N. 382 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1994

                                N. 382
 Ordinanza emessa il 21  gennaio  1994  dal  pretore  di  Bologna  nel
 procedimento penale a carico di Bernardoni Romano
 Reato in genere - Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi -
    Ambito  di applicazione - Inapplicabilita' per espresso divieto ai
    reati  (nella  specie  contestati  all'imputato)  di  inquinamento
    idrico  previsti  dalla  legge n. 319/1976, diversamente da quanto
    stabilito per le analoghe figure criminose di  cui  al  d.lgs.  27
    gennaio  1992,  n.  133 - Ingiustificata disparita' di trattamento
    con incidenza sul diritto di difesa.
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.27 del 29-6-1994 )
                              IL PRETORE
    A pronunciato la seguente ordinanza all'udienza dibattimentale del
 21 gennaio 1994  con  procedimento  penale  a  carico  di  Bernardoni
 Romano, imputato:
       A)  del  reato  p.  e  p.  dall'art.  21,  n. 3, della legge n.
 319/1976 perche' quale responsabile legale  della  ditta  Emilianauto
 S.p.a.  esercente  attivita'  di  vendita  di autovetture con annesso
 autolavaggio effettuava nella pubblica fognatura  scarichi  di  acque
 reflue   contenenti   valori  inquinanti  (tensioattivi  anionici  ed
 alluminio) superiori ai limiti fissati dall'amministrazione  comunale
 per  gli  scarichi  in fognatura. Accertato in Bologna il 30 novembre
 1992;
       B) del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge  n.
 319/1976,  perche',  nella  qualita'  di  cui  al  capo A) effettuava
 scarichi di acque reflue  in  pubblica  fognatura  contenenti  valori
 inquinanti  (allumunio) superiori ai limiti di accettabilita' fissati
 dalla amministrazione comunale. Accertato in Bologna il  22  dicembre
 1992.
    Rilevato che la difesa degli imputati ha sollevato la questione di
 costituzionalita'   dell'art.  60,  secondo  comma,  della  legge  24
 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 21 della legge 10 maggio
 1976, n. 319, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    La difesa prospetta la illeggittivita' costituzionale dell'art. 60
 della legge n. 689/1981 (che prevede la sostituibilita' di certa pena
 detentiva  con  misure  alternative)  in  relazione agli artt. 3 e 24
 della Costituzione, in quanto tale norma, pur modificata dall'art.  5
 della  legge  12 agosto 1993, n. 296, che ha elevato i limiti di pena
 detentiva entro i quali e'  possibile  la  applicazione  di  sanzioni
 sostitutive,  mantiene  la esclusione oggettiva da tale beneficio del
 reato contestato (art. 21 della legge Merli).
    E cio' ingiustificatamente, in  quanto  l'ampliamento  dei  limiti
 suddetti  consente  di  operare  la  sostituzione di pene erogate per
 reati da considerarsi assai piu' gravi ed indicativi di una  peggiore
 pericolosita' sociale.
    Tale  sola  considerazione, pur nella sua generica ragionevolezza,
 non varrebbe di per se' a far ritenere sussistente una violazione del
 principio di uguaglianza e a rendere opportuno il ricorso alla  Corte
 costituzionale perche' si pronunci sulla sua fondatezza.
    Tutte  le  decisioni  della  Corte  allorche'  e' stata chiamata a
 pronunciarsi  in  tema  di   ragionevolezza   delle   pena   appaiono
 caratterizzate  da doverosa cautela (derivante dal riconoscimento del
 primato del potere legislativo e delle scelte politiche sottese  alle
 norme)  che  hanno  salvaguardato  le sue decisioni da ingiustificate
 interferenze.
    Ma nella fattispecie  viene  sottolineato  dalla  difesa  un  quid
 pluris  che  rende  piu'  probante  e  specifica  la argomentazione e
 immotivabile  la  ragione  di  una  disuguaglianza  nel   trattamento
 sanzionatorio.
    Si  ricorda anzitutto che, a seguito della entrata in vigore della
 legge n. 296/1993 la Corte costituzionale con sentenza n. 249/1993 ha
 dovuto dichiarare la illeggittimita'  dell'art.  60  della  legge  n.
 689/1981 nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si
 applicano al reato previsto dall'art. 590, secondo e terzo comma, del
 c.p.  limitatamente  ai fatti commessi con violazione delle norme per
 la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
    Tale esclusione oggettiva  per  determinate  lesioni  colpose  era
 infatti  divenuta  inconciliabile  con  la sostituibilita' della pena
 erogata per  il  reato  di  omicidio  colposo.  Altrimenti,  tra  due
 condotte  lesive  di un medesimo bene giuridico, potrebbe beneficiare
 di sanzioni sostitutive soltanto quella di maggiore gravita'.
    Sostiene la difesa che anche per l'art. 21 della legge Merli si e'
 determinata una analoga situazione comparativa con altre disposizioni
 di legge che rende ormai ingiustificabile la esclusione oggettiva del
 beneficio.
    Nel  quadro  di  insieme  della  legislazione   posta   a   tutela
 dell'ambiente  si  intravede  una trama in parte incompiuta, in parte
 sovraccarica di linee diversificate e contrastanti.
    Si va da un'assenza di tutela normativa  di  aspetti  fondamentali
 che  riguardano  la  difesa  della salute e della qualita' della vita
 (manca una legge generale sull'inquinamento acustico), ad una incerta
 ed occasionale difesa della natura (parchi e  riserve  naturali),  ad
 una  insufficiente  attivazione dei mezzi necessari per una effettiva
 applicazione (si pensi alle normative sull'inquinamento atmosferico).
    E vi sono per contro settori, quali quello dell'inquinamento delle
 acque e del suolo, ove si affollano  provvedimenti  di  varia  fonte,
 emessi  su  sollecitazioni  provenienti  da  diverse  origini (potere
 legislativo, autonomie regionali, CEE,  organi  ministeriali)  che  a
 volte   presentano   non   semplici  problemi  di  coordinamento  per
 l'interprete e sempre pongono i destinatari della norma in condizioni
 di non avere compiuta e non fuorviante  conoscenza  dell'illecito  da
 evitare.
   E'  cosi' da ultimo alla fondamentale legge Merli, in attuazione di
 alcune direttive CEE, si e' giustapposto il  decreto  legislativo  27
 gennaio  1992, n. 133, in materia di scarichi industriali di sostanze
 pericolose nelle acque, che intende salvaguardare  le  acque  interne
 superficiali,  le  acque  marine  territoriali,  le acque interne del
 litorale e le fognature  pubbliche  "dagli  scarichi  di  sostanze  o
 energie  le  cui  conseguenze  siano  tali  da mettere in pericolo la
 salute umana, nuocere alle risorse viventi  e  al  sistema  ecologico
 idrico,  compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi
 delle acque".
    L'art. 18 di tale decreto  al  quarto  e  quinto  comma  contempla
 ipotesi  di  reato correlate a quelle dell'art. 21 della legge Merli.
 Il quarto comma punisce con l'arresto fino a due anni l'effettuazione
 di uno scarico con valori  inquinanti  superiori  ai  limiti  fissati
 dall'allegato  B (che contempla sostanze pericolose quali il mercurio
 e il cadmio).
    Il quinto comma sanziona con l'arresto da tre mesi a tre  anni  la
 violazione  del  divieto assoluto di scarico nelle acque sotterranee,
 sul suolo e nel sottosuolo delle sostanze contenute  nell'allegato  A
 (di provato potere cancerogeno).
    Orbene   per   tali   fattispecie   contravvenzionali   non  opera
 certamente, per difetto di esplicita previsione o di norme di rinvio,
 il divieto di sostituzione delle pene detentive previsto dall'art. 60
 della legge n. 689/1981 per l'art. 21 della legge Merli.
    Tale  disparita'  di   trattamento   non   pare   trovare   alcuna
 giustificazione  in  quanto  le  norme  poste a confronto tutelano lo
 stesso bene.
    Si chiede pertanto alla Corte costituzionale di  stabilire  se  in
 tale  situazione normativa la esclusione oggettiva dall'art. 21 della
 legge Merli dalla possibilita' di sostituzione della  pena  detentiva
 con  le  sanzioni previste dall'art. 60 costituisce una disparita' di
 trattamento  ingiustificata  e  contrastante  con  il  principio   di
 uguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione.
    La  rilevanza  della  questione  si  determina  in  relazione alla
 richiesta di applicazione della pena ex art.  444  del  c.p.p.  nella
 misura  di  mesi  uno  di  arresto  e  nella  relativa  richiesta  di
 sostituzione di tale pena detentiva con la sanzione della ammenda.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87/1953
 il  pretore  di  Bologna  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60,
 secondo comma, della legge 24 novembre 1981,  n.  689,  in  relazione
 all'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui non consente
 l'applicazione della pena sostitutiva al reato di  cui  all'art.  21,
 terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319;
    Dichiara  sospeso  il  presente procedimento e ordina la immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti  di competenza dei
 riguardi delle parti e perche' copia  della  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato.
      Bologna, addi' 21 gennaio 1994
                           Il pretore: LENZI

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