N. 339 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 1994
N. 339 Ordinanza emessa il 22 febbraio 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Tolmezzo nel procedimento penale a carico di Pellegrini Afri Giovanni Processo penale - Notitia criminis - Iscrizione nel relativo registro - Obbligo immediato - Sanzioni - Omessa previsione - Lamentata disparita' di trattamento - Violazione del diritto di svolgimento del processo in tempi ragionevoli e del principio di obbligatorieta' dell'azione penale. (C.P.P. 1988, art. 335). (Cost., artt. 3, 76 e 112, in relazione alla legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, ed alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali 4 novembre 1950, recepita con legge 4 agosto 1955, n. 848).(GU n.25 del 15-6-1994 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Sciogliendo la riserva assunta all'udienza preliminare del 21 febbraio 1994 nel procedimento penale n. 213/93 g.i.p. nei confronti di Pellegrini Afri Giovanni, n. Osoppo 24 giugno 1936, res. A. Daniele del Friuli, imputato: del delitto p. e p. dell'art. 216, primo comma, n. 1), in relazione all'art. 223 della legge finanziaria (r.d. 16 marzo 1942, n. 267) perche', quale amministratore unico della S.r.l. Ca' Mocenigo con sede in Osoppo, dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Tolmezzo del 7 dicembre 1984, distraeva la somma di complessive lire novanta milioni riscossa a titolo di caparra in relazione ad un preliminare di vendita immobiliare, stipulato da detta societa' con De Marchi Tonino e Gardan Giovanni; Rilevato che la difesa dell'imputato ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 335 del c.p.p. in relazione agli artt. 3, 76 e 112 della Costituzione nella parte in cui non prevede, qualora il pubblico ministero non iscriva immediatamente la notizia di reato, che sia comunque applicabile la disciplina degli artt. 406 e 407 del c.p.p. dell'inutilizzabilita' degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine da computarsi, questo ultimo, dalla data di ricezione della notizia di reato e non dell'iscrizione nel relativo registro; Ha pronunziato la seguente ordinanza; F A T T O 1) In data 7 dicembre 1984 il giudice del tribunale di Tolmezzo trasmetteva alla procura della Repubblica estratto della sentenza dichiarativa di fallimento della Ca' Mocenigo S.r.l. di cui Pellegrini Afri Giovanni era amministratore unico. 2) Il procedimento era definito in data 5 novembre 1985 con decreto del giudice Istruttore di non doversi promuovere l'azione penale perche' non erano emerse ipotesi di reato. 3) In data 9 dicembre 1985 il giudice delegato del tribunale di Tolmezzo trasmetteva alla Procura della Repubblica una relazione integrativa predisposta dal curatore del fallimento Ca' Mocenigo. 4) Sulla scorta della seconda relazione il procuratore della Repubblica in data 20 febbraio 1986 chiedeva al giudice istruttore di revocare il decreto di impromovibilita' dell'azione penale e di procedere con il rito formale contro Pellegrini Afri Giovanni. 5) In data 20 aprile 1990 il giudice istruttore trasmetteva il fascicolo al procuratore della Repubblica in quanto non ricorreva alcuna delle ipotesi previste dall'art. 242 d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, perche' il procedimento proseguisse con le norme anteriormente vigenti. 6) Il pubblico ministero iscriveva la notizia di reato a nome di Pellegrini Afri Giovanni l'8 settembre 1992; successivamente effettuava atti di indagine consistenti in acquisizioni documentali, esperimento di una consulenza tecnica e, dopo avere richiesto ed ottenuto in data 15 marzo 1993 una proroga del termine di scadenza delle indagini preliminari, in data 7 maggio 1993 chiedeva il rinvio a giudizio dell'imputato. 7) All'udienza preliminare il difensore dell'imputato sollevava la questione d'incostituzionalita' di cui alle premesse. D I R I T T O 1. - Sulla non manifesta infondatezza. Questo giudice ritiene che, nei termini in cui e' stata posta, la questione non sia manifestamente infondata per i seguenti motivi: A) Violoazione dell'art. 3 della Costituzione: con l'obbligo di iscrizione immediata della notizia di reato, la predisposizione di un termine per l'espletamento delle indagini al fine della decisione sul rinvio a giudizio o la richiesta di archiviazione, la previsione della inutilizzabilita' degli atti di cui all'art. 407, terzo comma, il legislatore ha voluto creare un sistema in cui la posizione giuridica di indagato ha una precisa delimitazione temporale. Quanto sopra al fine di dare ad ogni individuo la certezza che l'eventuale stato di sottoposizione al potere indagatorio degli uffici del p.m. in attesa di una determinazione circa l'esercizio dell'azione penale ha dei confini temporali ben delimitati. Tale certezza puo' di fatto essere vanificata dal comportamento del p.m. che, come nel caso di specie, ha iscritto la notizia di reato a distanza di tempo notevole dal momento di ricevimento della medesima. Il Pellegrini si e' trovato nella posizione di indagato in un momento temporale in cui avrebbe invece avuto diritto a vedere la sua posizione gia' definita o con una archiviazione oppure con l'assunzione della qualita' di imputato con il rinvio a giudizio. Cio' e' stato reso possibile perche' l'art. 335 del c.p.p. seppure preveda l'obbligo di immediata iscrizione della notizia di reato, non pone alcuna sanzione processuale a salvaguardia della sua osservanza. Per evidenziare piu' compiutamente la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della suddetta disciplina si potrebe pensare al caso della persona che sia a conoscenza di essere stata denunciata (ad es. per essere stata identificata dalla polizia giudiziaria) e che non abbia piu' avuto in seguito alcuna notizia in merito alla inoltrata denuncia. Pur a distanza di anni la persona in questione non potrebbe avere la certezza che sul suo conto non sono tuttora in corso indagini in merito ai fatti oggetto della denunzia in quanto il pubblico ministero potrebbe avere iscritto la notizia di reato a distanza di anni dal ricevimento. E' evidente la situazione deteriore e l'ingiusta disparita' di trattamento che viene in tali ipotesi a subire l'indagato rispetto alla situazione tipica prevista dalla legge dell'iscrizione immediata della notizia di reato. Tale disparita' viola il principio della pari dignita' dei cittadini e della eguaglianza dinanzi alla legge. Peraltro la suddetta disparita' e' resa possibile proprio dalla mancata previsione di una sanzione processuale quale quella disciplinata dall'art. 407, terzo comma, del c.p.p. applicabile, in ogni caso, una volta decorso il termine di legge per l'espletamento della notizia di reato e non dalla tardiva iscrizione. B) Violazione dell'art. 76 Costituzione. L'art. 2 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, prevede che il codice di procedura penale deve "adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona ed al processo penale". Fra le suddette convenzini viene in primo luogo in esame la "Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali" firmata a Parigi il 4 novembre 1950 e recepita in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848. L'art. 6 della suddetta convenzione stabilisce che ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata in un tempo ragionevole da parte di un tribunale indipendente ed imparziale. Sembra a questo giudice che l'attuale disciplina dell'articolo 335 del c.p.p. non prevedendo alcuna sanzione processuale a salvaguardia dell'obbligo di iscrizione immediata della notizia di reato attribuisca, di fatto, una facolta' discrezionale all'Ufficio del p.m. in ordine al momento in cui iscrivere la notizia di reato facendo decorrere il relativo termine per il compimento delle indagini preliminari. Con possibilita' di incidere anche in maniera rilevante, come nel caso di specie, sui tempi in cui il processo viene portato all'esame del tribunale. Pertanto si puo' profilare, nella mancata previsione della suddetta sanzione nell'art. 335 del c.p.p., una violazione della legge delega in relazione all'art. 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo in quanto il meccanismo processuale disciplinato dall'art. 335 del c.p.p. non e' idoneo a garantire lo svolgimento del processo in un tempo ragionevole. C) Violazione dell'art. 112 Costituzione. Il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, ad avviso di questo giudice, e' previsto dalla Costituzione sia in funzione di un corretto esercizio dell'attivita' giudiziaria sia a garanzia di un eguale trattamento dei cittadini dinanzi alla legge. In ambedue le funzioni tale principio esige certezza sia sulle condizioni che impongono il suo esercizio sia sui tempi entro cui l'esercizio deve avere luogo (anche alla luce della sopra richiamata convenzione). Al riguardo il codice di procedura penale in attuazione del dettato costituzionale stabilisce che il pubblico ministero esercita l'azione penale quando non deve richiedere l'archiviazione entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona a cui e' attribuito il reato e' iscritto nel relativo registro ovvero entro il termine prorogato dal giudice. La sanzione processuale per il mancato rispetto dei tempi suddetti e' costituita dalla inutilizzabilita' degli atti di indagine. Sembra a questo giudice che il non prevedere identica sanzione per il caso di ritardata iscrizione violi il principio di obbligatorieta' dell'azione penale sia in merito alla certezza delle condizioni che legittimano la suddetta azione (potendo il pubblico ministero, in extremis, non iscrivere mai la notizia di reato e, di conseguenza, non verificare mai la sussistenza delle condizioni anzidette sia in merito ai tempi ragionevoli entro cui l'eserczio deve avere luogo. 2. - Sulla rivelanza. La rilevanza della questione e' determinata dal fatto che, allo stato, gli atti di ingagini compiuti dal pubblico ministero in seguito all'iscrizione avvenuta l'8 settembre 1992 sono utilizzabili da questo giudice per la decisione da prendere all'esito dell'udienza preliminare. Una decisione di accoglimento della Corte adita della sollevata questione di legittimita' costituzionale determinerebbe, invece, l'inutilizzabilita' dei suddetti atti di indagine.
P. Q. M. Visti l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di cui alle premesse, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti del processo nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri; Si comunichi ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Tolmezzo, addi' 22 febbraio 1994 Il giudice per le indagini preliminari: SCARAFONI 94C0638