N. 728 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 1992- 22 novembre 1993

                                N. 728
 Ordinanza  emessa  il  15  dicembre  1992   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  22 novembre 1993) dalla commissione tributaria di
 primo grado di Reggio Calabria  sul  ricorso  proposto  da  Abenavoli
 Carmelo ed altre contro l'U.T.E. di Reggio Calabria.
 Tributi in genere - Nuove tariffe d'estimo delle unita' immobiliari -
 Revisione  -  Previsione  di diversi criteri, uno per la revisione in
 via definitiva ed un altro per quella  in  via  provvisoria  valevole
 comunque  fino  al  31  dicembre  1993 - Ingiustificata disparita' di
 trattamento con incidenza sul principio di capacita' contributiva.
 (D.-L. 24 novembre 1992, n. 455, art. 2).
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.51 del 15-12-1993 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    ha  emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/1549 presentato
 il 28 febbraio 1992 (avverso: tariffe estimo n.  part.  1732,  foglio
 20,  contr.  catastali) da: Abenavoli Carmelo, residente a: Cittanova
 in via Marvasi, 31; Musolino Concetta, residente a:  Reggio  Calabria
 in  via  Acri, 8 e Abenavoli Stefania, residente a Reggio Calabria in
 via Francesco Acri, 8, contro l'u.t.e.  di Reggio Calabria;
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  il  ricorso  proposto  a  questa  commissione   si   denunzia
 l'illegittimita'  e l'eccessivita' della rendita catastale attribuita
 all'unita' immobiliare di proprieta' della parte ricorrente,  perche'
 stabilita  sulla  base delle tariffe d'estimo determinate con il d.m.
 20 gennaio 1990, delle quali si denuncia pure l'illegittimita'  e  si
 chiede la disapplicazione.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    L'art.  15  del  d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, stabilisce, come
 criterio generale (salvo il caso eccezionale al  quale  si  riferisce
 l'art.  27),  che il reddito lordo, sulla base del quale e' calcolata
 la tariffa di estimo, e' rappresentato  dal  canone  annuo  di  fitto
 ordinariamente ritraibile;
    Il  d.m.  20  gennaio 1990, che ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 604, ha autorizzato la revisione delle tariffe  di
 estimo,  stabilisce  che ai fini della detta revisione si tenga conto
 del   valore   unitario   di   mercato   ordinariamente    ritraibile
 dall'immobile.
    Avverso  il  d.m.  20  gennaio 1990 sono stati proposti ricorso in
 sede  giurisdizionale  davanti  al  t.a.r.  del   Lazio,   ed   altri
 numerosissimi  ricorsi  straordinari  al  Capo dello Stato. Il t.a.r.
 Lazio, sezione seconda, con sentenza  n.  1184  del  29  aprile  1992
 depositata  il  6  maggio  1992  ha  pronunciato l'illegittimita' del
 citato d.m. 20 gennaio 1990 e del d.m. 27 settembre 1991 con il quale
 il Ministro delle Finanze  ha  determinato  per  l'intero  territorio
 nazionale,  le  tariffe  d'estimo  delle  unita' immobiliari urbane a
 decorrere dal 1 gennaio 1992.
    Il Consiglio di Stato, sezione terza, in data  31  marzo  1992  ha
 espresso  il  parere  n.  285,  in  sede  di  esame di alcuni ricorsi
 straordinari, con il quale ha ritenuto l'illegittimita' del  d.m.  20
 gennaio 1990.
    La motivazione essenziale e' la seguente:
     "Verte che il Ministero delle Finanze ha il potere di autorizzare
 la  periodica  revisione  delle  tariffe; ma il decreto ministeriale,
 salvo  che  la  stessa  norma  primaria  attributiva  del  potere  di
 revisione  non lo preveda espressamente, non puo' innovare ai criteri
 che la legge ha stabilito (rectius nelle  fattispecie  il  d.P.R.  n.
 1142)  per individuare il reddito immobiliare rilevante ai fini della
 determinazione  della  tariffa  d'estimo.  E'  questa,  in   effetti,
 l'applicazione  di  un  principio  generale,  di  recente riaffermato
 dall'art. 17 della legge n. 400/1988, che i ricorrenti invocano,  con
 cui  si  precisa  (comma  3)  che  pure i decreti ministeriali aventi
 contenuto regolamentare,  e  adottati  nell'esercizio  di  un  potere
 attribuito  al  Ministro  con  legge,  non  possono contrastare con i
 regolamenti emanati dal Governo (e cioe' con la forma del d.P.R.).
    Cio' dimostra, a maggior ragione, che il decreto ministeriale  non
 avente  contenuto  di  regolamento - come e' nel caso di esame - puo'
 derogare a norme regolamentari emanate con d.P.R.  (come  quelle  del
 d.P.R.  n.  1142/1949)  soltanto ove la legge, con espressa specifica
 statuizione, cio' consenta caso per caso".
    La  commissione  e'  investita  della  controversia  relativa alla
 applicazione in concreto della tariffa di estimo calcolata secondo  i
 criteri e la normativa dal citato d.m. 20 gennaio 1990.
    La  commissione ritiene opportuno, preliminarmente, procedere alla
 verifica della propria competenza, pur non  essendo  stata  sollevata
 specifica  eccezione  di  incompetenza. La commissione e' dell'avviso
 che la controversia rientra nella propria competenza,  in  quanto  ha
 come  oggetto  l'attribuzione in concreto della rendita catastale per
 l'immobile di proprieta' del ricorrente, fissata  con  l'applicazione
 delle  tariffe  di estimo determinate secondo le norme emanate con il
 citato d.m. 20 gennaio 1990.
    Detta attribuzione in concreto della rendita catastale allo Stato,
 e' illegittima, essendo illegittimo l'atto generale, cioe' il d.m. 20
 gennaio 1990, che ne' e' il presupposto, in esecuzione del  quale  e'
 attribuita la rendita stessa.
    Il  d.m.  20  gennaio  1990  ha  perduto  efficacia  erga omnes in
 conseguenza  della  sentenza  esecutiva  del  t.a.r.  Lazio,  sezione
 seconda, n. 1184/1992, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'atto e
 ne'  ha  pronunciato  l'annullamento.  D'altra parte, la commissione,
 mentre non puo' pronunciare l'annullamento del  decreto  ministeriale
 (perche'   la  giurisdizione  in  materia  di  annullamento  di  atti
 amministrativi appartiene  al  giudice  amministrativo),  puo'  pero'
 disapplicare  l'atto  stesso,  allorche'  incidentalmente ne' accerti
 l'illegittimita',  che  per  il  d.m.  esaminato  sussiste   per   le
 motivazioni  (che  vengono  interamente recepite) espresse nel parere
 del Consiglio di Stato soprariportato e  nella  citata  sentenza  del
 t.a.r.
    L'esame della controversia, tuttavia, non si puo' fermare a questo
 punto,  senza  tener conto del successivo intervento del legislatore.
 Il Consiglio di Stato, esprimendo il parere  sull'illegittimita'  del
 decreto  ministeriale, aveva evidenziato che "resta salva l'eventuale
 adozione di norme, aventi rango legislativo, idonee a  modificare  il
 criterio  di  cui  alle  citate disposizioni del d.P.R. n. 1142 e del
 t.u. n. 917/1986.
    Risultano successivamente adottati tre decreti legge: il  d.l.  24
 luglio  1992, n. 348; il d.l. 24 settembre 1992, n. 388, ed infine il
 d.-l. 24 novembre 1992,  n.  458.  I  primi  due  decreti-legge  sono
 decaduti  perche' non convertiti in legge entro i termini. Tutt'e tre
 i decreti-legge contengono  un'identica  norma  reiterata,  cioe'  e'
 disposto: "Con decreto del Ministro delle Finanze da emanare entro 30
 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
 presente  decreto ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988 n.
 400, e' disposta la revisione delle tariffe d'estimo e delle  rendite
 delle unita' immobiliari urbane.
    Tale  revisione  avverra'  sulla  base  di criteri che, al fine di
 determinare la redditivita' media ordinariamente ritraibile, facciano
 riferimento ai valori del mercato degli immobili e  delle  locazioni.
 Fino alla data di entrata in vigore della nuova tariffa e delle nuove
 rendite  e comunque non oltre il 31 dicembre 1993 restano in vigore e
 continuano ad applicarsi con la decorrenza di cui all'art.  4,  comma
 quarto,  della  legge 29 dicembre 1990, n. 405, le tariffe d'estimo e
 le rendite gia' determinate in esecuzione del  decreto  del  Ministro
 delle finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
 31  del  7  febbraio  1990  .." (art. 2 del d.l. 24 novembre 1992, n.
 455).
    Il  d.-l.  24  novembre  1992,  n. 455, e' vigente alla data della
 decisione di questa commissione, che, pertanto,  e'  tenuta  a  farne
 applicazione.  Va evidenziato che detto decreto, in via provvisoria e
 comunque non oltre  il  31  dicembre  1993,  non  apporta  variazioni
 rispetto  alle  tariffe  d'estimo  ed  alle  rendite  determinate  in
 esecuzione del d.m. Finanze del  20  gennaio  1990,  sicche'  non  e'
 possibile  ritenere  che  il  ricorso  possa essere accolto o che sia
 cessata  la  materia  del  contendere  facendo  riferimento  soltanto
 all'annullamento  dell'atto  amministrativo  pronunciato  dal  t.a.r.
 Lazio, o facendone disapplicazione, perche' le tariffe d'estimo e  la
 determinazione della rendita rimangono in vita nella stessa misura in
 forza  della  norma  sopravvenuta. E' opportuno rilevare che l'art. 2
 del d.-l. n. 455/1992, richiamando testualmente il  d.m.  Finanze  20
 gennaio  1990,  fa  perdere  al medesimo la natura di puro e semplice
 atto amministrativo, perche' lo recepisce integralmente come norma di
 legge, con l'eliminazione dei vizi  di  legittimita'  attinenti  alla
 fonte  ed  al  rango  gia'  rilevati dal giudice amministrativo e dal
 parere del Consiglio di Stato. La commissione,  dunque,  dopo  essere
 giunta  alla conclusione dell'illegittimita' delle tariffe d'estimo e
 della  conseguenziale  determinazione  della  rendita  catastale  per
 effetto   dell'annullamento   o   della   disapplicazione   dell'atto
 amministrativo (d.m. Finanze  20  gennaio  1990),  dovrebbe  tuttavia
 confermare   l'atto   di   determinazione   della  rendita  catastale
 effettuata sulla base delle medesime tariffe d'estimo ora vigenti per
 effetto della norma di  legge  sopravvenuta  (art.  2  del  d.-l.  24
 novembre 1992, n. 455).
    E'  manifesta, quindi, ai fini della decisione, la rilevanza della
 verifica   della   legittimita'   costituzionale   della   norma   in
 discussione.  La  questione,  nei  termini  che  vengono  chiariti  e
 precisati qui' di seguito, non si presenta manifestamente infondata.
    L'art. 2 del citato d.-l.  n.  455/1992  per  la  revisione  delle
 tariffe  d'estimo  e  delle  rendite  delle unita' immobiliari urbane
 fissa i criteri difformi da adottare  con  il  decreto  ministeriale;
 cioe',  mentre  per la revisione in via definitiva stabilisce che, al
 fine di determinare la redditivita' media ordinariamente  ritraibile,
 i  criteri  dovranno  fare  riferimento  ai  valori  di mercato degli
 immobili e delle locazioni; in via provvisoria e comunque fino al  31
 dicembre 1993 (con la decorrenza stabilita dall'art. 4, comma quarto,
 della  legge  29  dicembre  1990,  n. 405), stabilisce che le tariffe
 d'estimo vanno fissate come e' indicato dal  d.m.  20  gennaio  1990,
 recepito  dalla  norma  di legge, cioe' che si tenga conto del valore
 unitario di mercato ordinariamente  ritraibile  dall'immobile,  senza
 alcun riferimento ai valori delle locazioni.
    Dubbi  di legittimita' costituzionale della norma sorgono perche',
 enunciando i criteri relativi alla  determinazione  definitiva  delle
 tabelle  d'estimo e dei redditi, la norma di legge non fornisce alcun
 indice di riferimento, ne' alcun criterio  guida  da  adottare  e  da
 seguire  nella  mescolanza  e  nella  fissazione  della media dei due
 valori, quello di mercato degli immobili e  quello  delle  locazioni.
 Dubbi  ancor  piu'  gravi  sorgono  sulla legittimita' costituzionale
 della norma per la determinazione in via  provvisoria  delle  tariffe
 d'estimo  e  delle rendite (questione che e' immediatamente rilevante
 nel caso controverso), giacche' il legislatore adotta due criteri non
 uniformi senza alcuna giustificazione; in via definitiva si riferisce
 al  criterio  di  entrambi i valori, quello di mercato e quello delle
 locazioni;  mentre  in  via  provvisoria  si  riferisce  soltanto  al
 criterio  del valore di mercato, omettendo il riferimento a qualsiasi
 parametro deducibile dal mercato delle locazioni.
    Il riferimento al parametro soltanto del valore di  mercato  degli
 immobili realizza una disarmonia del sistema tributario ed intacca il
 principio  generale  della  proporzionalita'  rispetto alla capacita'
 contributiva. Il parere del Consiglio di Stato, sezione terza, del 31
 marzo 1992, n. 285, facendo riferimento all'art.  15  del  d.P.R.  n.
 1142/1949,  confermato  dall'art. 35, comma primo, del testo unico 22
 dicembre 1986, n. 917, ha gia' evidenziato "l'intento del legislatore
 di evitare che per gli immobili effettivamente dati in  locazione  il
 proprietario  sia  costretto  addirittura  a  versare  al fisco somme
 uguali  o  maggiori  di  quelle  percepite  dal  conduttore;  poiche'
 altrimenti,  il  sistema  sarebbe suscettibile .. di censura sotto il
 profilo di violazione degli artt. 42 e  53  della  Costituzione".  La
 norma  esaminata,  a giudizio di questa commissione, incorre in detta
 censura.
    La  rilevante  differenza  dei   criteri   da   seguire   per   la
 determinazione  delle  tariffe  d'estimo  in via definitiva ed in via
 temporanea fino al 31 dicembre 1993, con le conseguenziali differenti
 imposizioni, aggrava i sospetti di illegittimita' costituzionale  con
 riferimento   ai   principi   fissati   negli  artt.  3  e  53  della
 Costituzione.
    Nei  termini   sopraprecisati   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 24 novembre 1992, n. 455, non e'
 manifestamente  infondata,  e si rende necessaria la remissione della
 decisione alla Corte costituzionale;
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,  in  relazione
 agli  artt.  3  e 53 della Costituzione, la questione di legittimita'
 Costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 24 novembre 1992, n. 455,  nella
 parte  in  cui  dispone che fino alla data di entrata in vigore delle
 nuove tariffe e delle nuove  rendite  e  comunque  non  oltre  il  31
 dicembre 1993 restano in vigore e continuano ad applicarsi le tariffe
 d'estimo e le rendite gia' determinate in esecuzione del d.m. Finanze
 20  gennaio  1990  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 31 del 7
 febbraio 1990;
    Dispone la sospensione del presente giudizio;
    Ordina che a cura  della  segreteria  degli  atti  e  copia  della
 presente ordinanza siano trasmessi alla Corte costituzionale;
    Ordina  altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza
 sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata
 ai  Presidenti  della  Camera e del Senato e sia espletato ogni altro
 incombente di legge.
    Cosi'  deciso  nella  camera  di   consiglio   della   commissione
 tributaria in Reggio Calabria, addi' 15 dicembre 1992.
                          Il presidente: NERI
                                                  Il relatore: MUSMECI
 93C1224