N. 75 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 novembre 1993

                                 N. 75
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria  il  18  novembre  1993 (del Presidente del Consiglio dei
 Ministri)
 Regione Trentino-Alto Adige  -  Impiego  pubblico  -  Disciplina  del
 rapporto  di lavoro del personale della regione - Mancata previsione:
 a)  dell'applicazione  a  detti  rapporti  delle  norme  civilistiche
 (sezione seconda e terza, capo primo, titolo secondo del quinto libro
 del c.c. e leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa); b)
 dell'affidamento   ai   dirigenti   della   gestione   delle  risorse
 finanziarie; c) della trasmissione di copia dei contratti  collettivi
 al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro; d)
 della  facolta'  di  avvalersi  dell'attivita'  di  rappresentanza  e
 assistenza  dell'Agenzia  per  le  relazioni  sindacali;   e)   della
 composizione   della   delegazione  di  parte  pubblica  e  di  parte
 sindacale; f) della disciplina della incompatibilita'  tra  l'impiego
 pubblico ed altre attivita' nonche' dei casi di divieto di cumulo tra
 impieghi  ed  incarichi  pubblici;  g)  della  verifica dei risultati
 dell'azione  amministrativa;  h)  dell'abolizione   dei   trattamenti
 economici   accessori   non   collegati  alla  produttivita'  o  allo
 svolgimento effettivo di attivita' disagiate,  pericolose  o  dannose
 alla  salute;  i) del divieto di procedere a nuove assunzioni in caso
 di mancata rideterminazione delle piante organiche; l) del periodo di
 sette anni di effettiva permanenza nella sede di prima  sistemazione,
 della  mobilita' d'ufficio per il personale eccedente che non accetti
 la mobilita' volontaria e il collocamento in disponibilita';  m)  del
 transito  dei  dipendenti  degli enti pubblici a societa' private nel
 caso di trasferimento  alle  stesse  delle  funzioni  di  detti  enti
 pubblici;  n)  dell'assunzione  per  chiamata numerica degli iscritti
 nella  lista   di   collocamento   e   dell'attuazione   delle   pari
 opportunita',  ai  sensi  della  legge  10  aprile  1991,  n.  125  -
 Violazione di norme giuridiche dell'ordinamento dello Stato contenute
 nel  d.lgs.  3  febbraio  1993,  n.  29,  che   costituiscono   norme
 fondamentali di riforma economico-sociale.
 (Legge  regione Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n. 15, e succes-
 sive leggi di modifica ed integrazine 11  giugno  1987,  n.  5  e  21
 febbraio 1991, n. 5).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4).
(GU n.49 del 1-12-1993 )
   Ricorso  del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato,  presso  la  cui
 sede in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, domicilia, contro la regione
 Trentino-Alto Adige, in persona del presidente della giunta regionale
 pro-tempore,  per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale
 della legge regionale 9 novembre 1983, n.  15,  recante  "Ordinamento
 degli  uffici  regionali  e norme sullo stato giuridico e trattamento
 economico  del  personale"  e  successive  leggi   di   modifica   ed
 integrazione  11  giugno 1987, n. 5 e 21 febbraio 1991, n. 5, laddove
 non prevedono che i rapporti di lavoro del personale regionale  siano
 disciplinati  dalle  disposizioni delle sezioni secondo e terzo, capo
 primo, titolo secondo del libro quinto del cod. civ.  e  dalle  leggi
 sui   rapporti   di   lavoro   subordinato  nell'impresa,  in  quanto
 compatibili con le specialita' del rapporto e  con  il  perseguimento
 degli  interessi generali nei termini definiti dal d.lgs. n. 29/1993;
 degli artt. 29, 37, 40 della legge regionale n. 15/1983 in  relazione
 agli artt. 2, lettera a), b) e q) della legge 23 ottobre 1992, n. 421
 e 45, 51 e 54 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; degli artt. 4, 6 e 8
 della legge regionale 21 febbraio 1991, n. 5, in relazione agli artt.
 2  lettere b), f), g) e l) della legge delega n. 421/1992 e poi artt.
 50, 51, 52 del d.lgs. n. 29/1993; degli art. 3, 4  e  5  della  legge
 regionale  5  marzo  1993,  n.  4,  recante  disposizioni sullo stato
 giuridico  ed  economico  del  personale  dei  comuni  della  regione
 Trentino-Alto  Adige  in relazione agli artt. 2, lettere b), f), g) e
 l), della legge delega n. 421/1992 e poi artt. 50, 51 e 52 del d.lgs.
 n. 29/1993, il tutto con riferimento  all'art.  2,  secondo  e  terzo
 comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
    Come  e'  noto,  lo  statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige
 all'art. 4 attribuisce  alla  regione  la  potesta'  legislativa  cd.
 primaria  in  relazione  all'ordinamento degli uffici regionali e del
 personale ad essi addetto: tale potesta' deve essere  esercitata  nel
 rispetto,  fra  l'altro,  delle  "norme  fondamentali  delle  riforme
 economico sociali della Repubblica".
    Con d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, sono state dettate le  norme  di
 attuazione dello statuto per quanto concerne il rapporto tra gli atti
 legislativi  statali  e leggi regionali e provinciali. Secondo l'art.
 2, primo comma, detta legislazione deve essere adeguata ai principi e
 norme costituenti i limiti indicati dagli artt. 4 e 5  dello  statuto
 speciale  e  recati  da  atto  legislativo dello Stato entro sei mesi
 successivi  alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella  Gazzetta
 Ufficiale.
    Con  legge  23 ottobre 1992, n. 421, fu data delega al Governo per
 la razionalizzazione e la revisione delle discipline  in  materia  di
 sanita',   di   pubblico   impiego,   di   previdenza  e  di  finanza
 territoriale.
    Con d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, il  Governo  ha  esercitato  la
 delega:  al titolo primo ha dettato i principi generali della materia
 del pubblico impiego ed  al  terzo  comma  dell'art.  1  ha  -  molto
 opportunamente   -   chiarito   che   le   disposizioni  del  decreto
 costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione  e  che  i  principi  desumibili dall'art. 2 della legge
 delega, costituiscono per le regioni a  statuto  speciale  e  per  le
 province  autonome di Trento e Bolzano, norme fondamentali di riforma
 economico-sociale della Repubblica.
    Sono ormai trascorsi i sei mesi concessi dalle ricordate norme  di
 attuazione del d.lgs. n. 266/1992, senza che la regione Trentino-Alto
 Adige  abbia  adeguato la propria legislazione in materia di pubblico
 impiego alle norme di profonda revisione  in  materia  dettate  dalla
 legge  delega  n.  421/1992,  cosi'  come  concretizzate nel d.lgs. 3
 febbraio 1993, n. 29 (in Gazzetta Ufficiale 6 febbraio 1993, n.  29),
 per  cui  il  26  ottobre  1993  il  Governo ha deliberato - delibera
 allegata  al  presente  atto  -  di  adire   codesta   ecc.ma   Corte
 costituzionale  a  mente del secondo e terzo comma, art. 2 del d.lgs.
 n. 266/1992.
    I motivi di contrasto fra la legislazione regionale ed i  principi
 fondamentali sopra cennati sono di seguito illustrati.
    1.   -  La  legge  regionale  9  novembre  1983,  n.  15,  recante
 "Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato  giuridico  e
 trattamento  economico  del personale" e successive leggi di modifica
 ed integrazione (legge  regionale  11  giugno  1987,  n.  5  e  legge
 regionale  21 febbraio 1991, n. 5) e la legge regionale 5 marzo 1993,
 n. 4, nel loro complesso risultano confliggenti con l'art.  2.  lett.
 a),  della  legge  delega n. 421/1992, cosi' come attuato dall'art. 2
 secondo comma, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nella parte in  cui
 non  prevedono  che  i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amm.ni
 pubbliche siano ricondotti sotto la  disciplina  del  diritto  civile
 (sezione  secondo  e  terzo,  capo  primo,  titolo secondo, del libro
 quinto del cod. civ. e  leggi  sui  rapporti  di  lavoro  subordinato
 nell'impresa),  in quanto compatibile con la specialita' del rapporto
 e con il perseguimento degli  interessi  generali.  Conseguentemente,
 tutta  la  normativa  della  regione Trentino-Alto Adige, di cui alle
 leggi sopra indicate in materia di impiego dei propri dipendenti,  e'
 incostituzionale  ove  in  contrasto  con le norme del secondo comma,
 art. 2, del d.lgs. n. 29 cit.
    2. - L'art. 29  della  legge  regionale  n.  15/1983  prevede  una
 disciplina   degli  accordi  sindacali  difforme  rispetto  a  quella
 prevista dall'art. 2, lett. b), della  legge  delega  n.  421/1992  e
 dall'art.  45  del  d.lgs.  n.  29/1993,  in quanto non disciplina la
 composizione della delegazione di parte pubblica e di parte sindacale
 ai sensi dell'art. 45, ottavo comma, cit.,  ne'  la  trasmissione  di
 copia  del contratto ai sensi dell'art. 51, terzo comma, dello stesso
 d.lgs.
    3. - Gli artt. 37 e 40 della legge regionale n. 15/1983  risultano
 in  contrasto con la lett. q) della legge n. 421/1992 e con l'art. 54
 del d.lgs. n. 29/1993 laddove non prevedono che la  materia  relativa
 alle   aspettative   ed  ai  permessi  sindacali  venga  disciplinata
 nell'ambito della contrattazione collettiva, secondo i limiti di  cui
 al  primo  comma  del  detto  art.  54;  non  prevedono che il numero
 complessivo ed i nominativi dei beneficiari  dei  permessi  sindacali
 siano comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, funzione
 pubblica,  cosi'  come  disposto  dall'art.  54,  quarto comma, e che
 vengano  altresi'  forniti  allo  stesso  dipartimento  gli   elenchi
 nominativi  del personale collocato in aspettativa in quanto chiamato
 a ricoprire una funzione pubblica elettiva  o  per  motivi  sindacali
 (art. 54, sesto comma).
    4.  -  L'art.  4  della legge regionale 21 febbraio 1991, n. 5, si
 propone in contrasto con  l'art.  51,  terzo  comma,  del  d.lgs.  n.
 29/1993,  laddove  non prevede la trasmissione di copia dei contratti
 collettivi sottoscritti al dipartimento della funzione pubblica ed al
 Ministero del tesoro e nella parte in cui non prevede la possibilita'
 di  avvalersi  dell'attivita'  di  rappresentanza  o  di   assistenza
 dell'agenzia  per  le relazioni sindacali, di cui all'art. 50, quinto
 comma, del d.lgs. in argomento. Si chiarische  che  il  terzo  comma,
 art.  51,  sopra  richiamato,  si  pone quale norma di specificazione
 rispetto all'art. 2, punto b), della legge n. 421/1992, il quale  non
 contempla  una  disciplina  differenziata  per i contratti collettivi
 decentrati   e   prevede    genericamente    l'autorizzazione    alla
 sottoscrizione   dei   contratti   da   parte   del  Governo,  previa
 trasmissione da parte dell'organismo tecnico.
    5. - L'art. 6 della stessa legge regionale n. 5/1991  non  risulta
 adeguato  a  quanto disposto dalla lett. l), dell'art. 2, della legge
 delega n. 421/1992, in quanto, pur contemplando  la  possibilita'  di
 proroga  degli accordi sindacali, non prevede che ne sia possibile la
 sospensione totale o parziale in caso di  accertata  esorbitanza  dai
 limiti  di spesa, come ribadito dall'art. 52, terzo comma, del d.lgs.
 n. 29/1993. Al riguardo, e' da notare che nella  legge  regionale  in
 argomento  non  e' previsto che il contratto collettivo sia corredato
 dei necessari documenti indicativi degli oneri finanziari (lett. b)),
 art. 2 della legge delega e art.  52,  terzo  comma,  del  d.lgs.  n.
 29/1993).
    6. - L'art. 8 della legge regionale n. 5/1991 risulta in contrasto
 con  l'art.  2,  lett.  f),  della  legge  n. 421/1992, che prevede i
 criteri di unicita' di ruolo dirigenziale  e  con  la  lett.  g)  del
 medesimo  art.  2,  che  prevede  al  terzo  punto  la  mobilita' dei
 dirigenti,  la  rimozione  dalle  funzioni  ed  il   collocamento   a
 disposizione, al punto 4 l'individuazione degli organi e degli uffici
 dirigenziali,  al  punto 5 una apposita area di contrattazione per il
 personale  dirigenziale.   Tali   disposizioni   sono   ribadite   ed
 ulteriormente specificate nel capo secondo del d.lgs. n. 29/1993.
    7.  -  La  legge regionale n. 5/1991 non risulta adeguata ad altre
 norme fondamentali della legge n. 421/1992 ed al d.lgs.  n.  29/1993,
 perche'   non   prevede  la  disciplina  delle  incompatibilita'  tra
 l'impiego pubblico ed altre attivita'; i casi di  divieto  di  cumulo
 tra  impieghi  ed  incarichi  pubblici;  la  verifica  dei  risultati
 dell'azione amministrativa mediante appositi nuclei  di  valutazione;
 un'area  di  contrattazione  per la dirigenza medica; il contenimento
 dei costi contrattuali; non prevede  che  l'esercizio  temporaneo  di
 mansioni   superiori  non  attribuisce  il  diritto  all'assegnazione
 definitiva  delle  stesse;  l'abolizione  di  trattamenti   economici
 accessori   non  collegati  alla  produttivita'  o  allo  svolgimento
 effettivo di attivita' disagiate, pericolose o dannose  alla  salute;
 la comunicazione all'amministrazione di appartenenza degli emolumenti
 corrisposti  per  gli  incarichi conferiti al personale dipendente ai
 sensi dell'art. 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;  il  divieto
 di  procedere  a nuove assunzioni in caso di mancata rideterminazione
 delle piante organiche ai sensi della  legge  n.  412/1991  cit.;  il
 periodo  di  sette  anni  di effettiva permanenza nella sede di prima
 sistemazione; la mobilita' d'ufficio per il personale  eccedente  che
 non   accetti   la   mobilita'   volontaria   e  il  collocamento  in
 disponibilita'; il transito dei  dipendenti  degli  enti  pubblici  a
 societa' private nel caso di trasferimento alle stesse delle funzioni
 dei  detti  enti  pubblici;  l'assunzione per chiamata numerica degli
 iscritti  nelle  liste  di  collocamento;  l'attuazione  della   pari
 opportunita'  ai  sensi  della  legge  10  aprile  1991,  n.  125; il
 completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni
 pubbliche.
    8.  - Gli artt. 3, 4 e 5 della legge regionale 5 marzo 1993, n. 4,
 recante disposizioni sullo stato giuridico ed economico del personale
 dei comuni della regione Trentino-Alto  Adige,  meritano  gli  stessi
 rilievi  degli artt. 4 e 6 della legge regionale n. 5/1991 per quanto
 riguardo la  mancata  previsione  della  trasmissione  di  copia  dei
 contratti  collettivi  al  Dipartimento  della  funzione pubblica, la
 possibilita' di  avvalersi  dell'attivita'  di  rappresentanza  o  di
 assistenza  dell'agenzia per le relazioni sindacali e la possibilita'
 della sospensione degli accordi sindacali.
    Tutto quanto sopra  premesso  e  considerato,  il  Presidente  del
 Consiglio    dei    Ministri    conclude   perche'   sia   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale:
      della legge  regionale  Trentino-Alto  Adige  9  novembre  1983,
 "Ordinamento  degli  uffici regionali e norme sullo stato giuridico e
 trattamento economico del personale" e successive leggi  di  modifica
 ed  integrazione  11  giugno  1987,  n.  5  e 21 febbraio 1991, n. 5,
 laddove  non  prevedono  che  i  rapporti  di  lavoro  del  personale
 regionale siano disciplinati dalle disposizioni delle sezioni seconda
 e  terza, capo primo, titolo secondo del libro quinto del cod. civ. e
 dalle leggi sui  rapporti  di  lavoro  subordinato  nell'impresa,  in
 quanto   compatibili  con  la  specialita'  del  rapporto  e  con  il
 perseguimento degli  interessi  generali  nei  termini  definiti  dal
 d.lgs. n. 29/1993;
      degli artt. 29, 37, 40 della legge regionale 9 novembre 1983, n.
 15,  in  relazione  all'art.  2,  lettere a), b) e q), della legge 23
 ottobre 1992, n. 421; 45, 51 e 54 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29;
      degli artt. 4, 6 e 8 della legge regionale 21 febbraio 1991,  n.
 5,  in  relazione  all'art.  2,  lettere b), f), g) e l), della legge
 delega n. 421/1992 e poi artt. 50, 51, 52 del d.lgs. n. 29/1993;
      della legge regionale n. 15/1983, e delle  leggi  successive  di
 modifica  ed integrazione n. 5/1987 e n. 5/1991, per non essere state
 adeguate alle disposizioni elencate al n. 7) del presente ricorso;
      degli artt. 3, 4 e 5 della legge regionale 5 marzo 1993,  n.  4,
 recante disposizioni sullo stato giuridico ed economico del personale
 dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige in relazione all'art. 2,
 lett. b), f), g) e l), della legge delega n. 421/1992 e poi artt. 50,
 51, 52 del d.lgs. n. 29/1993;
 il  tutto  con  riferimento  all'art.  2,  secondo e terzo comma, del
 d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
      Roma, addi' 2 novembre 1993
                  Gaetano ZOTTA, avvocato dello Stato

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