N. 691 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 agosto 1993

                                N. 691
  Ordinanza emessa il 24 agosto 1993 dal tribunale di sorveglianza di
 Torino nel procedimento di sorveglianza nei confronti di La Marca
 Francesco
 Ordinamento penitenziario - Condannati affetti da Aids - Differimento
    dell'esecuzione  della  pena  previsto  come obbligatorio anziche'
    facoltativo come stabilito per altre  categorie  di  malati  gravi
    (soggetti  affetti da tumore o diabetici) - Riserva ai primi di un
    trattamento  ingiustificatamente  privilegiato  -  Incidenza   sul
    diritto  da  riconoscersi  alle  vittime  dei reati alla effettiva
    punizione dei medesimi, sulla funzione rieducativa della pena, sul
    diritto  alla  salute  e  sulla  funzione  giurisdizionale   della
    magistratura  di  sorveglianza "obbligata" nei casi in questione a
    sospendere l'esecuzione  della  pena  senza  poter  accertare  una
    concreta incompatibilita' con lo stato detentivo.
 (C.P., art. 146, n. 3, modificato dal d.l. 14 maggio 1993, n. 139,
    art. 1, convertito in legge 14 luglio 1993, n. 222).
 (Cost., artt. 2, 3, 27, 32 e 111).
(GU n.47 del 17-11-1993 )
                     IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Ha  emesso  la seguente ordinanza nel procedimento di sorveglianza
 relativo alla concessione di differimento della pena all'udienza  del
 24 agosto 1993.
    Premesso che il detenuto La Marca Francesco nato il 18 maggio 1962
 a  Riesi,  ristretto  nella  casa circ. di Torino, in espiazione pene
 mesi otto di reclusione inflittegli con sentenza 28 aprile  1992  dal
 pretore  di  Torino, difeso dall'avvocato di uff. Vittone del Foro di
 Torino;
    Visto il parere favorevole eccezione del p.g.;
    Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
    Verificata, preliminarmente, la  regolarita'  delle  comunicazioni
 relative   ai   prescritti   avvisi   ai   rappresentante  del  p.m.,
 all'interessato ed al difensore;
    Considerate le risultanze delle  documentazioni  acquisite,  delle
 investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
 discussione di cui a separato processo verbale;
                             O S S E R V A
    Rilevato   che   la   Marca   Francesco  ha  avanzato  istanza  di
 differimento dell'esecuzione della pena detentiva di cui in premessa,
 rientrando  nella  previsione  dell'art.  146,  n.  3,   cosi'   come
 modificato  dal decreto legge 12 novembre 1992, n. 431, reiterato con
 d.l. 12 gennaio 1993, n. 8; d.l. 13 marzo 1993,  n.  60;  d.l.  14
 maggio 1993, convertito nella legge del 14 luglio 1993;
      che  il  magistrato  di  sorveglianza  di  Torino ha sospeso con
 decreto la pena detentiva de qua a norma dell'art. 684 del c.p.p.;
    Rilevato che tale  intervento  legislativo  ha  ampliato  l'ambito
 della  disciplina del rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena,
 inserendovi il seguente principio: "Nel primo comma dell'art. 146 del
 codice penale e' aggiunto il seguente numero: "La esecuzione  di  una
 pena,  che  non  sia pecunaria, e' differita: se deve avere luogo nei
 confronti di persona affetta da  infezione  da  H.I.V.  nei  casi  di
 incompatibilita'  con  lo  stato  di  detenzione  ai  sensi dell'art.
 286-bis, comma primo, del codice di procedura penale";
      che il sopracitato articolo  286-bis  del  codice  di  procedura
 penale, definisce in questi termini i casi di incompatibilita' con lo
 status  detentionis:  "L'incompatibilita'  sussiste, ed e' dichiarata
 dal giudice, nei casi di A.I.D.S. conclamata o  di  grave  deficienza
 immunitaria".
    Rilevato  che  ne risulta sconvolto il preesistente assetto voluto
 dal legislatore del 1930 che, mediante il ricorso allo strumento  del
 "rinvio  facoltativo"  (art.  147  del  c.p.),  consentiva all'organo
 giurisdizionale competente di valutare caso per  caso,  eventualmente
 con  il  supporto di idonea perizia medica, la concreta necessita' di
 differire l'esecuzione della sanzione penale, evitando  di  incorrere
 in apoditiche generalizzazioni.
    Tale sistema normativo, che tutela lo specifico interesse di tutti
 i  malati  (ivi compresi gli affetti da H.I.V.) che si trovassero "in
 condizioni di grave infermita' fisica" (art. 147, n.  2,  del  c.p.),
 appariva   conforme   alla   lettera  ed  allo  spirito  del  dettato
 costituzionale, come riaffermato  dalla  Corte  di  cassazione  nella
 pronuncia n. 2136 del 7 maggio 1991.
   Integrale  rispetto trovava il principio secondo cui "La Repubblica
 riconosce e  garantisce  i  diritti  inviolabili  dell'uomo"  di  cui
 all'art.  2  della  Carta  costituzionale,  assicurando  comunque una
 generale tutela penale ai soggetti titolari degli  interessi  lesi  o
 minacciati dalle fattispecie criminose commesse - o commissibili - da
 autori  trovantesi  nelle condizioni enumuerate nell'art. 286-bis del
 c.p.p., esigenza che poteva venir variamente compressa o  addirittura
 sacrificata  solo allorquando collidesse con diversi principi di pari
 rilevanza e dignita', di volta in volta individuati in concerto dagli
 organi giurisdizionali.
    Piena osservanza si garantiva inoltre al principio di  uguaglianza
 di  tutti  i  cittadini  di  fronte  alla  legge senza distinzione di
 condizioni personali (art. 3), e cio' sotto un triplice profilo:
       a) ribadendo  come  le  pene  inflitte  dai  competenti  organi
 giurisdizionali debbano essere eseguite nei confronti di tutti coloro
 che  le hanno riportate, con esclusione di categorie di "intoccabili"
 aprioristicamente stabilite;
       b) evitando differenziazioni tra i soggetti affetti  da  H.I.V.
 e/o  A.I.D.S.  conclamata  e  coloro  che  sono  preda di infezioni e
 malattie dal medesimo esito infausto ai quali, pur in presenza  degli
 stessi  presupposti  anche  in  merito  ai  tempi di evoluzione della
 patologia in atto, non e' estesa questa piu' favorevole disciplina;
       c) salvaguardando una uniformita' di trattamento  tra  titolare
 dell'interesse  protetto  e  autore  del  fatto  di  reato affetto da
 infezione da H.I.V. con la mancata previsione di un astratto "diniego
 di tutel" del primo causa le particolari condizioni del  secondo,  al
 di fuori di uno specifico accertamento da parte dell'autorita' a cio'
 preposta.
    Neppure  potevano dirsi violati i basilari principi secondo cui le
 pene non possono consistere  in  trattamenti  contrari  al  senso  di
 umanita'   (art.   27)   e  la  salute  e'  un  diritto  fondamentale
 dell'individuo (art. 32) dal momento che, qualora il soggetto potesse
 giovarsi,  in  liberta',  di  cure  e  terapie   indispensabili   non
 praticabili  in  stato  in  detenzione - neppure mediante ricovero in
 ospedali civili od in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art.
 11 o.p. - ovvero, ancora, a cagione della gravita' delle  condizioni,
 l'espiazione  della  pena di appalesasse in contrasto con il senso di
 umanita',  soccorreva  sempre  l'istituto   del   c.d.   differimento
 facoltativo   (art.   147   del   c.p.)  che  permetteva  di  ovviare
 tempestivamente a tali situazioni abnormi;
    Rilevato che l'innovazione legislativa  citata,  inserendo  questa
 nuova  ed  autonoma  ipotesi  di rinvio obbligatorio in aggiunta alla
 originaria  previsione  limitata  alla  donna  incinta  o  che  abbia
 partorito da meno di sei mesi (art. 146 c.p., nn. 1 e 2), ha di fatto
 mescolato  situazioni radicalmente distanti fra loro, l'una connotata
 da una rinuncia definitiva all'applicazione della sanzione penale, le
 altre incidenti sulla pretesa punitiva solo in termini di  momentanea
 sospensione,  per  fatti,  quali  la  gravidanza  o  la nascita di un
 bambino da meno di sei mesi, che non sono a tutta evidenza "una grave
 infermita' fisica";
    Rilevato che e' stata in tal modo introdotta per  i  soggetti  che
 versano  nelle  condizioni  di  cui all'art. 286-bis, primo comma del
 c.p.p. (in quanto richiamato dall'art.  146,  n.  3,  del  c.p.)  una
 ingiustificata - a parere di questo tribunale - clausola di immunita'
 penale,  una  sorta di astratta previsione di non assoggettabilita' a
 sanzione,  spogliando  una  specifica  categoria  di  persone   della
 soggettivita' attivita' penale;
    Rilevato che l'attuale sistema normativo sembra presentare aspetti
 di  incostituzionalita', contrariamente a quanto sopraevidenziato con
 riferimento alla pregressa disciplina.
    L'art. 146, n. 3, cosi' come modificato pare innanzitutto porsi in
 contrasto con l'art. 2 della Costituzione, laddove viene  a  smentire
 l'assunto   di  una  generalizzata  tutela  dei  diritti  inviolabili
 dell'uomo,  quantomeno  nei  confronti  di  coloro  i  cui  interessi
 risultino  aggrediti  da  chi  trovasi nelle condizioni descritte dal
 decreto stesso, che si vedono privati di efficace  tutela  penale  in
 assenza   dello   strumento  che  ne  assicura  la  necessaria  forza
 intimidatrice.
    Piu' evidente si  manifesta  il  contrasto  con  il  principio  di
 uguaglianza sancito dall'art. 3 della nostra Carta costituzionale.
    Irragionevole   appare  la  discriminazione  dei  malati  "comuni"
 rispetto agli affetti da H.I.V. (in particolare ove si  rifletta  che
 la  scienza  medica  riscontra  i  medesimi  caratteri  di  gravita',
 irreversibilita' ed ingravescenza - tipici della patologia da  H.I.V.
 -  anche nella maggior parte delle malattie di tipo neoplastico ed in
 alcune forme patologiche di tipo cronico, come la malattia diabetica.
    Del pari ingiustificata la creazione di una categoria di individui
 sottratta (nel senso sopravisto) al generale assioma per cui le  pene
 inflitte  vanno  eseguite  nei confronti di tutti coloro che le hanno
 riportate, nonche' il fatto che nella  comparazione  fra  l'interesse
 del  soggetto  leso  e  quello dell'autore di reato-affetto da H.I.V.
 debba sempre soggiacere  il  primo,  indipendentemente  da  una  piu'
 approfondita analisi nel caso di specie;
    Rilevato  che  il nuovo orientamento normativo non puo' dirsi piu'
 aderente al dato costituzionale neppure sotto il profilo del rispetto
 degli artt. 27, terzo comma, e 32, primo comma, poiche' l'esito della
 esperienza medico-scientifica in materia rivela come  l'infezione  da
 H.I.V.  presenti  caratteri  di  estrema  dinamicita'  e  varieta' di
 situazioni, in rapporto  alle  quali  va  concretamente  provato  che
 l'applicazione  della pena leda il fondamentale diritto alla salute o
 si  risolva  in  un  trattamento  contrario  al  senso  di   umanita'
 (prescindendo  dai  casi  in  cui  la  cessazione  delle cure e della
 assistenza  comunque  assicurate  dalle   strutture   carcerarie   si
 tradurra' in danno di quei soggetti che si vogliono invece favorire).
    Con ben diversa puntualita' la problematica sovraesposta era stata
 recepita   nella  circolare  3370/5770  del  Ministero  di  grazia  e
 giustizia del 25 luglio 1991 - avente appunto per oggetto "I detenuti
 affetti da sindrome da H.I.V."  -  dove,  dato  atto  della  notevole
 variabilita'  ed  incostanza  del  quadro  clinico delle infezioni da
 H.I.V., si rimandava al giudizio degli organi  competenti,  investiti
 dal  "difficile compito di valutare, nei singoli casi, la sussistenza
 delle condizioni che consentono il permanere del soggetto in ambiente
 carcerario o che ne consigliano il trasferimento presso il  domicilio
 o in una struttura esterna";
    Rilevato  inoltre  che  l'obbligo  imposto  alla  magistratura  di
 sorveglianza di sospendere l'esecuzione senza  potere  esercitare  il
 diritto,  riconosciuto  dall'art. 111 della Costituzione, di dirimere
 caso per caso per il conflitto tra lo Stato ad eseguire  le  sentenze
 di  condanna  a  pena  detentiva  ed  il  diritto  del  condannato al
 differimento dell'esecuzione della pena  si  risolve  in  una  palese
 contraddizione con l'art. 111 della Costituzione;
    Rilevato  che  con nota 11-13 agosto 1993 la divisione anticrimine
 della questura di Torino ha riferito che:
       A) Di Forti Gianclaudio  scarcerato  il  15  ottobre  1992  per
 A.I.D.S.  conclamata  fine pena 26 aprile 2001; il 13 gennaio 1993 e'
 stato  arrestato  per  porto  abusivo  di  arma   e   successivamente
 scarcerato  il 20 gennaio 1993 ai sensi dell'art. 286-bis del c.p.p.;
 il 12 maggio 1993 e' stato denunciato dai carabinieri di  Torino  per
 detenzione  e  spaccio di sostanza stupefacente; il 28 luglio 1993 e'
 stato arrestato per evasione dagli arresti domiciliari  e  detenzione
 di sostanza stupefacente e scarcerato in data 14 agosto 1993;
       B)  Grosso  Giovanni scarcerato il 15 ottobre 1992 per A.I.D.S.
 conclamata. E' stato denunciato dalla questura di Torino per furto il
 30 novembre 1992;
       C)  Battaglia  Vincenzo  scarcerato  il  16  ottobre  1992  per
 A.I.D.S. conclamata; il 1 novembre 1992 e' stato denunciato per furto
 di  autovettura  dal commissariato S. Paolo di Torino; il 15 novembre
 1992 e' stato arrestato dai carabinieri di Collegno per furto di auto
 e guida senza patente e successivamente scarcerato  ex  art.  286-bis
 del c.p.p.; il 15 febbraio 1993 e' stato arrestato per danneggiamento
 e  scarcerato  nello  stesso giorno ex art. 286-bis del c.p.p.; il 22
 marzo 1993 e' stato arrestato dalla questura di Torino  per  furto  e
 subito  scarcerato  ex  art.  286-bis del c.p.p.; il 25 marzo 1993 e'
 stato sottoposto ad indagini dal commissariato di p.s.  S. Paolo  per
 furto di autovettura; il 28 marzo 1993 e' stato sottoposto a fermo di
 p.g.  dal  nucleo carabinieri di Torino per rapina; il 10 giugno 1993
 e' stato arrestato per rapina (art. 628 secondo e  terzo  comma,  del
 c.p.)  e  condannato  ad  anni  uno con sentenza g.i.p. Torino dal 10
 giugno 1993;
       D) La Marca Francesco scarcerato ex art. 684 del c.p.p.  il  13
 gennaio  1993  per  A.I.D.S.  conclamata;  il  17 marzo 1993 e' stato
 arrestato per uso e spaccio di sostanza stupefacente e scarcerato per
 art. 286-bis del c.p.p. in pari data; il  10  agosto  1993  e'  stato
 arrestato  dalla questura di Torino per rapina aggravata e scarcerato
 il 23 agosto 1993 dal g.i.p. di Torino in applicazione dell'art. 286-
 bis del c.p.p.;
       E) Sciutto Salvatore scarcerato il 2 giugno 1993  ex  art.  684
 del  c.p.p.  per  A.I.D.S.  conclamata;  il  4  giugno  1993 e' stato
 arrestato dalla questura di Torino per oltraggio e reati inerenti  le
 sostanze  stupefacenti  e  scarcerato l'8 giugno 1993 ex art. 286-bis
 del c.p.p.;
       F) Attanasio Ferdinando scarcerato il 13 maggio  1993  ex  art.
 684 del c.p.p. per A.I.D.S. conclamata; il
 1   luglio  1993  e'  stato  arrestato  per  evasione  dagli  arresti
 domiciliari e scarcerato ex art. 286-bis del c.p.p. subito dopo;
       G) Nigito Salvatore scarcerato il 6 ottobre 1992  ex  art.  684
 del  c.p.p.  per  A.I.D.S.;  l'8  giugno 1993 e' stato denunciato dai
 carabinieri di Rivoli per danneggiamento.
    Rilevato che gli  episodi  teste'  elencati  documentano  in  modo
 inequivocabile  che  per le citate persone detenute il legislatore ha
 imposto  alla  magistratura  di  sorveglianza  l'obbligo  della  loro
 scarcerazione attenuando cosi', in modo non temporaneo ma definitivo,
 la  tutela dei diritti dei consociati ad essi apprestata riconoscendo
 allo Stato la potesta' di  emettere  in  esecuzione  le  sentenze  di
 condanna  a  pene  detentive,  con  il  corrispondente  obbligo delle
 persone   condannate   di  sottoporsi  alla  restrizione  della  loro
 liberta';
    Rilevato  pertanto  che  la   invocata   disciplina   del   rinvio
 obbligatorio  della  pena  per  gli  affetti  da  H.I.V. e/o A.I.D.S.
 conclamata - come modificata a seguito  dell'entrata  in  vigore  del
 d.l.  12  novembre  1992  n.  431  -  appare  inficiata dal vizio di
 illegittimita' costituzionale;
                                P. Q. M
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1955;   dichiara   rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  con
 riferimento agli artt. 2, 3 primo comma, 27, terzo comma,  32,  primo
 comma  e  111,  primo  comma,  della  Costituzione,  la  questione di
 incostituzionalita'  dell'art.  146,  n.  3,  del  c.p.  cosi'   come
 modificato  dall'art.  1  della  legge 14 luglio 1993, n. 222, che ha
 convertito il d.l. 14 maggio  1993,  n.  139,  nella  parte  in  cui
 prevede  il  rinvio  obbligatorio  dell'esecuzione della pena se deve
 avere luogo nei confronti di persona affetta da infezione da HIV  nei
 casi  di  incompatibilita'  con  lo  stato  di  detenzione  ai  sensi
 dell'art. 286-bis primo comma, del codice di procedura penale;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale;
    Ordina  che  a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata all'interessato, alla procura generale  di  Torino  ed  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del
 Senato e della Camera dei deputati della Repubblica.
    Torino, cosi' deciso in data 24 agosto 1993
                        Il presidente: FORNACE

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