N. 700 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 maggio 1993
N. 700 Ordinanza emessa il 6 maggio 1993 dal Corte di cassazione sul ricorso proposto dalla S.r.l. Gestione servizi pubblici contro il comune di Reggello Finanza locale - Controversie sulla revisione dell'aggio per la riscossione delle imposte sulla pubblicita' e sui diritti di affissione, fra comuni e appaltatori - Procedimento per la definizione - Applicabilita', in virtu' del richiamo contenuto nella disposizione impugnata, della normativa stabilita dal r.d. 14 settembre 1931, n. 75, per le controversie in materia di imposte di consumo, prevedente il ricorso ad una commissione arbitrale le cui decisioni non sono soggette ne' ad appello ne' ad azione di nullita' - Ripristino di un organismo giurisdizionale gia' abrogato - Lamentato contrasto con il principio del divieto di istituire giudici speciali - Denunciata violazione del principio della indipendenza del giudice per la mancanza del requisito della terzieta' essendo i componenti della commissione nominati dalle parti in causa - In via subordinata (ove non si ritenga la commissione un giudice speciale): previsione di un arbitrato obbligatorio in contrasto con il diritto di difesa e con il principio secondo cui la funzione giurisdizionale e' esercitata dai magistrati ordinari. (D.L. 1 luglio 1986, n. 318, art. 14, terzo comma, convertito in legge 9 agosto 1986, n. 488). (Cost., artt. 24, 102 e 108).(GU n.48 del 24-11-1993 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dalla Gestione servizi pubblici S.r.l. in persona del presidente pro- tempore, elettivamente domiciliata in Vitinia, (Roma), via del Risaro, 126, presso la sede amministrativa della societa', rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Caldanulo giusta delega in calce al ricorso, ricorrente, contro il comune di Reggello in persona del sindaco, pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli, 180, presso l'avv. Mario Sanino che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso controricorrente, avverso la decisione della commissione arbitrale di cui al r.d.l. 21 gennaio 1931, n. 36, convertito in legge 9 aprile 1931, n. 460, dep. 16 marzo 1989, e il provvedimento del pretore di Firenze dep. il 9 maggio 1989. E' presente per il ricorrente l'avv. S. Caldaruolo il consigliere rel. dott. Lupo svolge la relazione. La difesa del ricorrente chiede l'accoglimento del ricorso. Udito il p.m., in persona del sostituto procuratore generale, dott. Lanni che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo del ricorso e l'assorbimento del terzo con rigetto del primo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La societa' Gestione servizi pubblici S.r.l. ha gestito, per contratto di appalto, il servizio di riscossione dell'imposta sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche affissioni del comune di Reggello a decorrere dal periodo 1977, fine 1979 e, a seguito di altro contratto del 1983, ha gestito anche la riscossione della tassa per la occupazione di spazi ed aree pubbliche. Nel corso degli appalti, piu' volte prorogati, e' intervenuto il decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318, convertito dalla legge 9 agosto 1986, n. 488 (provvedimenti urgenti per la finanza locale, che, oltre ad aumentare le tariffe relative all'imposta sulla pubblicita', ai diritti sulle pubbliche affissioni, ed alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, ha disposto la revisione della misura dell'aggio convenuta nei contratti per l'accertamento e la riscossione in corso al 1 gennaio 1986, mediante richiamo delle disposizioni contenute nell'art. 25, secondo comma, del decreto-legge 28 febbraio 1988 n. 55, convertito dalla legge 26 aprile 1983, n. 131 (provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983). Detto secondo comma del citato art. 25 prevede che "in caso di mancato accordo fra le parti, la revisione sara' demandata alla commissione arbitrale di cui al regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460". Con deliberazione di giunta del 26 maggio 1988 il comune di Reggello, stante il mancato accordo con la societa' Gestione servizi pubblici in ordine alla revisione dell'aggio, ha deciso il ricorso alla menzionata "commissione arbitrale", manifestando il suo intento alla detta societa' e nominando il proprio arbitro con atto notificato l'8 giugno 1988. La Societa' ha nominato il suo arbitro con atto notificato il 25 luglio 1988. Nella riunione del 6 marzo 1989 la commissione, presieduta dall'intendente di finanza di Firenze, esaminate le memorie ed i documenti prodotti dalle parti, ha determinato, per il periodo 1 gennaio 1986-31 gennaio 1988, l'aggio spettante alla societa' gestione servizi pubblici nella misura del 24 per cento per l'imposta comunale sulla pubblicita' e per i diritti sulle pubbliche affissioni e nella misura del 27 per cento per la tassa di occupazione sugli spazi ed aree pubbliche, oltre interessi legali e svalutazione. Il "lodo arbitrale" e' stato dal comune depositato nella cancelleria della pretura di Firenze l'8 maggio 1989 e dichiarato esecutorio dal pretore con decreto del 9 maggio 1989. Con ricorso notificato il 21 giugno 1990 la societa' Gestione servizi pubblici ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della commissione arbitrale, sulla premessa che a tale organismo va riconosciuta la natura di giurisdizione speciale. Il comune di Reggello ha resistito con controricorso. M O T I V I 1. - Il ricorso per cassazione, proposto avverso un atto che il ricorrente ha considerato come decisione di una giurisdizione speciale, va ritenuto tempestivo perche' proposto entro il termine annuale dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, previsto dall'art. 327, primo comma, del c.p.c. La "decisione" impugnata, invero, non puo' considerarsi pubblicata prima del deposito avvenuto l'8 maggio 1989 presso la cancelleria della pretura di Firenze, non risultando compiuta, in precedenza, altra attivita' idonea a renderla pubblica a norma dell'art. 133 del c.p.c. In relazione alla data dell'8 maggio 1989, il ricorso per cassazione notificato il 21 giugno 1990 e' rispettoso del detto termine annuale, tenuto conto della sospensione del termine per ricorrere, in applicazione della legge 7 ottobre 1969, n. 742. 2. - Come si e' detto in narrativa, la "decisione" impugnata e' stata emanata dalla "commissione arbitrale" prevista e disciplinata dal r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, recante modificazioni alle norme relative alla definizione delle controversie in materia di imposte di consumo tra comuni e appaltatori. A tale disciplina ha fatto rinvio l'art. 14, terzo comma, del gia' citato decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318, attraverso il richiamo, ivi contenuto, all'art. 25, secondo comma, del citato decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55. Questa Corte ritiene di sollevare, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, terzo comma, del decreto- legge n. 318/1986, nella parte in cui, attraversando il richiamo dell'art. 25, secondo comma, del decreto-legge n. 55/83, rende applicabile la normativa contenuta nel r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36, e quindi il sistema di "definizione delle controversie" disciplinato da quest'ultimo testo legislativo. 3. - La gestione di legittimita' costituzionale e' rilevante per la decisione del presente giudizio, perche' essa ha per oggetto le disposizioni che costituiscono il fondamento della potestas iudicandi estrinsecatasi con il provvedimento qui impugnato, onde la eventuale caducazione delle disposizioni sospettate di incostituzionalita' farebbe venir meno la decisione avverso la quale e' stato proposto il ricorso per cassazione. 4. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' che qui si solleva, va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la "Commissione arbitrale" istituita e disciplinata dal r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36 aveva i caratteri di una giurisdizione speciale (sez. un. 27 luglio 1939, in Giur. it. 1940, I, 1, 166; sez. un. 19 maggio 1938, n. 1723). Tale commissione, incaricata di definire le controversie in materia di imposte di consumo tra i comuni ed appaltatori (v. anche l'art. 80 t.u. finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175), mediante la emanazione di "decisioni" non soggette ad appello o ad azioni di nullita', ma soltanto ricorribili per cassazione, e' venuta meno a seguito della abolizione delle imposte di consumo (dal 1 gennaio 1973) e della conseguente cessazione dei contratti di appalto e di gestione del relativo servizio di riscossione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 649, art. 1). Quindi il decreto-legge n. 55/1983, al quale fa richiamo il decreto-legge n. 318/1986, ha ripristinato un organismo giurisdizionale ormai cessato. Cio' sembra porsi in contrasto con l'art. 102, secondo comma, della Costituzione che pone il divieto di istituire giudici speciali. Qualora, invece, si ritenesse che non si e' in presenza della istituzione di un nuovo giudice speciale, e che il legislatore ha mantenuto in vita una giurisdizione speciale precostituzionale, la commissione arbitrale disciplinata dal r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36, apparirebbe comunque priva del requisito della indipendenza dei suoi componenti, richiesto per i giudici delle giurisdizioni speciali dall'art. 108, secondo comma, della Costituzione infatti, due dei tre componenti del detto organismo sono nominati dalle parti in causa, e cioe' l'uno dal comune e l'altro dall'appaltatore, onde mancherebbe per essi il requisito della "terzieta'", che sembra essere un presupposto essenziale per la indipendenza del giudice. Sussiste, in conclusione, il dubbio che la commissione che ha emanato la "decisione" impugnata si ponga in contrasto con l'art. 102 (in relazione alla norma istitutiva) e con l'art. 108 della Costituzione (in relazione alla sua composizione). 5. - In via subordinata, questa Corte deve prospettarsi la eventualita' che la "commissione arbitrale" prevista dal r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36, venga considerata dall'interprete non una giurisdizione speciale (come si e' affermato in passato), ma un organismo arbitrale (secondo la qualificazione formale della detta fonte normativa). Se si accogliesse siffatta interpretazione, il citato decreto- legge n. 56/1931 prevederebbe un arbitrato obbligatorio, posto che le parti sono obbligate a rivolgersi a detta commissione per definire la controversia tra loro insorta. E l'arbitrato obbligatorio e' stato da codesta Corte ritenuto contrastante con gli artt. 24 e 102 della Costituzione (Corte costituzionale 27 dicembre 1991, n. 488). Deve quindi sollevarsi, in via subordinata al mancato accoglimento della questione prospettata nel precedente paragrafo 4, la questione di illegittimita' costituzionale dello stesso testo normativo per contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione.
P. Q. M Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, terzo comma, del decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318 (convertito della legge 9 agosto 1986, n. 488), nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo comma, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55 (convertito nella legge 26 aprile 1983, n. 131), rende applicabile il regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36 (convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460), per contrasto con gli artt. 102, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione; In via subordinata, solleva la questione di legittimita' costituzionale delle stesse disposizioni di legge sopra indicate, per contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione; Rimette gli atti alla Corte costituzionale e sospende il processo in corso; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata al Presidente del sentato ed al Presidente della Cam- era dei deputati. Cosi' deciso a Roma il 6 maggio 1993. Il presidente: SENSALE 93C1160