N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 1993
N. 68 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 novembre 1993 (della regione autonoma della Sardegna) Banca - Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - Prevista operativita' dei finanziamenti agevolati e della gestione di fondi pubblici mediante convenzioni stipulate, sentita la Banca d'Italia, tra l'amministrazione pubblica competente e le banche da questa prescelte - Previsione che entro il 1 gennaio 1992 le casse comunali di credito agrario e i monti di credito su pegno di seconda categoria che non raccolgono risparmio tra il pubblico devono assumere iniziative che portino alla cessazione dell'esercizio dell'attivita' creditizia ovvero all'estinzione degli enti stessi - Previsione di un parere vincolante della Banca d'Italia per le autorizzazioni alla trasformazione e fusione di banche popolari, alla fusione di banche di credito cooperativo e banche di diversa natura, alle modifiche degli statuti e ad ogni altra ipotesi di scissione e fusione di banche - Invasione della sfera di competenza regionale in materia di istituti di credito a carattere regionale. (D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 47, secondo e terzo comma, 152, primo comma, e 159). (Cost., art. 76; statuto regione Sardegna, artt. 3, 4 e 6).(GU n.47 del 17-11-1993 )
Ricorso della regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore on.le ing. Antonello Cabras, giusta deliberazione della Giunta del 19 ottobre 1993 rappresentata e difesa - in virtu' di procura a margine del presente atto - dell'avv. prof. Sergio Panunzio, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, piazza Borghese, n. 3; contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica; per la dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 47, secondo e terzo comma, 152, primo comma, e 159 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, recante "Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia". F A T T O 1. - In base agli artt. 4, lett. b) e 6 dello statuto speciale d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), la regione Sardegna ha competenza legislativa ed amministrativa di tipo concorrente in materia di: "istituzione ed ordinamento degli enti di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle casse rurali, dei monti frumentari e di pegno e delle altre aziende di credito di carattere regionale; relative autorizzazioni". Ancorche' non siano ancora state emanate in materia delle specifiche norme d'attuazione dello statuto, come gia' affermato da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 58/1958) la regione non solo e' titolare delle relative potesta' legislative ed amministrative, ma le puo' anche concretamente esercitare (naturalmente nei limiti segnati dalla disciplina statutaria e costituzionale). 2. - Cio' premesso, nella Gazzetta Ufficiale n. 230 del 30 settembre 1993 (suppl. ord.) e' stato pubblicato il decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, recante il "testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia", emanato in base alla delega conferita al governo dall'art. 25, secondo comma, della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (legge comunitaria 1991). Tale testo unico contiene diverse disposizioni legislative che incidono sulle competenze della regione autonoma della Sardegna. Ai fini del presente ricorso viene in primo luogo in evidenza, seguendo l'ordine degli articoli del testo unico, la disciplina stabilita dall'art. 47 ("Finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici"). Tale articolo, dopo avere stabilito al primo comma che tutte le banche possono erogare finanziamenti assistiti da agevolazioni previste dalle leggi vigenti "purche' essi siano regolati da convenzione con l'amministrazione pubblica competente (la quale amministrazione e' anche competente a scegliere le banche con cui stipulare la convenzione), nel secondo e terzo comma detta un ulteriore disciplina che riguarda, in particolar modo, la suddetta convenzione ed i poteri che in ordine ad essa sono riconosciuti dalla Banca d'Italia. Tali commi infatti recitano: "2. L'assegnazione e la gestione di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti dalle leggi vigenti sono disciplinate da convenzioni stipulate, sentita la Banca d'Italia, tra l'amministrazione pubblica competente e le banche da questa prescelte sulla base di criteri che tengono conto delle condizioni offerte e dell'adeguatezza della struttura tecnico-organizzativa ai fini della prestazione del servizio. Le convenzioni indicano criteri e modalita' idonei a superare il conflitto di interessi tra la gestione dei fondi e l'attivita' svolta per proprio conto dalle banche: a tal fine, possono essere istituiti organi distinti preposti all'assunzione delle deliberazioni in materia agevolativa e separate contabilita'. Le convenzioni determinano altresi' i compensi e i rimborsi spettanti alle banche". "3. Le convenzioni indicate nel secondo comma possono prevedere che la banca alla quale e' attribuita la gestione di un fondo pubblico di agevolazione e' tenuta a stipulare a sua volta convenzioni con altre banche per disciplinare la concessione, a valere sul fondo, di contributi relativi a finanziamenti da queste erogati. Queste ultime convenzioni sono approvate dall'amministrazione pubblica competente". In secondo luogo viene in evidenza l'art. 152 del t.u. ("Casse comunali di credito agrario e Monti di credito su pegno di seconda categoria"). Esso dispone, nel suo primo comma, che: "Entro il 1 gennaio 1992 le casse comunali di credito agrario e i monti di credito su pegno di seconda categoria che non raccolgono risparmio tra il pubblico devono assumere iniziative che portino alla cessazione dell'esercizio dell'attivita' creditizia ovvero alla estinzione degli enti stessi. Trascorso tale termine le casse e i monti che non abbiano provveduto sono posti in liquidazione". Infine vi e' l'art. 159 del t.u. in questione, intitolato "regioni a statuto speciale". Tale articolo, dopo aver stabilito al primo comma che "le valutazioni di vigilanza sono riservate alla Banca d'Italia", nel successivo secondo comma stabilisce che "nei casi in cui i provvedimenti previsti dagli artt. 14, 31, 36, 56 e 57 sono attribuiti alla competenza delle regioni, la Banca d'Italia esprime, ai fini di vigilanza, un parere vincolante" (gli articoli del t.u. citati riguardano, rispettivamente, le autorizzazioni alle trasformazioni e fusioni di banche popolari, le autorizzazioni alle fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di diversa natura, le autorizzazioni alle modifiche degli statuti delle banche, le autorizzazioni necessarie per ogni altra ipotesi di fusione e di scissione di banche); e nel successivo terzo comma stabilisce che "sono inderogabili e prevalgono sulle contrarie disposizioni gia' em- anate le norme dettate dal primo e secondo comma (dello stesso art. 159), nonche' dagli artt. 15, 16, 26 e 47. Restano peraltro ferme le competenze attribuite agli organi regionali nella materia disciplinata dall'art. 26" (gli articoli del t.u. citati dal terzo comma dell'art. 159 riguardano, rispettivamente: l'apertura di succursali da parte di banche, la libera prestazione di servizi delle banche, i requisiti di professionalita' e di onorabilita' degli esponenti aziendali, e - come gia' si e' visto - i finanziamenti agevolati e la gestione di fondi pubblici). Infine vi e' anche il quarto comma dell'art. 159 del t.u. il quale stabilisce che "le regioni a statuto speciale, alle quali sono riconosciuti, in base alle norme di attuazione dei rispettivi statuti, poteri nelle materie disciplinate dalla direttiva n. 89/646/CEE, provvedono a emanare norme di recepimento della direttiva stessa nel rispetto delle disposizioni di principio non derogabili contenute nei commi precedenti". Le suddette disposizioni legislative, nella parte in cui si riferiscono anche alla regione autonoma della Sardegna, ledono le sue competenze costituzionali, onde essa le impugna per i seguenti motivi di D I R I T T O 1. - Violazione delle competenze costituzionali della regione di cui agli artt. 3, 4 (spec. 4, lett. b) e 6 dello statuto speciale per la Sardegna e relative norme d'attuazione, nonche' dell'art. 76 della Costituzione. Violazione del principio costituzionale di coordinamento e collaborazione nei rapporti fra Stato e regione. 1.1. - In relazione all'art. 152, primo comma, del testo unico. Le casse comunali di credito agrario sono una realta' presente soprattutto in Sardegna (ove sono invece quasi sconosciute le casse rurali ed artigiane). Esse, fra l'altro, con la loro capillare presenza in tutti i comuni ove invece non sia presente il Banco di Sardegna, operano anche in qualita' di uffici di corrispondenza di tale istituto, cosi' in parte sopperendo alla risaputa insufficiente presenza delle banche nel territorio regionale. Orbene, il citato art. 152 del t.u., al primo comma, stabilisce - come si e' gia' visto - che entro il 1 gennaio del 1966 tali Casse vengono comunque soppresse: o per intervenuta loro traformazione in altro tipo di istituto di credito, oppure (in mancanza) per messa in liquidazione. Ma una siffatta disciplina, che stabilisce una obbligatoria trasformazione o soppressione di istituti di cosi' fondamentale importanza per la vita economica della Sardegna, senza che neppure sia prevista una qualche possibilita' per la Regione di far valere le sue valutazioni in merito, e' palesemente incostituzionale. E' incostituzionale, in primo luogo, perche' con la eliminazione di tale categoria di istituti di credito si svuota di contenuto la competenza regionale in materia di istituzione ed ordinamento degli "enti di credito agrario" (di carattere regionale) di cui all'art. 4, lett. b) dello statuto; e perche' comunque viene lesa la competenza, che indubbiamente spetta alla regione in base alla medesima disposizione statutaria (che ad essa riserva, in particolare, anche le "autorizzazioni"), relativa alla disciplina dei momenti essenziali della nascita, trasformazione ed estinzione di tali enti creditizi. Sotto un ulteriore e concorrente profilo, la disciplina stabilita dal primo comma dell'art. 152 del t.u. e' comunque incostituzionale anche perche' essa non prevede alcuna forma di intervento della regione nella procedura che porta alla messa in liquidazione delle casse in questione. Pertanto (ove si ritenga che il provvedimento di messa in liquidazione sia di competenza dello Stato e della Banca d'Italia: cfr. art. 67 della legge bancaria) la esclusione dal procedimento della regione ricorrente, che pure ha in materia una competenza propria e "concorrente" con quello dello Stato (art. 4, lett. b, St.), comporta una evidente violazione del principio di leale collaborazione che - secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - informa i rapporti fra lo Stato e la regione. Principio in base al quale, trattandosi di materia di competenza propria della Regione, occorrerebbe comunque almeno una qualche forma di coordinamento fra gli enti. 1.2.1. - In relazione all'art. 159 t.u. (spec. secondo, terzo e quarto comma). Gia' si e' visto come l'art. 159, dopo avere stabilito che anche nelle Regioni a statuto speciale la Banca d'Italia esercita le sue funzioni di vigilanza, al secondo comma stabilisce che i provvedimenti autorizzativi di competenza regionale in materia di fusioni, scissioni, trasformazioni di banche e modifiche dei loro statuti (espressamente attribuiti alla regione Sardegna dell'art. 4, lett. b) dello Statuto) debbono essere preceduti da un parere vincolante della Banca d'Italia. Tale prescrizione legislativa, ai sensi del successivo terzo comma dello stesso art. 159 e' "inderogabile" e prevale sulle contrarie disposizioni eventualmente gia' emanate. Ma anche in tal senso la disciplina legislativa stabilita dal t.u. risulta essere lesiva delle competenze costituzionalmente attribuite alla regione ricorrente. Ed infatti attribuire alla Banca d'Italia un parere non solo obbligatorio, ma addirittura anche vincolante in ordine ai provvedimenti regionali in questione (senza peraltro in alcun modo limitarne la discrezionalita' di apprezzamento) significa in sostanza subordinare radicalmente a tale parere il potere decisionale della regione in ordine ad ogni singolo provvedimento autorizzativo. Il che non sembra conciliabile con il fatto che e' pur sempre alla regione, anche se nell'esercizio di un potesta' di grado "concorrente", che gli artt. 4, lett. b), e 6 dello statuto riservano i provvedimenti di autorizzazione in questione (onde, in un caso come questo, il carattere vincolante del parere risulta essere inconciliabile con lo stesso principio di leale cooperazione. 1.2.2. - Comunque l'art. 159, secondo comma, del t.u. e' incostituzionale nella parte in cui prescrive (oltretutto in modo "inderogabile", ai sensi del terzo comma) che il parere vincolante della Banca d'Italia debba essere dato anche per i provvedimenti previsti dagli artt. 31 e 36 del t.u. rispettivamente: trasformazioni di banche popolari in societa' per azioni, ovvero fusioni cui prendono parte banche popolari e da cui risultino societa' per azioni; e fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di diversa natura da cui risultino banche popolari o banche costituite in forma di societa' per azioni). Infatti, le altre ipotesi di parere vincolante previste dal secondo comma dell'art. 159 - e cioe' quelle di cui agli artt. 14, 56 e 57 del t.u. - trovano riscontro nella corrispondenza disciplina stabilita dall'art. 46, secondo comma, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 481 (che ha dato attuazione alla direttiva CEE n. 89/646, secondo quanto stabilito dagli artt. 1, 2 e 25, primo comma, della gia' ricordata legge n. 142/1992), il quale articolo rinvia ai precedenti artt. 9, primo comma, 21, primo comma, e 25, primo comma. Ma il Governo, in base alla delega stabilita dal secondo comma dell'art. 25 della legge n. 142/1992, poteva soltanto inserire nel testo unico "le disposizioni adottate ai sensi del primo comma" (cioe' quelle del decreto legislativo n. 481/1992), apportandovi le sole modifiche necessarie per coordinare con altre disposizioni vigenti in materia. Pertanto il Governo non poteva (perche' cio' era al di fuori dell'oggetto e dei presupposti della delega) prescrivere il parere vincolante della Banca d'Italia in ipotesi ulteriori rispetto a quelle gia' stabilite dall'art. 46, secondo comma, del decreto legislativo n. 481/1992. Quindi, nella parte in cui, invece, cio' e' stato fatto con la attuale formulazione del secondo comma dell'art. 159 del t.u., questo e' comunque incostituzionale, perche' in contrasto con le citate norme costituzionali attributive delle competenze regionali (artt. 4, lett. b), e 6 dello statuto Sardegna), nonche' con l'art. 76 della Costituzione (sotto il profilo della violazione dei limiti della delega). 1.2.3. - Un ulteriore profilo di incostituzionalita' dell'art. 159 t.u. riguarda il combinato disposto del secondo, terzo e quarto comma di tale articolo. Da esso viene infatti stabilito che anche la norma del secondo comma dello stesso articolo 159, la quale prescrive il parere vincolante della Banca d'Italia, e' "inderogabile" e "prevale" sulle contrarie disposizioni gia' emanate (terzo comma), cosi' come sulle norme di recepimento della direttiva CEE n. 89/646 che venissero in futuro emanate dalla regione nella materia disciplinata da tale direttiva (e quindi anche in ordine ai casi di cui al secondo comma dell'art. 159, per i quali spettano alla regione ricorrente i poteri autorizzativi). E' palese come la inderogabilita' delle norme richiamate dal terzo comma dell'art. 159 t.u. (fra cui in particolare, per quanto ora interessa, quella del secondo comma) si dovrebbe fondare sulla previsione contenuta nell'art. 9, terzo comma, della legge 9 marzo 1989, n. 86 (c.d. "legge la Pergola") secondo cui "la legge comunitaria o altra legge dello Stato che dia attuazione a direttive in materia di competenza regionale indica quali disposizioni di principio non sono derogabili dalla legge regionale sopravvenuta e prevalgono sulle contrarie disposizioni eventualmente gia' emanate dagli organi regionali. Nelle materie di competenza esclusiva, le regioni a statuto speciale e le province autonome si adeguano alla legge dello Stato nei limti della Costituzione e dei rispettivi statuti". Orbene, nel caso della direttiva CEE n. 89/646 questa - in base alla delega conferita al Governo dai gia' richiamati artt. 1, 2, e 25, primo comma, della legge n. 142/1992 (legge comunitaria 1991) - e' stata appunto attuata dal decreto legislativo n. 481/1992. In particolare l'art. 46, terzo comma, di tale decreto legislativo ha anche stabilito (appunto come previsto dall'art. 9, terzo comma, della legge n. 86/1989) quali fossero le norme del decreto stesso da considerarsi "inderogabili" anche per le regioni ad autonomia speciale: esse sono - secondo quanto stabilito tassativamente da tale disposizione - solo le norme dettate dagli artt. 6, terzo comma, 10, 13 e 14 dello stesso decreto legislativo n. 481/1992. Non e' invece qualificata come inderogabile la norma contenuta nel secondo comma dello stesso art. 46 del decreto legislativo n. 481/1992, secondo cui "Ferme restando le competenze attribuite agli organi regionali, le norme regionali di recepimento (della direttiva n. 89/646) riservano alla Banca d'Italia, che esprime un parere vincolante, le valutazioni rilevanti ai fini di vigilanza previste dagli artt. 9, primo comma, 21, primo comma, e 25, primo comma". Da qui sorge l'ulteriore profilo di incostituzionalita' del combinato disposto del secondo, terzo e quarto comma dell'art. 159 t.u. Poiche' questo (al terzo comma) pretende di rendere inderogabili anche norme legislative di attuazione della direttiva CEE n. 89/646 che non erano state qualificate tali dall'unico atto legislativo che aveva il potere di farlo: cioe' (oltre alla legge comunitaria 1991) il decreto legislativo delegato n. 481/1992, in virtu' della delega conferita al Governo dagli artt. 1, s, e 25, primo comma, della legge n. 142/1992. Non solo, ma l'art. 159 pretende anche di prescrivere esso stesso, ed "inderogabilmente", quell'intervento della Banca d'Italia che invece, secondo la previsione dell'art. 46 del decreto legislativo n. 481/1992 doveva essere regolato dalla legge regionale. Cosi' disponendo, dunque, la impugnata disciplina dell'art. 159 t.u. viola, ad un tempo, le competenze regionali di cui alle norme statutarie gia' indicate (spec. art. 4, lett. b), ed anche l'art. 76 della Costituzione. Infatti la delega per il testo unico contenuta nel secondo comma dell'art. 25 della legge n. 142/1992 (dato il suo peculiare oggetto) non consentiva al Governo di apportare cosi' rilevanti modifiche alle disposizioni dell'art. 46 del decreto legislativo n. 481/1992 (modifiche in alcun modo rese necessarie da esigenze di coordinamento); ne', comunque, gli consentiva di stabilire la "inderogabilita'" di disposizioni legislative ulteriori rispetto a quelle gia' indicate dal decreto legislativo n. 481/1992. 1.3.1. - In ordine all'art. 47, secondo e terzo comma, t.u. Numerose leggi regionali hanno istituito fondi pubblici di agevolazione creditizia in materie di competenza della regione autonoma della Sardegna, specie nelle materie di competenza esclusiva ( ex art. 3 dello Statuto). Solo per fare qualche esempio, ricordiamo il fondo per l'industria alberghiera e turistica (legge regionale 18 marzo 1964, n. 8), ed i fondi per il credito all'artigianato (legge regionale 21 luglio 1976, n. 40). Anche in virtu' di quanto stabilito dall'art. 109 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e poi dall'art. 71, quarto comma, del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), non puo' esservi dubbio che sono state integralmente trasferite alla regione tutte le funzioni (legis- lative ed amministrative) concernenti ogni tipo di intervento per favorire l'accesso al credito agevolato, ivi compresa la disciplina dei rapporti all'uopo stabiliti dalla regione stessa con gli istituti di credito eroganti (v. espressamente art. 71, ultimo comma, d.P.R. n. 348/1979 citato). Il che significa che la disciplina della convenzione con gli istituti di credito prevista dall'art. 47, primo e secondo comma, del t.u. in questione ricade nella competenza esclusiva che e' propria della regione Sardegna ( ex art. 3 dello statuto) nelle materie cui i diversi fondi si riferiscono. Cio' premesso, si e' visto come l'art. 47 t.u. (di cui si sono gia' riportate all'inizio del presente atto le disposizioni qui rilevanti) stabilisca, in particolare al secondo comma, che la convenzione tra la regione e la banca che eroga il credito agevolato debba essere preceduta da un parere obbligatorio della Banca d'Italia, e come a sua volta il terzo comma dell'art. 159 t.u. stabilisca che le norme contenute nell'art. 47 (e quindi anche la prescrizione del parere obbligatorio della Banca d'Italia) siano inderogabili per le regioni ad autonomia speciale. Orbene, se si considera che, come si e' visto, qui si verte in materie di competenza esclusiva della regione ricorrente, sembra allora che la prescrizione di un parere obbligatorio della Banca d'Italia in ordine alla convenzione (parere che, per il suo oggetto, non attiene neppure nell'ambito proprio della vigilanza che e' riservata alla Banca d'Italia) si risolve in una indebita interferenza sulla autonomia regionale, ed in una lesione delle competenze esclusive della regione in materia di disciplina dei rapporti convenzionali con gli istituti di credito eroganti. 1.3.2. - Vi e' poi un ulteriore profilo di incostituzionalita' del combinato disposto del secondo comma dell'art. 47 e del terzo comma dell'art. 159 del t.u. L'art. 47 del t.u. deriva dall'art. 6 del decreto legislativo n. 481/1992 (di attuazione della direttiva CEE n. 89/646), anche se la disciplina contenuta nel primo (nel testo unico) e' sensibilmente diversa ed assai piu' ampia di quella contenuta nel secondo. Ma cio' che qui importa soprattutto rilevare e' che l'art. 6, terzo comma, del decreto legislativo n. 481/1992, nel prevedere una convenzione tra l'amministrazione che dispone l'agevolazione (nella specie la regione) e la banca erogante non prevedeva affatto un parere obbligatorio della Banca d'Italia (o di altro ente): tale parere e' stato introdotto per la prima volta con l'art. 47 del t.u. (che in tal modo ha modificato in modo assai rilevante la disciplina legislativa originaria). Pertanto fra le norme del terzo comma dell'art. 6 qualificata come inderogabili dell'art. 46, terzo comma, del decreto legislativo n. 481/1992 non c'e' una norma che prescriva il parere obbligatorio della Banca d'Italia. Ma l'art. 159, terzo comma, del testo unico, nel qualificare come inderogabili (tutte) le norme dettate dall'art. 47, dispone la inderogabilita' anche della norma del secondo comma dell'art. 47 che ha introdotto il parere obbligatorio della Banca d'Italia. Di conseguenza, si debbono riproporre in relazione alla disciplina sul parere obbligatorio della Banca d'Italia risultante dal combinato disposto degli artt. 47, secondo comma, e 159, terzo e quarto comma, del t.u. le censure gia' dedotte in relazione al combinato disposto del secondo, terzo e quarto comma, dello stesso art. 159, gia' esposte in precedenza sotto il numero 1.2.3. (pp. 12-15) e che qui per semplicita' si richiamano integralmente. Solo un ulteriore rilievo merita di essere qui formulato; quello cioe' che, diversamente dal caso precedente del secondo comma dell'art. 159 (in cui venivano in questione competenze "concorrenti" della regione ricorrente), nel caso dell'art. 47 del t.u. vengono in questione (come si e' visto in precedenza) soprattutto competenze di tipo "esclusivo", nelle materie di cui all'art. 3 dello statuto cui si riferiscono i fondi regionali. In conseguenza di cio', tanto piu' grave ed evidente appare la violazione delle competenze regionali, atteso che - come ribadito dallo stesso art. 9, terzo comma, della legge n. 86/1989 - se e' vero che la legge comunitaria o la legge dello Stato che da' attuazione ad una nuova direttiva (ma tale non e', come si e' gia' visto, l'impugnato decreto legislativo n. 385/1993) possono indicare quali disposizioni di principio non possono essere derogate dalla legge regionale, nel caso pero' di materie di competenza esclusiva le regioni a statuto speciale debbono adeguarsi solo "nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti": e pertanto solo allorquando si trovino di fronte a disposizioni di principio inderogabili costituite da "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica" (art. 3 statuto della Sardegna). 1.3.3. - Almeno per tuziorismo occorre infine aggiungere, sempre a proposito dell'art. 47 t.u., che ove il parere della Banca d'Italia si dovesse ritenere prescritto anche per le convenzioni previste dal terzo comma di tale articolo (cioe' le convenzioni fra banche), tutte le censure gia' formulate in relazione alla disciplina stabilita dal secondo comma dell'art. 47 varrebbero, a maggior ragione, anche per quella stabilita dal comma successivo. E pertanto esse, per quanto occorra, sono qui integralmente richiamate. 2. - Per concludere, ed anche al fine di prevenire eventuali eccezioni avversarie, puo' essere opportuno svolgere brevemente ancora due considerazioni (riservandoci, ove occorra, di ritornarvi piu' diffusamente in una successiva memoria). 2.1. - Il presente ricorso e' pienamente ammissibile, ancorche' sia diretto ad impugnare disposizioni legislative di un testo unico (decreto legislativo n. 385/1993) che in parte corrispondono a disposizioni precedentemente contenute nel decreto legislativo n. 481/1992 che non e' stato a suo tempo impugnato dalla regione. La palese sterilita' di qualsiasi eccezione che la Presidenza del Consiglio volesse fondare sulla suddetta circostanza discenda da cio' che: a) il decreto legislativo impugnato n. 385/1993 contiene un testo unico del tipo dei testi unici "normativi" (o anche detti "legislativi"), che in virtu' della espressa delega contenuta nell'art. 25, secondo comma, della legge n. 142/1992 ha carattere "innovativo", ha di per se' la forza ed il regime degli atti legislativi, ed e' quindi autonomamente impugnabile; b) comunque tutte le disposizioni impugnate del testo unico non sono affatto meramente e fedelmente riproduttive di quelle corrispondenti del decreto legislativo n. 481/1992, ma sono invece, in misura piu' o meno consistente (e su cio' ci si riserva in particolare di tornare nella successiva memoria), il risultato di una modificazione sostanziale apportata dal Governo alle disposizioni suddette (e qui non rileva se, come si e' visto in precedenza, le modifiche fossero consentite o non dalla delega); c) comunque e' principio costante della giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (per tutte sent. n. 2/1959) quella secondo cui un dato atto legislativo, che riproduce testualmente una disposizione contenuta in una precedente legge non impugnata, contiene una norma nuova agli effetti dell'ammissibilita' della sua impugnazione nel giudizio di costituzionalita'. d) infine, ancora secondo la costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (per tutte sent. n. 30/1959), nei giudizi di costituzionalita' in via principale non hanno rilievo istituti come quelli dell'inammissibilita' del ricorso per acquiescenza o per il carattere confermativo dell'atto impugnato, elaborati dalla giurisprudenza amministrativa. 2.2. - L'ultima considerazione che merita d'essere fatta (e su cui pure si potra' tornare piu' diffusamente nella successiva memoria) e' che nessuna delle disposizioni legislative impugnate trova corrispondenza nella disciplina contenuta nella piu' volte citata direttiva del consiglio CEE n. 89/646, ne' comunque potrebbe sostenersi che esse costituiscono necessaria ed obbligatoria attuazione di quella disciplina. Si tratta, infatti, di disposizioni legislative che sono state tutte introdotte dal Governo - con lo stesso testo unico impugnato (e solo in qualche caso gia' con il decreto legislativo n. 481/1992) - in base ad una sua autonoma determinazione e non gia' perche' fossero necessarie per dare fedele direttiva alla disciplina comunitaria. Disposizioni che, pertanto, non trovano il loro fondamento nella disciplina comunitaria e non sono imposte dall'esigenza del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato.
P. Q. M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare incostituzionale in parte qua le disposizioni del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, gia' indicate in epigrafe. Roma, addi' 29 ottobre 1993 Prof. avv. PANUNZIO 93C1141