N. 706 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 settembre 1993
N. 706 Ordinanza emessa il 15 settembre 1993 dal tribunale di Teramo sulle istanze riunite proposte dalla S.a.s. Aranciata Gran Sasso ed altre nei confronti della S.n.c. Bonomo import Fallimento - Piccolo imprenditore - Nozione - Operativita' del concetto solo nel campo delle imprese individuali - Conseguente assoggettabilita' a fallimento del socio di una societa' in nome collettivo anche se di modeste dimensioni ma non del socio unico di una societa' a responsabilita' limitata indipendentemente dalle dimensioni dell'impresa - Ingiustificata disparita' di trattamento. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1). (Cost., art. 3).(GU n.48 del 24-11-1993 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato il seguente decreto; Lette le istanze di fallimento proposte da Aranciata Gran Sasso S.a.s. Marchegiani S.r.l., Cons. coop. Interregionale a.r.l.; Italwell S.r.l., Mineralvini Pistoiese S.r.l., Secondo Vergani S.p.a. e Carpene' Malvolti S.p.a. nei confronti della S.n.c. Bonomo Import di Giuseppe Bonomo e C.; Visti gli atti e sentito il relatore; Rilevato preliminarmente che con memoria difensiva depositata dal legale della debitrice in data 14 luglio u.s. si propone questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 cpv., u.p., della l.f. per contrasto con l'art. 3 della Costituzione " .. nella parte in cui prevede che in nessun caso le societa' commerciali possono essere considerate piccoli imprenditori e quindi nella parte in cui non prevede alcun criterio di distinzione all'interno della categoria delle societa' commerciali, assoggettandole indiscriminatamente a fallimento senza tenere conto delle caratteristiche e delle dimensioni di ognuna .."; Rilevato altresi' che, a sostegno dell'eccezione, si deduce che appare contrario ad ogni principio di ragionevolezza il fatto che .. esistendo dei criteri alternativi attraverso i quali distinguere tra "grande" imprenditore individuale e "piccolo" imprenditore individuale, al fine di escludere quest'ultimo dalla procedura concorsuale, non esistano analoghi criteri per operare la medesima distinzione all'interno della categoria delle societa' commerciali, onde poter individuare una societa' - grande imprenditore - con le stesse caratteristiche del grande imprenditore individuale e quindi per le stesse ragioni assoggettarle a fallimento, e una societa' - piccolo imprenditore - assimilabile al piccolo imprenditore individuale e come tale escluso dal fallimento; che la Corte costituzionale, dichiarando non fondata analoga eccezione sollevata nei confronti dell'art. 1 cpv, della l.f. per contrasto con l'art. 3 della Costituzione (sotto il diverso profilo dell'apparente disparita' di trattamento derivante dall'esonero del fallimento di una societa' in nome collettivo di carattere artigianale e dall'assoggettamento, invece, alla procedura fallimentare di una societa' analoga (e dei singoli soci, anche se di dimensioni piu' modeste) ravvisava con sentenza resa il 28 gennaio 1991, n. 54, che non sussisterebbe omogeneita' di posizioni (e sarebbe, quindi, giustificato il diverso trattamento) per la presunzione di speculazione e di profitto tipica delle societa' commerciali e perche' non sarebbe possibile estendere il controllo di legittimita' delle leggi fino al punto di operare valutazioni di natura politica e di sindacare l'uso del potere discrezionale del legislatore; Ritenuto che il presupposto della finalita' speculativa e di lucro presuntivamente presente nelle societa' commerciali (in quanto con- siderate come la piu' alta espressione dell'attivita' di imprese), in effetti conforme all'economia dell'epoca nella quale la c.d. legge fallimentare vedeva la luce (1942), appare del tutto avulso dall'attuale realta' economica e giuridica, viceversa caratterizzata da un diffuso ricorso all'esercizio di attivita' imprenditoriale in forma associata, peraltro favorito dallo stesso legislatore attraverso l'esonero del fallimento anche delle societa' in nome collettivo di carattere artigianale (legge 8 agosto 1985, n. 443) e attraverso la recentissima normativa diretta a recepire la direttiva CEE n. 89/677 (decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 88), la quale, con innovazione tanto profonda da modificare il concetto stesso di societa' e da indurre, di conseguenza, a mutare la rubrica dell'art. 2447 del c.c., consente la costituzione (per atto unilaterale) di societa' a responsabilita' limitata unipersonali; che, d'altra parte, l'assolutezza del principio oggetto dell'eccezione in esame ("in nessun caso sono considerati piccoli imprenditori le societa' commerciali") appare in contrasto con il principio di ragionevolezza quando l'organizzazione in forma di societa' in nome collettivo sia determinata non gia' dall'intento di perseguire fini speculativi e di lucro, ma, piu' modestamente, come nel caso di specie, dall'esigenza di conseguire i mezzi elementari di sostentamento sopperendo, attraverso la forma associativa, all'insufficienza del capitale disponibile; che appare ormai indadeguata, in quanto contraria al principio di giustizia sostanziale, e, quindi, fonte di disparita' di trattamento la disciplina in forza della quale un operatore commerciale sia soggetto al fallimento personale se socio di societa' in nome collettivo, anche di minime dimensioni come nel caso in esame, mentre non lo sia pure se socio unico di societa' a responsabilita' limitata indipendentemente dalle dimensioni dell'impresa; che, come si e' puntualizzato nella sede dottrinaria richiamata dalla difesa della debitrice, la sfera di discrezionalita' e di scelta del legislatore non esclude la "funzione paralegislativa" della Corte (" .. accentuandone, se mai, l'aspetto direttivo e di indirizzo .. ") mediante opportune statuizioni di c.d. carattere additivo; che per tutte le questioni esposte si avverte l'esigenza indifferibile di verificare la persistente campatibilita' dell'art. 1 cpv., della l.f. con l'art. 3 della Costituzione; che trattasi di questione rilevante ai fini della decisione, nuova per diversita' di profilo segnalato e non manifestamente infondata;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospesa ogni pronuncia di merito; Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale e comunicarsi la presente ordinanza alle parti in causa, al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Teramo, addi' 15 settembre 1993 Il presidente: CECCHINI 93C1166