N. 459 SENTENZA 15 - 23 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza ed assistenza - Avvocati degli enti pubblici  ed  avvocati
 dello  Stato  - Collocamento a riposo - Trattamento differenziato con
 riferimento all'eta' massima pensionabile - Garanzia  della  pensione
 minima  ma  non  del  raggiungimento  di un trattamento pensionistico
 massimo - Richiamo alla  giurisprudenza  della  Corte  (ordinanza  n.
 362/1992) - Discrezionalita' del legislatore - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53).
 
 (Cost., artt. 3 e 38, secondo comma).
 
(GU n.53 del 29-12-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo  CHELI,
 dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof.   Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.
 Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del d.P.R.
 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle  unita'
 sanitarie  locali), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1991
 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto
 da Fusco Giulia contro la  U.S.L.  RM/11,  iscritta  al  n.  661  del
 registro  ordinanze  1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti l'atto di costituzione di Fusco  Giulia  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16  novembre  1993  il Giudice
 relatore Massimo Vari;
    Udito l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia  per  il  Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    Fusco Giulia, coordinatore dell'Ufficio legale della U.S.L. RM/11,
 impugnava,  innanzi  al  TAR Lazio, la deliberazione n.s.p. 853 prot.
 5772 del 31 maggio 1991, con la  quale  era  stato  disposto  il  suo
 collocamento  a  riposo per limiti di eta' (65 anni), lamentando, tra
 l'altro, la omessa considerazione, da parte  del  provvedimento,  del
 mancato  raggiungimento,  al  compimento  del  65  anno  di eta', del
 massimo della pensione.
    Con  ordinanza  emessa  il  18 novembre 1991 (pervenuta alla Corte
 Costituzionale il  22  settembre  1992),  il  predetto  Tribunale  ha
 sollevato  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del
 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale  delle
 unita'  sanitarie  locali), in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo
 comma, della Costituzione.
    Secondo il giudice remittente, la previsione per cui i  dipendenti
 delle  U.S.L. debbono essere collocati a riposo al raggiungimento del
 65 anno di eta' contrasta con i parametri invocati,  consentendo  che
 siano collocati a riposo anche gli avvocati delle U.S.L. (come, nella
 specie,  la ricorrente, coordinatore dell'ufficio legale della U.S.L.
 RM/11). Ad avviso del TAR, non si puo' revocare in dubbio che i  fini
 degli  enti  pubblici  abbiano  in  comune  con quelli dello Stato il
 perseguimento del pubblico interesse, mentre sussiste una sostanziale
 parita' - o comunque indubbia similitudine - tra le  funzioni  che  i
 legali  degli  enti  pubblici sono chiamati a svolgere nei settori di
 loro competenza e quelle  attribuite  dalla  vigente  normativa  agli
 avvocati dello Stato.
    I  primi dovrebbero godere del medesimo trattamento degli avvocati
 dello Stato, che possono andare a riposo al compimento del 70 anno di
 eta',  attesa  la  sostanziale  parita'  di  funzioni,   nel   comune
 perseguimento del pubblico interesse.
    Nel   presente   giudizio   si   e'   costituita   la  ricorrente,
 rappresentata e difesa dall'avv. Mario Ettore  Verino,  il  quale  ha
 depositato   una   memoria,   insistendo   per  l'accoglimento  della
 questione.
    E'  intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della  medesima,
 osservando  come  non  sia  sufficiente  una  pretesa  omogeneita' di
 posizioni per pretendere l'estensione di norme in deroga alla  regola
 generale  del  collocamento  a  riposo al 65 anno di eta', mentre del
 tutto improprio appare il riferimento  all'art.  38,  secondo  comma,
 della  Costituzione,  norma  invocabile solo quando il collocamento a
 riposo impedisca il raggiungimento del minimo pensionistico.
                        Considerato in diritto
    Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il TAR  Lazio  dubita  della
 legittimita' costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979,
 n. 761, norma che, nello stabilire, per i dipendenti delle U.S.L., il
 collocamento  a  riposo  al  raggiungimento  del  65  anno  di  eta',
 assoggetta ad una siffatta regola anche gli avvocati.
    Secondo il  giudice  remittente  risulterebbero,  in  pari  tempo,
 violati sia il principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione,
 a  causa  del  trattamento irragionevolmente deteriore riservato agli
 avvocati degli enti pubblici rispetto agli avvocati  dello  Stato,  i
 quali  ultimi  vengono collocati a riposo a 70 anni, sia il principio
 del massimo di effettivita' della garanzia del diritto  sociale  alla
 pensione,  riconosciuto  a  tutti  i  lavoratori  dal  secondo  comma
 dell'art. 38 della Costituzione.
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  53  del
 d.P.R.  20  dicembre  1979,  n.  761,  nella parte in cui non prevede
 l'elevazione a  70  anni  dell'eta'  pensionabile,  al  fine  di  far
 conseguire  il  massimo  della  pensione, e' da reputare non fondata,
 secondo l'orientamento piu' volte espresso da questa  Corte  (v.,  da
 ultimo, ordinanza n. 362 del 1992).
    Muovendo,   per  ragioni  di  logica  espositiva,dal  secondo  dei
 richiamati parametri costituzionali, la Corte torna a  rammentare  il
 ripetuto proprio insegnamento secondo il quale, nel vigente quadro di
 riferimento   normativo,  sono  affidati  alla  discrezionalita'  del
 legislatore  la  determinazione  dell'ammontare   delle   prestazioni
 previdenziali,   il  rafforzamento  della  tutela  previdenziale,  le
 variazioni  dei  trattamenti,  salvo  l'assicurazione,  per  tutti  i
 lavoratori,  della  pensione  minima,  cui  e'  finalizzato il lavoro
 prestato e la determinazione  dell'eta'  lavorativa,  per  la  tutela
 delle esigenze di vita e la soddisfazione dei bisogni (v. sentenza n.
 440 del 1991).
    In  altre  parole,  va  apprezzato  e  protetto  il  prolungamento
 dell'eta' lavorativa perche' al lavoratore sia garantita la  pensione
 al  minimo  e,  in  questo  senso,  la  Corte  ha  gia'  provveduto a
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma qui impugnata,
 nella parte in cui non consente al personale ivi contemplato che,  al
 raggiungimento  del  limite di eta' per il collocamento a riposo, non
 abbia compiuto il numero degli anni necessari per ottenere il  minimo
 della  pensione,  di  rimanere,  a  richiesta,  in  servizio  fino al
 conseguimento di tale anzianita' minima e, comunque, non oltre il  70
 anno di eta' (v. sentenza n. 90 del 1992).
    Non  puo',  invece,  godere  di  eguale  protezione  e garanzia il
 raggiungimento  di  un  trattamento  pensionistico  massimo  che   e'
 obiettivo non rientrante in finalita' costituzionalmente protette, ma
 solo  in  linee  di  tendenza  allo  stato giustificate da situazioni
 peculiari e particolari, mentre non importa lesione del  precetto  di
 cui  all'art.  38,  secondo  comma,  della  Costituzione,  la mancata
 garanzia   del    raggiungimento    di    tale    pensione    massima
 indiscriminatamente per tutti i dipendenti pubblici.
    Fermo quanto sopra e passando a valutare l'ulteriore doglianza del
 giudice  a  quo, in relazione alla lamentata disparita' rispetto agli
 avvocati dello Stato che vengono collocati a riposo  al  70  anno  di
 eta',  deve  escludersi  che  la disciplina generale dell'art. 53 del
 d.P.R. 20  dicembre  1979,  n.  761  contrasti  con  l'art.  3  della
 Costituzione,  per  non aver apprestato analogo trattamento in favore
 degli avvocati delle Unita' sanitarie locali.
    L'ordinanza di rimessione si dilunga ad  illustrare  le  affinita'
 che, sul piano funzionale, connotano le due categorie di avvocati qui
 considerate.  Ma  trascura  la  peculiarita' propria dell'ordinamento
 degli  avvocati  dello  Stato,  nell'ambito  del  quale  il   cennato
 principio  del  collocamento  a  riposo  a  70  anni e' coerente, tra
 l'altro, con la  disposta  equiparazione  ai  magistrati  dell'Ordine
 giudiziario  nei  limiti  dell'art.  23  del regio decreto 30 ottobre
 1933,  n.  1611,  e  risponde,  in   ogni   caso,   a   discrezionale
 apprezzamento del legislatore.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del
 personale delle unita' sanitarie locali), sollevata,  in  riferimento
 agli  artt.  3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale
 amministrativo regionale per il Lazio con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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