N. 7 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 aprile 1994

                                 N. 7
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19
 aprile 1994 (della regione Abruzzo)
 Regione Abruzzo - Adozione, con ordinanza del g.i.p. del tribunale di
    Pescara,  nei confronti del consigliere regionale Attilio D'Amico,
    della  misura  di  prestazione  di   cauzione   nel   procedimento
    instaurato a suo carico per il reato di abuso di ufficio aggravato
    (per  aver  concorso  alla  formazione  e  all'approvazione  di un
    disegno di legge regionale  concernente  "misure  urgenti  per  il
    settore  trasporti locali" in modo difforme dalle previsioni della
    legge n. 18 del 6 febbraio  1987  e  contro  le  previsioni  dello
    stesso  disegno  di  legge regionale successivamente approvato, al
    fine di  consentire  ai  titolari  di  concessioni  del  trasporto
    pubblico  la  percezione  di  contributi  indebiti)  - Conseguente
    sospensione  dalla  carica  del suddetto consigliere, adottata con
    decreto del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  -  Lamentata
    violazione  del  principio  secondo  il  quale  l'esercizio  delle
    funzioni   legislative,   connotando   il   livello   costuzionale
    dell'autonomia  regionale,  non  puo'  essere  sindacato da organi
    giurisdizionali  -   Riferimento   alla   sentenza   della   Corte
    costituzionale n. 70/1985.
 (Ordinanza del g.i.p. del tribunale di Pescara del 2 febbraio 1994 e
    d.P.C.M. dell'8 febbraio 1994).
 (Cost., art. 122).
(GU n.20 del 11-5-1994 )
   Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione della regione Abruzzo, in
 persona del  presidente  pro-tempore  della  giunta  regionale  prof.
 Vincenzo  Del  Colle,  a  cio' autorizzato in virtu' di deliberazione
 della giunta regionale n. 1525 dell'8 aprile  1994,  rappresentata  e
 difesa  dall'avv.  Carlo  Mezzanotte  in virtu ' di mandato a margine
 contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in  carica  in
 relazione  al provvedimento ex artt. 284, 285 del c.p.p. adottato con
 ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Pescara del 2 febbraio 1994 (n.
 920/1992 r.g.-n.r.;  n.  3417/1992  r.g.-g.i.p.)  nei  confronti  del
 signor  Attilio D'Amico, consigliere regionale della regione Abruzzo,
 per aver concorso alla formazione  del  disegno  di  legge  regionale
 avente ad oggetto "misure urgenti per il settore trasporti locali" di
 cui  alla  delibera di giunta n. 1476/C del 19 marzo 1987; nonche' in
 relazione ad  ogni  altro  atto  di  tale  procedimento  penale,  ivi
 compresa  la  richiesta  della  procura  della  Repubblica  presso il
 tribunale di Pescara del 27 gennaio 1994;  nonche'  in  relazione  al
 conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data
 8 febbraio 1994 con il quale il D'Amico e' stato sospeso dalla carica
 di consigliere regionale della regione Abruzzo.
    1.   -  La  regione  ricorrente  ha  di  recente  appreso  che  il
 provvedimento ex artt. 284 e 285 del c.p.p. indicato in  epigrafe  e'
 stato  adottato  dal  g.i.p. del tribunale di Pescara sul presupposto
 che il consigliere regionale Attilio D'Amico abbia preso  parte  alla
 fase  dell'iniziativa legislativa ed abbia concorso alla formazione e
 all'approvazione di un disegno di legge regionale concernente "misure
 urgenti per  il  settore  trasporti  locali"  nonche'  del  prospetto
 allegato a tale disegno di legge e facente parte integrante di esso.
    Il  g.i.p. del tribunale di Pescara ha in particolare ritenuto che
 la "camicia"  della  delibera  di  approvazione  del  citato  disegno
 regionale  (delibera  n.  1476/C  del  19 marzo 1987) ed il prospetto
 dimostrativo allegato fossero stati redatti "in modo  difforme  dalle
 previsioni  della  legge  n.  18,  del  6  febbraio 1987, e contro le
 previsioni dello stesso disegno di  legge  regionale  successivamente
 approvato"  al  fine  di  consentire  ai  titolari di concessioni del
 trasporto pubblico la percezione di contributi indebiti.
    L'intero procedimento penale, e segnatamente gli atti indicati  in
 epigrafe,  comportano  la violazione di competenze costituzionalmente
 tutelate della regione  Abruzzo  che  vengono  fatte  valere  con  il
 presente ricorso per conflitto di attribuzione.
                                DIRITTO
    Violazione   dell'art.  122  della  Costituzione,  violazione  del
 principio secondo il quale l'esercizio  delle  funzioni  legislative,
 connotando  il  livello  costituzionale dell'autonomia garantita alle
 Regioni, non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali.
    1.  -  Non  sembra  dubitabile che il presente ricorso debba esser
 ritenuto ammissibile.
    E' risaputo che, secondo il consolidato  orientamento  di  codesta
 Corte  costituzionale,  "nulla vieta che un conflitto di attribuzioni
 tragga origine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto si  deduca
 derivarne una invasione della competenza costituzionalmente garantita
 alla  regione:  la  figura  dei  conflitti  di  attribuzione  non  si
 restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del
 medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per
 se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo
 esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
 attribuzione costituzionalmente assegnata all'altro soggetto" (cosi',
 sentenza n. 110/1970; conformemente, sentenze nn. 211/1972, 178/1973,
 289/1974, 75/1977, 183/1981, 70/1985 e 285 del 1990).
    Nella specie, l'atto giurisdizionale dal  quale  trae  origine  il
 ricorso  viene  contestato in quanto incidente, in via diretta, sulla
 indipendenza politico-legislativa di un organo della  regione  e,  in
 via mediata, sulla stessa posizione costituzionale della regione.
    Di qui, appunto, l'ammissibilita' del ricorso.
    2.  -  Nel  merito, l'atto giurisdizionale adottato dal g.i.p. del
 tribunale di Pescara nei confronti del consigliere regionale  Attilio
 D'Amico viola l'art. 122 della Costituzione.
    Giova  ricordare  che codesta Corte ha piu' volte precisato che le
 funzioni   legislative   "connotano   il    livello    costituzionale
 dell'autonomia garantita alle regioni", sicche' il loro esercizio non
 puo'  essere  sindacato  da  organi  giudiziari "al fine di accertare
 l'eventuale responsabilita'  dei  soggetti  deputati  ad  adempierle"
 (sentenza n. 70/1985; conformemente, sentenza n. 69/1985).
    Questa  ratio decidendi non puo' non trovare applicazione nel caso
 di  specie.  L'organo  giudiziario  imputa  infatti  al   consigliere
 regionale  di aver concorso alla formazione di una delibera di giunta
 concernente l'approvazione di un disegno di legge regionale (delibera
 n. 1476/C del 19 marzo 1987)  in  tema  di  "Misure  urgenti  per  il
 settore dei trasporti locali".
    Si  tratta, appunto, di un atto che si attiene all'esercizio della
 funzione legislativa, in ordine al quale il  soggetto  che  impersona
 l'organo  regionale  e'  assistito,  ai  sensi  dell'art.  122  della
 Costituzione, dalla garanzia di indipendenza e di non interferenza da
 parte del potere giudiziario.
    Nessun rilievo puo' assumere in questa  sede  la  circostanza  che
 l'attivita'  del  consigliere regionale fosse nella specie imputabile
 alla giunta,  nell'esercizio  del  potere  statutario  di  iniziativa
 legislativa,  e  non  al  consiglio.  Si  trattava invero di una fase
 costitutiva e indefettibile  del  procedimento  di  formazione  della
 legge  regionale,  sicche'  in relazione ad essa opera appieno, per i
 consiglieri      regionali,      la      garanzia      costituzionale
 dell'insindacabilita'       dell'esercizio       della       funzione
 politico-legislativa.
    Vale al riguardo quanto affermato da codesta  Corte  nella  citata
 sentenza n. 70/1985; in questa, la guarentigia prevista dall'art. 122
 della  Costituzione  viene  esattamente correlata, non alla posizione
 dei consiglieri regionali in quanto tali, sibbene alla necessita'  di
 preservare    da    interferenze   e   condizionamenti   esterni   le
 determinazioni  inerenti alla sfera di autonomia della regione, e, di
 conseguenza, l'irresponsabilita'  viene  riconosciuta,  non  solo  ai
 consiglieri  regionali e al presidente, ma anche ai "componenti della
 giunta regionale,  eletti  (  ..)  tra  i  componenti  del  Consiglio
 regionale e tutti partecipanti, ad uguale titolo, all'esercizio della
 funzione legislativa".
    Resta solo da osservare che la fondatezza del presente ricorso non
 e' esclusa dal rilievo che l'atto del g.i.p. in relazione al quale e'
 sorto conflitto ipotizzi una difformita' tra legge statale (n. 18 del
 6   febbraio   1987)   e  disegno  di  legge  regionale.  Si  tratta,
 all'evidenza, di aspetto che nulla a che vedere con  il  piano  delle
 attribuzioni   costituzionali   della  regione  e  delle  guarentigie
 riconosciute ai suoi organi.
    All'accertamento  della  avvenuta  menomazione   della   posizione
 costituzionale della regione, e alla necessaria pronunzia caducatoria
 nei  confronti  degli  atti  del  procedimento  penale,  non puo' non
 conseguire   l'annullamento   del   provvedimento   governativo    di
 sospensione del consigliere dalla carica.
                               P. Q. M.
    Si chiede che codesta Corte costituzionale voglia:
       a)  dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al giudice
 delle indagini preliminari del tribunale di Pescara  e  alla  procura
 della  Repubblica  presso  lo stesso tribunale, sindacare - a fini di
 accertamento di eventuale responsabilita'  penale  -  l'attivita'  di
 iniziativa  legislativa  posta in essere dal consigliere regionale in
 relazione al disegno di legge di  cui  alla  delibera  di  giunta  n.
 1476/C del 19 marzo 1987;
       b)  annullare,  per  l'effetto, il provvedimento ex artt. 284 e
 285 del c.p.p.  emesso  dal  g.i.p.  del  tribunale  di  Pescara  nei
 confronti  del  consigliere  regionale  Attilio  D'Amico  in  data  2
 febbraio 1994 (n. 920/1992  r.g.-n.r.;  n.  3417/1992  r.g.  g.i.p.),
 nonche'  la  richiesta  della  procura  della  Repubblica  presso  il
 tribunale di Pescara del 27 gennaio 1994,  ed  ogni  altro  atto  del
 procedimento penale;
       c)  annullare,  conseguentemente, il decreto del Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  dell'8  febbraio  1994  con  il  quale   il
 consigliere regionale D'Amico e' stato sospeso dalla carica.
                         Avv. Carlo MEZZANOTTE

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