N. 717 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 1993

                                N. 717
 Ordinanza  emessa  il  24  settembre  1993  dal pretore di Verona nel
 procedimento civile vertente tra Pozzani Camilla ed  altro  e  Kozina
 Mario
 Locazione di immobili urbani - Uso abitativo - Richiesta di convalida
    di licenza per finita locazione - Proroga biennale del contratto -
    Operativita'  di  diritto  anche  in  assenza di trattative per un
    nuovo canone - Ritenuta sussistente impossibilita' per il locatore
    di sottrarsi alla proroga anche in presenza di necessita' propria,
    in   contrasto   con   l'interpretazione   operata   dalla   Corte
    costituzionale (sentenza n. 323/1993) - Denunciata preclusione del
    ricorso  all'interpretazione  analogica  per l'eccezionalita' e la
    differente ratio delle due norme (art. 11,  commi  2  e  2-bis)  -
    Conseguente  irrazionalita' - Compressione dei diritti di difesa e
    di proprieta'.
 (D.-L. 11 luglio 1992, n 333, art. 11, comma 2-bis, convertito, con
    modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359).
 (Cost., artt. 3, 24 e 42).
(GU n.50 del 9-12-1993 )
                              IL PRETORE
   Con intimazione di  licenza  per  finita  locazione  e  contestuale
 citazione per la convalida, Pozzani Camilla e Berlendis Alfredo hanno
 convenuto  in  giudizio  avanti  questa  pretura il conduttore Kozina
 Mario. L'intimato, costituendosi, ha riconosciuto  l'esattezza  della
 data  di  scadenza prospettata dai locatori ma si e' comunque opposto
 alla convalida, invocando in suo favore la proroga  biennale  di  cui
 all'art.  11,  comma  2-  bis, della legge n. 359/1993, a seguito del
 rifiuto dei locatori di stipulare un nuovo contratto ad uso abitativo
 con patto in deroga, come da espressa offerta.
    Gli  intimati, a loro volta, per neutralizzare tale pretesa, hanno
 motivato il rifiuto con la necessita' di  riottenere  l'immobile  per
 darlo in godimento alla anziana figlia, ancora convivente. Gli stessi
 insistono  quindi  per  l'emissione  dell'ordinanza  di  rilascio con
 riserva delle eccezioni alla data di scadenza convenzionale.
    Su l'istanza questo pretore si e' riservato.
    A scioglimento della riserva, si osserva quanto segue.
    La   materia   del   contendere   verte    esclusivamente    sulla
 applicabilita'   alla  fattispecie  della  proroga  biennale  di  cui
 all'art. 11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992.
    Al riguardo vale osservare che il locatore non disconosce di  aver
 rifiutato  l'offerta  del  conduttore  di stipulare un c.d. "patto in
 deroga" (circostanza questa necessaria e sufficiente - ad  avviso  di
 chi  scrive  -  ad integrare i presupposti di legge per la proroga de
 iure del rapporto) ma oppone - come si e' detto -  la  necessita'  di
 riottenere l'immobile per destinarlo ad abitazione della figlia.
    Come  e' noto, con la sentenza n. 323/1993 la Corte costituzionale
 si e' occupata dell'eccezione di  non  manifesta  infondatezza  della
 disposizione del comma 2- bis li' dove - secondo i giudici remittenti
 -  non  prevede  il  recesso  per necessita' del locatore quale fatto
 idoneo ad escludere la proroga biennale.
    La Corte, come si e' visto,  ha  respinto  l'eccezione  ricorrendo
 alla formula della "non fondatezza nel senso di cui in motivazione".
    Siamo  dunque  in  presenza  di  una c.d. sentenza interpretata di
 rigetto, priva percio' di efficacia regolatrice generale al di  fuori
 del giudizio in cui venne sollevato l'incidente di costituzionalita'.
    La Corte e' pervenuta a tale soluzione non senza ribadire la piena
 validita'  del  "principio"  per cui - ogni qualvolta, come nel caso,
 siano introdotte proroghe legali in materia locativa -  esse  debbono
 contemplare la facolta' del locatore di recedere per necessita'.
    Il  procedimento logico attraverso il quale l'eccezione menzionata
 e' stata dichiarata "non fondata" poggia quindi non sul  ripudio  del
 principio enunciato (che, in estrema ipotesi, poteva forse costituire
 una   tollerabile   via   di   fuga   avuto   riguardo   all'assoluta
 eccezionalita'   dell'innovazione   legislativa)   bensi'   -    come
 esplicitamente   si   legge   in   motivazione   -   su  una  diversa
 interpretazione della norma denunciata rispetto a quella  prospettata
 dai  giudici  remittenti.  Si  afferma difatti che "l'interpretazione
 seguita dalle  ordinanze  di  rimessione  non  e'  in  linea  con  il
 principio   di   necessaria   applicazione   del   recesso   ..  Tale
 interpretazione si palesa inoltre inesatta nel contesto  del  sistema
 in  cui  si colloca la disposizione denunciata, la quale si presta ad
 una diversa e corretta lettura, adeguata ai principi costituzionali".
    In sintesi, l'argomentare della Corte e'  il  seguente:  errano  i
 giudici  remittenti  nel  ritenere  non  contemplata  la  facolta' di
 recesso per  necessita'  del  locatore  in  quanto  l'interpretazione
 sistematica  e  coordinata  dei  commi  2 e 2- bis dell'art. 11 della
 legge n. 359/1992 conduce a risultato esegetico del tutto opposto.
    Viene richiamata a tal fine la previsione del comma  due  che,  in
 effetti,  assicura  al  locatore che abbia stipulato il c.d. patto in
 deroga  il  diritto  a  riottenere  l'immobile  alla  prima  scadenza
 quadriennale   ove  "egli  intenda  adibire  l'immobile  agli  usi  o
 effettuare sullo stesso le opere di cui, rispettivamente, agli  artt.
 29 e 59 della citata legge n. 392/1978".
    L'intento   del  richiamo  -  seppure  collocato  in  un  contesto
 argomentativo piu' generale, volto ad enucleare  un  principio  della
 legislazione  di  settore  -  e'  palese:  si  e' voluto estendere la
 portata  del  comma  due  dell'art.  11  fino  a  ricomprendervi   la
 fattispecie  del  comma  2-  bis,  facendo  leva  sull'unita' logico-
 giuridica dell'art. 11 nel suo insieme.
    In buona sostanza - secondo la Corte - all'interno della casistica
 tracciata negli  artt.  29  e  59  della  legge  n.  392/1978  vi  e'
 ricompreso  anche  il  recesso per necessita' del locatore il quale -
 benche' astrattamente esposto alla proroga biennale di cui  al  comma
 2-   bis  dell'art.  11  -  puo'  evitarla  allegando  e  comprovando
 l'esigenza di riavere la casa per destinarla ad  uso  proprio  o  dei
 familiari.
    L'affermazione   della   Corte  si  presta  subito  ad  una  prima
 considerazione: la disciplina della proroga biennale in tanto  supera
 il  sindacato  di  costituzionalita'  in  quanto - secondo il giudice
 delle leggi - gia' contempla al suo interno il recesso per necessita'
 del locatore.
    Letta "a contrario"  la  statuizione  suona  nel  senso  che  tale
 disciplina  sarebbe  costituzionalmente  illegittima  in  assenza  di
 siffatta previsione.
    L'argomento - come e' intuibile - e' di grande importanza e, sotto
 questo profilo, supera certamente i  ristretti  limiti  di  efficacia
 giuiridica  della sentenza per divenire un solido punto di ancoraggio
 per la stessa Corte ove nuovamente investita della vicenda.
    Sulla scorta  di  questa  premessa,  occorre  dunque  valutare  la
 persuasivita' dell'interpretazione esposta.
    Giova  osservare  che  la  succinta  motivazione  non  illustra il
 percorso dogmatico attraverso il quale la Corte e' approdata  a  tale
 risultato;  vengono  invece invocate, come gia' si e' detto, esigenze
 di interpretazione sistematica dell'intero art. 11.
    Sembra quindi che l'approccio interpretativo scelto  sia  di  tipo
 prettamente  analogico.  Pare inoltre da escludere che la Corte abbia
 inteso ricorrere all'interpretazione estensiva del comma 2-  bis,  il
 cui  totale  silenzio  in tema di recesso non autorizzerebbe in alcun
 modo a dilatarne la portata precettiva.
    Si pongono quindi due problemi: il primo,  attinente  alla  stessa
 possibilita'  di  ricorrere  all'analogia laddove si dovesse ritenere
 l'eccezionalita' del comma due ai sensi dell'art. 14 delle  preleggi;
 il   secondo,   attinente  al  controllo  circa  la  sussistenza  dei
 presupposti della "similitudine  dei  casi"  o  dell'"analogia  delle
 materie",  necessari  ex  art.  12 delle disp. prel. del cod. civ. ai
 fini  dell'interpretazione  analogica  (se,  difatti,  e'  certo  che
 l'interpretazione   analogica   consente   di  sviluppare  nella  sua
 espressione logica la ratio legis, cosi' da adattarla a casi diversi,
 e'  altrettanto   vero   che   "questi   debbono   essere   consimili
 nell'elemento  di fatto decisivo per il trattamento giuridico": cfr.,
 ad es., Cass. 10 maggio 1951, n. 1121, in Foro it. 1952, I, 1084).
    Quanto al primo aspetto, ad avviso di questo giudicante milita per
 l'eccezionalita' dell'art. 11  della  legge  n.  359/1992  (nei  suoi
 singoli commi e nel suo complesso) la conclamata natura derogatoria e
 di mera transizione ("Fino alla revisione della disciplina ..") della
 disciplina  in  esso sottesa rispetto a quella - generale e cogente -
 di   cui   alla  legge  n.    392/1978.  E'  indubbio,  difatti,  che
 quest'ultima resti ancora il centro di gravita' di tutta  la  materia
 delle  locazioni e che l'art.  79 della stessa rappresenti tuttora un
 sicuro presidio contro la sua disapplicazione mediante la sanzione di
 nullita' delle pattuizioni difformi (fatta salva, ovviamente,  l'area
 della c.d. derogabilita' assistita).
    Gia'  sotto  questo  profilo  resta  dunque  precluso  il  ricorso
 all'analogia.
    Ma anche a voler prescindere da questo argomento  per  concentrare
 l'attenzione  sui  presupposti  di  cui all'art. 12 della disp. prel.
 (riassumibili nell'indispensabile identita' di ratio della disciplina
 dei commi 2 e 2- bis dell'art. 11 della legge citata), la tesi  della
 Corte non pare ancora una volta convincente.
    Ampia e' la divergenza delle due fattispecie astratte.
    Il  secondo  comma,  ultima parte, disciplina difatti l'ipotesi in
 cui le parti siano effettivamente addivenute al patto in deroga. Qui,
 pertanto, il previsto recesso per necessita' attribuisce al  locatore
 il  diritto  potestativo  di sottrarsi all'impegno contrattuale a suo
 tempo assunto di non  disdettare  il  rapporto  alla  prima  scadenza
 quadriennale.  Si  tratta, percio' di un recesso ante tempus rispetto
 ad una scadenza (quella del secondo quadriennio locativo) pur  sempre
 prevista  e voluta in sede di stipula del contratto (dunque di natura
 convenzionale).
    Evidente e' lo  scopo  della  norma:  essa  funge  da  valvola  di
 sicurezza  onde evitare che la lunga durata minima del rapporto possa
 provocare gravi ripercussioni sul locatore il quale, al momento della
 stipulazione del patto in deroga, potrebbe non  essere  in  grado  di
 prevedere agevolmente le future necessita' personali.
    Del tutto opposto e' il caso regolato dal comma 2- bis.
    Qui,   difatti,   e'   proprio   il  fallimento  della  trattativa
 finalizzata  alla  stipulazione  del  patto  in  deroga  che  produce
 l'effetto  di  prorogare d'imperio il rapporto in corso per altri due
 anni oltre la scadenza convenzionale.
    Il recesso del comma due - ove esteso per via analogica - verrebbe
 quindi ad operare non gia' nel senso prospettato bensi' allo scopo di
 evitare una proroga cogente,  palesemente  estranea  -  come  tale  -
 all'iniziale equilibrio negoziale.
    Non   vi   e'  dubbio  quindi  che  cio'  comporterebbe  un  grave
 snaturamento della funzione assegnata dal  legislatore  al  peculiare
 recesso di cui al comma 2.
    Quanto  alla  ratio  del  comma  2- bis, e' poi evidente che scopo
 della proroga e' quello di stimolare i patti in  deroga  e  -  all'un
 tempo  -  di  sanzionare  i  casi  di  mancato  accordo: il locatore,
 infatti, dovra' evitare la richiesta di un canone eccessivo  per  non
 esporsi  al giusto rifiuto del conduttore con la conseguente proroga;
 il conduttore, a sua volta, sara' fortemente indotto alla c.d. deroga
 assistita nella prospettiva  di  un  rapporto  locativo  di  notevole
 durata minima in luogo della ben piu' modesta proroga biennale.
    Come  si  vede,  le  norme contenute nei commi indicati, pur nella
 loro indiscussa coesione (il comma due puo' essere  letto,  in  senso
 lato,  come la norma principale e il 2- bis come la norma di sostegno
 e propulsione del primo nel modo indicato), svolgono  -  nel  disegno
 del  legislatore  -  compiti  del  tutto diversi, tali da precludere,
 anche per questo verso, il valido richiamo all'analogia.
    Pertanto,     pur    consapevoli    dell'indubbia    autorevolezza
 dell'operazione  esegetica  della  Corte,  si  ritiene   di   doversi
 discostare dalla ricostruzione proposta.
    Resta dunque l'esigenza, ribadita con forza dalla Corte stessa, di
 assicurare  al  locatore  il  diritto  di  recedere  dal contratto di
 locazione per la necessita' abitativa propria ovvero  dei  familiari,
 come  accade  nel  caso  di  specie.  Facolta'  che,  alla luce delle
 considerazioni  svolte,  non  sembra   minimamente   riconosciuta   e
 contemplata dall'art. 11, comma 2- bis, della legge citata.
    Pertanto,  secondo  questo  pretore,  la  norma  si pone in palese
 contrasto con gli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione, cosa del resto
 gia'  evidenziata  nelle   precedenti   approfondite   ordinanze   di
 rimessione  dei pretori di Bologna e Roma, rispettivamente in data 21
 dicembre 1992 e 9 dicembre 1992.
    Quanto alla rilevanza processuale della questione,  e'  appena  il
 caso  di ricordare che essa influenza inevitabilmente la possibilita'
 di accordare o negare l'ordinanza di rilascio ex art. 665 del c.p.c.
    Va pertanto ordinata la sospensione del  presente  giudizio  e  la
 trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione
 della questione cennata.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata  per  violazione
 degli   artt.   3,  24  e  42  della  Costituzione  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2- bis, del d.-l.  11
 luglio  1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza
 pubblica), convertito in legge, con modificazioni,  con  la  legge  8
 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui non contempla il diritto, per
 il  locatore avente necessita' di disporre dell'immobile per adibirlo
 ad abitazione propria o dei familiari, di recedere dal rapporto  alla
 scadenza convenzionale ovvero nel corso della proroga legale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
 nonche' la notificazione della presente  ordinanza  -  a  cura  della
 cancelleria  -  alle  parti  e  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Ordina, infine, la comunicazione di essa al Presidente della  Cam-
 era dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica.
      Verona, addi' 24 settembre 1993
                          Il pretore: MIRENDA

 93C1210