N. 332 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 aprile 1994
N. 332 Ordinanza emessa il 20 aprile 1994 dal commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo nel procedimento civile vertente tra comune di L'Aquila e S.n.c. Elodia Usi civici - Commissario degli usi civici - Organo giurisdizionale - Potere di promuovere ex officio controversie per le quali sia competente a giudicare - Esclusione da parte della giurisprudenza della Corte di cassazione - Incidenza sul principio di uguaglianza nonche' sui principi della tutela del paesaggio, del diritto di difesa in giudizio e dell'autonomia ed indipendenza della magistratura - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 395/1992 e 133/1993 di inammissibilita' di questioni analoghe ritenute superabili dal giudice rimettente. (Legge 16 giugno 1927, n. 1766, art. 29). (Cost., artt. 3, 9, 24, 104 e 108).(GU n.25 del 15-6-1994 )
IL COMMISSARIO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa demaniale iscritta al n. 76 del registro generale contezioso civile dell'anno 1992 vertente tra il comune di L'Aquila in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Egidio D'Angelo e dal dott. proc. Paola Giuliani dell'avvocatura civica come da mandato a margine della copia notificata dell'atto introduttivo di lite e Elodia S.n.c. in persona dell'amministratore e legale rappresentante Antonello Moscardi con sede in Camarda di L'Aquila, strada statale 17- bis del Gran Sasso, elettivamente domiciliato in L'Aquila, corso Federico II n. 3 presso e nello studio dell'avv. Fabrizio Marinelli e della dott. proc. Maria Cristina Cervale, dai quali e' rappresentato e difeso come da mandato a margine della comparsa di costituzione. Oggetto: occupazione abusiva di terreni di presunta natura demaniale da uso civico. Conclusioni delle parti: l'avv. D'Angelo per il comune chiede che, previa nomina di un C.T.U. che accerti la situazione generale dello stato dei luoghi, il commissario voglia disporre la reintegra del fondo di cui al foglio 70, partt. 544, al demanio di uso civico. L'avv. Marinelli chiede pronunciarsi il difetto di giurisdizione, in conformita' alla sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite n. 859/1994, non essendo stata l'azione proposta dall'ente regione Abruzzo. Svolgimento del processo Con ricorso pervenuto il 20 luglio 1992 ed assunto al protocollo con il n. 1062/g i consiglieri della circoscrizione di Camarda di L'Aquila Giacinto Alfonsi e Silvano Pulsoni, nel far presente che Elodia Di Giacobbe aveva recintato i fondi censiti nel nuovo catasto rustico di quella frazione con il foglio 70 partt. 545 e 546, di presunta natura demaniale civica, per adibirli a pertinenze del costruendo complesso ricettivo alberghiero, chiedevano a questo commissario di accertare l'effettiva natura di tali beni ed all'esito di adottare i consueti provvedimenti. Dagli atti demaniali custoditi nella conservatoria del commissariato, liberamente consultabili da chiunque ne avesse avuto interesse e, quindi, anche dalla Di Giacobbe, in particolare dalla relazione storico-giuridica sui beni collettivi della suddetta frazione redatta dall'avv. Anacleto Marinelli nel 1933 e dal progetto di verifica e sistemazione dei demani della stessa frazione redatto dal dott. ing. Gaetano Lorito nel 1937 emergeva che entrambi i fondi erano stati classificati di natura demaniale civica, in libero possesso della collettivita' dei naturali del luogo, proprietaria dei beni medesimi e titolare dei diritti di usi civici. Tanto premesso, poiche' non risultava concessa autorizzazione alcuna ai sensi dell'art. 12 della legge 16 giugno 1927, n. 1766; 39 e 41 regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332 e 6 della legge regione Abruzzo n. 25/1988, di talche' Elodia Di Giacobbe doveva essere considerata un'abusiva occupatrice dei due predii ed il suo comportamento denota una contestazione implicita della rilevata qualitas soli, il giudicante ordinava in via cautelare e d'urgenza alla Di Giacobbe di sospendere immediatamente, ai sensi dell'art. 74 reg. anzidetto ogni e qualsiasi lavoro ed attivita' su tali fondi al fine di preservare lo stato dei luoghi in funzione della loro destinazione civica che sarebbe rimasta irreparabilmente danneggiata dalla loro prosecuzione e, visti gli artt. 29, 30 e 31 della legge citata, ordinava la comparizione innanzi a se' del comune di L'Aquila in persona del sindaco in carica, dei ricorrenti Giacinto Alfonsi e Silvano Pulsoni e di Elodia Di Giacobbe, ad oggetto di sentir dichiarare la natura demaniale civica universale dei due fondi come sopra descritti; con tutte le conseguenti statuizioni in caso di accertata loro natura demaniale civica. All'udienza prefissata le parti regolarmente costituite sviluppavano i loro assunti difensivi: il procuratore di Elodia Di Giacobbe, nel rilevare preliminarmente come alla suddetta fosse succeduta la Elodia S.n.c. in persona dell'amministratore e legale rappresentante Antonello Moscardi, con sede in Camarda di L'Aquila, deduceva di non aver mai occupato il fondo distinto con la part. 545 del foglio 70 e che l'altro distinto con la part. 546 dello stesso foglio 70 gli era stato concesso in uso perche' fosse adibito a parcheggio, dal Comune di L'Aquila, con deliberazione n. 171 del 4 ottobre 1991; aggiungeva di aver, comunque, rimosso la recinzione apposta su tale fondo e si riservava di concludere all'esito dell'istruttoria. Il procuratore del comune, invece, nel confermare la avvenuta rimozione della recinzione in seguito alla ordinanza sindacale di demolizione e la non occupazione del predio di cui alla part. 545 del foglio 70, chiedeva che fosse accertata la situazione generale dello stato dei luoghi, particolarmente in ordine al fondo distinto con la part. 544 del foglio 70 che Elodia Di Giacobbe aveva acquistato da terzi e ceduto al comune con atto d'obbligo, quale oneri di urbanizzazione. Siffatto terreno era stato classificato di natura demaniale civica dal perito dott. ing. Lorito nell'anzidetto suo progetto, per cui lo stesso procuratore insisteva perche' ne fosse accertata con una consulenza tecnica, la natura ed all'esito ne fosse disposta la reintegra allo stesso ente territoriale, salve le altre azioni spettanti al medesimo per la tutela dei diritti urbanistici violati. Il commissario, ritenutane la necessita', ai fini di una migliore e piu' completa istruzione della causa, disponeva consulenza tecnica per accertare la qualitas soli non solo dei terreni oggetto del ricorso e della richiesta del comune, ma anche di tutti quelli nella disponibilita' della societa' Elodia. Depositata la relazione peritale, con la quale il C.T.U. geom. Antonio Molinari ha concluso che i fondi di cui alle partt. 544, 545 e 546 del foglio 70 sono da considerare tutti di natura demaniale di uso civico in esito alle indagini di natura storico-documentale da lui espletate e, quindi, anche il fondo censito con la partt. 544, ceduta da Elodia al comune di L'Aquila in pagamento degli oneri di urbanizzazione, di talche' il comune avrebbe ricevuto un fondo che appartenendo al suo demanio civico e' res extra commercio e non puo' quindi formare oggetto di atti di disposizione se non nei modi della legge n. 1766/1927, la causa e' stata riservata per la sentenza. Motivi della decisione Il procuratore della convenuta societa' ha eccepito in linea preliminare ed assorbente il difetto di giurisidizione dell'adito commissario giacche' nel caso di specie contrariamente alla sentenza interpretativa della Corte di cassazione n. 859/1994 l'azione non e' stata proposta dall'ente regione Abruzzo, ma da consiglieri della circoscrizione, che non sarebbero legittimati ad agire. Com'e' noto la Corte suprema con diverse pronucie emesse nel corrente anno, rinnegando la propria quasi bicentenaria giurisprudenza che riconosceva il potere dei commissari per gli usi civici di procedere anche d'ufficio nelle controversie rientranti nella loro giurisdizione, ha con un improvviso ed inopinato revirement, disconosciuto tale potere, nonostante che la Corte costituzionale per ben tre volte, con l'ordinanza 9 novembre 1992, n. 425, e con le sentenze 19 ottobre 1992, n. 395, e 1$ aprile 1993, n. 133, avesse dichiarato inammissibile la questione di sospetta incostituzionalita' dello art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, nella parte in cui prevede che i commissari possono promuovere anche di ufficio le controversie di loro competenza. Poiche' la Corte costituzionale non ha deciso nel merito la questione di illegittimita' costituzionale sottoposta al suo esame, ritiene il giudicante - cosi' come del resto ha fatto la Corte suprema con la richiamata pronuncia - che essa debba essere di nuovo sottoposta al suo esame, giacche' se l'art. 29 anzidetto dovesse essere interpretato nel senso voluto dalle sezioni unite, esso violerebbe certamente il principio della ragionevolezza sancito dall'art. 3 della Costituzione, quello del diritto alla difesa garantito dal successivo art. 24, quello dell'autonomia ed indipendenza della Magistratura sancito dagli artt. 104 e 108 della Costituzione, nonche' l'altro della tutela dei beni paesaggistici previsto dall'art. 9 della Costituzione. Non v'e' dubbio che la questione sia rilevante perche' se dovesse ritenersi costituzionale siffatta interpretazione, il commissario dovrebbe dichiarare il proprio difetto di giurisdizione a decidere l'insorta controversia, con la conseguenza che non si potrebbe piu' accertare la natura demaniale civica o allodiale dei fondi in questione. Considerato, poi, la pluralita' di decisioni emesse sulla materia dalle sezioni unite, devesi prevedere che l'interpretazione anzidetta perduri nel tempo per molti anni. Le sezioni unite, invero, a fondamento del loro assunto secondo cui il commissario non sarebbe piu' legittimato ad intraprendere d'ufficio le controversie giudiziarie, sostengono che tale potere era di natura esclusivamente incidentale perche' gli derivava dall'esercizio delle funzioni amministrative. Una volta, pero', trasferite queste ultime alle regioni in forza dell'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977, egli avrebbe perduto l'impulso ufficioso che spetta, pertanto, unicamente alle regioni, essendo venuto meno l'art. 29, primo comma, della legge anzidetta, nel quale esso era previsto, e non trovando piu' alcun fondamento nel testo legislativo, giacche' in questo non si rinverrebbero disposizioni che gli conferiscano in modo espresso un autonomo potere di iniziativa ufficiosa o dalle quali il medesimo sia indirettamente deducibile. Ora, premesso che il commissario ha conservato pur dopo l'entrata in vigore del cennato decreto presidenziale, la funzione amministrativa della legittimazione dei possessi abusivi delle terre, demaniali, legittimazione che rientra nei poteri discrezionali del commissario perche' questi, pur ricorrendo i prescritti requisiti, puo' anche negarla per considerazioni di carattere generale inerenti alle esigenze della collettivita' dei naturali del luogo, titolare dei diritti di usi civici e proprietaria dei terreni demaniali dai medesimi gravati; per cui rispetto a siffatto beneficio gli interessati possono vantare solo una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, si rileva che se fosse esatto - il che' pero' non sembra - il ragionamento della Cassazione, dovrebbe allora dirsi che avendo la legge 31 gennaio 1994, n. 97, quasi coeva alla suddetta pronuncia, restituito le funzioni amministrative ai commissari, poiche' ha ad essi affidato, con l'art. 12, terzo comma, il compito di determinare il diritto ai compensi eventualmente spettanti ai fruitori dei diritti civici sui beni di natura demaniale civica, espropriati dalle comunita' montane per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilita' per le quali sia stata ottenuta l'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge n. 1497/39 e quella del Ministero dell'ambiente, e' venuto meno il presupposto sul quale la sentenza si basava per considerare estinto il suddetto potere, con la conseguenza che questo essendo stato espressamente ripristinato, non ha piu' motivo di esistere l'anzidetta interpretazione, anche perche' il disposto dell'art. 12, riconosce implicitamente che la cura dei diritti di usi civici e dei demani civici deve essere attribuita ai commissari con tutte le conseguenti facolta' e non alle regioni come pretende la ripetuta pronuncia. Alle stesse conclusioni si perviene ove volesse ritenersi che la determinazione dei compensi comporti un'attivita' giurisdizionale, giacche', in tal caso, si deve rinvenire nella norma il riconoscimento di un esplicito impulso ufficioso commissariale, avendo il legislatore previsto che i commissari "determinano" il diritto di cui sopra, il che' vuol dire che tale determinazione puo' avvenire sia a richiesta di parte, che d'ufficio. Ma, il giudicante, fonda i suindicati rilievi di illegittimita' costituzionale anche sulle seguenti ulteriori ragioni, nella considerazione che dato il susseguirsi degli eventi e visto che per ben tre volte la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita' costituzionale del suddetto art. 29, la Corte di cassazione abbia voluto di fatto sostituirsi alla prima, conseguendo lo stesso risultato con una semplice operazione interpretativa. Invero a norma dell'art. 2907 del codice civile, alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorita' giudiziaria - nella quale e' compreso anche il commissario agli usi civici che e' un magistrato di grado non inferiore a quello di consigliere della corte di appello - su domanda di parte (cfr. c.p.c. art. 99 principio della domanda) e quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero (artt. 67, 85, 102, 117, 119, 125, 308, 336, 417, 418 e 848 del codice civile e 69 del c.p.c.) o d'ufficio, per cui non e' irragionevole che la legge n. 1766/1927 attribuisca al commissario l'iniziativa ufficiosa nei procedimenti giurisdizionali, di sua competenza. Infatti anche altre leggi la prevedono, quali gli artt. 6, 8 e 147, secondo comma, e 145, settimo comma, della legge fallimentare che attribuiscono anche al giudice il potere di dichiarare d'ufficio il fallimento (o l'insolvenza); l'art. 336, ultimo comma, del codice civile secondo cui in caso di urgente necessita' il tribunale puo' adottare anche d'ufficio provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio; l'art. 8 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che attribuisce al tribunale per i minorenni il potere di dichiarare d'ufficio lo stato di adottabilita' del minore che si trovi in stato di abbandono e quelle relative al tribunale superiore delle acque pubbliche. Se il potere di agire del commissario si inquadra nella descritta piu' ampia prospettiva, allora diviene del tutto ragionevole che il legislatore, come ha previsto l'impulso ufficioso a tutela dell'interesse all'eliminazione dell'impresa insolvente dal mercato o dell'interesse dei minori, cosi' ha previsto un analogo potere a tutela dei beni collettivi e degli interessi collettivi alla conservazione dei diritti di usi civici. Se, quindi, anche nel processo civile e' ammesso l'impulso ufficioso, a maggior ragione si deve ammeterlo nel procedimento contenzioso demaniale nel quale vi sono determinati e preminenti interessi pubblici da tutelare, come del resto ha sempre ritenuto la Corte di cassazione fino al 1992 (cfr. sent. n. 1024/92) stabilendo che l'iniziativa ufficiosa e' rinvenuta nell'espressa lettera della legge e nella sua pacifica ultrasecolare interpretazione, scopo della legge n. 1766/1927 essendo quello di rendere possibile l'esercizio, anche di ufficio, della duplice sua funzione amministrativa (caducata con il d.P.R. n. 616/1977) e contenziosa. Irragionevole sembra, invece, la motivazione delle sentenze con le quali le sezioni unite hanno inopinatamente escluso la permanenza in capo al commissario della iniziativa ufficiosa, nel senso che questa sarebbe meramente incidentale siccome derivante esclusivamente dalle funzioni amministrative sottrattegli oltre 17 anni prima dal d.P.R. n. 616/1977. In realta' la motivazione e' la copia della nota di commento apparsa su una nota rivista giuridica, alla sentenza 19 ottobre 1992, n. 395, ed all'ordinanza 9 novembre 1992, n. 425, della Corte costituzionale, le cui argomentazioni appaiono del tutto errate, perche' trascurano la giurisdizione esercitata in via principale dal commissario. Infatti a lui sono devolute ai sensi dell'art. 29 della legge n. 1766/1927 oltre a quella cui ha accennato la Cassazione, anche tutte le controversie circa l'esistenza, la natura, l'estensione dei diritti di usi civici, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualita' demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, ancorche' l'esistenza del diritto di usi civici, invece di formare oggetto di una richiesta di accertamento in via principale, sia dedotta in via di eccezione e la soluzione sia destinata a spiegare, per volonta' stessa della legge, efficacia oltre il processo, vale a dire efficacia di cosa giudicata in senso sostanziale. Pertanto la giurisdizione commissariale non e' affatto limitata solo ai giudizi di opposizione alle operazioni demaniali (che sono quelli che danno luogo alla giurisdizione incidentale) promosse dagli interessati o d'ufficio dal commissario, al fine di eliminare preventivamente i motivi di contrasto. Queste azioni sono, anzi, enormemente diminuite in correlazione con lo scarso numero delle verifiche effettuate in sede amministrativa. Le azioni di gran lunga prevalenti, invece, sono quelle attivate prima o, comunque, indipendentemente dal procedimento amministrativo al fine di accertare la qualitas soli, contestata con l'abusiva occupazione del bene di presunta natura demaniale civica, e dispone la reintegra all'ente territoriale di interesse, e, quindi, di dare certezza ai rapporti giuridici, nella materia degli usi civici. La giurisdizione commissariale si esplica, quindi, in via preventiva, per accertare o escludere l'esistenza della demanialita', per rivendicare un bene posseduto da altri, per decidere sulle domande di reintegra prima o in pendenza dell'istruttoria formale condotta dalla regione, per sciogliere le promiscuita' demaniali civiche tra comuni, per la configurazione dei corpi demaniali civici di pertinenza di due o piu' comuni, ma tutto cio' e' stato inspiegabilmente ignorato dalla Cassazione. L'impulso ufficioso ha la sua fonte genetica, inoltre, anche nell'art. 74 regolamento approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, per l'esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, prevedendosi in esso che nei casi di urgenza i provvedimenti conservativi siano disposti dal commissario anche senza citazione di parte e, quindi, senza istanza di parte, e che il reclamo non ha effetto sospensivo. Tali provvedimenti, rientrano nella sua sfera giurisdizionale, sia per l'autorizzazione che per la loro convalida. Altra fonte e' quella dell'art. 75 stesso r.d. La sentenza della Cassazione, invece, fa riferimento, come si e' detto, soltanto all'art. 29 piu' volte ripetuto e solo alla giurisdizione incidentale, ignorando da un lato gli altri profili di giurisdizione di sopra elencati e dall'altro incorrendo in affermazioni che sembrano non esatte, quale quella secondo cui si riferirebbe soltanto ai procedimenti amministrativi il disposto dell'art. 75, secondo comma, regolamento anzidetto, che prevede la nomina della speciale rappresentanza degli utenti dei diritti civici qualora nei procedimenti promossi dalle parti o da "promuoversi d'ufficio" esista conflitto di interessi tra il comune ed i comunisti, contestandosi dal comune la qualita' demaniale del suolo o, comunque, l'esistenza degli usi civici - Non si nega che l'ipotesi anzidetta possa verificarsi anche nell'ambito dei procedimenti amministrativi attinenti ai beni demaniali civici, riguardando l'integrita' del contraddittorio, ma il principio ha carattere generale ed e' quindi applicabile soprattutto nei procedimenti contenziosi, come hanno stabilito, con giurisprudenza costante e consolidata e mai revocata, sia la stessa cassazione che la corte di appello di Roma, sezione speciale per gli usi civici, la quale ultima ritenendo che abbia rilevanza anche la mera possibilita' di un conflitto virtuale di interessi, oltre ovviamente a quello reale, come preteso, invece, dalla Cassazione, ha annullato diverse sentenze emesse dal giudicante in materia di reintegra di demani civici, per difetto di integrita' originaria di contraddittorio, restituendo le cause a questo commissario perche' evocasse in giudizio la speciale rappresentanza della collettivita' dei naturali del luogo e ricominciasse il giudizio dall'inizio, cosi' ravvisando anche nel procedimento contenzioso demaniale la figura del litisconsorzio necessario. Il tenore letterale dell'art. 75 anzidetto inserito nel titolo terzo del regolamento approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, sotto la rubrica "giurisdizione e procedura" chiaramente si riferisce "ai procedimenti promossi dalle parti o da promuoversi d'ufficio", senza distinguere tra procedimenti amministrativi e giurisdizionali - La stessa Corte costituzionale, del resto, ha riconosciuto nella causa demaniale comune di Pizzoferrato contro Societa' Valle del Sole e Delbergh Costruzioni che la sentenza commissariale era stata annullata per difetto di integrita' originaria di contraddittorio, non essendo stata convenuta in giudizio come litis consorte necessario la speciale rappresentanza degli utenti dei diritti di civici, stante il conflitto di interessi tra la collettivita' degli utenti e l'anzidetto ente territoriale. In definitiva il principio di cui al suddetto art. 75 ha il suo omologo nell'art. 78 del cod. proc. civile che prevede, appunto, il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato e le relative conseguenze. Come pure e' errato ritenere che il quarto comma dell'art. 29 secondo cui "i commissari cureranno la completa esecuzione delle proprie decisioni e di quelle anteriori ma non ancora eseguite" comporti lo svolgimento di attivita' amministrativa. Invece le attribuzioni giurisprudenziali del commissario agli usi civici si estendono, secondo la previsione del suddetto art. 29 e dell'art. 77 r.d. anzidetto, anche alle controvesie attinenti alla concreta attuazione delle sentenze del commissario medesimo, ivi compresa, pertanto, l'opposizione avverso l'esecuzione che sia stata intrapresa per l'immissione nel possesso di un terreno, in ordine all'identificazione dei confini di esso, o per altro motivo. Pertanto il commissario e' anche giudice dell'esecuzione delle proprie decisioni, al pari del pretore e del tribunale per le cause di loro competenza. Sul punto la stessa Cassazione, con la sentenza n. 2858/92 poco piu' di un anno anteriore a quella in questione, ha stabilito che il gia' avvenuto accertamento della demanialita' del bene ad opera di decisione del commissario agli usi civici, non esclude la di lui competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie concernenti il possesso del detto bene, la sua rivendicazione ed il rilascio da parte dell'occupante, ovvero relative all'esecuzione di precedenti sentenze commissariali. Le sezioni unite non spiegano le ragioni per le quali detta competenza giurisdizionale sia diventata all'improvviso amministrativa. Significativo e' anche il disposto dell'art. 76 stesso reg. secondo cui "tutte le azioni che intendonsi esercitare davanti al commissario, quindi non solo le azioni delle regioni, debbono essere proposte con ricorso motivato a lui diretto, in piedi al quale egli con decreto stabilira' il giorno per la comparizione delle parti; assegnando il termine che riterra' opportuno per la notifica agli interessati". Trattasi di nota procedurale del contenzioso demaniale che riguarda le attribuzioni giurisdizionali del commissario e non certamente quelle amministrative - Ne' e' esatto, come sostiene la sentenza della Cassazione, che la chiamata in giudizio da parte del commissario dei legali rappresentanti del comune, della frazione o dell'associazione si riferisca a cause gia' iniziate, potendo, invece, riferirsi come accade nella pratica, anche a quelle da iniziarsi, previste nel richiamato art. 76 e dall'art. 29 legge anzicitata. In realta' quest'ultimo deriva dall'art. 27 del r.d. 27 maggio 1924, n. 751, sul riordinamento degli usi civici nel regno, che espressamente prevedeva come "i commissari procederanno non solo su istanza degli interessati, ma anche d'ufficio, all'accertamento, alla valutazione ed all'affrancazione dei diritti di cui all'art. 1, allo scioglimento delle promiscuita' ed alla reintegra e ripartizione delle terre". Tale articolo corrisponde a quello n. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, che ha convertito in legge il suddetto R. decreto-legge ed ha mantenuto inalterato, se pure ampliato, il suo contenuto, nel senso che al primo comma si e' stabilito il potere dei commissari di procedere, su istanza degli interessati o anche d'ufficio, all'accertamento delle materie ivi indicate; con il secondo comma, poi, si e' stabilito che i commissari decideranno tutte le controversie sull'esistenza, natura, e l'estensione dei diritti civici, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualita' demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonche' tutte le quiestioni cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate. Ora e' evidente che le controversie devolute al commissario, per l'intima connessione tra i due comuni, sono quelle sorte a seguito di istanza degli interessati, o anche d'ufficio, e non puo' essere diversamente, dato il chiaro tenore del primo comma, sicche' il trasferimento delle funzioni amministrative commissariali alle regioni e' irrilevante per quanto riguarda la suscettibilita' dello impulso ufficioso del commissario, considerato anche che il diritto potestativo all'azione non puo' essere qualificato come esercizio di attivita' amministrativa. La sentenza in esame, invece, considera i primi due comuni nettamente separati come se fossero due articoli e arriva al punto di parlare di espunzione del primo comma, espunzione che non rientra di certo nei compiti interpretativi del supremo Collegio ma se mai del legislatore. Per altro l'interpretazione data al suddetto art. 29, ha comportato la soppressione del diritto spettante agli utenti dei diritti civici di ricorrere al commissario per la tutela dei loro diritti e dei demani da questi gravati dei quali sono titolari, ossia del diritto di azione, del quale sono stati privati anche tutti gli enti privati e pubblici, nonche' quelli preposti alla salvaguardia dei parchi che, tra i compiti istituzionali, hanno anche quello di tutelare i beni ambientali nei quali sono ricompresi i demani civici, cosicche' attualmente dovrebbe esistere la sola facolta' di riferire il fatto lesivo alle regioni, le quali non essendo obbligate a provocare l'intervento del commissario, decideranno a loro piacimento se agire o meno. In definitiva nessuna possibilita' di difesa hanno i naturali della collettivita', proprietaria dei demani civici, per impedire che questi siano abusivamente occupati da enti e privati o siano alienati dai comuni in ispreto alle norme inderogabili di cui alla legge e regolamento piu' volte menzionati. Cio' e' tanto piu' grave ove si consideri la tutela possessoria con le azioni di spoglio e manutenzione prevista dall'art. 30 legge suddetta, della quale resterebbero privi cittadini ed enti, richiedendo il giudizio possessorio rapidita' di intervento del commissario e di decisione della causa. Tutti - compreso il commissario - dovrebbero assistere passivi ed impotenti all'olocausto dei beni civici e dei diritti civici, non essendo ammesso secondo l'opinione delle sezioni unite alcun intervento in via giurisdizionale dinanzi al commissario, ad eccezione di quello eventuale delle regioni, ne' potendo il commissario iniziare il procedimento contenzioso d'ufficio, cosicche' date le caratteristiche delle costruzioni in cemento armato, per non parlare di altro, non e' escluso che i territori dei parchi nazionali e regionali, delle riserve naturali, delle oasi protette e simili, siano presto cementificati, in particolare quelle localita' di suggestiva e meravigliosa bellezza che presto scomparirebbero a beneficio della speculazione e della logica di mercato. E' chiara la violazione dell'art. 24 della Costituzione, giacche' il diritto del singolo di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi e' oggetto di una specifica garanzia costituzionale (art. 24 della Costituzione) e, quindi, non puo' essere soppresso o limitato nei confronti di nessuno e per nessuna ragione. Parimenti costituisce diritto inviolabile dei cittadini la possibilita' di difendersi in giudizio (art. 24, secondo comma, della Costituzione) dalle aggressioni al demanio civico o ai diritti civici. L'interpretazione delle sezioni unite e' irragionevole anche perche' crea una disparita' di trattamento tra i cittadini che agiscono per la tutela dei propri diritti ai sensi dell'art. 99 del c.p.c. per i quali e' prevista la facolta' di rivolgersi direttamente al giudice, ed i cittadini che agiscono per la tutela degli usi civici e delle terre demaniali civiche che non possono invece piu' vantare alcun diritto su di essi essendo stato loro vietato dalle sezioni unite di rivolgersi al commissario. Infine la sentenza de qua e' sospetta di illegittimita' costituzionale anche in riferimento agli artt. 104 e 108 della Carta costituzionale perche' menoma i principi di autonomia e di indipendenza del magistrato, aventi valore universale costituzionalmente garantito, giacche' avendo stabilito che il commissario puo' esercitare la sua giurisdizione solo su richiesta delle regioni, fa praticamente dipendere tale esercizio dall'arbitrio del potere politico - che potrebbe in teoria astenersi da qualsiasi iniziativa, non avendone alcun obbligo - verso il quale, pertanto, il magistrato degli usi civici verrebbe a trovarsi in posizione di sudditanza. La stessa situazione si verificherebbe se dovesse abolirsi, con sentenza interpretativa, il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, cui corrisponde nel processo contenzioso dinanzi al commissario l'azione demaniale, con la conseguente sottoposizione del pubblico ministero alle dipendenze del Ministero della giustizia. Infatti con la legge ed il regolamento piu' volte menzionati si e' dato alla materia degli usi civici un carattere di quasi affinita' alla materia penale, dato il rilevante interesse pubblico dal quale esse sono permeate. Sussiste, da ultimo, la violazione del principio di cui all'art. 9, secondo comma, della Costituzione, secondo cui la Repubblica tutela il paesaggio, giacche' con la suddetta interpretazione dell'art. 29, non sarebbe piu' possibile al commissario intervenire concretamente per la difesa della integrita' dei beni civici, definiti dalla stessa Corte costituzionale beni ambientali e, quindi, paesaggistici. Tutte tali argomentazioni convincono della non manifesta infondatezza delle dedotte questioni di costituzionalita' per cui il presente giudizio va sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953 e gli atti rimessi allo esame della Corte costituzionale, affinche' si pronunci nel merito.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come modificata dalla legge 18 marzo 1958, n. 265, dichiara d'ufficio rilevante e non manifestatamente infondata, ai fini del decidere, le questioni di legittimita' costituzionale come sopra prospettate in ordine all'art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, come interpretato dalla Corte di cassazione con sentenza 28 gennaio 1994, n. 858, in relazione agli artt. 3, 9, 24, 104 e 108 della Costituzione nei termini precisati in motivazione; Sospende ogni pronuncia sulla presente controversia; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in L'Aquila il 20 aprile 1994 Il commissario regionale: DE ALOYSIO 94C0631