N. 723 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 settembre 1993
N. 723 Ordinanza emessa il 21 settembre 1993 dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sul ricorso proposto da Corbelli Domenico contro il Ministero della difesa ed altri Servizio militare - Dispensa dal servizio di leva - Condizioni - Concessione, secondo la legge n. 191/1975, modificata dalla legge n. 269/1991, ma ritenuta dal giudice a quo tuttora applicabile alla fattispecie, solo a chi non abbia nessun fratello vivente di eta' inferiore ai quaranta anni che abbia gia' fruito della riduzione o della dispensa della ferma di leva - Irragionevolezza della detta condizione atteso il nuovo assetto normativo (legge n. 269/1991) della materia che prevede, per il periodo successivo alla sua entrata in vigore, la concessione della dispensa a chi appartenga a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino il servizio militare - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee - Incidenza sul principio della riserva di legge in materia di disciplina del servizio militare. (Legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 23, primo e secondo comma). (Cost., artt. 3, 23, 31, 52 e 97).(GU n.51 del 15-12-1993 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1129/1993, proposto da Corbelli Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Luciano Garatti e dall'avv. Andrea Mina, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Brescia, via Francesco Crispi n. 18, contro il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro- tempore, il distretto militare di Brescia e il consiglio di leva di Brescia, in persona dei legali rappresentanti pro- tempore,costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via Solferino n. 20/C, per l'annullamento del provvedimento reg. n. 395 n. 31 notificato il giorno 8 luglio 1993 e recante notizia del rigetto, da parte del consiglio di leva di Brescia, dell'istanza di dispensa dal servizio militare presentata dal ricorrente in data 23 giugno 1993; Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, alla camera di consiglio del 21 settembre 1993, il primo referendario dott. Fulvio Rocco; Uditi, altresi', l'avv. Mauro Ballerini, su delega dell'avv. A. Mina, per il ricorrente, e l'avvocato dello Stato Lucia Piotti per il Ministero della difesa; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: FATTO 1. - Il ricorrente, sig. Domenico Corbelli, ha presentato all'ufficio militare leva di Brescia, in data 5 aprile 1993, un'istanza - redatta su apposito modulo - ai fini di ottenere la dispensa dalla ferma di leva, ritenendosi egli nelle condizioni previste dal primo comma, n. 6), dell'art. 22 della legge 31 maggio 1975, n. 191, cosi' come sostituito dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269 ("appartenente a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare"). Il Corbelli ha infatti ivi precisato di appartenere a famiglia in cui altri quattro fratelli hanno gia' svolto servizio di leva, ed ha allegato a comprova i fogli matricolari di due di questi. L'istanza e' stata peraltro respinta dall'ufficio, con la motivazione che "fa ostacolo il fratello Luciano (classe '61) che ha fruito di dispensa a domanda ai sensi dell'art. 100 del d.P.R. n. 237/1964". Con ricorso notificato l'11 agosto 1993 e depositato il 2 settembre 1993 il Corbelli impugna, pertanto, tale provvedimento, deducendo al riguardo la violazione dell'art. 3 della legge n. 269/1991 e dell'art. 100 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nonche' eccesso di motivazione e travisamento dei fatti. 2. - In data 7 settembre 1993 si e' costituito in giudizio il Ministero della difesa, depositando il giorno 18 dello stesso mese una documentata relazione del distretto militare di Brescia. 3. - Nella camera di consiglio del 21 settembre 1993 la sezione ha accordato al ricorrente la sospensione cautelare del provvedimento impugnato, ed ha nel contempo emesso, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenendo d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 23, primo e secondo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191. DIRITTO 1. - Come puo' evincersi dalla narrativa dei fatti di causa, il ricorrente, sig. Domenico Corbelli, impugna il provvedimento di diniego di dispensa dal servizio militare, da lui richiesta in base all'art. 22, primo comma, n. 6), della legge 31 maggio 1975, n. 191, cosi' come sostituito dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269, e cioe' nel presupposto della sua appartenenza "a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare". Il Corbelli ha, in tal senso, dichiarato nella propria istanza indirizzata all'autorita' militare che "altri quattro fratelli hanno svolto il servizio militare di leva" (cfr. doc. 2 di parte ricorrente), ed ha in quell'occasione allegato a comprova del proprio titolo alla dispensa le copie dei fogli matricolari dei fratelli Mario e Maffeo, entrambi alpini e rispettivamente congedati per completamento del servizio di leva in data 27 ottobre 1988 e 4 agosto 1989. Il medesimo ricorrente, in data 6 maggio 1993, ha integrato la documentazione della propria pratica (cfr. idibem, doc. 4 e relativi allegati), inoltrando pure la copie autenticate dei fogli matricolari dei fratelli Abramo (caporale degli alpini congedato per completamento della ferma di leva in data 10 aprile 1973), Vittorino (artigliere alpino parimenti congedato per completamento della ferma di leva in data 5 settembre 1975), Amabile (dispensato dal compiere la ferma di leva quale esuberante al fabbisogno, a norma dell'art. 100 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, e collocato in congedo illimitato con decorrenza 30 aprile 1978) e Luciano (dispensato, invece, in data 21 aprile 1980 dal compiere la ferma di leva in virtu' dell'allora vigente, lett. b) del secondo comma del medesimo art. 100 del d.P.R. n. 237/1964, e cioe' quale unico fratello convivente di soggetto portatore di handicap non autosufficiente, in mancanza di genitori in grado di provvedervi e di assisterlo). Il consiglio di leva ha respinto l'istanza del Corbelli Domenico ritenendo di ostacolo all'accoglimento la circostanza dell'avvenuta fruizione della dispensa da parte del Corbelli Luciano (cfr. ibidem, doc. 1). Nella relazione in data 20 agosto 1993, depositata agli atti di causa, il distretto militare di Brescia ha ulteriormente chiarito tale assunto, ponendolo in correlazione con il primo comma dell'art. 23 della legge 31 maggio 1975, n. 191. In virtu' di tale disposizione, infatti, "l'ammissione ad eventuale dispensa dal compiere la ferma di leva ai snesi dell'articolo precedente e' consentita quando nessun fratello vivente dell'iscritto, di eta' inferiore a quaranta anni, abbia fruito di riduzione o dispensa dalla ferma di leva": e da cio', per l'appunto, consegue, che, rebus sic stantibus, per il titolo di dispensa rivendicato dal Corbelli Domenico, se tre fratelli (uno in piu' rispetto a quanto previsto dalla legge) concorrono, invero, a formarlo (Maffeo, classe 1969; Mario, classe 1968; Vittorino, classe 1954), un altro sarebbe ininfluente allo scopo (Amabile, classe 1958, ma esuberante alla chiamata), ed un ulteriore membro della famiglia (Luciano, classe 1961) risulterebbe, addirittura, impedire la concessione del beneficio, e cio' per il mero fatto di aver a suo tempo fruito, a domanda, della dispensa. 2. - Il collegio ritiene che la norma di deroga invocata dall'amministrazione militare al fine di negare la dispensa anche a favore del Corbelli Domenico sia rilevante agli effetti della definizione del merito di causa: essa e', invero, di per se' sufficiente a rendere legittimo l'impugnato diniego, in quanto - sostanziandosi expressis verbis in un eccezione rispetto a quanto attualmente previsto dall'art. 22, primo comma, n. 6), della medesima legge n. 269/1991 - risulta testualmente preclusiva ai fini dell'accoglimento dell'istanza proposta dal ricorrente. Nondimeno, siffatta deroga presenta, ad avviso del collegio, taluni profili di irrazionalita', che appaiono rilevare anche agli effetti del sindacato di costituzionalita', e che pertanto consigliano la remissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87. L'originario testo dell'art. 22 della legge 31 maggio 1975, n. 191, prevedeva al n. 6), tra i titoli per conseguire la dispensa dal servizio di leva, l'appartenenza "a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare, qualora con la partenza alle armi dell'arruolato la famiglia venga a perdere i necessari mezzi di sussistenza". In tale contesto, trovava forse una collocazione coerente la surriferita limitazione del beneficio alle ipotesi in cui "nessun fratello vivente dell'iscritto, di eta' inferiore a quaranta anni" avesse "fruito di riduzione o dispensa della ferma di leva". Sembra corretto osservare che l'intento del legislatore si identificava, allora, in una forma di sostegno per i bisogni economici delle famiglie numerose: bisogni ai quali potevano eventualmente sovvenire non solo (ed in termini comunque limitati) i soggetti non ancora chiamati ad adempiere l'obbligo della leva, ma amche - e soprattutto - coloro che avevano in precedenza conseguito un titolo all'esenzione o alla riduzione della ferma, e che, essendo di eta' inferiore ai quarantanni (limite, questo, che e', tra l'altro, prossimo a quello dei trentanove e dei quarantacinque anni, rispettivamente fissato agli effetti del definitivo proscioglimento dagli obblighi della leva di mare di terra: cfr. artt. 1, 9 e 75 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237) venivano ritenuti de jurecapaci di assicurare la sussistenza dei propri familiari. Per effetto dell'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269, e' stato espunto dall'art. 22, primo comma, n. 6), dalla legge 31 maggio 1975, n. 191, il riferimento alla "partenza alle armi dell'arruolato" come evento di pregiudizio essenzialmente economico per la famiglia: il testo novellato, infatti, considera quale presupposto per ottenere la dispensa il mero fatto di "appartenere a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare". La ratio della legge e', in questo senso, radicalmente mutata, poiche' assume, ora, esclusivo rilievo, agli effetti del conseguimento del beneficio, l'insieme delle "prestazioni personali" (art. 23 della Costituzione) che sono state eseguite dagli appartenenti ad una famiglia ai fini del fondamentale interesse della "difesa della Patria" (art. 52 della Costituzione): e tale ratio, che indubbiamente amplia il numero dei soggetti che possono ottenere l'esonero, appare del tutto coerente con il disegno di riassetto economico e funzionale che lo stesso legislatore si sforza, ora, di perseguire nei confronti delle Forze armate, destiante ad una riduzione degli organici di leva compensata, peraltro, da un incremento di personale specialista a ferma prolungata e da un generale riammodernamento dei sistemi d'arma. In tale contesto, ben diverso da quello del 1975, non sembra, pertanto, giustificata la permanenza nell'ordinamento della deroga alla concessione del beneficio dell'esonero contenuta nel primo comma dell'art. 23 della legge n. 191/1975, ed ove posta - come nel caso di specie - in correlazione con la nuova formulazione del n. 6) dell'articolo precedente. Pur ammettendo, infatti, la necessaria sussistenza di una discrezionalita'del legislatore nel determinare i presupposti in base ai quali deve essere assentita o negata la dispensa dal servizio di leva, non e' dato di intendere il motivo per cui l'indiscutibile rilevanza di una prestazione di servizio militare ritenuta dallo stesso legislatore quantitativamente considerevole per una famiglia (due fratelli) possa essere in toto obliterata nei suoi effetti - altrimenti garantiti da una norma agevolatoria - per il solo fatto che un ulteriore fratello vivente rispetto a quello che, dopo gli altri due, dovrebbe essere chiamato alle armi, ha gia' goduto, se di eta' inferiore ai quarantanni, di un beneficio che, oltre a tutto, non e' necessariamente identico a quello che dovrebbe ora essere accordato (l'art. 23, primo comma, della legge n. 191/1975 contempla, infatti, agli effetti della non concedibilita' della dispensa, non solo la precedente dispensa accordata al fratello in questione, ma anche la riduzione del suo periodo di ferma). La perversita' del meccanismo appare oltremodo comprovata dal caso in esame, dove il requisito - implicitamente minimale - di due fratelli considerato dal n. 6) dell'art. 22, e' addirittura superato, posto che ben tre dei fratelli Corbelli risultano aver gia' regolarmente assolto gli obblighi di leva (la circostanza e' incontestata e puntualmente documentata: la nota prot. 05/7127/TAR dd. 20 agosto 1993, prodotta agli atti di causa dal distretto militare di Brescia afferma letteralmente che tre dei Corbelli "concorrono alla formazione del titolo"). In questi termini, la deroga contenuta nel primo comma dell'art. 23 della legge n. 191/1975 sembra, dunque, innanzitutto violare i principi dell'imparzialita' e del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), in quanto immotivatamente discrimina, tra soggetti astrattamente ammessi alla fruizione di un beneficio in ragione dell'ampiezza di una prestazione personale riferita al complesso di un nucleo familiare, coloro che abbiano o meno in vita un ulteriore fratello, di eta' inferiore ai quarantanni, e che abbia a suo tempo goduto di un beneficio non necessariamente identico: e cio' anche se il requisito minimale di legge previsto per l'accesso al nuovo beneficio da concedere risulti addirittura superato per la presenza di ulteriori soggetti che, nell'ambito del medesimo nucleo familiare, abbiano a loro volta compiuto la prestazione assunta a presupposto della norma agevolatoria. Sembra, di riflesso, pure violato l'art. 3 della Costituzione, stante la disparita' di trattamento subita dai soggetti che, altrimenti, avrebbero avuto titolo a richiedere la dispensa: e la dianzi rilevata compromissione dei canoni generali dell'imparzialita' e del buon andamento dell'azione amministrativa refluisce, segnatamente, nel contenuto - per necessita' conforme agli stessi principi - che deve informare la legge recante la materiale disciplina di una significativa "prestazione personale" (art. 23 della Costituzione) richiesta ai cittadini, sia pure a fini di un'indubitabile essenzialita' per l'interesse collettivo (art. 52, primo comma, della Costituzione), ma nondimeno ricondotta nella garanzia di una fonte legislativa (art. 52, secondo comma, della Costituzione) che deve, per l'appunto, essere immune da immotivate ed illogiche differenziazioni tra soggetti chiamati - o non chiamati - alla prestazione di cui trattasi. E, last but not least, appare complessivamente eluso il particolare "riguardo" che l'art. 31, primo comma, della Costituzione impone per la concessione di "provvidenze" a favore delle "famiglie numerose". Il collegio, nel rimettere alla Corte costituzionale la disamina della questione di costituzionalita' teste' sollevata, rimarca la circostanza che, in caso di suo accoglimento esteso anche al di la' della correlazione instaurata, nella fattispecie in esame, tra l'attuale testo del n. 6) dell'art. 22 della legge n. 191/1975 e l'art. 23, primo comma, della medesima legge (quest'ultimo, segnatamente sospettato di incostituzionalita'), l'effetto caducatorio dovrebbe estendersi, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche al secondo comma dello stesso art. 23, posto che a tale ulteriore norma, nell'ipotesi del venir meno di quella che ora la precede, non potrebbe piu' riconoscersi una propria, autonoma funzione. Viceversa, nell'ipotesi in cui il giudice delle leggi accogliesse la prospettata questione limitatamente alla surriferita correlazione tra la specifica norma agevolatoria (attuale testo del n. 6 dell'art. 22) e la sua deroga (il primo comma dell'art. 23), l'effetto richiesto si sostanzierebbe in una sentenza "additiva": essa, per l'appunto, amplierebbe la portata della norma che, proprio al secondo comma dello stesso art. 23, attualmente circoscrive la non applicabilita' della deroga al n. 8) dell'art. 22, nonche' al secondo comma dello stesso articolo, ma non menziona, al medesimo fine, l'anzidetto n. 6). Detto altrimenti, l'indubbia particolarita' del "sistema" di norme disciplinante la materia in esame (dapprima, all'art. 22 della legge n. 191/1975, un'insieme di distinte disposizioni che elencano le varie fattispecie che danno titolo alla dispensa; poi, al primo comma del susseguente art. 23, una deroga di apparente ordine generale al regime agevolatorio, seguita peraltro al secondo comma da una vera e propria "deroga alla deroga", con conseguente piena applicabilita', per le sole fattispecie ivi menzionate, dell'anzidetto, normale re- gime di agevolazione) comporta la prospettazione alternativa di due questioni di costituzionalita', entrambe peraltro preordinate ad impedire la disparita' di trattamento qui lamentata dal ricorrente. Pertanto: o e' tout court incostituzionale il primo comma dell'art. 23 della legge n. 191/1975, con conseguente caducazione per incompatibilita' del secondo comma dello stesso articolo; o e' incostituzionale soltanto il secondo comma dell'art. 23 della legge n. 191/1975, nella parte in cui non ricomprende, tra le deroghe all'applicazione del precedente primo comma, anche il n. 6) dell'art. 22 della medesima legge, cosi' come sostituito dall'art. 3 della legge n. 269/1991.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio ed alternativamente, come da motivazione, ritenendole rilevanti e non manifestamente infondate: a) la questione di costituzionalita' dell'art. 23, primo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191, per contrasto con gli artt. 97, 3, 23, 52 e 31, primo comma, della Costituzione; b) la questione di costituzionalita' dell'art. 23, secondo comma, della medesima legge 31 maggio 1975, n. 191, sempre per contrasto con gli artt. 97, 3, 23, 52 e 31, primo comma, della Costituzione, e nella parte in cui non menziona, tra le fattispecie in cui non trova applicazione il primo comma dello stesso art. 23, anche il n. 6) del precedente art. 22, nel testo risultante dalla sostituzione operata dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269; Ordina, a mezzo della segreteria della sezione, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio nelle more della risoluzione del surriferito incidente di costituzionalita'; La presente ordinanza sara' depositata presso la segreteria della sezione, che ne curera' la notificazione alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' la comunicazione al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Brescia, nella camera di consiglio del 21 settembre 1993. Il presidente f.f.: CONTI Il consigliere: SPRINGOLO Il primo referendario, estensore: ROCCO 93C1219