N. 276 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 1993

                                N. 276
 Ordinanza  emessa  il  21  dicembre 1993 dal tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso  proposto  da  soc.  Beta  Television
 contro Ministero delle poste e telecomunicazioni ed altre
 Radiodiffusione e televisione - Previsione legislativa di criteri per
    il  piano  di  assegnazione  delle  reti nazionali suscettibili di
    creare disparita' di trattamento tra concessionari -  Lesione  dei
    principi  di eguaglianza, di liberta' delle forme di comunicazione
    e di manifestazione del pensiero, di iniziativa economica  privata
    nonche' d'imparzialita' della p.a.
 Radiodiffusione e televisione - Divieto di posizioni dominanti
    nell'ambito dei mezzi di comunicazione - Previsione di regole tali
    da  consentire  a  uno  stesso  soggetto di essere titolare di tre
    concessioni nazionali televisive e di partecipare  sia  pure  come
    socio  di  minoranza  a imprese titolari di altre concessioni e ad
    imprese impegnate in  altri  settori  di  editoria  -  Conseguente
    ritenuta  creazione  di  oligopolio in contrasto con la disciplina
    antitrust - Lesione dei principi di eguaglianza,  di  liberta'  di
    manifestazione  del  pensiero e di iniziativa economica privata in
    violazione anche della prevista deroga  per  preminente  interesse
    generale.
 Radiodiffusione e televisione - Consentita pianificazine da parte
    dell'amministrazione  di  reti nazionali tale da creare disparita'
    di trattamento tra concessionari sia in relazione  alla  copertura
    del  territorio  che  alla  dislocazione  degli impianti nei punti
    commercialmente  piu'  interessanti  -  Lesione  dei  principi  di
    eguaglianza,  di  liberta'  di  manifestazione  del  pensiero e di
    iniziativa economica privata, nonche' di imparzialita' della p.a.
 (Legge 6 agosto 1990, n. 223, artt. 3, undicesimo comma, 15, 16, 17,
    19, 34 e 37).
 (Cost., artt. 3, 15, 21, 41, 43 e 97).
(GU n.21 del 18-5-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 5559/1992
 proposto dalla soc. Beta  Television  rappresentata  e  difesa  dagli
 avv.ti  Giovanni Sciacca, Carlo Vichi e Franco Ravenni, presso il cui
 studio ha eletto domicilio in Roma, via  G.B.  Vico,  29;  contro  il
 Ministero  delle  poste,  in  persona del Ministro pro-tempore, ed il
 Consiglio dei Ministri, in persona del  Presidente  pro-tempore,  non
 costituiti;  e  nei  confronti  della  RTI-Reti  Televisive Italiane,
 rappresentata e difesa dagli avv.ti Aldo  Bonomo,  Giovanni  Motzo  e
 Franco  G.  Scoca,  presso il cui studio ha eletto domicilio in Roma,
 via G. Paisiello, 55;  della  T.V.  Internazionale,  rappresentata  e
 difesa  dall'avv.  Alessandro  Pace,  presso  il cui studio ha eletto
 domicilio  in  Roma,  piazza   delle   Muse,   8;   della   O.P.E.T.,
 rappresentata  e difesa dagli avv.ti Giovanni Giovannelli e Francesco
 Braschi, presso il cui studio ha  eletto  domicilio  in  Roma,  viale
 Parioli,  180;  delle Prima TV, Europa TV e Omega TV, rappresentate e
 difese dagli avv.ti Luigi Medugno, Mario Sanino e  Carlo  Mezzanotte,
 presso  il  cui  studio hanno eletto domicilio in Roma, via delle Tre
 Madonne, 16; della Rete A, non costituita; per l'annullamento:
       a) del d.m. 13 agosto 1992, col quale il Ministro delle poste e
 delle telecomunicazioni ha approvato  la  graduatoria  degi  soggetti
 richiedenti  il  rilascio  di  concessione per l'emittenza televisiva
 nazionale nonche' l'elenco degli aventi titolo alla concessione;
       b) dell'allegato A e dell'art. 8,  primo  comma,  del  d.m.  13
 agosto 1992;
       c) delle concessioni rilasciate alle societa' controinteressate
 la relativa assegnazione delle frequenze;
       d) ogni altro atto presupposto o conseguenziale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di   costituzione   in  giudizio  delle  societa'
 controinteressate;
    Viste le memorie depositate dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito, alla pubblica udienza del 21  dicembre  1993,  il  relatore
 cons.  Aldo  Fera,  e  i  difensori  delle parti indicati nel verbale
 d'udienza;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                               F A T T O
    La societa' Beta  Television,  proprietaria  dell'emittente  Video
 Music,   ha   partecipato  al  procedimento  per  il  rilascio  della
 concessione per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, di
 cui all'art. 16 della legge 6 agosto 1990, n. 223, in sede  di  prima
 applicazione  della legge medesima. La societa' e' stata collocata al
 quarto posto della graduatoria; quindi  in  posizione  utile  per  il
 rilascio  della  concessione,  posto  che il Piano per l'assegnazione
 delle frequenze, approvato con d.P.R. 20 gennaio 1992, indica in 9 le
 reti televisive nazionali concedibili ai privati.
    Tuttavia, la posizione in graduatoria ha comportato l'assegnazione
 di una rete con copertura  inferiore  a  quella  assegnata  ad  altre
 emittenti  televisive  nazionali, nonche' l'assegnazione di frequenze
 di piu' ridotta illuminazione rispetto alla precedente copertura.
    Con  atto  nofificato in data 13 novembre 1992, la Beta Television
 impugna i provvedimenti specificati in rubrica, che  ruotano  intorno
 al  decreto  13  agosto  1992,  col  quale  il Ministro delle poste e
 telecomunicazioni  ha  approvato  la  graduatoria  ed  individuato  i
 soggetti  aventi  titolo  al rilascio della concessione televisiva in
 ambito nazionale.
    Deduce a sostegno del gravame 7 motivi di ricorso, nell'ambito dei
 quali  ha  sollevato  le   seguenti   eccezioni   di   illegittimita'
 costituzionale:
    1.  -  Illegittimita'  degli  artt.  16,  34  e  40 della legge n.
 223/1990 per contrasto  con  gli  artt.  3,  15,  21,  41,  43  della
 Costituzione.
    Sotto  il  profilo  che  il  sistema  introdotto  attribuisce  una
 eccessiva discrezionalita' amministrativa  nella  determinazione  dei
 criteri  per  la  formazione  delle  graduatorie, in contrasto con il
 principio  affermato  dalla  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.
 202/1976.
    2.  -  Illegittimita'  degli artt. 15, 16, 17, 19 e segg., 33 e 37
 della legge n. 223/1990 per contrasto con gli artt.  3,  21,  41,  43
 della Costituzione.
    Sotto   il   profilo   che  l'inefficacia  del  sistema  antitrust
 introdotto dalla legge, che ha consentito ad  un  gruppo  privato  di
 ottenere  direttamente  le tre concessioni con maggiore illuminazione
 ed indirettamente, attraverso  la  partecipazione  ad  altri  gruppi,
 altre  tre, su un totale di nove, di fatto favorisce la conservazione
 della situazione di oligolpolio che caratterizza oggi il settore.
    3. - Illegittimita' degli artt. 16, 32, 34 della legge n. 223/1990
 per contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 43 della Costituzione.
    Sotto il profilo che non e' prevista l'attribuzione  di  punteggio
 per l'anzianita' di esercizio delle emittenti esistenti.
    4.  -  Illegittimita'  dell'art. 3, undicesimo comma, in relazione
 agli artt. 15, 16, 32, 34  e  segg.  della  legge  n.  223/1990,  per
 contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 97 della Costituzione, nella parte
 in   cui  non  impone  all'amministrazione  di  pianificare  le  reti
 nazionali in maniera tale da non creare disparita' di trattamento tra
 concessionari  quanto  alla   copertura   del   territorio   e   alla
 disclocazione   degli   impianti   nei   punti  commercialmente  piu'
 interessanti.
    5. - Illegittimita' degli artt. 2 e segg., 16, 19, 32, 33 ed altri
 della legge n. 223/1990 per contrasto con gli artt.  3,  21,  41,  43
 della Costituzione.
    Sotto  il  profilo  che  l'inclusione nella graduatoria delle cosi
 dette  pay-tv  ridurrebbe  lo  spazio  disponibile   per   1   libera
 manifestazione del pensiero.
    Conclude  chiedendo  l'annullamento  degli  atti  impugnati previo
 rinvio della causa alla Corte costituzionale perche' siano decise  le
 questioni incidentali di illegittimita' costituzionale.
    Le   societa'   controinteressate,   a  seconda  delle  rispettive
 posizioni aderiscono o si oppongono  alla  trasmissione  della  causa
 alla Corte costituzionale concludendo conseguenzialmente.
    Nelle  more  del giudizio, tuttavia, e' entrato in vigore il d.l.
 27 agosto 1993, n. 323, convertito con modificazioni nella  legge  27
 ottobre  1993,  n.  422,  il  quale  contiene alcune disposizioni che
 concernono direttamente la materia oggetto del presente giudizio.  In
 particolare l'art. 1, terzo comma, l'art. 3, primo e secondo comma, e
 l'art. 11.
    In  relazione  a  tali  norme alcune delle controinteressate hanno
 eccepito l'improcedibilita' del ricorso per sopravvenuto  difetto  di
 interesse.
                             D I R I T T O
    1.  -  Oggetto dell'impugnativa proposta dalla Beta Television e',
 unitamente agli atti presupposti e conseguenti, il decreto 13  agosto
 1992,  col quale il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni ha
 approvato, sulla  base  della  graduatoria  formata  dalla  direzione
 centrale  dei  servizi  radioelettrici,  l'elenco  delle  9 emittenti
 televisive  aventi  titolo  al  rilascio  della  concessione  per  la
 radiodiffusione televisiva in ambito nazionale.
    Peraltro,  nella  pendenza  del  giudizio  e' entrato in vigore il
 d.l. 27 agosto 1993, n.  323,  convertito  con  modificazioni  nella
 legge  27 ottobre 1993, n. 422, il quale contiene alcune disposizioni
 che concernono direttamente la materia oggetto della controversia.
    In particolare l'art. 1, terzo comma,  stabilisce  che  fino  alla
 data  di  entrata  in  vigore  di  una  nuova disciplina "del sistema
 radiotelevisivo e dell'editoria" i titolari di concessioni rilasciate
 ai sensi dell'art. 16  della  legge  6  agosto  1990,  n.  223  o  di
 autorizzazione  ex art. 38 legge n. 103/1975, "proseguono l'esercizio
 della radiodiffusione televisiva in ambito nazionale con gli impianti
 e i connessi  collegamenti  di  telecomunicazione  censiti  ai  sensi
 dell'art.  32 della legge 6 agosto 1990, n. 223".  Il successivo art.
 3, poi, al primo comma impone al Ministro di procedere entro un  anno
 "alla   revisione   del   piano   nazionale   di  assegnazione  delle
 radiofrequenze per la radiodiffusione televisiva .. tenendo conto del
 quadro normativo vigente e della rapida evoluzione  teconologica  del
 settore",  ed al secondo comma dispone che "il Ministro delle poste e
 delle  telecomunicazioni  non  rilascia   le   concessioni   per   la
 radiodiffusione   televisiva   in   ambito   nazionale,  comprese  le
 autorizzazioni a ripetere programmi esteri, a piu' di otto  emittenti
 televisive  nazionali private, sulla base dell'elenco di cui all'art.
 1 del decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni  del
 13  agosto 1992".   Ora, a parte il chiaro intento del legislatore di
 conservare ulteriormente lo statu  quo,  la  disciplina  sopravvenuta
 incide   direttamente   sull'interesse   dedotto  in  giudizio  dalla
 ricorrente,  nel  senso  che  la  legificazione  dell'elenco  di  cui
 all'art.  1  del  decreto  ministeriale dell'agosto 1992, impedirebbe
 all'autorita'    amministrativa,    nel    caso    di    annullamento
 giurisdizionale  del provvedimento impugnato, di rinnovare l'atto nel
 senso auspicato dalla societa' Beta  Television,  la  quale  vedrebbe
 inalterata   la   posizione  nella  graduatoria  e  comunque  sarebbe
 costretta a continuare a  trasmettere  con  gli  impianti  e  con  le
 frequenze utilizzate nel 1990. Ne deriverebbe il sopravvenuto difetto
 di   interesse   all'ulteriore  coltivazione  del  ricorso  e  quindi
 l'improcedibilita' dell'azione proposta in questa sede.
    2. - Cio' rende rilevante, ai  fini  del  decidere,  la  soluzione
 delle  questioni  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge n.
 223/1990 prospettate dalla  ricorrente,  giacche',  se  e'  vero  che
 attraverso  la  legificazione  di  atti amministrativi il legislatore
 possa sanare ex post i  vizi  degli  atti  medesimi  modificando  con
 decorrenza  retroattiva  le norme di riferimento, e' altrettanto vero
 che tale facolta' trova un limite nella impossibilita' di sanare quei
 vizi  che  derivano dall'applicazione di norme di legge ordinaria che
 contrastino con la Costituzione.  In via preliminare, giova precisare
 che   non   incide   sulla   proponibilita'   delle   questioni    di
 costituzionalita'   il   dichiarato   carattere   provvisorio   della
 disciplina introdotta dal d.l. n.   323/1993, che  appunto  dovrebbe
 applicarsi   "fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  nuova
 disciplina del sistema radiotelevisivo e dell'editoria", sia  perche'
 non esiste nella Costituzione una norma che consenta di derogare alle
 disposizioni  in  essa  contenute nel caso di discipline provvisorie,
 sia soprattutto perche', nel caso di specie la continua  reiterazione
 di  norme  provvisorie  e  di  regime  di fatto tende a consolidare e
 perpetuare una situazione nata dall'occupazione spontanea  dell'etere
 da  parte  dei privati, la quale, ad avviso dei ricorrenti, contrasta
 con valori fondamentali  sui  quali  poggia  il  sistema  democratico
 italiano.
    Cio'  posto,  si  puo'  procedere  all'esame  delle  questioni  di
 costituzionalita' sollevate dalla ricorrente.
    3. - Con la prima viene denunciata  l'Illegittimita'  degli  artt.
 16, diciassettesimo comma, e 34 della legge n. 223/1990 per contrasto
 con  gli artt. 3, 15, 21, 41, 43 della Costituzione, sotto il profilo
 che la norma attribuisce all'autorita' amministrativa  una  eccessiva
 discrezionalita'  nella  determinazione dei criteri per la formazione
 delle graduatorie degli  aventi  titolo  alla  concessione.    A  tal
 riguardo  la Corte costituzionale ha gia' avuto modo di chiarire come
 "l'assegnazione  delle  frequenze  ai  privati  deve  avvenire,   per
 rispettare  l'art.  21  della  Costituzione,  in  modo  tale  che sia
 assicurata la massima imparzialita', dal momento che la garanzia  del
 nucleo   di   valore   costituzionale   espresso  dalla  liberta'  di
 manifestazione del pensiero non puo' certo esser vanificata, distorta
 o  trasposta  in  una  qualche  forma  di  privilegio  da  parte   di
 provvedimenti   discrezionali  della  pubblica  amministrazione,  non
 vincolati da precisi parametri legali".    (Cfr.  C.C.,  24-26  marzo
 1993, n. 112).  Ora, l'art. 16, diciassettesimo comma, della legge n.
 223/1990  si  limita  a  stabilire che "il rilascio della concessione
 avviene sulla base di  criteri  oggettivi  che  tengano  conto  della
 potenzialita' economica, della qualita' della programmazione prevista
 e  dei  progetti  radioelettrici  e  tecnologici",  aggiungendo altre
 generiche indicazioni per i richiedenti che abbiano  gia'  effettuato
 trasmissioni  e per coloro che chiedono il rinnovo. La norma conclude
 rinviando al regolamento amministrativo la  definizione  concreta  di
 "modalita'  ed  ogni  altro  elemento  utile per il rilascio e per il
 rinnovo della concessione".   A  parte  che,  nel  caso  concreto  il
 regolamento  approvato  con d.P.R.   27 marzo 1992, n. 255 (artt. 24,
 comma, e 25) nella sostanza nulla aggiungono sul come sul  quanto  le
 singole  voci  debbano  incidere  nella  assegnazione  del punteggio,
 rinviando il tutto "ai criteri che sono stabiliti nel bando", sta per
 certo che l'omessa individuazione da parte del legislatore  ordinario
 dei  criteri  puntuali e del peso che ciascuno di essi avrebbe dovuto
 avere nella valutazione comparativa delle domande presentate dai vari
 aspiranti  alla  concessione,  sembra  introdurre  un   elemento   di
 discrezionalita'  che  mal  si concilia con le esigenze di tutela dei
 valori fondamentali evidenziati dalla Corte costituzionale. Da qui la
 non manifesta infondatezza della questione.
    4.  -  Non manifestamente infondata appare la seconda questione di
 illegittimita' degli artt. 15, 16, 17, 19 e segg., 37 della legge  n.
 223/1990   per   contrasto   con  gli  artt.  3,  21,  41,  43  della
 Costituzione, sollevata sotto il profilo dell'inidoneita' del sistema
 antitrust  introdotto  dalla  legge  ad   assicurare   un   effettivo
 pluralismo.
    Giova precisare che, date le caratteristiche di mercato chiuso del
 sistema,  nel  quale  possono esercitare il diritto d'impresa solo un
 numero ristretto di imprenditori ammessi,  tramite  l'istituto  della
 concessione,   ad   utilizzare  l'etere  per  diffondere  le  proprie
 trasmissioni televisive, ed i valori giuridici che  ne  costituiscono
 il   fondamento,  i  quali  si  riallacciano  al  diritto  di  libera
 manifestazione  del  pensiero,  il  sistema  antitrust  del   settore
 radiotelevisivo   si   discosta  radicalmente  da  quello  ordinario.
 Quest'ultimo infatti e'  diretto  ad  evitare  che  un'impresa  possa
 abusare  di  una  posizione dominante e quindi incidere negativamente
 sul mercato, mentre il primo e' diretto ad assicurare che il  sistema
 televisivo    sia   improntato   al   criterio   del   pluralismo   e
 dell'imparzialita', per evitare la nascita di un oligopolio il  quale
 possa condizionare l'opinione pubblica e cosi' incidere negativamente
 sull'andamento  delle istituzioni democratiche del paese.  Sotto tale
 aspetto non sembra che  le  disposizioni  antitrust  contenute  nella
 legge n. 223/1990 siano tali da impedire la nascita di una situazione
 di oligopolio. Ed invero, l'art. 15 della legge si limita a porre una
 serie  di regole che, comunque, consentono (quarto comma) ad un unico
 soggetto di ottenere la concessione  del  25%  delle  reti  nazionali
 previste  dal  piano di assegnazione delle frequenze, fino al massimo
 di tre. A cio' si aggiunga che  nessuna  norma  impone  al  piano  di
 assegnazione delle frequenze di configurare le reti nazionali in modo
 tale  che  esse  siano  dotate di pari illuminazione.   Puo' accadere
 pertanto, come  in  effetti  e'  accaduto  col  decreto  ministeriale
 impugnato  in  questa  sede,  che  ad  un  unico soggetto siano state
 accordate, su nove reti disponibili per i privati, le tre concessioni
 aventi  maggiore  illuminazione  e  quindi   una   potenzialita'   di
 diffusione  del messaggio televisivo assolutamente superiore a quella
 di qualsiasi altra impresa  concorrente.  Senza  considerare  che  le
 norme  in  parola consentono al medesimo soggetto di partecipare, sia
 pur come socio di minoranza, ad altre  imprese  che  esercitano  reti
 televisive o altre attivita' nel campo dell'editoria.
    5. - Manifestamente infondata e' invece la terza questione, con la
 quale si denuncia l'illegittimita' degli artt. 16, 32, 34 della legge
 n.  223/1990  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  21,  41,  43 della
 Costituzione, prospettata sotto il profilo della omessa previsione di
 un punteggio ad hoc per l'anzianita'  di  esercizio  delle  emittenti
 gia'  esistenti.    Ed  invero,  la  scelta  tra le diverse soluzioni
 possibili, in difetto di una norma  o  principio  costituzionale  che
 imponga  di  preferire le emittenti di maggiore anzianita' rispetto a
 quelle di piu' recente formazione, rientra nella discrezionalita' del
 legislatore, il quale nella specie l'ha usata attribuendo, in sede di
 prima applicazione, un titolo preferenziale  per  il  rilascio  della
 concessione   a   coloro  che  avevano  esercitato  impianti  per  la
 radiodiffusione  sonora  e  televisiva  (art.  34,  terzo  comma)   a
 prescindere  dall'anzianita'  di  servizio.    Al  riguardo, potrebbe
 valere, semmai, la scelta contraria: cioe' quella di privilegiare, in
 sede di assegnazione delle concessioni  radiotelevisive,  coloro  che
 non  hanno  mai ottenuto concessioni rispetto a coloro che ne abbiano
 gia'  fruito.  Ed  invero,  nella  contrapposizione   degli   opposti
 interessi,  sembrano  maggiormente conformi al sistema costituzionale
 criteri che assicurino un maggior pluralismo,  assicurando  a  quanti
 piu'  soggetti possibile l'esercizio della liberta' di manifestazione
 del pensiero, rispetto a criteri che garantiscano la salvaguardia  di
 posizioni   giuridiche   consolidate   nell'ambito   della   liberta'
 d'iniziativa economica.
    6. - Non manifestamente infondata si dimostra la quarta  questione
 con  cui  viene  denunciata  l'illegittimita' dell'art. 3, undicesimo
 comma, della legge n. 223/1990, per contrasto con gli  artt.  3,  21,
 41,   97   della   Costituzione,   nella   parte   in   cui  consente
 all'amministrazione di pianificare le reti nazionali in maniera  tale
 da  creare  disparita'  di  trattamento tra concessionari quanto alla
 copertura del territorio e alla dislocazione degli impianti nei punti
 commercialmente piu' interessanti.
    Il dubbio di costituzionalita' della  norma  appare  evidente,  se
 solo  si  consideri  che  l'intero sistema antitrust introdotto dalla
 legge a tutela dei valori del pluralismo ed imparzialita'  s'incentra
 sul  numero  di  reti  nazionali  concedibili  al  medesimo soggetto.
 Ovviamente il numero delle  reti  in  se'  considerato  ha  un  senso
 definito  solo  se  queste  presentano  carattere  omogeneo, quanto a
 capacita'  di  diffondere  il   messaggio   televisivo   in   termini
 commerciali  e  sociali.  Diversamente  opinando, l'elemento preso in
 considerazione dalla norma non costituirebbe  un  indice  sicuro  per
 l'accertamento dell'esistenza di una posizione dominante, ben potendo
 un   concessionario   titolare,   nell'ambito   del  limite  numerico
 consentito, di alcune reti dotate di ampia copertura  godere  di  una
 posizione  di  assoluto privilegio rispetto a concessioni di reti con
 copertura deficitaria.
    7. - Manifestamente  infondata,  invece,  si  dimostra  la  quinta
 questione  con  la quale si denuncia l'illegittimita' degli artt. 2 e
 segg., 16, 19, 32, 33 ed altri della legge n. 223/1990 per  contrasto
 con  gli artt. 3, 21, 41, 43 della Costituzione, sotto il profilo che
 l'inclusione nella graduatoria delle cosi' dette pay-tv ridurrebbe lo
 spazio disponibile per la libera manifestazione del pensiero. A parte
 il fatto che la materia e' stata  disciplinata  per  la  prima  volta
 dall'art.  11  del  d.l.  n.  323/1993,  convertito  nella  legge n.
 422/1993,  che,  al  primo  comma  stabilisce  che  le   trasmissioni
 televisive   in   forma   codificata   dovranno   essere   effettuate
 esclusivamente a mezzo di  impianti  di  diffusione  via  cavo  o  da
 satellite,  non  si  comprende  come  possa incidere sul diritto alla
 libera manifestazione del pensiero  la  circostanza  che  l'emittente
 televisiva  tragga  i  proventi  necessari  per  svolgere  la propria
 attivita' da sottoscrizioni degli utenti anziche' dalla  pubblicita'.
 Vale,  semmai,  la considerazione contraria e cioe' la manifestazione
 del pensiero e' tanto  piu'  libera  quanto  piu'  e'  affrancata  da
 condizionamenti  esterni,  quale quello della pubblicita'. E' infatti
 indubbio che ogni  forma  di  autofinanziamento  o  di  finanziamento
 rimesso   alla   libera  scelta  della  sottoscrizione  degli  utenti
 costituisce  il  modo  migliore  per  assicurare   la   liberta'   di
 manifestazione  del pensiero non solo dei soggetti che partecipano in
 prima  persona  e  direttamente  all'organizzazione  delle  emittenti
 radiotelevisive,  ma  anche  di  coloro  che  con  la  sottoscrizione
 dell'abbonamento  dimostrano  di  essere  con  essi  in sintonia. Del
 resto, e' appena il caso di sottolineare che la liberta'  di  stampa,
 in  campo  giornalistico, non e' certamente menomanta dal fatto che i
 giornali anziche' essere distribuiti gratuitamente vengono  messi  in
 vendita ad un determinato prezzo.
    Per  questi  motivi  il  giudizio  deve  essere sospeso e gli atti
 trasmessi alla Corte costituzionale per l'esame  delle  questioni  di
 cui si e' detto.
                               P. Q. M.
    Dichiara  non  manifestamente  infondate  e  rilevanti ai fini del
 decidere la presente  controversia  le  questioni  di  illegittimita'
 costituzionale specificate in premessa;
    Sospende  il  giudizio e ordina alla segreteria di trasmettere gli
 atti  di  causa  alla  Corte  costituzionale  e  di   effettuare   le
 pubblicazioni, comunicazioni e notificazioni previste dalla legge.
    Cosi'  deciso  in  Roma, nella camera di consiglio del 21 dicembre
 1993.
                        Il presidente: ELEFANTE
   Il consigliere: LAMBERTI
                                        Il consigliere estensore: FERA
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