N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 1994
N. 428 Ordinanza emessa il 27 maggio 1993 (pervenuta il 23 giugno 1994) dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Cantu' Ercole ed altri contro il comune di Vimercate ed altri Regione Lombardia - Edilizia e urbanistica - Previsione in tutte le aree destinate dagli strumenti urbanistici generali a zona agricola della possibilita' di rilascio della concessione edilizia solo agli imprenditori agricoli ed esclusivamente per le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alla residenza dell'imprenditore agricolo e di dipendenti dell'azienda nonche' alle attrezzature ed infrastrutture produttive (silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la vendita dei prodotti agricoli, ecc.) - Conseguente lamentata discriminazione tra imprenditori agricoli, riguardo alla realizzazione di stalle, il rilascio della concessione essendo ingiustificatamente consentito solo per le stalle destinate ad allevamento a carattere produttivo o ad ospitare animali da utilizzare nella conduzione del fondo - Straripamento dalla competenza della regione e dei comuni in materia di edilizia ed urbanistica - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 709/1988 e 73/1991. (Legge regione Lombardia 7 giugno 1980, n. 93, art. 2, primo e terzo comma). (Cost., artt. 3, 5, 117 e 128).(GU n.30 del 20-7-1994 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 1993 sul ricorso n. 3325/1990 proposto da Ercole Cantu', Gianfranco Catanzaro, Francesca Murroni, rappresentati e difesi dagli avv.ti Umberto Capoluongo ed Ercole Romano, presso lo studio del secondo elettivamente domiciliati in Milano, via Canova, 19/a, contro il comune di Vimercate, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, presso lo studio dello stesso elettivamente domiciliato in Milano, Galleria S. Babila, 4/a e nei confronti di Febo Nebel e Associazione sportiva "Centro ippico La Corte", non costituitisi in giudizio per l'annullamento della concessione edilizia rilasciata il 16 maggio 1990 all'associazione sportiva "Centro ippico La Corte" per la costruzione di box per cavalli, con ogni atto comunque connesso; Visto il ricorso con i relativi allegati, nonche' l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente e le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, alla pubblica udienza del 27 maggio 1993, giudice relatore dott. Alberto Tramaglini, l'avv. Bazzani, su delega dell'avv. Romano, per i ricorrenti e l'avv. Monti, su delega dell'avv. Viviani, per l'amministrazione resistente; Ritenuto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato il 17 ottobre 1990, i sigg. Cantu', Catanzaro e Murroni, premesso di essere proprietari di una villa bifamiliare con giardino in localita' Rugginello di Vimercate, hanno impugnato la concessione edilizia con cui il comune di Vimercate ha assentito all'associazione "Centro ippico La Corte" la costruzione, in area limitrofa, di cinque box per ricoverarvi dei cavalli. Essi deducono: 1) violazione dell'art. 216 t.u. n. 1265/1934; difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento. L'attivita' di ricovero di animali, e segnatamente quella di maneggio, svolta dai controinteressati, e' considerata industria insalubre di 1a classe dal d.m. 19 novembre 1981, a norma dell'art. 216 del testo unico in epigrafe. Premesso che le verifiche imposte a salvaguardia della salute pubblica devono condizionare il rilascio del titolo ad edificare, nel caso di specie non sarebbe stato acquisito il parere igienico-sanitario e difetterebbe, comunque, una completa istruttoria imposta dalla vicinanza di abitazioni; 2) violazione dell'art. 3.10.7 del regolamento di igiene. La concessione non prevede adeguate forme di smaltimento dei liquami, come imposto dalla norma regolamentare, ritenendo erroneamente sufficiente l'impegno ad asportare periodicamente rifiuti; 3) violazione del p.r.g. in relazione alla legge regionale n. 93/1980. La costruzione autorizzata e' localizzata in zona agricola, dove l'intervento e' consentito solo a soggetti in possesso di particolari requisiti soggettivi e per strutture funzionali alla conduzione del fondo. Da ambedue i punti di vista l'associazione controinteressata non aveva titolo ad ottenere l'assenso comunale. Resisteva in giudizio il comune di Vimercate, eccependo in primo luogo la tardivita' del ricorso e chiedendo comunque il rigetto del ricorso. Con successivo atto veniva notificato un motivo aggiunto, dove, censurando ulteriormente l'atto per violazione dell'art. 3 della legge regionale n. 93/1980 e dell'art. 9 della legge n. 10/1977, nonche' per difetto di presupposti, di istruttoria e carenza di motivazione, si ribadivano le illegittimita' connesse alla particolare attivita' sociale della controinteressata e allo speciale regime della zona urbanistica in cui e' localizzata l'opera. Previa acquisizione di documenti, il ricorso veniva spedito in decisione all'udienza del 27 maggio 1993. Con sentenza parziale in pari data e' stata dichiarata l'irricevibilita' del ricorso riguardo ai sigg. Cantu' e Catanzaro. Con la stessa decisione sono stati rigettati i primi due motivi del ricorso. D I R I T T O 1. - Con i motivi residui, e segnatamente con il terzo, viene denunciata la violazione delle norme regionali che disciplinano gli insediamenti nelle zone agricole. Si sostiene in particolare che la legge regionale n. 93/1980 subordina, nelle suddette zone, il rilascio della concessione edilizia all'accertamento di specifici requisiti soggettivi e della destinazione delle strutture alla conduzione del fondo. Nella specie, dato che la concessione e' stata rilasciata ad un'associazione sportiva per la realizzazione di una stalla dove ricoverare cavalli utilizzati per un'attivita' estranea a quella agricola, l'atto sarebbe illegittimo. La legge in questione (legge reg. Lombardia 7 giugno 1980, n. 93), intitolata "Norme in materia di edificazione nelle zone agricole", all'art. 2, primo comma, "in tutte le aree destinate dagli strumenti urbanistici generali a zona agricola", consente "esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alle residenze dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti dell'azienda, nonche' alle attrezzature ed infrastrutture produttive quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le modalita' previsti dal successivo art. 3". L'articolo 3 aggiunge un requisito di ordine soggettivo, permettendo il rilascio della concessione edilizia "esclusivamente: a) all'imprenditore agricolo .. iscritto all'albo di cui alla legge regionale 13 aprile 1974, n. 18 .. a titolo gratuito ai sensi dell'art. 9, lett. a), della legge 28 gennaio 1977, n. 10; b) al titolare o al legale rappresentante dell'impresa agricola .. subordinatamente al versamento dei contributi di concessione; c) limitatamente ai territori dei comuni indicati nella tabella allegata alla legge regionale 19 novembre 1986, n. 51, ai soggetti aventi i requisiti di cui all'art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 352 e all'art. 8, punto 4), della legge regionale sopraccitata, subordinatamente al pagamento dei contributi di concessione ..". Il secondo comma del medesimo articolo prevede una attivita' istruttoria - fondata su accertamenti d'ufficio e assunzioni di impegni da parte del richiedente - diretta a verificare l'effettiva esistenza e funzionamento dell'azienda agricola e a vincolare la destinazione dell'immobile al servizio dell'attivita' produttiva. Va ulteriormente osservato che le suddette norme sono di diretta applicazione ai sensi dell'art. 4, che prevede la immediata prevalenza sugli strumenti urbanistici in contrasto con esse. L'art. 6 contempla peraltro sanzioni per la violazione delle disposizioni della "presente legge", prevedendo espressamente quella da irrogare in caso di modifica della destinazione d'uso, e quindi di sottrazione del manufatto al suo carattere pertinenziale rispetto al fondo. Nelle suddette zone l'attivita' costruttiva e' percio' rigidamente condizionata dalla previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi e dall'esistenza del collegamento funzionale tra il manufatto e la conduzione del fondo. La concessione impugnata, come gia' detto, e' stata rilasciata ad un'associazione sportiva ed e' riferita alla costruzione di una stalla per ricovero di cavalli. L'opera e' stata realizzata da un soggetto sprovvisto dei requisiti soggettivi richiesti ne' puo' considerarsi in funzione della conduzione del fondo, cosicche' la violazione della normativa regionale risulta evidente. 2. - Senonche' il collegio e' indotto a dubitare della legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 3 della legge regionale n. 93/1980, nella parte in cui subordinano la realizzazione di opere non destinate alla residenza al possesso di particolari requisiti soggettivi e all'accertamento di un collegamento funzionale con l'attivita' agricola. Quanto alla rilevanza, le osservazioni finora svolte dimostrano che l'applicazione delle disposizioni condurrebbe all'accoglimento del terzo motivo di ricorso e, quindi, all'annullamento del provvedimento impugnato. 3. - La questione va ulteriormente puntualizzata, visto che essa non ha ragione di porsi per gli edifici destinati alla residenza, non solo perche' si tratta di fattispecie estranea al giudizio, ma anche in quanto la limitazione degli insediamenti abitativi nella zona agricola introduce una problematica che presenta scarsi caratteri di omogeneita' con quella che deriva dall'analoga restrizione per le opere non residenziali, fosse altro perche' la soglia di ragionevolezza della suddetta limitazione e' di piu' intuitiva percezione. La legge, infatti, consentendo unicamente la costruzione di edifici rurali elimina la possibilita' di nuovi carichi insediativi derivanti da immobili a mera destinazione residenziale. D'altronde, le abitazioni edifici rurali non si caratterizzano, rispetto a quelle di altro tipo, per una loro particolare struttura, ma unicamente per essere destinati ad abitazione del coltivatore del fondo. Le condizioni richieste dalla normativa regionale consentono, in questo, di individuare un tipo edilizio sulla base degli unici elementi utili a tale fine. Il dubbio nemmeno ha ragion d'essere riguardo alle opere che con la destinazione agricola della zona hanno ben poco a che fare, posto che "i principi della legislazione statale .. prevedono una normativa differenziata, per le zone agricole, rispetto a quella relativa ad altre zone" (Corte costituzionale, ord. 9-23 giugno 1988, n. 709). In altri termini, non si dubita della legittimita' costituzionale della normativa regionale laddove questa cessa di considerare la zona agricola come una sorta di territorio di riserva, sul quale dirottare l'attivita' edilizia allorquando le esigenze di espansione residenziale od industriale lo richiedano (cfr. art. 1, secondo comma). L'esigenza "di limitare l'utilizzazione edilizia dei territori agricoli" (art. 1 cit.), tiene conto, d'altra parte, dell'esigenza di salvaguardia del territorio, quale risorsa limitata, per evitarne il consumo indiscriminato. La questione si pone, invece, rispetto all'impedimento legislativo alla realizzazione di strutture che si caratterizzano per essere oggettivamente ed immediatamente classificabili tra quelle che pure sono consentite nella zona ed altresi' inidonee a provocare nuovi carichi urbanistici ed a consentire, quindi, il nuovo insediamento di soggetti che non svolgano l'attivita' agricola. E' infatti evidente che, essendo preclusa la realizzazione di residenze, la costruzione di manufatti accessori non prelude ad insediamenti abitativi ma solo all'utilizzazione del fondo. 4. - La normativa che impone il nesso tra l'opera e la conduzione del fondo potrebbe essere vista come disciplina dell'uso del territorio, ossia come atta a stabilire gli usi conformi ad una determinata zona urbanistica, per cui si potrebbe ritenere che il collegio dubita, in buona sostanza, della legittimita' costituzionale di una legge diretta ad impedire edificazioni in contrasto con la destinazione di zona, finendo cosi' per ignorare che la legge in questione, imprimendo una "particolare destinazione dei beni" (Corte costituzionale, ord. cit.), non fa altro che determinare di conseguenza i "vincoli ed i caratteri da osservare" (art. 7 l.u.) per l'edificazione in detta zona. Il dubbio ha, tuttavia, ragione di esistere sulla base della considerazione che le suddette norme, piu' che disciplinare l'uso urbanisticamente rilevante, quale risulta dalla tipologia strutturale dell'immobile, sembrano essere dirette ad un controllo della concreta utilizzazione dell'opera, in buona sostanza a regolamentare lo jus utendi piu' che lo jus aedificandi. E che sia l'attenzione sulla concreta utilizzazione del manufatto a caratterizzare le norme in esame - le quali, quindi, piu' che disciplinare l'edificazione, finiscono con il consentire o precludere determinate attivita', con il regolamentare, cioe', non l'uso quale emerge dalle caratteristiche strutturali della costruzione, ma quale desumibile sulla base di fattori urbanisticamente irrilevanti - emerge nitidamente dal caso in esame, dove il parametro per valutare la legittimita' dell'edificazione di un manufatto oggettivamente di tipo agricolo (stalla) finisce per identificarsi con l'accertamento dell'utilizzazione finale degli animali ricoverati. Non vi e' chi non veda che una stalla non cessa di essere tale se realizzata da un soggetto piuttosto che da un altro e se in essa trovano ricovero animali destinati alla "produzione" piuttosto che ad altri scopi. La legge pone cosi' l'enfasi non sull'opera e sulle sue caratteristiche, ma sulla relazione tra un soggetto, munito di certi requisiti, e gli animali da ricoverare, traendo conseguenze diverse in base al tipo di utilita' che questi concretamente danno. La normativa regionale finisce cosi' per togliere rilievo all'opus in quanto tale, quale si caratterizza dalle sue connotazioni tipologiche, assegnando invece un ruolo centrale ad elementi estrinseci. Il che conduce a chiedersi se sia coerente con il dettato costituzionale che l'assenso alla realizzazione di un'opera venga a dipendere dal soggetto che la realizza e dalla specifica attivita' che tramite essa si svolge piuttosto che dalla sua coerenza con un determinato tipo edilizio. In buona sostanza, il collegio dubita della legittimita' costituzionale delle norme che impongono la valutazione di una domanda di concessione edilizia per la realizzazione di una stalla non sulla base della coerenza progettuale con la tipologia delle stalle, ne' sulla conformita' di una simile struttura con la destinazione di zona, bensi' tenendo conto di elementi ulteriori. 5. - Come gia' detto, la normativa regionale pone sostanzialmente una duplice limitazione alla realizzazione di siffatti manufatti, uno di carattere soggettivo, l'altro di tipo funzionale. Riguardo ad entrambi, per le considerazioni sopra svolte, pare al collegio che, oltre ad introdurre una ingiustificata discriminazione tra soggetti per la realizzazione di opere similari, la legge abbia fatto un improprio uso della potesta' legislativa in materia urbanistica, e che il legislatore regionale abbia anzi travalicato l'accezione propria di tale materia, allorche' ha introdotto come paramentri di legittimita' degli elementi estranei alle caratteristiche strutturali dell'opera. Per le considerazioni svolte al punto precedente, le norme in questione sembrano quindi contrastare con gli artt. 3 e 117 della Costituzione. Il contrasto con l'art. 3 emerge da un'altra serie di considerazioni. Il criterio inibisce, a soggetti non qualificati che si trovino comunque insediati nella zona agricola, la realizzazione di qualunque tipo di opera. Si impedisce cosi', a chi pur ha il potere di effettuare cospicui interventi sugli edifici preesistenti (art. 5), la stessa realizzazione di manufatti finalizzati all'uso agricolo del territorio. A tali soggetti, per il fatto di non svolgere l'attivita' agricola in via professionale o comunque principale, e' cosi' impedito l'uso del fondo, di trarre cioe' da esso utilita' in modo conforme alla sua natura e alla sua destinazione. Non sembra ispirato al criterio di ragionevolezza l'impedimento a conservare attrezzi e macchinari agricoli, prodotti del fondo e quant'altro occorra per la coltivazione, in strutture a cio' appositamente destinate. Vi sono, d'altra parte, strutture, ed il riferimento va, segnatamente, alle stalle di cui al caso in esame che - oltre ad essere tipologicamente ben definite, e quindi insuscettibili di essere utilizzate, senza ulteriori opere, in maniera contrastante con la loro vocazione a servire al ricovero di animali - non possono trovare collocazione in altre zone del territorio. Tali strutture, anche laddove non siano strettamente collegate allo sfruttamento agricolo dei suoli, e non possano, dunque, definirsi "produttive" nell'accezione accolta dalla legge regionale, hanno comunque un indubbio collegamento con i fondi rustici. E' impensabile che attivita' connesse all'utilizzazionedi animali di mole rilevante, quando non siano svolte a livello imprenditoriale, possano esplicarsi in qualsiasi altra zona urbanistica. La mancanza di ragionevolezza e' quindi anche legata alla constatazione che simili strutture vanno necessariamente edificate nelle zone agricole, per cui precluderle nell'ambito di queste equivale a precluderle in assoluto. La normativa regionale crea, invece, una singolare discriminazione allorche' consente la realizzazione di stalle di allevamento a carattere produttivo mentre preclude l'edificazione di manufatti, strutturalmente e funzionalmente identici, non destinati ad ospitare animali da utilizzare nella conduzione del fondo. Da un punto di vista urbanistico l'utilizzazione finale degli animali allevati e' del tutto indifferente. Come e' indifferente la qualificazione soggettiva del richiedente la concessione. La normativa regionale pone invece le condizioni per discriminare opere del medesimo tipo sulla base di criteri (qualita' personali del richiedente nonche', e la cosa pare ancora piu' arbitraria, qualificazione di un opus rientrante nel genus delle strutture agricole (stalle) in relazione all'utilizzo degli animali ospitati) che nulla hanno a che fare con la gestione urbanistica del territorio. Se, come pare corretto ritenere, la conduzione del fondo di cui al primo comma dell'art. 2 e' un'attivita' produttiva, tesa cioe' a concorrere nella formazione del reddito dell'imprenditore agricolo, si deve concludere che anche ai soggetti di cui all'art. 3 deve essere negata la concessione edilizia qualora intendano realizzare una stalla per ospitare animali da utlizzare per un uso che genericamente puo' definirsi sportivo. L'imprenditore agricolo e i suoi familiari non possono quindi detenere animali, realizzando percio' le necessarie strutture, da impiegare in pratiche "improduttive". 6. - Dalla enfatizzazione delle qualita' personali del concessionario e dell'attivita', ponendo in secondo piano la tipologia strutturale, deriva che in sede di rilascio della concessione il sindaco, piu' che verificare se le caratteristiche edilizie consentano o meno di ascrivere l'opera tra quelle che assolvono una funzione legata all'uso del fondo, deve procedere (art. 3, secondo comma, lett. b) ad accertamenti, oltre tutto opinabili, che esulano dalle sue funzioni in materia edilizia. L'aver dato, tutto sommato, rilevanza urbanistica ai comportamenti umani pone la legge regionale in contrasto con i principi desumibili dalle norme statali (artt. 1 legge n. 10/1977, 7, 8, e soprattutto 25, ultimo comma, della legge n. 47/1985), e quindi con l'art. 117 della Costituzione, alla luce dell'ormai pacifico orientamento della giurisprudenza sulla irrilevanza urbanistica delle concrete modalita' di utilizzazione di un immobile (cfr. Corte costituzionale 11 febbraio 1991, n. 73), posto che l'esercizio dello jus utendi e' di per se' inidoneo a ripercuotersi sulle caratteristiche tipologiche. Si finisce, invece, attraverso l'uso di poteri in materia edilizia, non per gestire il territorio bensi' per sottoporre ad un improprio controllo attivita' e modalita' di estrinsecazione della personalita' umana. Il duplice ordine di requisiti richiesti finisce, infatti, per togliere qualunque rilevanza alle connotazioni strutturali per indirizzare le verifiche dell'autorita' procedente verso circostanze estrinseche alle caratteristiche dell'opera; cosicche', piu' che un raffronto tra la struttura edilizia e lo strumento urbanistico, viene ad essere effettuato un penetrante controllo sulle modalita' di utilizzazione dell'opera. Il tutto alla luce delle qualita' soggettive del richiedente, come se queste riuscissero, da sole, a dare un significato urbanistico ad un'opera edilizia. 6. - Considerata, inoltre, la rigida predeterminazione dei contenuti degli strumenti urbanistici e l'assoluta preclusione ai comuni di consentire interventi non contemplati dalla legge, si e' indotti a dubitare della legittimita' delle suddette norme anche in relazione agli artt. 5 e 128 della Costituzione. 7. - Per quanto sopra considerato, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e al contestuale sospensione del giudizio.
P. Q. M. Riservata ogni altra pronuncia in rito, sul merito e sulle spese, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 5, 117 e 128 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 3, della legge regione Lombardia 7 giugno 1980, n. 93, nella parte in cui limitano l'edificazione di strutture non residenziali nelle zone agricole; Sospende il giudizio; Dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale e la presente ordinanza venga notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al presidente della giunta della regione Lombardia nonche' comunicata al presidente del consiglio regionale. Il presidente: BONIFACIO L'estensore: TRAMAGLINI 94C0809