N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 1993
N. 69 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 novembre 1993 (della provincia autonoma di Trento) Banca - Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - Previsione della facolta' delle banche italiane di stabilire succursali nel territorio della Repubblica e degli altri Stati comunitari con possibilita' della Banca d'Italia di vietarlo per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della banca - Lamentata invasione della sfera di competenza deliberativa e consultiva della provincia di Trento in materia di apertura e trasferimento di succursali di aziende di credito. (D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 15, primo comma, e 159, terzo comma). (Statuto Trentino-Alto Adige, art. 11).(GU n.47 del 17-11-1993 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento in persona del presidente della Giunta provinciale Gianni Bazzanella, autorizzato con delibera della giunta provinciale n. 14937 del 22 ottobre 1993, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia n. 1, come da mandato speciale a rogito del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 25 ottobre 1993, n. 59214 di rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 15, primo comma, e 159, terzo comma, del d.lgs. 10 settembre 1993, n. 385, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 230 del 30 settembre 1993, recante "testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia", per violazione dell'art. 11 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione. L'art. 11, primo comma, dello statuto speciale per il Trentino- Alto Adige attribuisce alle province autonome di Trento e Bolzano il potere di autorizzare, sentito il parere del Ministro del tesoro, l'apertura e il trasferimento, nel territorio provinciale, di sportelli di aziende di credito a carattere locale, provinciale e regionale (cioe' - ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234 - delle aziende di credito aventi sede legale e sportelli esclusivamente nel territorio regionale, ovvero, ai sensi del secondo comma di detto art. 2, aventi sede legale e sportelli nel territorio regionale, nonche', anteriormente alla data di entrata in vigore della norma di attuazione, sportelli anche fuori di esso). Il secondo comma del medesimo art. 11 prevede che l'autorizzazione all'apertura e al trasferimento nella provincia di sportelli bancari delle altre aziende di credito sia data dal Ministero del tesoro "sentito il parere della provincia interessata". Tali norme hanno continuato a trovare applicazione anche quando, dopo il 1985, la Banca d'Italia adotto' per le autorizzazioni in parola, in talune ipotesi, procedure semplificate, fondate sul silenzio-assenso. Infatti i provvedimenti di sospensione relativi agli sportelli aperti nel territorio provinciale dalle banche di interesse regionale rimasero riservati alla provincia, che emano' una normativa analoga a quella della Banca d'Italia; e i provvedimenti di sospensione relativi agli sportelli delle altre banche venivano adottati dagli organi centrali sentito il parere della provincia (a tale situazione normativa si riferisce la sent. n. 45 del 1990 di questa Corte). Ora l'art. 15, primo comma, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con d.lgs. 10 settembre 1993, n. 385, stabilisce che "le banche italiane possono stabilire succursali nel territorio della Repubblica e degli altri stati comunitari" e che "la Banca d'Italia puo' vietare lo stabilimento di una nuova succursale per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economia e patrimoniale della banca". Tale disciplina, che riserva alla sola Banca d'Italia i poteri di intervento sulle succursali delle banche (ivi comprese quelle di interesse regionale), in tutto il territorio nazionale, e dunque anche nella regione Trentino-Alto Adige, non fa piu' alcuna menzione dei poteri delle province autonome. Vero e' che l'art. 159 dello stesso testo unico presuppone ancora che nelle regioni a statuto speciale vi siano competenze esercitate dalle regioni medesime. Ma non sembra si possa ritenere in cio' implicito un riconoscimento di poteri della provincia nella materia di cui all'art. 15, sia perche' in detto art. 159 e' parola solo delle regioni e non delle province autonome; sia soprattutto perche', da un lato, il secondo comma dell'art. 159 prevede provvedimenti di competenza delle regioni (con parere della Banca d'Italia) solo in materie diverse da quella qui considerata (infatti fra le norme del testo unico richiamate non compare l'art. 15); dall'altro lato il quarto comma dell'art. 159, nel prevedere norme regionali di recepimento della direttiva CEE n. 89/646, le vincola al rispetto delle "disposizioni di principio non derogabili contenute nei commi precedenti", e il terzo comma a sua volta dichiara inderogabili e prevalenti sulle contrarie disposizioni gia' emanate, fra l'altro, le norme dettate dall'art. 15. E' dunque giocoforza concludere - a quanto sembra - che il testo unico non riconosce alcuna potesta' provinciale in tema di apertura di succursali delle banche nel territorio provinciale: con cio' pero' violando l'art. 11 dello statuto e le norme di attuazione. Non varrebbe osservare che la nuova normativa, avendo abolito l'autorizzazione all'apertura o al trasferimento di sportelli, non puo' essere vincolata al rispetto delle norme statutarie che a tale autorizzazione si riferiscono. Cio' infatti potrebbe valere, in ipotesi, nel solo caso in cui la nuova normativa avesse abolito tout court qualsiasi intervento autoritativo degli organi pubblici in materia di apertura di nuove succursali. Ma cosi' non e', poiche' - come si e' visto - l'art. 15, primo comma, seconda parte, del testo unico attribuisce esplicitamente alla Banca d'Italia (e solo ad essa) il potere di "vietare lo stabilimento di una nuova succursale per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della banca": potere, questo, conferito ed esercitabile in vista, sostanzialmente, dei medesimi interessi pubblici cui secondo la normativa anteriore si provvedeva mediante l'autorizzazione, o mediante il potere di sospendere l'apertura o il trasferimento dello sportello a seguito della comunicazione della banca (col meccanismo del silenzio-assenso). E' dunque palese che le potesta' attribuite alla provincia dall'art. 11 dello statuto devono oggi intendersi riferite al potere di "vietare lo stabilimento" delle nuove succursali, previsto dalla nuova normativa. Invero la logica, nonche' il principio di conservazione dei valori giuridici, impongono di non far discendere dalle modifiche normative, relative alla tipologia dei poteri pubblici esercitabili in materia nella quale sussista un riparto di competenza fra Stato e regioni o province autonome, o alle relative procedure, conseguenze ultronee come sarebbe quella di una totale caducazione dei poteri provinciali. In altri termini, la ratio della norma statutaria, che attribuisce determinati poteri alla provincia riguardo all'apertura delle succursali di aziende di credito nel territorio provinciale, sussiste indipendentemente dal fatto che il legislatore statale (in omaggio, come e' il caso, ad una normativa comunitaria) configuri diversamente i poteri medesimi, sostituendo ad un regime di autorizzazione uno di liberta' di iniziativa accompagnato dalla possibilita' di imporre un divieto. Si ha conferma di cio' nella circostanza - gia' ricordata - per cui, quando al preesistente meccanismo dell'autorizzazione preventiva si sostitui' in taluni casi quello (sostanzialmente simile all'attuale) della semplice comunicazione da parte della banca dell'apertura dello sportello, sospesa per un certo termine durante il quale l'autorita' poteva adottare provvedimenti impeditivi, nessuno si sogno' di negare che rispetto a tale nuova disciplina dovessero, per quanto riguardava gli sportelli aperti nel territorio provinciale, trovare applicazione i poteri deliberativi o consultivi che l'art. 11 dello statuto riconosce alla provincia. Anche le ragioni che secondo l'attuale art. 15 del testo unico possono motivare il divieto ("motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della banca") sono all'evidenza le stesse che in passato potevano giustificare il diniego di autorizzazione, o piu' tardi, se del caso, il provvedimento di sospensione adottato nell'ambito del regime di "silenzio-assenso". E dunque anche sotto questo profilo occorre riconoscere che i provvedimenti di divieto oggi previsti debbono essere adottati nel rispetto del riparto di competenza (deliberativa e consultiva) previsto dall'art. 11 dello statuto. Ne' infine si potrebbe argomentare che detti provvedimenti dovrebbero spettare in ogni caso alla Banca d'Italia in quanto fondati su "valutazioni di vigilanza", ad essa riservate ai sensi dell'art. 159, primo comma, del testo unico. Infatti i divieti di cui all'art. 15, primo comma, non sono esplicazione di semplici poteri di vigilanza, ma rappresentano cio' che oggi resta dei poteri di governo pubblicistico del credito in questa materia. Lo stesso art. 159 del testo unico del resto, al secondo comma, prevede una serie di (altri) provvedimenti nei quali possono entrare bensi valutazioni a fini di vigilanza, ma che non si esauriscono in esse, e per i quali pertanto alla Banca d'Italia e' attribuita non gia' una competenza esclusiva, bensi' solo il potere di esprimere "ai fini di vigilanza" un parere sia pure vincolante. Se, del resto, dovesse considerarsi il potere di divieto, di cui all'art. 15, primo comma, del testo unico, come un potere spettante alla sola Banca d'Italia ai sensi dell'art. 159, primo comma, non si potrebbe che ritenere a sua volta tale ultima disposizione, in parte qua, in contrasto con l'art. 11 dello statuto, per le ragioni gia' esposte. L'art. 15 del testo unico riprende in parte, modificandole, le disposizioni gia' contenute nell'art. 13 del d.lgs. 14 dicembre 1992, n. 481: e parimenti l'art. 159 del testo unico riprende in parte, integrandole e modificandole, disposizioni gia' contenute nell'art. 46 di detto d.lgs. n. 481/1992. Trattandosi peraltro di un testo unico innovativo e non semplicemente compilativo, munito di forza di legge in forza della delega di cui all'art. 25 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, ed essendo per di piu' le disposizioni in questione non semplicemente riprodotte ma modificate, il testo unico costituisce nuova fonte della disciplina in questione, e come tale rinnova la lesione dell'autonomia provinciale, legittimando il presente ricorso (ne', come questa Corte ha piu' volte ritenuto, trova applicazione nei giudizi sulle leggi l'istituto dell'acquiescenza: cfr. art. es. sentt. nn. 133/1975; 192/1970; 19/1970 e 113/1967; ma si tratta di giurisprudenza consolidata).
P. Q. M. La provincia ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 15, primo comma, e 159, terzo comma, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, contenente "testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia" nelle parti in cui non fanno salve le competenze deliberative e consultive della provincia autonoma di Trento in materia di apertura e trasferimento di succursali di aziende di credito nel territorio provinciale, previste dall'art. 11 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, per violazione del medesimo art. 11 dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione. Roma, addi' 29 ottobre 1993 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 93C1142