N. 739 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1993

                                N. 739
    Ordinanza emessa il 20 ottobre 1993 dal giudice per le indagini
  preliminari presso la pretura di Gela nel procedimento penale a
  carico di Agnello Salvatore
 Reato in genere - Atti interruttivi del corso della prescrizione -
    Mancata  inclusione  fra  di essi della richiesta di emissione del
    decreto  penale  di  condanna  -  Ingiustificata   disparita'   di
    trattamento rispetto a quanto stabilito per la richiesta di rinvio
    a  giudizio  inclusa  fra i detti atti con incidenza sul principio
    della obbligatorieta' dell'azione penale.
 (C.P., art. 160, secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 112).
(GU n.52 del 22-12-1993 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Visti gli atti del procedimento penale n. 830/1991 reg. gen.  not.
 di  reato  (n.  1433/1993  reg.  g.i.p.)  nei  confronti  di  Agnello
 Salvatore nato a Mazzarino il 30 novembre  1956,  ivi  residente  nel
 corso  Vittorio  Emanuele  n. 184 (difensore di fiducia: avv. Michele
 Vizzini di Caltanissetta), imputato del reato di cui all'art. 697 del
 c.p., in relazione all'art. 38 del t.u.l.p.s., per avere detenuto  n.
 59  cartucce cal. 9 x 21 e n. 27 cartucce cal. 44 Magnum senza averne
 fatto denuncia all'autorita' competente; fatto accertato in Mazzarino
 il 15 marzo 1990; ritenuto che in  data  23  novembre  1990  il  p.m.
 presso   la   pretura   circondariale   di  Caltanissetta  (all'epoca
 competente) presento' richiesta per l'emissione di decreto penale  di
 condanna;
      che  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  della suddetta
 pretura (divenuta incompetente dal 10 gennaio 1991  a  seguito  della
 legge  istitutiva  del  circondario  di  Gela)  dichiaro'  la propria
 incompetenza territoriale  con  provvedimento  del  22  gennaio  1991
 (avente  natura  di  sentenza, a norma dell'art. 22, terzo comma, del
 c.p.p., essendo avvenuta la chiusura delle indagini  preliminari  con
 la richiesta di emissione del decreto penale);
      che  il p.m. presso questa pretura circondariale ha rinnovato la
 richiesta di decreto penale di condanna con  atto  depositato  il  12
 ottobre 1993;
                             O S S E R V A
    A   norma   dell'art.   157,  primo  comma,  n.  5,  del  c.p.  la
 contravvenzione per cui si  procede  deve  considerarsi  estinta  per
 prescrizione  in  data  15  marzo  1993, posto che non risulta emesso
 alcuno degli atti previsti (si ritiene tassativamente) dall'art.  160
 del c.p.
    Questo  giudice  pero'  ritiene  non  manifestamente  infondata la
 questione di legittimita' costituzionale (che viene percio' sollevata
 d'ufficio) dell'art. 160 del c.p., per contrasto con gli  artt.  3  e
 112  della  Costituzione  e per illogicita' manifesta, nella parte in
 cui  non  include,  nell'elenco   degli   atti   interruttivi   della
 prescrizione,  "la  richiesta  di  emissione  del  decreto  penale di
 condanna".
    L'eguaglianza dei cittadini di  fronte  alla  legge  si  realizza,
 infatti, anche nel prevedere la produzione di effetti uguali da parte
 di  atti  giuridici  aventi  identico  o analogo contenuto; a maggior
 ragione se l'atto non previsto dalla norma abbia (come nella  specie)
 una maggiore efficacia incisiva di quella degli atti previsti.
    Non   si  puo'  peraltro  in  questo  caso  opporre  al  principio
 dell'uguaglianza  quello  del  divieto  di  pronuncie  additive  piu'
 gravose   per   l'imputato  (quasi  che  si  tratti  di  far  ricorso
 all'analogia in malam partem). A parere dello scrivente, qui  occorre
 dare  il  giusto rilievo ad un atto processuale, la cui importanza va
 vista in se', oltreche' in relazione ad atti di maggiore, di uguale o
 di minore incidenza. Se si accettasse il criterio  dell'analogia,  si
 potrebbe   giungere  all'assurdo  di  ritenere  incostituzionale,  ad
 esempio,  la  previsione  dell'interruzione  della  prescrizione  per
 effetto   di   un   "invito   a   presentarsi  al  p.m.  per  rendere
 l'interrogatorio", essendo questo atto  sicuramente  meno  rilevante,
 sotto  il  profilo  della manifestazione della pretesa punitiva dello
 Stato, della richiesta di emissione del decreto penale  di  condanna,
 che  invece  non  interrompe  la  prescrizione  e  crea disparita' di
 trattamento tra imputati diversi (addirittura  tra  un  indagato  che
 viene perseguito e un imputato che non puo esserlo).
    La  lacuna  in  oggetto  contrasta  inoltre  con  l'art. 112 della
 Costituzione, per la semplice ragione  che  "l'obbligo  del  p.m.  di
 esercitare  l'azione  penale",  adempiuto  mediante  la  richiesta di
 emissione del decreto penale, corrisponde esattamente all'obbligo  di
 manifestare  la volonta' di perseguire il colpevole. Sicche', qualora
 la predetta richiesta non potesse avere  effetto  interruttivo  della
 prescrizione,   l'adempimento   dell'obbligo   previsto  dalla  norma
 costituzionale, effettuato quando ancora la  pretesa  punitiva  dello
 Stato  puo' manifestarsi, non sarebbe un fatto produttivo di tutta la
 gamma di effetti giuridici  connessi  alla  manifestazione  chiara  e
 concreta  della  suddetta  pretesa,  ma  avrebbe  il limitato effetto
 d'investire il giudice del potere di esprimere il suo giudizio.
    L'irrazionalita' dell'omessa previsione in  questione  emerge  con
 evidenza da quanto sopra esposto: e' infatti illogico che nel secondo
 comma  dell'art.  160 del c.p. siano stati elencati una serie di atti
 che  costituiscono  manifestazione  di  volonta'  di  perseguire   il
 colpevole  (alcuni  sono  soltanto  preparatori)  e  sia stato invece
 escluso l'atto in esame, sicuramente piu' incisivo  sotto  lo  stesso
 profilo.
    La  questione  sollevata  e  rilevante  nel  giudizio in corso, in
 quanto, se le richieste del p.m. in data 23 novembre 1990 e  in  data
 12   ottobre   1993   saranno   considerate   atti  aventi  efficacia
 interruttiva  della  prescrizione,  questa  si  verifichera'  il   15
 settembre  1994  (quattro anni e sei mesi dal 15 marzo 1990); in caso
 contrario, la prescrizione si e  gia'  verificata  e  questo  giudice
 dovra',  rigettando la richiesta del p.m., prosciogliere l'imputato a
 norma dell'art. 129 del c.p.p.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del c.p., per  contrasto
 con  gli artt. 3 e 112 della Costituzione, nella parte in cui non in-
 clude, fra gli atti interruttivi della prescrizione, la richiesta del
 p.m. di emissione del decreto penale di condanna;
    Sospende il giudizio in corso e dispone  l'immediata  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata al p.m., all'imputato, al difensore di quest'ultimo  e  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Gela, addi' 20 ottobre 1993
               Il consigliere pretore dirigente: CORBINO

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