N. 72 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 novembre 1993

                                 N. 72
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
  cancelleria il 9 novembre 1993 (del Presidente del Consiglio dei
  Ministri)
 Regione Piemonte - Beni culturali - Norme sul prestito e
    l'esportazione   di   beni  culturali  conservati  in  Piemonte  -
    Previsione  di  un  assetto   di   competenza   regionale,   senza
    riferimento  alcuno alla legge prevista dall'art. 48 del d.P.R. n.
    616/1977  per  la  individuazione  delle  funzioni  regionali   in
    materia,    in    base    al   criterio   soggettivo   e   formale
    dell'appartenenza giuridica del bene anziche' del carattere locale
    dell'interesse  -  Intervento   sull'esportazione   dei   beni   e
    sull'applicazione  di sanzioni penali di competenza dell'autorita'
    statale - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale  n.
    277/1993.
 (Legge regione Piemonte riapprovata il 12 ottobre 1993).
 (Cost., artt. 9, 10, 25, 41, 42, 97 e 117).
(GU n.47 del 17-11-1993 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso  la quale ha
 domicilio in Roma, via  dei  Portoghesi  n.  12,  contro  la  regione
 Piemonte,  in persona del presidente della giunta regionale in carica
 per la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della  legge
 regionale   recante  "Norme  su  prestito  all'esportazione  di  beni
 culturali conservati in Piemonte" approvata dal  consiglio  regionale
 del  Piemonte  il 9 marzo 1993, riapprovata dal medesimo consiglio il
 12 ottobre 1993 e comunicata il 18 ottobre,  per  contrasto  con  gli
 artt. 9, 10, 25, 41, 42, 97 e 117 della Costituzione.
    Il  9  marzo 1993 il consiglio regionale della regione Piemonte ha
 approvato  un  disegno  di  legge  recante  "norme  sul  prestito   e
 l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte".
    La  legge  e'  stata fatta oggetto di rinvio, rilevando il Governo
 che: "provvedimento in suo complesso, in relazione  art  formulazione
 adottata,  con  particolare  riguardo  at  artt.  2  e  3, non appare
 consentire esatta delimitazione qualita' interesse  locale  beni  cui
 trattasi  et potesta' comportare frantumazione concetto unitario bene
 culturale cui legge 1 giugno 1939 n. 1089,  incidendo  su  competenze
 statali in materia".
    Avendo  il consiglio regionale riapprovato, il 12 ottobre 1993, il
 medesimo testo a maggioranza assoluta, il Consiglio dei  Ministri  ha
 deliberato  l'impugnazione della legge proposta con il presente atto,
 con riferimento alle norme costituzionali indicate in epigrafe.
    1. - La legge impugnata, considerata nel suo complesso, si risolve
 in una vera e propria avocazione, da parte della regione Piemonte, di
 funzioni legislative e amministrative che competono  allo  Stato.  Su
 questo presupposto costituzionalmente non legittimo, la legge dispone
 sulla   materia   dei  beni  culturali  a  condizioni  che  vulnerano
 fondamentali valori costituzionali quali  la  tutela  del  patrimonio
 storico e artistico nazionale, il rispetto degli obblighi comunitari,
 la  riserva  di  legge  in  materia penale, il principio di legalita'
 dell'azione amministrativa anche con riferimento alle garanzie  della
 proprieta' privata.
    2.  -  All'art.  1,  costituente  la  chiave  di volta di tutto il
 provvedimento,  la  regione  dichiara  di  "normare"  il  prestito  e
 l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte.
    Questa  normazione viene altresi' collocata a livello attuativo di
 dettati costituzionali (artt. 9 e 117) senza  alcuna  intermediazione
 di  una legislazione statale di principio; la legge 1 giugno 1939, n.
 1089, e' totalmente ignorata e pretermessa.
    In questo modo, viene configurata una funzione  legislativa  della
 regione  a  statuto  ordinario  con caratteri di potesta' legislativa
 esclusiva, che e' incompatibile con il principio  basilare  dell'art.
 117 della Costituzione.
    D'altra  parte,  come afferma l'art. 1, il testo intende "normare"
 la materia del prestito e dell'esportazione dei  beni  culturali;  ma
 normare  una  materia che coinvolge fondamentali interessi pubblici e
 diritti dei privati significa dettare una  disciplina  sostanziale  e
 non  soltanto  prevedere  o  regolare competenze amministrative, come
 invece si limitano a fare le disposizioni che seguono l'art. 1.
    Di conseguenza, non si sfugge  alla  seguente  alternativa:  o  la
 legge  regionale  ha  (avrebbe)  effettivamente  normato  la materia,
 mettendo  fuori  gioco  le   leggi   statali,   oppure   tali   leggi
 continuerebbero ad essere applicate in Piemonte.
    Nella prima ipotesi, assisteremmo ad una sostanziale deregolazione
 della  tutela  storico-artistica,  che  uffici  pubblici  (regionali)
 eserciterebbero ad libitum, senza regole  prefissate.  Nella  seconda
 ipotesi  la  legge doveva essere intitolata "norme per l'esercizio da
 parte degli  organi  regionali  di  funzioni  statali  trasferite  in
 materia di beni culturali". Ma il trasferimento non vi e' mai stato.
    3.  -  La  legge  (artt.  1,  2,  3 e 4) si propone di regolare il
 "prestito".
    Questa figura e' nota, o quanto meno comprensibile,  nei  riguardi
 dei libri delle biblioteche.
    E'  ignota,  e  non comprensibile, nei riguardi dei beni culturali
 veri e propri (cose di interesse artistico e storico).  La  legge  n.
 1089/1939  non  conosce  e non regola il prestito. La legge impugnata
 dice di normarlo, ma in realta' non lo definisce e neppure lo regola.
    4. - L'art. 2 si occupa della esportazione dei  beni  librari.  La
 relativa  funzione  e' stata delegata, e non trasferita, alle regioni
 dall'art. 9 del d.P.R. n. 3/1972. Di conseguenza,  l'art.  2  (e  gli
 artt. 1, 4, 5 e 6 nella parte in cui si riferiscono ai libri) violano
 chiaramente  i limiti posti alla potesta' legislativa regionale nelle
 materie delegate dall'art. 117, ultimo comma,  della  Costituzione  e
 dall'art. 7 del d.P.R. n. 616/1977.
    5. - L'art. 3 (e, in correlazione, gli artt. 4 e 5) trattano della
 esportazione  di beni storico-artistici conservati in Piemonte, prev-
 edendo   che   la   loro   esportazione   e'   subordinata   ad   una
 "autorizzazione,    licenza    o   nulla-osta"   dell'amministrazione
 regionale.
    La sentenza della Corte costituzionale  10  giugno  1993,  n.  277
 (successiva   alla   prima  approvazione  della  legge  e  al  rinvio
 governativo) ha definitivamente chiarito (punto 2  della  motivazione
 in  diritto)  che  la  attribuzione  regionale  in materia di musei e
 biblioteche  di enti locali e di interesse locale, non e' estensibile
 alla  tutela  dei  beni  culturali  singolarmente   considerati;   ha
 osservato    anche   che   l'attribuzione   di   "interesse   locale"
 riconoscibile ad una raccolta di  un  museo  non  e'  automaticamente
 trasferibile  ai singoli beni, che possono ben rivestire un interesse
 nazionale. Richiamandosi poi all'art. 48 del d.P.R. n.  616/1977,  la
 Corte  ha  ritenuto la carenza di attribuzione regionale sulla tutela
 di singoli  beni  culturali,  fintanto  che  una  legge  statale  non
 conferisca  alle regioni competenze trasferite o delegate definendole
 con riferimento alla localita'  dell'interesse  (concetto  che  pero'
 appare tuttora di problematica ed incerta applicabilita' nei riguardi
 del bene culturale in se' considerato).
    6.  -  Le  succitate statuizioni, formulate in termini generali in
 occasione di un conflitto di attribuzioni  riguardante  il  restauro,
 non   possono   non   valere   anche   per   l'esportazione,  di  cui
 specificamente si occupa l'art. 3 della legge impugnata.
    E' piuttosto da  aggiungere  che  l'attributo  della  nazionalita'
 dell'interesse  culturale  assume la sua massima e decisiva rilevanza
 proprio in relazione all'esportazione dei beni culturali.
    Il controllo all'esportazione non puo'  non  fondarsi  sul  valore
 nazionale  del  bene  culturale.  E  cio'  sia in doverosa attuazione
 dell'art. 9 della Costituzione, sia in osservanza degli obblighi  che
 derivano dall'appartenenza dell'Italia alla Comunita' europea.
    L'art.  36  del  trattato  CEE  autorizza  restrizioni  o  divieti
 all'esportazione solo se giustificati dalla protezione del patrimonio
 nazionale.   Ne   segue   che   l'istituto    della    autorizzazione
 all'esportazione  e'  comunitariamente  legittimo solo se preordinato
 alla verifica del valore nazionale del bene culturale e ad impedirne,
 su tale presupposto, la fuoriuscita dal territorio italiano.
    Resta ancora da sottolineare, in correlazione ai rilievi di ordine
 generale formulati sull'art. 1, che gli  artt.  3  e  4  della  legge
 impugnata    non    contengono    alcuna    normazione    sostanziale
 dell'autorizzazione regionale,  lasciando  la  piu'  assoluta  quanto
 inammissibile incertezza circa i criteri legali di rilascio o diniego
 dell'autorizzazione.
    7.  - Gli artt. 4, 5, 6 e 7 contengono disposizioni conseguenziali
 a quanto statuito negli artt. 1, 2 e 3, di cui quindi non possono non
 condividere la sorte.
    Un vizio autonomo affetta peraltro l'art. 6 che intende  applicare
 alle violazioni della legge impugnata le ragioni previste dagli artt.
 65 e 66 della legge n. 1089/1939.
    Poiche'  l'art.  66  contempla sanzioni penali, si interferisce in
 materia esclusivamente riservata alla legge statale.
    In conclusione, la  legge  impugnata  e'  da  ritenersi,  nel  suo
 complesso, costituzionalmente illegittima in quanto:
       a)  stabilisce  un  assetto di competenze regionali al di fuori
 del  necessario  quadro  di  riferimento  di  legislazione   statale,
 prescindendo  dalla  legge  n.  1089/1939  ed in mancanza della legge
 prevista dall'art. 48 del d.P.R. n. 616/1977  per  la  individuazione
 delle funzioni regionali in materia di beni culturali;
       b)  definisce  il  suo  campo di applicazione in base a criteri
 soggettivi e  formali  (appartenenza  giuridica  dei  beni)  che  non
 riflettono un carattere locale dell'interesse;
       c) interviene su aspetti, come l'esportazione, in cui la tutela
 e' inscindibilmente legata alla nazionalita' dell'interesse.
   Per  le  esposte  ragioni  si  chiede che il presente ricorso venga
 accolto, con la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  della
 legge regionale indicata in epigrafe.
      Roma, addi' 29 ottobre 1993
               Pier Giorgio FERRI, avvocato dello Stato

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