N. 100 SENTENZA 10 - 24 marzo 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia   e   urbanistica   -   Regione   Friuli-Venezia   Giulia  -
 Pianificazione  del   territorio   -   Insussistenza   di   rilevanza
 urbanistica delle pertinenze di edifici esistenti e l'occupazione del
 suolo  mediante  deposito di materiale o esposizione di merci a cielo
 libero - Autorizzazione in luogo della concessione - Contrasto con  i
 principi   della   legge   statica   -   Esplicito  provvedimento  di
 autorizzazione che soddisfa l'esigenza di valutazione degli interessi
 protetti dal regime vincolistico - Non fondatezza.
 
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n.  52,  artt.
 72, lettere  b) e  f), e 78).
 
 (Cost., artt. 25, secondo comma, e 3).
 
(GU n.15 del 6-4-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
 Giudici: prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
    Mauro  FERRI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 72, lettere b)
 e f), e  78  della  legge  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  19
 novembre  1991,  n.  52 (Norme regionali in materia di pianificazione
 territoriale ed urbanistica),  promossi  con  due  ordinanze  del  14
 agosto  1992  e  del 6 marzo 1993, emesse entrambe dal giudice per le
 indagini preliminari presso la Pretura  circondariale  di  Udine  nei
 procedimenti  penali  a  carico  di  Mario  e  Valentino Collini e di
 Giancarlo Pozzani e Severina Quardi, rispettivamente iscritte ai  nn.
 686  del  registro ordinanze 1992 e 150 del registro ordinanze 1993 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
 serie  speciale,  dell'anno  1992  e  n.  15,  prima  serie speciale,
 dell'anno 1993;
    Udito nella camera di consiglio del 23 febbraio  1994  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento penale a carico di Mario e
 Valentino Collini - sottoposti ad indagini per il  reato  previsto  e
 punito  dagli artt. 110, 113 e 41 del codice penale e 20, lettera c),
 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione  all'art.  7  della
 legge  25  marzo  1982,  n. 94, per aver depositato senza concessione
 edilizia cumuli di materiale e limi  di  risulta  dalla  decantazione
 delle acque di lavaggio di inerti in area attigua all'alveo del fiume
 Tagliamento,  sottoposta  a  vincolo  paesistico  ed  ambientale - il
 giudice per le indagini preliminari presso la  Pretura  circondariale
 di  Udine,  con  ordinanza  emessa  il  14  agosto 1992, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale - in riferimento agli  artt.
 25,  secondo  comma, e 3 della Costituzione - degli artt. 72, lettera
 f), e 78 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19  novembre
 1991,   n.   52   (Norme   regionali  in  materia  di  pianificazione
 territoriale ed urbanistica).
    Il  giudice rimettente osserva che la legge regionale, per effetto
 del combinato disposto delle  due  norme  denunciate,  assoggetta  al
 rilascio  della  autorizzazione  edilizia  le  occupazioni  di  suolo
 mediante deposito di  materiale  od  esposizione  di  merci  a  cielo
 libero,  anche se realizzate in zone sottoposte a vincolo paesistico.
 In questo caso la legge statale (art. 7 del decreto-legge 23  gennaio
 1982,  n.  9, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 25
 marzo 1982, n. 94) prevede invece, ad avviso del giudice  rimettente,
 la  necessita'  della  concessione  edilizia,  con  l'effetto  che il
 deposito di materiale effettuato senza concessione  integrerebbe  gli
 estremi di una contravvenzione (art. 20, lettera c, della legge n. 47
 del   1985).   La  legge  regionale,  richiedendo  in  tutti  i  casi
 l'autorizzazione, anche quindi in  presenza  di  vincoli  paesistici,
 sottrarrebbe  questo  comportamento  alla  sanzionabilita' penale, in
 contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
    Il giudice rimettente ritiene che la soluzione della questione  di
 legittimita'  costituzionale  sia  rilevante,  perche'  destinata  ad
 incidere  sul  provvedimento  di  archiviazione,  che,  in  caso   di
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della piu' favorevole
 disciplina regionale, verrebbe adottato  per  non  punibilita'  degli
 indagati in mancanza dell'elemento psicologico del reato anziche' per
 insussistenza di una fattispecie penalmente rilevante.
    2.  -  Nel  corso  di  un  altro  procedimento  penale a carico di
 Giancarlo Pozzati e Severina Quardi  -  sottoposti  ad  indagini  per
 avere  realizzato un prefabbricato di modeste dimensioni, qualificato
 come pertinenza della vicina casa di abitazione, in contrasto con  le
 norme del piano regolatore generale comunale (reato previsto e punito
 all'art.  20, lettera b, della legge n. 47 del 1985) - il giudice per
 le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine, con
 ordinanza  emessa  il  6  marzo  1993,  ha  sollevato  questione   di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt. 72, lettera b), e 78 della
 legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 52 del 1991, nella parte
 in cui queste disposizioni prevedono  l'autorizzazione,  anziche'  la
 concessione  edilizia, per la realizzazione di pertinenze, a servizio
 di edifici gia'  esistenti,  non  conformi  alle  prescrizioni  degli
 strumenti urbanistici.
    Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  le  disposizioni denunciate
 contrastano con l'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione.  Esse
 difatti  violerebbero  il principio della riserva di legge statale in
 materia penale, rendendo lecita una condotta  penalmente  sanzionata.
 Le  pertinenze  e  gli  altri  tipi  di  interventi  edilizi indicati
 dall'art. 7 del decreto-legge n. 9  del  1982  sono  assoggettati  ad
 autorizzazione  gratuita  solo se conformi agli strumenti urbanistici
 vigenti. Altrimenti, per qualsiasi intervento urbanistico, si applica
 il regime ordinario  della  concessione  edilizia,  la  cui  mancanza
 comporta  l'applicazione  della  sanzione  penale di cui all'art. 20,
 lettera b), della legge n. 47 del  1985.  L'esecuzione  di  opere  in
 totale  difformita'  o  un  assenza dell'autorizzazione non e' invece
 prevista dalla legge come reato.
    Viene  prospettato  anche  un  contrasto  con   l'art.   3   della
 Costituzione.  Chi  esegue  opere  che  costituiscono  pertinenza  di
 edifici esistenti nel territorio del  Friuli-Venezia  Giulia  sarebbe
 difatti sottratto alle sanzioni penali, che invece si applicano a chi
 pone in essere la stessa condotta nel restante territorio nazionale.
    Anche  in  questo  caso il giudice rimettente afferma la rilevanza
 della questione di legittimita' costituzionale, dalla  cui  soluzione
 dipende  l'archiviazione  per  mancanza dell'elemento psicologico del
 reato o, in alternativa, per assenza di  una  fattispecie  penalmente
 rilevante.
    3.  -  Le  due  ordinanze,  ritualmente  notificate  e comunicate,
 iscritte nel registro delle ordinanze ai numeri 686 del  1992  e  150
 del  1993,  sono  state  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale della
 Repubblica,  prima  serie  speciale,  rispettivamente  n.  46  del  4
 novembre 1992 e n. 15 del il 7 aprile 1993.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sottoposte
 all'esame   della   Corte   riguardano   la   legge   regionale   del
 Friuli-Venezia  Giulia  19  novembre  1991,  n.  52,  concernente  la
 pianificazione territoriale ed urbanistica. L'art. 72, lettere b)  ed
 f),  di  tale legge indica tra gli interventi che non hanno rilevanza
 urbanistica le pertinenze di edifici esistenti  e  l'occupazione  del
 suolo  mediante  deposito di materiale o esposizione di merci a cielo
 libero. Per questi interventi e' richiesta l'autorizzazione, e non la
 concessione edilizia, anche quando  essi  siano  realizzati  in  zone
 sottoposte ai vincoli previsti dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (o
 dalla  legge  1  giugno  1939,  n.  1089),  o non siano conformi alle
 prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti.
    Le  due  ordinanze  di  rinvio  muovono  dalla  premessa  che   le
 disposizioni  poste  dalla  legge statale in materia edilizia (art. 7
 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9) richiedano in questi casi la
 concessione edilizia,  e  non  la  semplice  autorizzazione.  Con  la
 conseguenza che le opere realizzate in difformita' o in assenza della
 concessione  integrano  gli  estremi  della  contravvenzione prevista
 dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
    2. - I due giudizi, che hanno ad oggetto  le  stesse  disposizioni
 legislative  e  pongono questioni identiche, vanno riuniti per essere
 decisi con unica sentenza.
    3. - Le questioni non sono fondate.
    La premessa dalla quale muovono le ordinanze  di  rimessione,  per
 affermare  che  la  disciplina  regionale  sottoposta  a  giudizio di
 legittimita' costituzionale contrasta con i  principi  fissati  dalla
 legge  statale,  non  trova  riscontro in un'adeguata interpretazione
 dell'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982.
    Questa disposizione stabilisce anzitutto, al primo comma, che sono
 soggetti ad autorizzazione i lavori di recupero abitativo di  edifici
 preesistenti che comportano interventi di manutenzione straordinaria,
 di  restauro  e  di  risanamento conservativo (previsti dall'art. 31,
 lettere b e c, della legge n. 457 del 1978), i  quali  consentono  la
 realizzazione  (o  l'integrazione)  dei  servizi  igienico-sanitari e
 tecnologici e l'inserimento di elementi accessori e di  impianti.  La
 domanda  di  autorizzazione  si  intende accolta se il sindaco non si
 pronuncia nel termine previsto dall'art. 48 della legge  n.  457  del
 1978.  Per  gli  interventi su edifici sottoposti ai vincoli previsti
 dalle leggi n. 1089 del 1939 e n. 1497 del 1939 non muta  il  regime,
 quanto al tipo di provvedimento cui i lavori sono assoggettati, ma e'
 necessaria  l'adozione di un apposito ed esplicito provvedimento, non
 trovando applicazione la disciplina del silenzio-assenso.
    In  questo  contesto  normativo  si inserisce il secondo comma del
 medesimo art. 7 del decreto-legge n.  9  del  1982,  che  precisa  ed
 estende   l'ambito   degli  interventi  soggetti  ad  autorizzazione,
 comprendendo tra essi  anche  "le  opere  costituenti  pertinenze  od
 impianti  tecnologici al servizio di edifici gia' esistenti" (lettera
 a) e "le occupazioni  di  suolo  mediante  deposito  di  materiali  o
 esposizione  di  merci  a  cielo  libero"  (lettera  b). Si tratta di
 interventi  eterogenei,  non  sempre  di  tipo  edilizio,  di   varia
 consistenza,  ma  accomunati  dalla loro limitata rilevanza sul piano
 urbanistico: in questo senso assimilabili a quelli indicati nel primo
 comma, ai quali si e' gia' fatto riferimento.
    L'art. 7, secondo comma, del decreto-legge n. 9 del  1982  enuncia
 il   presupposto   che   le   opere  siano  conformi  agli  strumenti
 urbanistici, esprimendo un principio che trova applicazione anche con
 riferimento all'adozione di un provvedimento  di  concessione.  Viene
 inoltre  mantenuta,  per  le opere che insistono in aree sottoposte a
 vincoli  paesistici   o   d'interesse   storico,   l'esclusione   del
 silenzio-assenso,  cosi' come prevede, mediante il rinvio all'art. 48
 della legge n. 457 del 1978, il primo comma della stessa disposizione
 per lavori non  meno  rilevanti.  La  necessita'  di  autorizzazione,
 comune  a tutte le opere che hanno identiche caratteristiche edilizie
 o  urbanistiche,   e'   correlata   alla   qualificazione   oggettiva
 dell'intervento,  senza  che  muti  il  tipo di provvedimento e venga
 richiesta la concessione anziche' l'autorizzazione quando vi  sia  la
 presenza  di  vincoli  particolari.  L'esigenza  di accertare che gli
 interessi protetti da tali vincoli siano stati  valutati  nella  sede
 per  essi  competente e' soddisfatta dalla previsione di un esplicito
 provvedimento di autorizzazione edilizia per l'esecuzione dei lavori.
 Rimangono inoltre, in ogni caso, salvi gli strumenti di protezione  e
 le  sanzioni  che  il  legislatore  prevede  in modo specifico per la
 tutela degli interessi,  paesaggistici  e  ambientali,  eventualmente
 coinvolti.
    Non  si  da'  dunque  quella diversita' di disciplina tra le norme
 regionali denunciate ed i principi della legislazione statale che  le
 ordinanze  di  rimessione  desumono  dall'art.  7, secondo comma, del
 decreto-legge n. 9 del  1982.  Mancano  quindi  le  premesse  da  cui
 muovono i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondate  le  questioni  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 72, lettere b) ed  f),  e  78
 della  legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n.
 52 (Norme regionali in  materia  di  pianificazione  territoriale  ed
 urbanistica),  sollevate, in riferimento agli art. 25, secondo comma,
 e 3 della Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso la Pretura circondariale di Udine con le ordinanze indicate in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 10 marzo 1994.
                       Il Presidente: PESCATORE
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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