N. 278 SENTENZA 23 giugno - 6 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Separazione  personale  dei  coniugi  -  Procedimento  -  Assegno  di
 mantenimento - Potere del giudice istruttore di ordinare, in corso di
 causa  e  a  seguito di accertata inadempienza, ai terzi debitori del
 coniuge  obbligato  di  versare  una   parte   delle   somme   dovute
 direttamente  agli aventi diritto- Omessa previsione - Ingiustificata
 disparita' di trattamento tra situazioni (quella precedente e  quella
 successiva  alla sentenza di separazione) sostanzialmente identiche -
 Incidenza sull'osservanza dei doveri  dei  genitori  in  ordine  alla
 cura,   educazione   e   istruzione   dei   figli   -  Illegittimita'
 costituzionale parziale.
 
 (C.P.C., art. 156, sesto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 30).
 
(GU n.29 del 13-7-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.    Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  156,  sesto
 comma,  del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 22 giugno
 1993  dal  giudice  istruttore  del  Tribunale   di   Benevento   nel
 procedimento  di  separazione personale tra Rufo Antonietta e Quercia
 Pietro Lucio Remo, iscritta al n. 666 del registro ordinanze  1993  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 46, prima
 serie speciale dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un'udienza  istruttoria  relativa   ad   un
 procedimento  di  separazione  personale  tra coniugi, la ricorrente,
 deducendo che il marito le aveva corrisposto  solo  una  parte  della
 somma  a  titolo di mantenimento a lei dovuta, chiedeva al giudice di
 ordinare, ai sensi dell'art. 156, sesto  comma,  del  codice  civile,
 all'ente  erogatore  dello  stipendio  del  marito  (il Ministero del
 Tesoro) il versamento della somma suddetta direttamente alla  moglie.
 Il  giudice  istruttore  del  Tribunale  di  Benevento, con ordinanza
 emessa il 22 giugno 1993,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione,
 dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui non
 prevede che il provvedimento inteso ad ordinare ai terzi -  tenuti  a
 corrispondere   anche  periodicamente  somme  di  denaro  al  coniuge
 obbligato al mantenimento - di versare una parte di esso direttamente
 agli  aventi  diritto,  possa  essere  adottato  anche  dal   giudice
 istruttore in corso di causa.
    Al  riguardo,  ritiene  il giudice rimettente che non possa essere
 condiviso l'orientamento della giurisprudenza  di  merito  in  ordine
 alla possibilita', per il giudice istruttore, di ordinare ai terzi il
 versamento  diretto  della  quota  di  reddito,  sulla base di quanto
 disposto dall'art. 708, quarto comma, del codice di procedura civile:
 essendo,  infatti,  detto  potere  previsto   dall'art.   156,   tale
 disposizione  va  ritenuta  di  natura specifica e relativa ai (soli)
 casi in cui sia stata gia' pronunciata separazione.
    Pertanto, secondo il giudice  a  quo,  la  norma  che  esclude  la
 predetta  possibilita',  sarebbe  in  contrasto  con gli artt. 3 e 30
 della Costituzione: relativamente al primo parametro,  in  quanto  la
 disposizione   introdurrebbe   una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento tra situazioni sostanzialmente  identiche,  quali  quella
 precedente  e  quella successiva alla sentenza di separazione, atteso
 che l'esigenza di  assicurare  un  pronto  e  tempestivo  adempimento
 dell'obbligo  di mantenimento sussiste anche prima della pronuncia di
 separazione; quanto  alla  supposta  violazione  dell'art.  30  della
 Costituzione,  rileva  il  giudice  rimettente  che,  in attesa della
 definizione   del   procedimento   ordinario,   potrebbe    risultare
 impossibile  per il coniuge l'osservanza dei doveri che incombono sui
 genitori, in ordine alla cura, educazione, istruzione dei figli.
    Circa  infine  la  propria legittimazione a sollevare questione di
 legittimita' costituzionale, il  giudice  a  quo  sottolinea  che  la
 suddetta  questione  ben  difficilmente potrebbe essere sollevata dal
 collegio in quanto, potendo questo adottare il provvedimento  di  cui
 all'art.  156 del codice civile, non sussisterebbe il requisito della
 rilevanza,  per  la  mancanza   del   nesso   tra   la   censura   di
 costituzionalita' e la decisione da pronunciare.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo  per  l'inammissibilita'  ovvero per l'infondatezza della
 questione.
    Circa la richiesta di inammissibilita', rileva la difesa  erariale
 che  il  giudice istruttore civile non e' legittimato a promuovere il
 giudizio, in quanto tale  legittimazione  spetterebbe  esclusivamente
 all'organo  giurisdizionale  di  cui  egli  fa  parte,  e  quindi  al
 collegio.
    Rileva inoltre l'Avvocatura dello Stato che l'interpretazione data
 dal giudice rimettente alla disposizione dell'art. 708, quarto comma,
 del  codice  di  procedura  civile,  nel  senso   di   escludere   la
 possibilita'  del  giudice istruttore di adottare l'ordine giudiziale
 di pagamento nei confronti dei terzi obbligati,  non  puo'  ritenersi
 "diritto vivente".
    In subordine, la difesa erariale esclude la violazione dell'art. 3
 della  Costituzione,  in  quanto  i  provvedimenti  adottati  in  via
 temporanea  nel  corso  del  giudizio  avrebbero  una  funzione  solo
 cautelare  e  anticipatoria, e non potrebbero pertanto equipararsi ai
 provvedimenti che seguono la pronuncia di  separazione,  i  quali  si
 fondano  invece sull'intero complesso delle acquisizioni istruttorie.
 Le  ragioni  di  opportunita'  prospettate  dal  giudice   rimettente
 appartengono alla sfera della discrezionalita' del legislatore, anche
 alla  luce  del  principio,  piu'  volte  affermato  da questa Corte,
 secondo  cui   la   tutela   cautelare   non   costituisce   elemento
 indefettibile della tutela giurisdizionale.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  giudice  istruttore  del  Tribunale civile di Benevento
 dubita  della  legittimita'  costituzionale,  in   riferimento   agli
 articoli  3  e 30 della Costituzione, dell'art. 156, sesto comma, del
 codice civile, nella parte in  cui  non  consente  che  possa  essere
 adottato  anche  dal  giudice  istruttore  nel  corso  della causa di
 separazione personale dei  coniugi  l'ordine  ai  terzi  -  tenuti  a
 corrispondere  somme di denaro al coniuge obbligato al mantenimento -
 di versare una parte delle stesse direttamente agli aventi diritto.
    2. - Deve preliminarmente esaminarsi la  prima  eccezione  con  la
 quale   l'Avvocatura  dello  Stato  deduce  l'inammissibilita'  della
 questione, ritenendo che la  legittimazione  a  sollevare  la  stessa
 spetterebbe  esclusivamente  al collegio di cui il giudice istruttore
 fa parte.
    Prevenendo l'eccezione, nell'ordinanza di rimessione il giudice  a
 quo  motiva  la  propria  legittimazione  sia  richiamando  i  poteri
 decisori che allo stesso vengono riconosciuti dall'art.  708,  quarto
 comma,  del  codice  di  rito,  sia  per  il rilievo che, "potendo il
 collegio adottare il provvedimento di cui all'art. 156 codice civile,
 non emergerebbe il requisito della rilevanza".
    Queste   osservazioni   non  sarebbero  del  tutto  sufficienti  a
 sostenere l'infondatezza della eccezione sollevata, dal  momento  che
 l'art.   708  citato  consente  al  giudice  istruttore  soltanto  di
 modificare  i  provvedimenti  temporanei  e  urgenti   adottati   dal
 presidente  del  tribunale;  mentre  l'art.  156,  sesto  comma,  non
 riconosce al presidente e nemmeno al collegio il potere  di  emanare,
 in corso di causa il predetto ordine ai terzi debitori.
    L'eccezione  di  inammissibilita'  va  comunque  respinta  per  la
 considerazione  che,  se  normalmente  il  giudice  istruttore  viene
 ritenuto   legittimato  a  sollevare  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale relative alle norme di cui egli puo' fare applicazione
 per l'emanazione di provvedimenti di  sua  competenza,  non  si  puo'
 escludere la sua legittimazione qualora l'oggetto della questione sia
 proprio  il  riconoscimento  delle  competenze  dello  stesso giudice
 istruttore. In altri termini, se quest'ultimo avesse gia'  competenza
 ad   emanare   quel  provvedimento,  non  sussisterebbe  la  presente
 questione  di   costituzionalita',   mentre   se   fosse   necessario
 riconoscere   tale   competenza,   non   ci  sarebbe  nessun  giudice
 legittimato a sollevare la questione medesima.
    3. - Deduce inoltre l'Avvocatura che la giurisprudenza  prevalente
 gia'  riconosce in via interpretativa che il giudice istruttore abbia
 il  potere  di  adottare,  in  sede  di  modifica  dei  provvedimenti
 presidenziali  (  ex  art. 708, quarto comma, del codice di procedura
 civile), anche l'ordine giudiziale di  pagamento  nei  confronti  dei
 terzi  obbligati. Dal che la difesa erariale sembra concludere per un
 ulteriore motivo di inammissibilita' della questione, dal momento che
 il  giudice  avrebbe  potuto  dare   l'ordine   ai   terzi   seguendo
 l'orientamento   da   lui   ritenuto   piu'   corretto   e   secundum
 constitutionem.
    Anche  tale  eccezione  non  puo'  essere  condivisa.  Il  giudice
 istruttore  di Benevento, non solo dubita di avere egli la competenza
 ad emettere il menzionato ordine -  ancorche'  egli  ritenga  che  il
 disconoscimento   di   questa   competenza   sia   costituzionalmente
 illegittimo  -,  ma  e'  pure  convinto  che   l'orientamento   della
 giurisprudenza  che  riconosce  detta competenza contrasti nettamente
 con la portata sia dell'art. 156 codice  civile,  sia  dell'art.  708
 codice di rito.
    Ed  invero,  come  si  e'  gia'  accennato,  il  primo  dei citati
 articoli, specie per la successione sequenziale dei vari commi, rende
 palese che la volonta' normativa e' quella di escludere che nel corso
 della causa di separazione sia il giudice istruttore che il  collegio
 possano  impartire  l'ordine  ai terzi debitori di pagare parte delle
 somme (non al creditore ma)  direttamente  al  coniuge.  Quanto  alla
 seconda  norma  richiamata (art. 708 del codice di procedura civile),
 essa stabilisce che all'inizio della causa di  separazione  personale
 il  presidente  del  tribunale emana in via cautelare i provvedimenti
 temporanei ed  urgenti,  tra  i  quali  non  sono  menzionati  quelli
 previsti dal sesto comma dell'art. 156 del codice civile, non essendo
 -  al  momento  -  ancora comprovata una inadempienza al pagamento di
 somme cui uno dei coniugi sia stato giudizialmente  obbligato.  Detti
 provvedimenti presidenziali possono essere modificati, nel successivo
 corso della trattazione della causa, dal giudice istruttore ( ex art.
 708, quarto comma).
    Nella  fase  terminale  del  procedimento, qualora "il giudice che
 pronunzia la separazione" abbia stabilito con piena cognizione quanto
 e' necessario al mantenimento del coniuge e dei figli (primo, secondo
 e terzo comma dell'art. 156 del codice  civile),  lo  stesso  giudice
 puo' imporre idonee garanzie personali o reali "se esiste il pericolo
 che  l'obbligato  possa  sottrarsi  all'adempimento  degli  obblighi"
 (quarto e quinto comma dello stesso articolo). E  solo  "in  caso  di
 inadempienza",  successiva e dimostrata dall'avente diritto che ne fa
 richiesta, il giudice puo' disporre il sequestro dei beni o  dare  il
 predetto  ordine  ai  terzi  debitori,  con ulteriore possibilita' di
 successiva revoca o modifica (sesto e settimo comma).
    Il giudice istruttore di Benevento aveva, quindi,  fondato  motivo
 quanto  meno  di  nutrire  seri  dubbi,  sulla  base  della normativa
 vigente, circa la propria competenza a dare l'ordine a terzi debitori
 nel  corso  della  causa  di  separazione;  onde  l'opportunita'   di
 rimettere la soluzione della questione al giudice delle leggi.
    A   cio'   si   deve   aggiungere   il  rilievo  che  parte  della
 giurisprudenza e alcuni studiosi escludono che la  norma  consenta  a
 qualsiasi  giudice  di emanare il predetto ordine nel corso di causa;
 mentre, a motivo delle grandi incertezze e disparita'  di  vedute  di
 quanti  sono sospinti dall'esigenza di riconoscere un siffatto potere
 anche nel corso di causa, non vi  e'  univocita'  nell'individuazione
 dell'autorita'   giudiziaria  cui  debba  attribuirsi  il  potere  in
 questione.
    4. - Nel merito, va  anzitutto  precisato  che  -  per  quanto  il
 problema  possa essere opportunamente riesaminato in modo completo ed
 organico dal legislatore - i limiti di intervento della Corte,  anche
 in  aderenza  al  petitum,  possono cosi' circoscriversi: se la norma
 denunziata contrasti con gli  articoli  3  e  30  della  Costituzione
 nell'escludere il potere del giudice istruttore di adottare nel corso
 della  causa  di  separazione  il  provvedimento di ordinare ai terzi
 debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare  una  parte
 delle somme direttamente agli aventi diritto.
    La questione cosi' posta e' fondata.
    Giova  premettere  che  il legislatore ordinario, coerentemente ai
 principi costituzionali (artt. 29, 30 e 31  della  Costituzione),  ha
 attribuito  all'autorita' giudiziaria il potere di disporre immediati
 provvedimenti  per  rendere  tempestivo  ed  efficace  l'obbligo   di
 mantenere  il  coniuge  bisognoso e, soprattutto, i figli. Tra questi
 provvedimenti si annovera anche la distrazione delle somme dovute  da
 terzi  debitori  direttamente  a  favore  del  coniuge,  al  fine  di
 soddisfare le esigenze di quest'ultimo e della prole. Trattandosi  di
 una misura coercitiva che puo' avere anche negativi effetti economici
 e  sociali,  il  legislatore ne ha fatto un'applicazione eccezionale,
 subordinata peraltro all'accertamento di  una  inadempienza  tale  da
 determinare un serio pregiudizio per gli aventi diritto.
    In  regime  di  convivenza  dei  coniugi,  la  riforma del 1975 ha
 previsto questa possibilita' (art. 148,  secondo  comma,  del  codice
 civile), ma soltanto per la tutela delle esigenze dei figli e con uno
 specifico   procedimento:   istanza  di  chiunque  vi  ha  interesse,
 dichiarazioni di entrambi i coniugi, assunzione  di  informazioni.  A
 conclusione  di  questa  indagine,  puo'  essere  emanato il predetto
 ordine, avverso il quale e' proponibile opposizione dalle parti o dal
 terzo debitore.
    Una  disciplina,  analoga  ma  particolare,  e'  prevista  per gli
 assegni di divorzio dall'art. 8 della legge 1 dicembre 1970, n.  898,
 nel  testo novellato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, in cui, dopo la
 costituzione  in  mora  -  a  mezzo  raccomandata   -   del   coniuge
 inadempiente  per  un  periodo  di  almeno trenta giorni, "il coniuge
 creditore puo' notificare il provvedimento in  cui  e'  stabilita  la
 misura  dell'assegno  ai  terzi tenuti a corrispondere periodicamente
 somme di  denaro  al  coniuge  obbligato  con  l'invito  a  versargli
 direttamente le somme dovute". E ove il terzo non adempia, il coniuge
 creditore  ha  azione  diretta  esecutiva  nei  suoi confronti. Per i
 dipendenti pubblici la distrazione non puo' superare la  meta'  delle
 somme dovute al coniuge obbligato.
    5.  -  Anche  per  quanto  riguarda il procedimento di separazione
 personale la previsione di detta misura coercitiva  assume  peculiari
 connotati.  Essa non e' specificamente menzionata fra i provvedimenti
 nel corso della fase presidenziale che ha sia scopi conciliativi, sia
 l'obiettivo  di  disporre  in  via  cautelare  misure  temporanee  ed
 urgenti.  A  differenza  del  procedimento regolato dal secondo comma
 dell'art. 148, tali  provvedimenti  non  riguardano  solo  la  tutela
 dell'interesse della prole, non e' necessaria la previa assunzione di
 informazioni,  ne'  e'  consentito un giudizio di opposizione. Non e'
 previsto neppure l'accertamento dell'inadempienza  agli  obblighi  di
 mantenimento  poiche'  questi,  diversamente  da  quelli  connessi al
 regime di convivenza, vengono eventualmente fissati, appunto, con uno
 dei provvedimenti temporanei.
    Nella disciplina  del  giudizio  di  separazione  la  possibilita'
 dell'ordine  di  distrazione  delle  somme  dovute  viene  menzionata
 soltanto dal sesto comma dell'art. 156 del codice civile, che -  come
 si  e'  sopra  accennato  - appare riferito alla fase successiva alla
 pronuncia di separazione ed all'accertata inadempienza agli  obblighi
 economici in essa stabiliti.
    6.  -  Di  qui  la  questione se sia coerentemente tollerabile una
 carenza di immediata tutela - quale quella  data  dalla  possibilita'
 dell'ordine  di distrazione - anche nel periodo che va dal momento in
 cui sono adottati i provvedimenti presidenziali fino a  quello  della
 sentenza,  e  soprattutto  se  una  tale  carenza  si  presenti  come
 violazione di norme costituzionali.
    Per dare risposta affermativa appare sufficiente  rilevare  che  i
 provvedimenti  presidenziali  hanno  forza  esecutiva  anche  per gli
 obblighi economici con essi stabiliti, e che  il  loro  inadempimento
 puo'  determinare  effetti  gravemente pregiudizievoli per gli aventi
 diritto, analogamente sia a quelli accertati nel procedimento ex art.
 148 del codice civile per il regime di convivenza, sia a  quelli  che
 vengono  a  determinarsi per l'inadempienza agli obblighi fissati con
 la sentenza di separazione personale.
    Se la competenza ad emanare l'ordine di distrazione  si  configura
 normalmente  come accessoria a quella relativa alla determinazione ed
 alla modifica della misura delle somme dovute per il mantenimento,  e
 se  soprattutto  tale ordine coercitivo risponde alla stessa ratio di
 dare effettiva soddisfazione ai provvedimenti giudiziali, si perviene
 alla conclusione che, per evitare la disparita' di trattamento  degli
 aventi   diritto   al  mantenimento  prima  e  dopo  la  sentenza  di
 separazione, ed apprestare un rimedio efficace  all'inadempimento  di
 obblighi   costituzionalmente  tutelati,  va  riconosciuta  anche  al
 giudice istruttore la competenza ad emettere il  predetto  ordine  di
 distrazione  a  seguito  dell'accertata inadempienza agli obblighi di
 mantenimento nel corso della causa di separazione personale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  156,   sesto
 comma,  del  codice  civile,  nella  parte  in cui non prevede che il
 giudice  istruttore  possa  adottare  nel  corso   della   causa   di
 separazione  il  provvedimento  di  ordinare  ai  terzi  debitori del
 coniuge obbligato al mantenimento di versare una  parte  delle  somme
 direttamente agli aventi diritto.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 23 giugno 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 6 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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