N. 460 SENTENZA 15 - 23 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  ed  assistenza  -  UU.SS.LL.  -  Primari  e  direttori di
 farmacia - Collocamento a  riposo  -  Trattenimento  in  servizio  in
 riferimento  all'eta'  massima  pensionabile  -  Discrezionalita' del
 legislatore a fronte  di  categorie  assimilate  ma  non  omogenee  -
 Richiamo  alla  giurisprudenza  della Corte (ordinanza n. 320/1992) -
 Non fondatezza.
 
 (Legge 19 febbraio 1991, n. 50, artt. 1 e 3).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.53 del 29-12-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
 CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
 dott. Renato GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.    Francesco
 GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e  3  della
 legge 19 febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo
 del personale medico dipendente), promosso con ordinanza emessa il 25
 marzo/13  maggio  1992  dal Tribunale amministrativo regionale per la
 Sardegna sui ricorsi riuniti  proposti  da  USAI  Cecilia  contro  la
 U.S.L. n. 20 della Sardegna ed altri, iscritta al n. 687 del registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti  l'atto  di  costituzione  di Usai Cecilia nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  16  novembre  1993  il  Giudice
 relatore Massimo Vari;
    Uditi l'avv. Giovanni M. Lauro per Usai Cecilia e l'Avvocato dello
 Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  emessa  il  25  marzo/13 maggio 1992, il Tribunale
 amministrativo  regionale  per  la  Sardegna  -   nel   giudizio   di
 impugnazione  del  provvedimento  della USL n. 20 della Sardegna, che
 aveva rigettato  l'istanza  di  trattenimento  in  servizio  di  Usai
 Cecilia   fino  al  compimento  del  70  anno  di  eta'  nonche'  del
 provvedimento  che  aveva  disposto  l'esonero  dal  servizio   della
 ricorrente  e  il  suo  collocamento in quiescenza a decorrere dal 27
 ottobre  1991  -  sollevava,  in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1
 e   3   della  legge  19  febbraio  1991,  n.  50  (Disposizioni  sul
 collocamento a riposo del personale medico dipendente),  nella  parte
 in  cui  non estendono i benefici previdenziali disposti a favore del
 primario di ruolo anche al farmacista dirigente.
    Il Collegio remittente - ricordato che  la  Corte  aveva  respinto
 analoga  questione  con  ordinanza  n.  193 del 1992 - dubitava della
 conformita' alla Costituzione di dette  norme,  nella  parte  in  cui
 limitano  il  beneficio  del raggiungimento del massimo pensionabile,
 attraverso il mantenimento in servizio oltre i 65 e non  oltre  i  70
 anni, ai soli primari, con esclusione di alcune delle restanti figure
 sanitarie apicali e, segnatamente, del farmacista dirigente.
    Secondo  l'ordinanza  sussisterebbero  profili  di  disparita'  di
 trattamento finora non esplicitamente prospettati e considerati dalla
 giurisprudenza della Corte. Piu' in particolare, la legge n.  50  del
 1991  avrebbe  irragionevolmente  discriminato una figura rispetto ad
 altra nell'ambito di una medesima categoria  che  il  legislatore  ha
 considerato  e  disciplinato  unitariamente, ai fini delle deroghe al
 collocamento a riposo ex art. 6 della legge 10 maggio 1964,  n.  336,
 confermate  dall'art.  5  del  decreto-legge  2  luglio  1982, n. 402
 (convertito con modificazioni nella legge 3 settembre 1982, n.  627),
 vale  a  dire  quella  che ricomprende "i sovraintendenti sanitari, i
 direttori sanitari, i direttori di farmacia e i primari".
    Si costituiva in giudizio la parte privata, rappresentata e difesa
 dagli avvocati Domenico Arlini e Giovanni M. Lauro.
    La memoria di costituzione, nel rievocare le  vicende  legislative
 che  hanno  accomunato  le  qualifiche professionali qui considerate,
 rilevava, tra l'altro, che tra primari e direttori di farmacia,  v'e'
 omogeneita'  sia  di  comparto  di  contrattazione  che di livello di
 qualifica funzionale.
    Interveniva, altresi', il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per l'inammissibilita' e, comunque, per  la  infondatezza
 della  questione,  vertendosi in materia di legittimo esercizio della
 discrezionalita' del legislatore, a fronte di  categorie  assimilate,
 ma non omogenee.
    Fissata per il giudizio sulla questione la Camera di consiglio del
 24  marzo 1993, la parte privata depositava una memoria illustrativa,
 nella quale, ribadita la differenza della questione in esame rispetto
 a quelle oggetto di  alcune  precedenti  pronunzie  della  Corte,  e,
 segnatamente  a  quella  di  cui  alla  sentenza  n. 440 del 1991, si
 chiedeva  la  rimessione  del  giudizio  ad  una  successiva  udienza
 pubblica.
    Veniva,  pertanto,  fissata  per  la  discussione l'udienza del 16
 novembre  1993,  nell'imminenza  della  quale  la  parte  privata  ha
 depositato  una  ulteriore  memoria  illustrativa, che, richiamate le
 connessioni tra la legge n. 50 del 1991 e la precedente legge n.  336
 del   1964,   ribadisce   che   non  troverebbe  giustificazione  una
 differenziazione tra primari ospedalieri ed altri apicali delle USL e
 degli   ospedali,   "per   lo   meno   se   sanitari",   essendo   la
 regolamentazione fondamentale del rapporto unitaria.
    Si   insiste,   pertanto,   nella  richiesta  di  declaratoria  di
 illegittimita' costituzionale.
                        Considerato in diritto
    Con   l'ordinanza  in  epigrafe,  il  TAR  Sardegna  dubita  della
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 19 febbraio
 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento  a  riposo  del  personale
 medico  dipendente),  nella  parte  in  cui  non estendono i benefici
 previdenziali, previsti a favore  dei  primari  di  ruolo,  anche  al
 farmacista dirigente.
    La  questione  di  costituzionalita' delle norme in parola, invero
 non nuova per la giurisprudenza della Corte (v., da ultimo, ordinanza
 n. 320 del 1992), va ancora una  volta  dichiarata  non  fondata,  in
 mancanza,  negli  ulteriori  profili qui dedotti, di elementi tali da
 indurre a mutare il precedente orientamento.
    Giova ricordare che le disposizioni della cui legittimita' si dis-
 cute stabiliscono che "i primari ospedalieri di ruolo che non abbiano
 raggiunto il numero di anni  di  servizio  effettivo  necessario  per
 conseguire  il  massimo  della  pensione  possono  chiedere di essere
 trattenuti in servizio fino al raggiungimento di tale  anzianita'  e,
 comunque,  non  oltre  il  settantesimo  anno  di  eta'",  limitando,
 peraltro, il beneficio ai primari ospedalieri non collocati a  riposo
 alla data di entrata in vigore della legge.
    Si e' in presenza, dunque, di una disciplina che si discosta dalla
 regola,  valida  in  linea  generale  per  il  pubblico  impiego, del
 collocamento a riposo a 65 anni; principio, quest'ultimo, al quale il
 legislatore ha apportato nel tempo varie eccezioni.
   Prima della  disposizione  sospettata  di  incostituzionalita'  nel
 presente  giudizio,  una  di queste eccezioni si rinviene nell'art. 6
 della legge n. 336 del 1964, il quale  dispose  il  trattenimento  in
 servizio  fino  al compimento del 70 anno di eta' dei sovraintendenti
 sanitari, dei direttori sanitari, dei direttori  di  farmacia  e  dei
 primari  che,  alla  data  di  entrata  in vigore della stessa legge,
 occupassero un posto di ruolo.  A  tale  norma  segui',  poi,  quella
 dell'art.  5  del  decreto-legge  n.  402  del  1982  che,  nel testo
 modificato dalla legge di conversione n. 627 del  1982,  si  limito',
 come la Corte ha gia' avuto occasione di rilevare (v. sentenza n. 134
 del  1986),  a  ripristinare o, comunque, a confermare la deroga, nei
 precisi limiti stabiliti nel 1964, cioe' esclusivamente a  favore  di
 quei  soggetti  che,  alla data di entrata in vigore della precedente
 legge n. 336 del 1964, occupavano un posto di  ruolo  nelle  funzioni
 ivi  indicate. La riaffermazione, nel settore dell'impiego sanitario,
 della regola generale avvenne, invece, con l'art. 53  del  d.P.R.  20
 dicembre  1979,  n.  761,  con  il  quale si pose la parola fine alle
 eccezioni  in  materia,   stabilendo   il   collocamento   a   riposo
 obbligatorio  d'ufficio  al  compimento  del  65  anno di eta' per il
 personale sanitario e tecnico laureato, amministrativo, di assistenza
 religiosa e professionale e, al compimento del 60 anno di  eta',  per
 il  restante personale. Per contro, il decreto-legge n. 402 del 1982,
 ancorche' successivo, ebbe, come sopra osservato,  il  solo  fine  di
 confermare la deroga nei termini gia' fissati nel 1964. A conclusione
 dell'evoluzione  legislativa  in  materia,  si  colloca  il beneficio
 reintrodotto, solo per i primari ospedalieri di  ruolo,  dall'art.  1
 della  legge  n.  50  del 1991, unitamente alla riconferma (nel terzo
 comma dello stesso art. 1) della disciplina della legge  n.  336  del
 1964  e  del  decreto-legge n. 402 del 1982, con i relativi limiti di
 tempo e di soggetti. Cosi' ricostruito il  quadro  normativo,  e'  da
 osservare   come  il  giudice  a  quo  -  invocando  l'art.  3  della
 Costituzione  - riproponga la questione gia' affrontata dalla Corte e
 definita piu' volte alla luce del  principio  per  cui  non  e'  dato
 rinvenire  una  garanzia generale che contempli, per tutti i pubblici
 dipendenti, il collocamento a riposo oltre il limite del 65 anno, per
 il conseguimento  del  massimo  trattamento  pensionistico,  ma  solo
 specifiche  deroghe  a  favore di determinate categorie, disposte dal
 legislatore in virtu' di discrezionale  apprezzamento  delle  ragioni
 varie e diverse che, di volta in volta, si presentano per ciascuna di
 esse (v. ordinanza n. 193 del 1992).
    A  tale  principio  non rimane, percio', che rinviare, senza che a
 diverse conclusioni -  sul  piano  di  una  eventuale  disparita'  di
 trattamento apprezzabile ex art. 3 della Costituzione - possa indurre
 il  rilievo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, della constatata
 pari considerazione dei  farmacisti  dirigenti  accanto  ai  primari,
 nell'ambito  della  legge  n. 336 del 1964 e del decreto-legge n. 402
 del 1982. Come si e' gia' detto, fu questa una normativa derogatoria,
 superata dalla reintroduzione, per  detti  dipendenti  sanitari,  del
 principio  del  collocamento  a riposo al 65 anno di eta' (v. art. 53
 del d.P.R. n. 761 del 1979). Ove si muova  da  questa  premessa,  non
 puo'  convenirsi  con  la  prospettazione  volta a porre, come emerge
 dall'ordinanza del TAR Sardegna,  la  questione  non  in  termini  di
 estensione  della piu' recente disciplina di favore, quanto piuttosto
 di  ingiustificata  limitazione  della  stessa,  in  pregiudizio   di
 soggetti   in  precedenza  destinatari  di  analogo  trattamento.  In
 conclusione, la circostanza che, dopo la ricomposizione del  generale
 quadro   ordinamentale,   il   legislatore,   nel  suo  apprezzamento
 discrezionale,  abbia  ritenuto  di  ulteriormente  disattenderlo  in
 favore  dei soli primari ospedalieri, dettando le norme degli artt. 1
 e 3 della legge n. 50 del 1991, non vale a fondare alcuna aspettativa
 per eguale trattamento privilegiato da parte dei farmacisti dirigenti
 che,  dal  punto  di  vista  della  tipica  professionalita',   delle
 competenze e delle responsabilita', non possono essere, naturalmente,
 identificati  con  i  primari ospedalieri. E questo senza che occorra
 addentrarsi, attesa oltretutto la relativita', e non assolutezza,  di
 ogni definizione e classificazione in materia, nella questione, sulla
 quale  si  sofferma  il  giudice a quo, se i farmacisti dirigenti e i
 primari ospedalieri,  in  ragione  delle  affinita'  nel  trattamento
 economico  e  normativo  e  nella  comunanza  di principi ed istituti
 rinvenibili negli accordi in materia, siano stati o meno  considerati
 dal legislatore come unica ovvero diverse categorie.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli  articoli  1  e  3  della  legge  19  febbraio  1991,   n.   50
 (Disposizioni   sul   collocamento  a  riposo  del  personale  medico
 dipendente), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
 dal  Tribunale  amministrativo  regionale   per   la   Sardegna   con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C1297