N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 1994

                                N. 428
 Ordinanza  emessa il 27 maggio 1993 (pervenuta il 23 giugno 1994) dal
 tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia  sul   ricorso
 proposto  da  Cantu' Ercole ed altri contro il comune di Vimercate ed
 altri
 Regione Lombardia - Edilizia e urbanistica - Previsione in tutte le
    aree   destinate  dagli  strumenti  urbanistici  generali  a  zona
    agricola della possibilita' di rilascio della concessione edilizia
    solo agli imprenditori agricoli ed  esclusivamente  per  le  opere
    realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alla
    residenza  dell'imprenditore agricolo e di dipendenti dell'azienda
    nonche' alle attrezzature  ed  infrastrutture  produttive  (silos,
    serre,  magazzini,  locali  per  la  lavorazione  e la vendita dei
    prodotti agricoli, ecc.) - Conseguente  lamentata  discriminazione
    tra  imprenditori agricoli, riguardo alla realizzazione di stalle,
    il  rilascio   della   concessione   essendo   ingiustificatamente
    consentito solo per le stalle destinate ad allevamento a carattere
    produttivo  o  ad  ospitare animali da utilizzare nella conduzione
    del fondo - Straripamento dalla competenza  della  regione  e  dei
    comuni  in  materia  di edilizia ed urbanistica - Riferimento alle
    sentenze della Corte costituzionale nn. 709/1988 e 73/1991.
 (Legge regione Lombardia 7 giugno 1980, n. 93, art. 2, primo e terzo
    comma).
 (Cost., artt. 3, 5, 117 e 128).
(GU n.30 del 20-7-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del
 giorno 27 maggio 1993 sul ricorso n.  3325/1990  proposto  da  Ercole
 Cantu',  Gianfranco  Catanzaro,  Francesca  Murroni,  rappresentati e
 difesi dagli avv.ti Umberto Capoluongo ed Ercole  Romano,  presso  lo
 studio  del  secondo elettivamente domiciliati in Milano, via Canova,
 19/a, contro il comune di Vimercate, rappresentato e difeso dall'avv.
 Mario  Viviani,  presso  lo   studio   dello   stesso   elettivamente
 domiciliato  in  Milano,  Galleria  S. Babila, 4/a e nei confronti di
 Febo Nebel e Associazione sportiva  "Centro  ippico  La  Corte",  non
 costituitisi   in   giudizio  per  l'annullamento  della  concessione
 edilizia rilasciata  il  16  maggio  1990  all'associazione  sportiva
 "Centro  ippico  La Corte" per la costruzione di box per cavalli, con
 ogni atto comunque connesso;
    Visto il ricorso  con  i  relativi  allegati,  nonche'  l'atto  di
 costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente e le memorie
 depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla pubblica udienza del 27 maggio 1993, giudice relatore
 dott. Alberto Tramaglini, l'avv. Bazzani, su delega dell'avv. Romano,
 per i ricorrenti e l'avv. Monti, su  delega  dell'avv.  Viviani,  per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato  il  17  ottobre  1990,  i  sigg. Cantu',
 Catanzaro e Murroni, premesso di  essere  proprietari  di  una  villa
 bifamiliare  con giardino in localita' Rugginello di Vimercate, hanno
 impugnato la concessione edilizia con cui il comune di  Vimercate  ha
 assentito  all'associazione  "Centro ippico La Corte" la costruzione,
 in area limitrofa, di cinque box per ricoverarvi  dei  cavalli.  Essi
 deducono:
      1)  violazione  dell'art.  216  t.u.  n.  1265/1934;  difetto di
 istruttoria e di motivazione; sviamento. L'attivita' di  ricovero  di
 animali,    e   segnatamente   quella   di   maneggio,   svolta   dai
 controinteressati, e' considerata industria insalubre  di  1a  classe
 dal  d.m.  19 novembre 1981, a norma dell'art. 216 del testo unico in
 epigrafe.  Premesso  che  le  verifiche  imposte a salvaguardia della
 salute  pubblica  devono  condizionare  il  rilascio  del  titolo  ad
 edificare,  nel  caso di specie non sarebbe stato acquisito il parere
 igienico-sanitario e difetterebbe, comunque, una completa istruttoria
 imposta dalla vicinanza di abitazioni;
      2) violazione dell'art. 3.10.7 del  regolamento  di  igiene.  La
 concessione  non  prevede  adeguate forme di smaltimento dei liquami,
 come  imposto  dalla  norma  regolamentare,  ritenendo   erroneamente
 sufficiente l'impegno ad asportare periodicamente rifiuti;
      3)  violazione  del  p.r.g. in relazione alla legge regionale n.
 93/1980. La costruzione autorizzata e' localizzata in zona  agricola,
 dove  l'intervento  e'  consentito  solo  a  soggetti  in possesso di
 particolari requisiti soggettivi  e  per  strutture  funzionali  alla
 conduzione  del  fondo.  Da  ambedue  i punti di vista l'associazione
 controinteressata non aveva titolo ad ottenere l'assenso comunale.
    Resisteva in giudizio il comune di Vimercate, eccependo  in  primo
 luogo  la  tardivita' del ricorso e chiedendo comunque il rigetto del
 ricorso.
    Con successivo atto veniva notificato un  motivo  aggiunto,  dove,
 censurando  ulteriormente  l'atto  per  violazione  dell'art. 3 della
 legge regionale n. 93/1980 e dell'art.  9  della  legge  n.  10/1977,
 nonche'  per  difetto  di  presupposti,  di  istruttoria e carenza di
 motivazione,  si   ribadivano   le   illegittimita'   connesse   alla
 particolare attivita' sociale della controinteressata e allo speciale
 regime della zona urbanistica in cui e' localizzata l'opera.
    Previa  acquisizione  di  documenti,  il ricorso veniva spedito in
 decisione all'udienza del 27 maggio 1993.
    Con  sentenza  parziale  in  pari   data   e'   stata   dichiarata
 l'irricevibilita'  del  ricorso riguardo ai sigg. Cantu' e Catanzaro.
 Con la stessa decisione sono stati rigettati i primi due  motivi  del
 ricorso.
                             D I R I T T O
    1.  -  Con  i  motivi  residui, e segnatamente con il terzo, viene
 denunciata la violazione delle norme regionali che  disciplinano  gli
 insediamenti nelle zone agricole.
    Si  sostiene  in  particolare  che  la  legge regionale n. 93/1980
 subordina,  nelle  suddette  zone,  il  rilascio  della   concessione
 edilizia  all'accertamento  di specifici requisiti soggettivi e della
 destinazione delle strutture alla conduzione del fondo. Nella specie,
 dato che  la  concessione  e'  stata  rilasciata  ad  un'associazione
 sportiva  per  la realizzazione di una stalla dove ricoverare cavalli
 utilizzati  per  un'attivita'  estranea  a  quella  agricola,  l'atto
 sarebbe illegittimo.
    La legge in questione (legge reg. Lombardia 7 giugno 1980, n. 93),
 intitolata  "Norme  in  materia di edificazione nelle zone agricole",
 all'art. 2, primo comma, "in tutte le aree destinate dagli  strumenti
 urbanistici  generali  a  zona agricola", consente "esclusivamente le
 opere realizzate in funzione della conduzione del fondo  e  destinate
 alle   residenze   dell'imprenditore   agricolo   e   dei  dipendenti
 dell'azienda, nonche' alle attrezzature ed infrastrutture  produttive
 quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la
 conservazione  e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le
 modalita' previsti dal successivo art. 3".
    L'articolo   3   aggiunge   un  requisito  di  ordine  soggettivo,
 permettendo il rilascio della concessione  edilizia  "esclusivamente:
 a)  all'imprenditore  agricolo .. iscritto all'albo di cui alla legge
 regionale 13 aprile 1974,  n.  18  ..  a  titolo  gratuito  ai  sensi
 dell'art.  9,  lett.  a),  della  legge 28 gennaio 1977, n. 10; b) al
 titolare  o  al  legale  rappresentante  dell'impresa   agricola   ..
 subordinatamente  al  versamento  dei  contributi  di concessione; c)
 limitatamente ai territori dei comuni indicati nella tabella allegata
 alla legge regionale 19 novembre 1986, n. 51, ai  soggetti  aventi  i
 requisiti  di  cui  all'art.  8  della legge 10 maggio 1976, n. 352 e
 all'art.  8,  punto   4),   della   legge   regionale   sopraccitata,
 subordinatamente al pagamento dei contributi di concessione ..".
    Il  secondo  comma  del  medesimo  articolo  prevede una attivita'
 istruttoria - fondata  su  accertamenti  d'ufficio  e  assunzioni  di
 impegni  da  parte del richiedente - diretta a verificare l'effettiva
 esistenza e funzionamento dell'azienda  agricola  e  a  vincolare  la
 destinazione dell'immobile al servizio dell'attivita' produttiva.
    Va  ulteriormente  osservato che le suddette norme sono di diretta
 applicazione  ai  sensi  dell'art.  4,  che  prevede   la   immediata
 prevalenza  sugli strumenti urbanistici in contrasto con esse. L'art.
 6 contempla peraltro sanzioni per la  violazione  delle  disposizioni
 della  "presente  legge", prevedendo espressamente quella da irrogare
 in caso di modifica della destinazione d'uso, e quindi di sottrazione
 del manufatto al suo carattere pertinenziale rispetto al fondo.
    Nelle suddette zone l'attivita' costruttiva e' percio' rigidamente
 condizionata  dalla  previa  verifica  del  possesso  dei   requisiti
 soggettivi  e  dall'esistenza  del  collegamento  funzionale  tra  il
 manufatto e la conduzione del fondo.
    La concessione impugnata, come gia' detto, e' stata rilasciata  ad
 un'associazione  sportiva  ed  e'  riferita  alla  costruzione di una
 stalla per ricovero di cavalli. L'opera e'  stata  realizzata  da  un
 soggetto  sprovvisto  dei  requisiti  soggettivi  richiesti  ne' puo'
 considerarsi in funzione della conduzione  del  fondo,  cosicche'  la
 violazione della normativa regionale risulta evidente.
    2.   -   Senonche'   il  collegio  e'  indotto  a  dubitare  della
 legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo  comma,  e  3  della
 legge  regionale  n.  93/1980,  nella  parte  in  cui  subordinano la
 realizzazione di opere non destinate alla residenza  al  possesso  di
 particolari   requisiti   soggettivi   e   all'accertamento   di   un
 collegamento funzionale con l'attivita' agricola.
    Quanto alla rilevanza, le osservazioni  finora  svolte  dimostrano
 che  l'applicazione  delle  disposizioni condurrebbe all'accoglimento
 del  terzo  motivo  di  ricorso  e,  quindi,   all'annullamento   del
 provvedimento impugnato.
    3.  -  La questione va ulteriormente puntualizzata, visto che essa
 non ha ragione di porsi per gli edifici destinati alla residenza, non
 solo perche' si tratta di fattispecie estranea al giudizio, ma  anche
 in  quanto  la  limitazione  degli  insediamenti abitativi nella zona
 agricola introduce una problematica che presenta scarsi caratteri  di
 omogeneita'  con  quella  che  deriva dall'analoga restrizione per le
 opere  non  residenziali,  fosse   altro   perche'   la   soglia   di
 ragionevolezza  della  suddetta  limitazione  e'  di  piu'  intuitiva
 percezione. La legge, infatti, consentendo unicamente la  costruzione
 di   edifici   rurali   elimina  la  possibilita'  di  nuovi  carichi
 insediativi derivanti da immobili a mera  destinazione  residenziale.
 D'altronde,  le  abitazioni  edifici  rurali  non  si caratterizzano,
 rispetto a quelle di altro tipo, per una loro particolare  struttura,
 ma  unicamente per essere destinati ad abitazione del coltivatore del
 fondo. Le condizioni richieste dalla normativa regionale  consentono,
 in  questo,  di  individuare  un tipo edilizio sulla base degli unici
 elementi utili a tale fine.
    Il dubbio nemmeno ha ragion d'essere riguardo alle opere  che  con
 la  destinazione agricola della zona hanno ben poco a che fare, posto
 che "i principi della legislazione statale .. prevedono una normativa
 differenziata, per le zone agricole, rispetto a  quella  relativa  ad
 altre zone" (Corte costituzionale, ord. 9-23 giugno 1988, n. 709).
    In  altri termini, non si dubita della legittimita' costituzionale
 della normativa regionale laddove questa cessa di considerare la zona
 agricola come una sorta di territorio di riserva, sul quale dirottare
 l'attivita'  edilizia   allorquando   le   esigenze   di   espansione
 residenziale  od  industriale  lo  richiedano  (cfr.  art. 1, secondo
 comma).
    L'esigenza "di limitare  l'utilizzazione  edilizia  dei  territori
 agricoli" (art. 1 cit.), tiene conto, d'altra parte, dell'esigenza di
 salvaguardia  del territorio, quale risorsa limitata, per evitarne il
 consumo indiscriminato.
    La questione si pone, invece, rispetto all'impedimento legislativo
 alla realizzazione di strutture  che  si  caratterizzano  per  essere
 oggettivamente  ed  immediatamente classificabili tra quelle che pure
 sono consentite nella zona ed altresi'  inidonee  a  provocare  nuovi
 carichi urbanistici ed a consentire, quindi, il nuovo insediamento di
 soggetti  che  non svolgano l'attivita' agricola. E' infatti evidente
 che, essendo preclusa la realizzazione di residenze,  la  costruzione
 di  manufatti accessori non prelude ad insediamenti abitativi ma solo
 all'utilizzazione del fondo.
    4. - La normativa che impone il nesso tra l'opera e la  conduzione
 del   fondo  potrebbe  essere  vista  come  disciplina  dell'uso  del
 territorio, ossia come atta a  stabilire  gli  usi  conformi  ad  una
 determinata  zona  urbanistica,  per  cui si potrebbe ritenere che il
 collegio dubita, in buona sostanza, della legittimita' costituzionale
 di una legge diretta ad impedire edificazioni  in  contrasto  con  la
 destinazione  di  zona,  finendo  cosi'  per ignorare che la legge in
 questione, imprimendo una "particolare destinazione dei beni"  (Corte
 costituzionale,   ord.   cit.),  non  fa  altro  che  determinare  di
 conseguenza i "vincoli ed i caratteri da osservare" (art. 7 l.u.) per
 l'edificazione in detta zona.
    Il dubbio ha, tuttavia,  ragione  di  esistere  sulla  base  della
 considerazione  che  le  suddette  norme, piu' che disciplinare l'uso
 urbanisticamente rilevante, quale risulta dalla tipologia strutturale
 dell'immobile, sembrano essere dirette ad un controllo della concreta
 utilizzazione dell'opera, in buona sostanza a  regolamentare  lo  jus
 utendi piu' che lo jus aedificandi.
    E  che sia l'attenzione sulla concreta utilizzazione del manufatto
 a caratterizzare le norme in esame  -  le  quali,  quindi,  piu'  che
 disciplinare l'edificazione, finiscono con il consentire o precludere
 determinate  attivita',  con il regolamentare, cioe', non l'uso quale
 emerge dalle caratteristiche strutturali della costruzione, ma  quale
 desumibile  sulla  base  di  fattori  urbanisticamente  irrilevanti -
 emerge nitidamente dal caso in esame, dove il parametro per  valutare
 la  legittimita'  dell'edificazione di un manufatto oggettivamente di
 tipo agricolo (stalla) finisce per identificarsi  con  l'accertamento
 dell'utilizzazione finale degli animali ricoverati.
    Non  vi e' chi non veda che una stalla non cessa di essere tale se
 realizzata da un soggetto piuttosto che da un  altro  e  se  in  essa
 trovano ricovero animali destinati alla "produzione" piuttosto che ad
 altri scopi.
    La   legge   pone  cosi'  l'enfasi  non  sull'opera  e  sulle  sue
 caratteristiche, ma sulla relazione tra un soggetto, munito di  certi
 requisiti,  e  gli animali da ricoverare, traendo conseguenze diverse
 in base al tipo di utilita' che questi concretamente danno.
    La normativa regionale finisce cosi' per togliere rilievo all'opus
 in  quanto  tale,  quale  si  caratterizza  dalle  sue   connotazioni
 tipologiche,   assegnando   invece  un  ruolo  centrale  ad  elementi
 estrinseci. Il che conduce a chiedersi se sia coerente con il dettato
 costituzionale che l'assenso alla realizzazione di un'opera  venga  a
 dipendere  dal  soggetto  che la realizza e dalla specifica attivita'
 che tramite essa si svolge piuttosto che dalla sua  coerenza  con  un
 determinato tipo edilizio.
    In   buona   sostanza,   il  collegio  dubita  della  legittimita'
 costituzionale delle  norme  che  impongono  la  valutazione  di  una
 domanda  di  concessione  edilizia per la realizzazione di una stalla
 non sulla base della coerenza  progettuale  con  la  tipologia  delle
 stalle,  ne'  sulla  conformita'  di  una  simile  struttura  con  la
 destinazione di zona, bensi' tenendo conto di elementi ulteriori.
    5. - Come gia' detto, la normativa regionale pone  sostanzialmente
 una duplice limitazione alla realizzazione di siffatti manufatti, uno
 di carattere soggettivo, l'altro di tipo funzionale.
    Riguardo  ad entrambi, per le considerazioni sopra svolte, pare al
 collegio che, oltre ad introdurre una ingiustificata  discriminazione
 tra  soggetti  per la realizzazione di opere similari, la legge abbia
 fatto  un  improprio  uso  della  potesta'  legislativa  in   materia
 urbanistica,  e  che  il legislatore regionale abbia anzi travalicato
 l'accezione propria di tale materia,  allorche'  ha  introdotto  come
 paramentri    di    legittimita'   degli   elementi   estranei   alle
 caratteristiche strutturali dell'opera. Per le considerazioni  svolte
 al   punto   precedente,   le  norme  in  questione  sembrano  quindi
 contrastare con gli artt. 3 e 117 della Costituzione.
    Il  contrasto  con  l'art.  3  emerge   da   un'altra   serie   di
 considerazioni.
    Il  criterio  inibisce,  a soggetti non qualificati che si trovino
 comunque insediati nella zona agricola, la realizzazione di qualunque
 tipo di opera. Si  impedisce  cosi',  a  chi  pur  ha  il  potere  di
 effettuare  cospicui  interventi sugli edifici preesistenti (art. 5),
 la stessa realizzazione di manufatti finalizzati all'uso agricolo del
 territorio. A tali soggetti, per il fatto di non svolgere l'attivita'
 agricola  in  via  professionale  o  comunque  principale,  e'  cosi'
 impedito  l'uso  del  fondo, di trarre cioe' da esso utilita' in modo
 conforme alla sua natura e alla sua destinazione. Non sembra ispirato
 al criterio di ragionevolezza l'impedimento a conservare  attrezzi  e
 macchinari  agricoli, prodotti del fondo e quant'altro occorra per la
 coltivazione, in strutture a cio' appositamente destinate.
    Vi   sono,   d'altra  parte,  strutture,  ed  il  riferimento  va,
 segnatamente, alle stalle di cui al caso in  esame  che  -  oltre  ad
 essere  tipologicamente  ben  definite,  e  quindi  insuscettibili di
 essere utilizzate, senza ulteriori opere, in maniera contrastante con
 la loro vocazione a servire al ricovero  di  animali  -  non  possono
 trovare  collocazione  in  altre zone del territorio. Tali strutture,
 anche laddove non  siano  strettamente  collegate  allo  sfruttamento
 agricolo  dei  suoli,  e  non possano, dunque, definirsi "produttive"
 nell'accezione accolta  dalla  legge  regionale,  hanno  comunque  un
 indubbio  collegamento  con  i  fondi  rustici.  E'  impensabile  che
 attivita' connesse all'utilizzazionedi  animali  di  mole  rilevante,
 quando non siano svolte a livello imprenditoriale, possano esplicarsi
 in qualsiasi altra zona urbanistica. La mancanza di ragionevolezza e'
 quindi  anche  legata  alla  constatazione che simili strutture vanno
 necessariamente edificate nelle zone agricole,  per  cui  precluderle
 nell'ambito di queste equivale a precluderle in assoluto.
    La normativa regionale crea, invece, una singolare discriminazione
 allorche'  consente  la  realizzazione  di  stalle  di  allevamento a
 carattere produttivo mentre  preclude  l'edificazione  di  manufatti,
 strutturalmente  e funzionalmente identici, non destinati ad ospitare
 animali da utilizzare nella conduzione del fondo.
    Da un punto di  vista  urbanistico  l'utilizzazione  finale  degli
 animali  allevati  e' del tutto indifferente. Come e' indifferente la
 qualificazione  soggettiva  del  richiedente   la   concessione.   La
 normativa  regionale pone invece le condizioni per discriminare opere
 del medesimo tipo sulla  base  di  criteri  (qualita'  personali  del
 richiedente   nonche',   e  la  cosa  pare  ancora  piu'  arbitraria,
 qualificazione di  un  opus  rientrante  nel  genus  delle  strutture
 agricole  (stalle)  in relazione all'utilizzo degli animali ospitati)
 che  nulla  hanno  a  che  fare  con  la  gestione  urbanistica   del
 territorio.
    Se, come pare corretto ritenere, la conduzione del fondo di cui al
 primo  comma  dell'art.  2  e'  un'attivita' produttiva, tesa cioe' a
 concorrere nella formazione del reddito  dell'imprenditore  agricolo,
 si  deve  concludere  che  anche  ai  soggetti di cui all'art. 3 deve
 essere negata la concessione edilizia  qualora  intendano  realizzare
 una  stalla  per  ospitare  animali  da  utlizzare  per  un  uso  che
 genericamente puo' definirsi sportivo. L'imprenditore  agricolo  e  i
 suoi  familiari  non  possono  quindi  detenere  animali, realizzando
 percio'  le  necessarie   strutture,   da   impiegare   in   pratiche
 "improduttive".
    6.   -   Dalla   enfatizzazione   delle   qualita'  personali  del
 concessionario  e  dell'attivita',  ponendo  in  secondo   piano   la
 tipologia   strutturale,   deriva  che  in  sede  di  rilascio  della
 concessione il sindaco, piu' che  verificare  se  le  caratteristiche
 edilizie  consentano  o  meno  di  ascrivere  l'opera  tra quelle che
 assolvono una funzione legata all'uso del fondo, deve procedere (art.
 3, secondo comma, lett. b) ad accertamenti,  oltre  tutto  opinabili,
 che  esulano  dalle  sue  funzioni  in materia edilizia. L'aver dato,
 tutto sommato, rilevanza urbanistica ai comportamenti umani  pone  la
 legge  regionale  in  contrasto con i principi desumibili dalle norme
 statali (artt. 1 legge n. 10/1977, 7, 8,  e  soprattutto  25,  ultimo
 comma,  della  legge  n.  47/1985),  e  quindi  con  l'art. 117 della
 Costituzione,  alla  luce  dell'ormai  pacifico  orientamento   della
 giurisprudenza sulla irrilevanza urbanistica delle concrete modalita'
 di  utilizzazione  di  un  immobile  (cfr.  Corte  costituzionale  11
 febbraio 1991, n. 73), posto che l'esercizio dello jus utendi  e'  di
 per se' inidoneo a ripercuotersi sulle caratteristiche tipologiche.
    Si   finisce,  invece,  attraverso  l'uso  di  poteri  in  materia
 edilizia, non per gestire il territorio bensi' per sottoporre  ad  un
 improprio  controllo  attivita'  e modalita' di estrinsecazione della
 personalita' umana.
    Il duplice ordine di requisiti  richiesti  finisce,  infatti,  per
 togliere   qualunque  rilevanza  alle  connotazioni  strutturali  per
 indirizzare le verifiche dell'autorita' procedente verso  circostanze
 estrinseche  alle  caratteristiche dell'opera; cosicche', piu' che un
 raffronto tra la struttura edilizia e lo strumento urbanistico, viene
 ad essere effettuato  un  penetrante  controllo  sulle  modalita'  di
 utilizzazione   dell'opera.   Il   tutto  alla  luce  delle  qualita'
 soggettive del richiedente, come se queste riuscissero,  da  sole,  a
 dare un significato urbanistico ad un'opera edilizia.
    6.   -  Considerata,  inoltre,  la  rigida  predeterminazione  dei
 contenuti degli strumenti urbanistici  e  l'assoluta  preclusione  ai
 comuni  di  consentire  interventi non contemplati dalla legge, si e'
 indotti a dubitare della legittimita' delle suddette norme  anche  in
 relazione agli artt. 5 e 128 della Costituzione.
    7.  -  Per  quanto  sopra considerato, va disposta la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale e al contestuale sospensione del
 giudizio.
                               P. Q. M.
    Riservata ogni altra pronuncia in rito, sul merito e sulle  spese,
 ritenendo rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli
 artt.   3,   5,  117  e  128  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma,  e  3,  della
 legge  regione  Lombardia  7  giugno  1980, n. 93, nella parte in cui
 limitano l'edificazione di  strutture  non  residenziali  nelle  zone
 agricole;
    Sospende il giudizio;
    Dispone  che,  a  cura  della  segreteria  della sezione, gli atti
 vengano trasmessi alla Corte costituzionale e la  presente  ordinanza
 venga notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri
 ed  al  presidente  della  giunta  della  regione  Lombardia  nonche'
 comunicata al presidente del consiglio regionale.
                       Il presidente: BONIFACIO
                                               L'estensore: TRAMAGLINI
 94C0809