N. 427 SENTENZA 18 novembre - 3 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Circolazione stradale - Sinistro con lesioni permanenti - Impresa  di
 assicurazione   -  Obblighi  -  Violazione  -  Sanzioni  -  Limiti  -
 Applicabilita' - Omissione  della  richiesta  di  risarcimento  quale
 presupposto  indefettibile degli obblighi dell'assicuratore - Difetto
 di rilevanza - Inammissibilita'.
 
 (D.-L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, nono comma, convertito nella
 legge 26 febbraio 1977, n. 39).
 
 (Cost., art. 3)
 
(GU n.50 del 9-12-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.l. 23
 dicembre 1976, n. 857 (Modifica della  disciplina  dell'assicurazione
 obbligatoria    della    responsabilita'   civile   derivante   dalla
 circolazione dei veicoli a motore e  dei  natanti),  convertito,  con
 modificazioni,  in  legge  26  febbraio  1977,  n.  39,  promosso con
 ordinanza emessa il 29 ottobre  1992  dal  Tribunale  di  Milano  nel
 procedimento  civile vertente tra Guareschi Giuditta e Parducci Mario
 ed altri, iscritta al n. 110 del registro ordinanze 1993 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  12,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione della s.p.a. R.A.S. nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  2  novembre  1993  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi l'avv. Valerio Onida per la s.p.a. R.A.S. e l'Avvocato dello
 Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del  procedimento  civile  instaurato  da  Giuditta
 Guareschi  contro  Mario  Parducci  e la s.p.a. Riunione Adriatica di
 Sicurta' (RAS) per ottenere  il  risarcimento  dei  danni  subiti  in
 conseguenza  di un incidente automobilistico, il Tribunale di Milano,
 con ordinanza del 29  ottobre  1992,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.  3 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 3 del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26  febbraio
 1977,  n.  39,  "nella parte in cui non prevede l'applicabilita' alle
 imprese assicuratrici della sanzione comminata  dal  nono  comma  del
 medesimo  art.  3  nel  caso  di  sinistro  che abbia causato lesioni
 personali guarite oltre i quaranta giorni e/o produttive  di  postumi
 permanenti".
    Premesso  che  la compagnia assicuratrice non ha comunicato alcuna
 offerta di indennizzo all'attrice e che per le circostanze  del  caso
 tale  comportamento  deve ritenersi doloso o, quanto meno, gravemente
 colposo, il giudice remittente si duole  di  non  poter  irrogare  la
 sanzione pecuniaria prevista dall'art. 3, nono comma, del d.l. n. 857
 del  1976,  il  quale  "configura  un'ipotesi  di  illecito del tutto
 autonoma   rispetto   alla   violazione   degli   obblighi    imposti
 all'assicuratore dai precedenti commi e dagli artt. 8 e 13 del d.P.R.
 16  gennaio 1981, n. 45". Sarebbe percio' erroneo ritenere necessario
 anche in questa ipotesi l'espletamento da parte del danneggiato delle
 formalita'  di  cui  al  primo  comma,  e  in   particolare   l'invio
 all'assicuratore  della richiesta di risarcimento. Tuttavia, nel caso
 di specie, pur ricorrendo  i  presupposti  indicati  nel  nono  comma
 dell'art. 3 (tenuto conto della sent. n. 4468 del 1991 della Corte di
 cassazione,  che  ha  affermato  l'applicabilita'  della  norma anche
 nell'ipotesi di  mancata  offerta  da  parte  dell'assicuratore),  la
 sanzione non e' applicabile, l'ambito normativo dell'art. 3, e quindi
 anche  del  nono  comma,  essendo  limitato  ai  sinistri che abbiano
 cagionato solo danni  alle  cose  o  lesioni  personali,  non  aventi
 carattere permanente, guarite entro quaranta giorni.
    Il  limite  di  applicabilita'  della  sanzione  e'  dal Tribunale
 ritenuto  lesivo  del  principio  di  eguaglianza,  non  sembrandogli
 giustificata  la  disparita'  di trattamento di ipotesi analoghe e, a
 maggior ragione, di ipotesi di sinistro  che  abbia  causato  lesioni
 personali   con   postumi   permanenti   o   comunque   gravi,   "che
 richiederebbero  una  piu'   pronta   attivazione   delle   compagnie
 assicuratrici nella liquidazione del danno".
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte si e' costituita la RAS
 s.p.a.  chiedendo  una  dichiarazione  di  inammissibilita'   o,   in
 subordine, di infondatezza della questione.
    L'inammissibilita'  e'  eccepita per quattro motivi: a) difetto di
 motivazione sulla rilevanza; b) carenza di rilevanza attuale  perche'
 la  sentenza "non definitiva" pronunziata dal tribunale in realta' ha
 gia' definito il giudizio, avendo deciso sull' an e sul  quantum  del
 richiesto  risarcimento  e  non potendo la sanzione di cui alla norma
 impugnata  essere  applicata  separatamente  con   un   provvedimento
 autonomo;   c)  irrilevanza  ed  errata  individuazione  della  norma
 sospettata  di  incostituzionalita',  sia   perche',   contrariamente
 all'opinione  del  giudice  a  quo, essa forma con i commi precedenti
 dell'art. 3 un sistema unitario  incentrato  sul  presupposto,  nella
 specie  mancante,  degli adempimenti formali previsti nel primo comma
 da parte del danneggiato, sia perche' la prospettata dichiarazione di
 incostituzionalita' non  potrebbe  mai  qualificare  retroattivamente
 come   illecito,   e   tanto  meno  consentirne  una  valutazione  di
 imputabilita'  a  dolo  o  colpa  grave,  un  comportamento  omissivo
 (mancata   offerta   al   danneggiato   di  una  somma  a  titolo  di
 risarcimento) che all'epoca in cui fu tenuto era conforme a legge; d)
 per essere la questione formulata in  termini  di  richiesta  di  una
 pronunzia  additiva  in  materia  sanzionatoria, contro la regola che
 vieta le pronunce additive in malam partem  per  qualunque  forma  di
 responsabilita' per fatto illecito.
    Nel  merito  la  parte  costituita  ritiene la questione infondata
 perche' la scelta di prevedere il meccanismo dell'obbligo di  offerta
 del  risarcimento  e  delle  relative sanzioni solo per le ipotesi di
 sinistri con danni  alle  cose  e/o  lesioni  personali  lievi  e  di
 carattere    non    permanente,   e'   espressione   di   ragionevole
 discrezionalita'  legislativa.   L'argomento   a   fortiori   addotto
 nell'ordinanza di rimessione non e' pertinente, in quanto la sanzione
 di  cui  si  discute non e' correlata alla gravita' delle conseguenze
 del  sinistro,  ma  esclusivamente   alla   violazione   dell'obbligo
 dell'assicuratore  di  comunicare una congrua offerta di risarcimento
 al danneggiato. Tale obbligo,  diretto  ad  accelerare  i  tempi  del
 risarcimento, si giustifica nelle ipotesi previste dalla legge, nelle
 quali  si  tratta di danni di facile accertamento, mentre nei casi di
 sinistro mortale o di lesioni personali gravi, la quantificazione del
 danno richiede accertamenti peritali lunghi e  complessi  e  sovente,
 soprattutto   in  relazione  al  c.d.  danno  biologico,  valutazioni
 equitative del  giudice,  che  l'assicuratore  non  e'  in  grado  di
 anticipare.
    Del  resto,  aggiunge  la  compagnia  assicuratrice in una memoria
 integrativa, per la categoria di sinistri  esclusa  dalla  previsione
 dell'art.  3  del  d.l.  n. 857 del 1976, l'interesse del danneggiato
 alla prontezza del risarcimento puo' essere agevolmente  soddisfatto,
 su  domanda  dell'avente  diritto,  mediante  l'assegnazione  di  una
 provvisionale ai sensi dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969,  n.
 990.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata infondata con un argomento analogo  a  quello  dedotto
 nel merito dalla parte privata.
                        Considerato in diritto
    1.  - Il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento all'art.
 3 Cost., questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  del
 d.l.  23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977,
 n. 39, "nella parte in cui non prevede l'applicabilita' alle  imprese
 assicuratrici  della  sanzione  comminata dal nono comma del medesimo
 art. 3 nel caso di  sinistro  che  abbia  causato  lesioni  personali
 guarite   oltre   i   quaranta   giorni  e/o  produttive  di  postumi
 permanenti".
    2. - La questione e' inammissibile.
    L'interpretazione della norma impugnata, da cui prende le mosse il
 giudice  remittente, non puo' essere condivisa. Premesso che "il nono
 comma  dell'art.  3  cit.   configura   una   ipotesi   di   illecito
 amministrativo  del  tutto  autonoma  rispetto a quella riconducibile
 alla violazione degli obblighi imposti  all'assicurazione  dai  commi
 precedenti  dello  stesso  art.  3 e dagli artt. 8 e 13 del d.P.R. 16
 gennaio 1981, n. 45", egli ritiene che  la  sanzione  pecuniaria  ivi
 prevista   sia   svincolata   dal   presupposto  della  richiesta  di
 risarcimento da parte del danneggiato, di cui  al  primo  comma,  pur
 trattandosi di un "caso" che si specifica nell'ambito dell'ipotesi di
 sinistro  con  soli  danni  alle  cose  o  che  abbia causato lesioni
 personali, non aventi carattere permanente,  guarite  entro  quaranta
 giorni.
    Ma  se  il  campo di applicazione della sanzione viene individuato
 nei termini dell'ipotesi prevista nei primi due commi,  non  si  puo'
 non  riconoscere  che  il  nono comma forma un sistema unitario con i
 commi  precedenti.  Esso  e'  destinato  a  garantire  l'effettivita'
 dell'obbligo   di  offerta  congrua  derivante  dalla  richiesta  del
 danneggiato, sanzionandone l'inadempimento quando, per dolo  o  colpa
 dell'assicuratore,  attinga  un grado di notevole sproporzione tra la
 somma  offerta  e  quella  liquidata  dal  giudice.  L'ordinanza   di
 rimessione  non  spiega  quale  sarebbe  il diverso fatto costitutivo
 dell'obbligo sanzionato dalla norma impugnata. Esso  non  puo'  certo
 essere ravvisato nella "possibilita', per l'assicuratore, di prendere
 contezza  del  sinistro  e  dell'entita' delle conseguenze dannose in
 tempi ragionevoli relativamente alle circostanze": tale  possibilita'
 e'  un  criterio  di  valutazione  della diligenza dell'obbligato, in
 relazione al requisito del dolo o della colpa  grave,  non  la  fonte
 dell'obbligo.
    Che  l'obbligo  di  offerta  non  possa  collegarsi  se  non  alla
 richiesta di risarcimento, oltre che dalle  connessioni  sistematiche
 interne  all'art.  3 del d.l. n. 857 del 1976, si argomenta anche dai
 principi   generali.   Poiche'   l'assicuratore   e'   debitore   del
 risarcimento  direttamente  verso il danneggiato (art. 18 della legge
 24 dicembre 1969, n. 990), la richiesta di risarcimento e' una figura
 particolare della richiesta del creditore  ai  sensi  dell'art.  1219
 cod.  civ.,  alla  quale  la  disciplina  speciale in esame ricollega
 l'effetto di costituire in mora l'assicuratore  che  non  provveda  a
 liquidare  il danno in una somma congrua alla sua entita', offrendola
 al danneggiato entro un certo termine.
    Pertanto la questione e' inammissibile perche' irrilevante ai fini
 della decisione del giudizio a quo, non avendo la  danneggiata  posto
 in  essere,  mediante  la  richiesta  di risarcimento, il presupposto
 indefettibile dell'ipotizzato obbligo della societa' assicuratrice di
 offrire una somma risarcitoria congrua anche nel caso di sinistro che
 abbia causato lesioni personali con  postumi  permanenti  o  comunque
 guarite in un periodo superiore a quaranta giorni.
    3.  -  Restano  assorbite  le  altre eccezioni di inammissibilita'
 opposte dalla s.p.a. Riunione Adriatica di Sicurta'.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  3, nono comma, del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857 (Modifica
 della    disciplina     dell'assicurazione     obbligatoria     della
 responsabilita'  civile  derivante  dalla  circolazione dei veicoli a
 motore e dei natanti), convertito nella legge 26  febbraio  1977,  n.
 39,  sollevata,  in  riferimento  all'art.  3 della Costituzione, dal
 Tribunale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 novembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 3 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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