificato  alcune  disposizioni  nel  senso
 richiesto  dal  Governo,  la  regione  ha  riprodotto  immutata nella
 sostanza  la   norma   (di   cui   all'art.   11)   che   attribuisce
 all'autorizzazione regionale il valore di approvazione della variante
 alla  strumentazione  urbanistica,  interferendo cosi' nella sfera di
 autonomia comunale garantita dall'art. 128 della Costituzione,  posto
 che  tale norma non si puo' inquadrare nell'ambito delle attribuzioni
 piu'  generali  relative  alla  disciplina  dell'uso  del  territorio
 affidata alla regione.
    Tale  essendo  il  contenuto  della  delibera  impugnata, non pare
 dubitabile che essa sia costituzionalmente illegittima per  contrasto
 con l'art. 127 della Costituzione.
    Infatti,  la  legge  in  esame  e' stata riapprovata dal consiglio
 regionale a maggioranza semplice, e non con la  maggioranza  assoluta
 richiesta dall'art. 127, ultimo comma, della Costituzione nel caso in
 cui  la  regione intenda mantenere ferma la propria volonta' su di un
 punto oggetto di rinvio.
    Ne' la legge e' configurabile come "nuova",  atteso  che  i  punti
 modificati   nel  nuovo  testo  riguardano  esclusivamente  le  parti
 censurate  in  occasione  del  precedente  rinvio;  ne'  dagli   atti
 consiliari  pervenuti, risulta affatto manifesta la volonta' politica
 del consiglio  regionale  di  dare  vita  ad  un  nuovo  procedimento
 legislativo.
    Anzi,  tutti  gli  atti  del consiglio regionale sono espliciti ed
 univoci in senso contrario: la relazione  illustrativa  della  giunta
 regionale  al  consiglio indica come proprio oggetto gli "emendamenti
 al disegno di legge conseguenti al rinvio governativo" precisando che
 essi  "sono  stati  elaborati  al fine di addivenire ad una sollecita
 definizione dell'inter governativo del d.l.l. in oggetto".
    Ed analogo tenore ha la relazione di maggioranza  del  consigliere
 Cozzi,  cosi'  come  l'estratto  del p.v. dell'adunanza del consiglio
 regionale del 5 ottobre 1993 reca come oggetto il  disegno  di  legge
 "emendato a seguito del rinvio . . ." Che se poi si confrontino i due
 testi - quello rinviato e quello approvato il 5/10 scorso - le uniche
 differenze  tra  di  essi  sono  quelle  attinenti  alle disposizioni
 oggetto di rinvio: si tratta, quindi, di un'ipotesi tipica in  cui  -
 anche  secondo  i  criteri  piu' formali - la legge deve considerarsi
 "non nuova" perche' modificata dal consiglio  regionale  in  sede  di
 rinvio    esclusivamente    nella   disposizioni   conseguenzialmente
 interessate  dal  rinvio  (cosi'  come  chiarito  dalla  sentenza  n.
 497/1992 dell'ecc.ma Corte).
    Ecco  perche'  non  puo'  dubitarsi  che  occorresse, per la sua a
 approvazione  da  parte  del  consiglio  regionale,  la   maggioranza
 assoluta dei suoi componenti e che, in difetto, la delibera impugnata
 sia  affetta  per  cio' solo da illegittimita' costituzionale ex art.
 127 ultimo comma della Costituzione.
    Ma il vero e' che - come si e' rilevato da principio - la delibera
 della regione  Liguria  e'  anche  in  contrasto,  sotto  il  profilo
 sostanziale, con l'art. 128 della Costituzione.
    Nelle  sentenze  4  aprile  1990,  n. 157 e 24 maggio 1991, n. 212
 codesta Corte ha ravvisato "compressione  illegittima  dell'autonomia
 comunale"  ogni  qualvolta  poteri decisionali attribuiti agli organi
 comunali da leggi  statali  recanti  principi  sono  "trasformati  in
 semplici  poteri  consultivi e di proposta" mentre la regione "assume
 in proprio una competenza di natura provvedimentale".
    Va sottolineato anche la precisazione contenuta nella sentenza  n.
 212 citata, secondo cui dall'art. 3 della legge n. 142/1990 "non puo'
 trarsi  l'attribuzione  alla  regione  del  potere  di  disporre  del
 contenuto e dell'estensione delle funzioni dei comuni,  per  di  piu'
 senza  tenere  conto  del  modo  in  cui  esse  si  atteggiano  nella
 legislazione statale gia' vigente".
    La chiarezza degli insegnamenti dati con le due ricordate sentenze
 rende superfluo aggiungere che analoghi orientamenti sono indicati in
 altre sentenze, quali (ad esempio) la 27 marzo 1987, n. 87  e  la  11
 febbraio 1991, n. 73.
    Del   resto,   la   diretta   rigida   e  totale  incidenza  delle
 deliberazioni della Giunta sugli strumenti urbanistici in  vigore  e'
 modalita'  eccessiva persino rispetto ad esigenze "di coordinamento",
 che possono e devono trovare risposte piu'  articolate  e  rispettose
 delle autonomie locali.
    Ora,  nella  specie, la disposizione de qua non potrebbe essere in
 piu' patente contrasto con i richiamati principi ed insegnamenti.
    Tant'e'  vero  che  appare  difficilmente  comprensibile  come  la
 regione  Liguria - cosi' attenta e sollecita nel riapprovare il testo
 tenendo conto dei rilievi del Governo in modo da perfezionare al piu'
 presto l'iter della legge - ne  abbia  obliterato  proprio  il  punto
 focale.
    Infatti, come si ricava dalla relazione illustrativa, la regione -
 richiamato  puntualmente  il  contenuto del rilievo sull'art. 11 n. 3
 (il contenuto di  tale  normativa  e'  stato  ritenuto  lesivo  delle
 autonomie  nel  punto  in cui l'autorizzazione regionale ha valore di
 approvazione variante al piano regolatore interferendo pertanto nella
 specifica  competenza  comunale"  -  ha  ritenuto  che lo stesso puo'
 essere superato sostituendo le parole "previo parere  favorevole  del
 comune" con "su conforme parere favorevole del comune".
    Ma,  con  cio'  la  regione  non  ha  riesaminato - ed ha lasciato
 intatta - proprio quella parte dell'art. 11 n. 3 in  cui  si  prevede
 che  "nel caso di incompatibilita' con lo strumento urbanistico anche
 soltanto adottato di  cui  al  primo  comma,  l'autorizzazione  della
 giunta  regionale,  da rilasciarsi previo parere del comitato tecnico
 urbanistico, ha valore di approvazione della variante medesima".
    Dove appunto la regione assume un potere di variante che  rientra,
 non  diversamente dall'ipotesi considerata nella sentenza n. 157/1990
 e ancor piu' marcatamente che nell'ipotesi di cui  alla  sentenza  n.
 212/1991  (che  riteneva  illegittimo  il  potere  sostitutivo  della
 regione),   un   diretto   ed   esclusivo   potere    provvedimentale
 manifestamente  incompatibile  con  le  attribuzioni  dei  comuni  in
 materia  edilizia,  e  quindi  in  violazione  dell'art.  128   della
 Costituzione.
   Per  quanto  precede,  si  chiede  di  dichiarare la illegittimita'
 costituzionale della delibera regionale, o, in ogni  caso,  dell'art.
 11, n. 3 della delibera stessa. Si produranno il testo della delibera
 legislativa,  il precedente testo oggetto di rinvio, il telegramma di
 rinvio, le relazioni in sede di commissione e di consiglio sul  nuovo
 testo e la delibera del Consiglio dei Ministri.
      Roma, addi' 21 ottobre 1993
                Plinio SACCHETTO, avvocato dello Stato

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