N. 42 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 maggio 1994

                                 N. 42
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria l'11 maggio 1994 (della regione Lombardia)
 Turismo e spettacolo - Riordino delle funzioni in materia di turismo,
 spettacolo  e  sport  - Istituzione del Dipartimento dello spettacolo
 presso la Presidenza del Consiglio cui vengono trasferiti  tutti  gli
 apparati  organizzativi  del  soppresso  Ministero  nel  campo  dello
 spettacolo - Attribuzioni alle regioni, in materia di spettacolo,  di
 limitate  e del tutto secondarie funzioni amministrative e previsione
 di precisazione delle stesse con un regolamento del Governo che  deve
 altresi'  stabilire  "criteri  e indirizzi" per l'esercizio di esse e
 provvedere  al  trasferimento  alle  regioni  dei   necessari   mezzi
 finanziari  "a  decorrere  dal  1$  gennaio 1995" - Attribuzione alla
 Presidenza  del  Consiglio  della  "definizione  delle  politiche  di
 settore"  nonche'  la  "predisposizione  di  atti e lo svolgimento di
 attivita' generali  necessarie  all'attuazione  degli  atti  adottati
 dalle  istituzioni  comunitarie, ivi comprese le sentenze della Corte
 di giustizia" - Riserva allo Stato della gestione dei finanziamenti a
 favore  delle  attivita'  musicali  e  teatrali  e   affidamento   al
 Presidente  del  Consiglio  del  compito  di  stabilire la misura dei
 contributi e le modalita' e i termini per la  loro  corresponsione  -
 Lamentata  lesione  della sfera di competenza regionale in materia di
 attivita' di prosa, musicali e cinematografiche nonche' in ordine  ai
 servizi,  le strutture e le attivita' pubbliche e private riguardanti
 l'organizzazione  e  lo  sviluppo  del  turismo  regionale, anche nei
 connessi aspetti ricreativi (artt. 49 e 56 del d.P.R. n. 616/1977)  -
 Violazione  del  principio  di  legalita'  che  impone sia la legge a
 disciplinare il riparto  delle  funzioni  nonche'  i  criteri  e  gli
 indirizzi per l'esercizio delle stesse.
 (D.L. 31 marzo 1994, n. 219, artt. 1, 2, 3 e 4).
 (Cost.,  artt.  117, 118, 119 e ottava disposizione transitoria e fi-
 nale).
(GU n.22 del 25-5-1994 )
   Ricorso della regione Lombardia, in persona  del  presidente  della
 giunta regionale dott. Fiorinda Ghilardotti, autorizzata con delibera
 della  giunta  regionale n. 51649 del 27 aprile 1994, rappresentata e
 difesa dagli  avv.ti  prof.  Valerio  Onida  e  Gualtiero  Rueca,  ed
 elettivamente  domiciliata  presso  quest'ultimo in Roma, largo della
 Gancia 1, come da  delega  in  calce  al  presente  atto,  contro  il
 Presidente   del   consiglio   dei   Ministri   pro-tempore   per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3  e
 4  del  d.l. 31 marzo 1994, n. 219, recante "riordino delle funzioni
 in materia di turismo, spettacolo e sport", pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 76, del 1$ aprile 1994.
    A seguito  dell'avvenuta  abrogazione  mediante  referendum  della
 legge  istitutiva  del  Ministero del turismo e dello spettacolo, una
 serie di decreti legge succedutisi nel tempo, e  finora  tutti,  meno
 l'ultimo,  decaduti  per  mancata  conversione,  ha  dettato norme in
 materia di "riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo
 e sport".
   L'ultimo, fino ad oggi, di tali decreti e' il d.l. 31 marzo  1994,
 n.  219.  Ma  gia'  sulla  base  del  penultimo  decreto  legge,  non
 convertito, e cioe' del d.l. 2 febbraio 1994, n. 80, il  Governo  ha
 proceduto  alla istituzione del dipartimento dello spettacolo, per lo
 svolgimento delle funzioni amministrative in  materia  di  spettacolo
 attribuite  dal  decreto  medesimo  alla presidenza del consiglio dei
 Ministri: cio' e' accaduto con il d.p.c.m.  12  marzo  1994,  recante
 appunto "Istituzione del Dipartimento dello spettacolo", e pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale del 31 marzo 1994, cioe' alla vigilia della
 decadenza del decreto legge n. 80, e lo stesso giorno dell'emanazione
 del successivo decreto legge n. 219. Con detto decreto si  conservano
 in  sostanza, trasferendoli presso la presidenza del Consiglio, tutti
 gli apparati organizzativi del soppresso Ministero operanti nel campo
 dello spettacolo.
    In  tal  modo  viene  a  consolidarsi   non   solo   un   apparato
 organizzativo,  ma  anche  un assetto delle competenze, che ad avviso
 della regione ricorrente non rispetta le norme costituzionali ne'  la
 volonta'  referendaria  che  ha  soppresso il Ministero del turismo e
 dello spettacolo.
    Per  questo  la  deducente  impugna,   col   presente   atto,   le
 disposizioni  lesive contenute, in materia di spettacolo, nel decreto
 legge n. 219, pur in attesa di conversione, riservandosi di impugnare
 altresi', con ricorso per conflitto di attribuzioni, il  d.p.c.m.  12
 marzo 1994.
    Mentre per quanto riguarda la materia del turismo e dell'industria
 alberghiera   il   decreto  legge  impugnato  segue  il  criterio  di
 trasferire alle regioni ordinarie tutte  le  funzioni,  ad  eccezione
 soltanto    di    quelle   che   vengono   espressamente   attribuite
 all'amministrazione centrale dalle altre  disposizioni  del  medesimo
 decreto  (art. 1, primo comma), in materia di spettacolo viceversa il
 provvedimento legislativo segue un criterio opposto: elenca, al terzo
 comma dell'art. 1, le funzioni trasferite alla regione  (identificate
 peraltro  in quattro modestissimi adempimenti amministrativi o gruppi
 di adempimenti amministrativi), mentre stabilisce che "le funzioni in
 materia di spettacolo diverse da quelle di cui al  terzo  comma  sono
 attribuite  alla  presidenza  del  consiglio  dei  Ministri" (art. 1,
 quarto comma).
    Per di piu', il quinto comma dell'art. 1 del decreto demanda ad un
 regolamento del Governo, sia pure di intesa con la Conferenza  Stato-
 Regioni, il compito di:
       a)  provvedere  alla  "precisazione  delle materie indicate nel
 terzo comma", e cioe' delle funzioni che ai  sensi  del  terzo  comma
 sono  trasferite  alla regione, nonche' alla "individuazione di altre
 funzioni di preminente carattere o interesse locale o regionale";
       b)  stabilire  "criteri  e  indirizzi  per  l'esercizio   delle
 competenze  di  cui  al  predetto  terzo  comma",  vale  a dire delle
 competenze trasferite alle regioni;
       c) provvedere al trasferimento alle regioni dei necessari mezzi
 finanziari "a decorrere dal 1$ gennaio 1995".
    Tale  disciplina  e'  per  piu'  aspetti   lesiva   dell'autonomia
 costituzionale  della regione. In primo luogo in quanto identifica in
 maniera riduttiva, e in contrasto con la  volonta'  referendaria,  le
 funzioni  attribuite  alle  regioni,  alle  quali  pure  il d.P.R. n.
 616/1977 riconosce competenze in ordine  alle  "attivita'  di  prosa,
 musicali  e  cinematografiche"  (art.  49,  terzo  comma), nonche' in
 ordine a "i servizi, le strutture e le attivita' pubbliche e  private
 riguardanti  l'organizzazione  e  lo  sviluppo del turismo regionale,
 anche nei connessi aspetti ricreativi" (art. 56).
    In secondo luogo, in quanto le stesse funzioni trasferite non sono
 adeguatamente precisate, in quanto la "precisazione" delle  stesse  e
 la  individuazione  di  "altre  funzioni  di  preminente  carattere o
 interesse locale o regionale" sono affidate  ad  un  regolamento  del
 Governo,  in  contrasto con il principio per cui e' la legge che deve
 disciplinare il riparto delle funzioni (art. 117 e VIII disp.  trans.
 e  fin.,  secondo  e  terzo  comma,  della  Costituzione),  e  con il
 principio di legalita' sostanziale.
    In terzo luogo il trasferimento dei mezzi finanziari necessari non
 segue il trasferimento delle funzioni, ma  e'  differito  al  1995  e
 affidato  ancora  una volta alla discrezionalita' del Governo in sede
 di  regolamento,  in  contrasto  con  gli  artt.  117  e  119   della
 Costituzione.
    Ancora  piu'  grave  e'  l'attribuzione al regolamento governativo
 della  potesta'  di  dettare  "criteri  e  indirizzi  generali"   per
 l'esercizio  delle  competenze  trasferite alle regioni, in contrasto
 ancora una volta con l'art. 117 della Costituzione e con il principio
 di legalita' sostanziale, nonche' con l'art. 17, primo  comma,  lett.
 b,  della  legge  n.  400/1988,  in  base ai quali solo la legge puo'
 stabilire criteri e indirizzi  vincolanti  per  le  regioni  ai  fini
 dell'esercizio delle loro competenze proprie.
    A  sua  volta l'art. 2 del decreto legge impugnato attribuisce, in
 materia di turismo e spettacolo, alla presidenza del consiglio talune
 funzioni che risultano invasive delle attribuzioni regionali.
    Cosi'  e'  per  quanto riguarda la "definizione delle politiche di
 settore" cui allude genericamente il primo comma, lett. a) (con testo
 modificato  rispetto  a  quello  del  precedente  decreto  legge   n.
 80/1994),  poiche'  la definizione delle "politiche di settore" nelle
 materie di competenza regionale spettano  alla  regione,  nel  quadro
 delle   leggi   cornice   e  degli  eventuali  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento.
    Cosi' e' pure per la "predisposizione di  atti  e  svolgimento  di
 attivita'  generali  necessarie  all'attuazione  degli  atti adottati
 dalle istituzioni comunitarie, ivi comprese le sentenze  della  Corte
 di giustizia".
    Infatti,  come  e'  noto, l'attuazione in via amministrativa, e se
 del caso anche legislativa, degli obblighi comunitari e dunque  degli
 atti  comunitari  spetta, nelle materie di competenza regionale, alle
 regioni (art. 6 del d.P.R. n.  616/1977),  e  dunque  e'  lesiva  una
 disposizione che riserva genericamente allo Stato la "predisposizione
 di  atti"  e lo "svolgimento di attivita' generali" necessarie a tale
 scopo.
    Ne' basta, ovviamente, assicurare - come promette il  terzo  comma
 del  medesimo  art.  2  del decreto legge - "una piena informazione e
 partecipazione"  mediante  la  conferenza  Stato-regioni  "in  ordine
 all'adozione  e  all'attuazione  degli  atti  delle istituzioni della
 comunita' europea". Infatti l'attuazione di detti atti,  come  si  e'
 detto,  spetta  -  nelle  materie  di  competenza, a ciascuna singola
 regione, e non allo Stato sia  pure  con  la  "partecipazione"  della
 Conferenza Stato-regioni.
    In  terzo luogo appare lesiva la riserva allo Stato non solo delle
 "funzioni di  sostegno,  promozione  e  vigilanza  dell'attivita'  di
 spettacolo  non  trasferite  alle  regioni" (che finiscono per essere
 tendenzialmente tutte, posto che i  trasferimenti  alle  regioni,  ai
 sensi  dell'art.  1,  terzo  e quinto comma, sono quasi inesistenti e
 sostanzialmente  rimessi,   illegittimamente,   ad   una   successiva
 attivita'  regolamentare);  ma  anche della "gestione del fondo unico
 per lo spettacolo".
    Tale fondo, infatti, costituisce a tutt'oggi l'unica  reale  fonte
 di  finanziamento  degli interventi di sostegno in questo campo: onde
 riservare allo Stato la gestione equivale in sostanza a conservare in
 capo agli organi statali tutti gli  interventi  e  tutti  i  relativi
 mezzi finanziari.
    Anche  l'art. 4 del decreto legge impugnato appare lesivo, laddove
 conseva  esclusivamente  in  capo  allo   Stato   la   gestione   dei
 finanziamenti  a  favore  delle  attivita'  musicali e teatrali, e la
 disponibilita' delle relative riserve, e  affida  al  Presidente  del
 consiglio  il  compito  di  stabilire  la  misura dei contributi e le
 modalita' e i termini per la loro corresponsione.
    Il vizio di violazione della riserva di legge e del  principio  di
 legalita' sostanziale, gia' denunciato a proposito degli artt. 1 e 4,
 torna  a  manifestarsi  anche  nell'art.  3  del  d.l.,  laddove  si
 attribuisce a regolamenti governativi, sia  pure  di  intesa  con  la
 conferenza   Stato-regioni,  il  compito  di  riordinare  gli  organi
 consultivi costituiti presso il soppresso  Ministero  del  turismo  e
 dello  spettacolo  e gli enti operanti nel settore dello spettacolo e
 del turismo, prima sottoposti alla vigilanza del soppresso Ministero.
    Si  prevede bensi' che il riordino degli enti debba ispirarsi, fra
 l'altro, "alle istanze della regionalizzazione" (terzo  comma,  lett.
 b,   e   lett.   d   per   quanto   riguarda   l'Enit):  ma  di  tale
 "regionalizzazione" non si traccia alcun  lineamento,  in  definitiva
 rimettendo  alla  discrezionalita' del Governo la identificazione del
 ruolo e dei compiti delle regioni.
                               P. Q. M.
    La regione ricorrente chiede che la  Corte  voglia  dichiarare  la
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  terzo, quarto e quinto
 comma, dell'art. 2, primo e terzo comma, dell'art. 3 e del  d.l.  31
 marzo 1994, n. 219, meglio indicato in epigrafe, per violazione degli
 artt.  117, 118, 119 e VIII delle disponibilita' transitorie e finali
 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 6, 49  e  56  del
 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
      Roma, addi' 29 aprile 1994
                        Avv. ONIDA - Avv. RUECA

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