N. 443 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 maggio 1994

                                N. 443
 Ordinanza  emessa  il  12  maggio  1994  dal  pretore  di  Parma  nel
 procedimento civile vertente tra Ugolotti Giancarlo e I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Trattamenti di disoccupazione -
    Indennita'  di  mobilita'  (dovuta  in  seguito  a   licenziamento
    collettivo)  - Esclusione, per i titolari di pensione o di assegno
    di invalidita', senza la possibilita', gia' riconosciuta prima del
    d.l. n. 478 del 1992 e poi ripristinata con il d.-l.  n.  40  del
    1994,  di  optare  per il trattamento piu' favorevole - Violazione
    della  norma,  costituzionalmente  garantita,  che  esige  che  il
    lavoratore  sia tutelato sia in caso di invalidita' che in caso di
    disoccupazione involontaria - Violazione, altresi',  dei  principi
    di   eguaglianza   e   ragionevolezza,   non  giustificandosi,  in
    particolare, che il diritto di opzione  in  questione  sia  negato
    solo per il suddetto breve periodo.
 (D.L. 20 maggio 1993, n. 148, art. 6, settimo comma, convertito in
    legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 1).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.30 del 20-7-1994 )
                              IL PRETORE
    Nella  causa previdenziale promossa da Ugolotti Giancarlo (avv. L.
 Petronio), contro l'I.N.P.S. (avv. D. Liveri), sciogliendo la riserva
 di deliberare, il pretore ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Dal 30 giugno 1992 il ricorrente e' stato licenziato dalla  S.p.a.
 Fams  Italia,  una  volta  espletata  la  procedura  di licenziamento
 collettivo ex legge n. 223/1991;  egli  ha  chiesto  l'indennita'  di
 mobilita'  ed essendo titolare di assegno di invalidita' n. 15012729,
 ha ricevuto solo la differenza fra l'indennita' e la pensione. L'art.
 10, quattordicesimo comma  della  legge  22  dicembre  1984,  n.  887
 (finanziaria  1985)  prevede  infatti  che  dal  1  gennaio  1985  "i
 trattamenti ordinari di disoccupazione  non  sono  cumulabili  con  i
 trattamenti   pensionistici   diretti   a  carico  dell'assicurazione
 generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti
 dei lavoratori dipendenti .." al sedicesimo comma e' poi aggiunto "E'
 fatta salva in ogni caso la quota del trattamento  di  disoccupazione
 eventualmente eccedente l'importo del trattamento pensionistico".
    A  partire  dal  15  dicembre  1992  non gli e' stata piu' erogata
 neppure  tale  differenza,  ed  ha  perso  anche  il   diritto   alla
 contribuzione figurativa a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 5
 del d.l. n. 478/1992 che ha stabilito la totale incompatibilita' fra
 i  trattamenti  di  disoccupazione  e  l'indennita' di mobilita' ed i
 trattamenti pensionistici di cui sopra. Il d.l. n. 478/1992  non  fu
 convertito;  il  suo  contenuto  fu reiterato con i d.l. nn. 31/1993
 (art. 5) e 57/1993 (art. 6, settimo comma), anch'essi non  convertiti
 ed  infine  con  il  d.l.  del 20 maggio 1993, n. 148, convertito in
 legge 19 luglio 1993, n. 236,  che  all'art.  6,  settimo  comma,  ha
 disposto  la  totale  incompatibilita'  fra  indennita' e trattamenti
 pensionistici. L'art. 1 della legge di conversione ha fatto salvi gli
 effetti dei precedenti decreti non convertiti.
    Ai sensi dell'art. 7, primo comma della legge n. 223/1991, poiche'
 al momento del licenziamento non aveva compiuto i 39 anni di eta', il
 ricorrente aveva diritto all'indennita' di mobilita' solo per 12 mesi
 e quindi fino al 5 agosto 1992; la  sua  posizione,  allora,  non  e'
 stata  interessata  dalla  disposizione dell'art. 2, quinto comma del
 d.l. 18 marzo 1994, n. 185 (che reiterava il contenuto del d.-l.  18
 gennaio  1994,  n.  40, non convertito), il quale ha aggiunto al gia'
 citato  settimo  comma  dell'art.  6  del  d.l.   n.   148/1993   la
 disposizione   per  cui  "All'atto  dell'iscrizione  nelle  liste  di
 mobilita', i lavoratori che fruiscono dell'assegno o  della  pensione
 di  invalidita'  devono  optare  tra  tali  trattamenti  e  quello di
 mobilita' ..".
    Il ricorrente per il periodo fino al 15 dicembre 1992 sostiene  di
 avere  diritto  al cumulo fra il trattamento di mobilita' e l'assegno
 di   invalidita';   motiva   la   propria   richiesta   interpretando
 restrittivamente  l'art.  10,  quattordicesimo  comma  della legge n.
 887/1994; nella norma  si  menzionano  i  "trattamenti  pensionistici
 diretti"  e  fra  essi  non  potrebbe  essere  compreso  l'assegno di
 invalidita' che ha carattere transitorio e non reversibile; la  norma
 prevede  l'incolumita' con i soli trattamenti di disoccupazione e fra
 essi non potrebbe ritenersi compresa l'indennita' di  mobilita',  che
 e'  istituto diverso; di cio' sarebbe conferma il fatto che l'art. 6,
 settimo  comma  del  d.l.  n.   148/1993   (cosi'   come   l'analoga
 disposizione   contenuta   nei  precedenti  decreti  non  convertiti)
 distingue  fra  trattamenti  di  disoccupazione   e   indennita'   di
 mobilita'.    In    caso   di   interpretazione   diversa,   sostiene
 l'incostituzionalita' della norma. A maggiore  ragione  sostiene  che
 sono  incostituzionali  quelle  successive  che  hanno  introdotto la
 totale incompatibilita' fra i due trattamenti, per contrasto con  gli
 artt.  3,  36  e  38  della  Costituzione; l'assegno e la pensione di
 invalidita', infatti, risarciscono il lavoratore del  minore  reddito
 che   egli   consegue   lavorando   e   quindi   non   avrebbe  senso
 l'incompatibilita' con i trattamenti sostitutivi della  retribuzione.
 Non  si spiega il trattamento differenziato rispetto all'integrazione
 salariale che si cumula con la pensione negli stessi limiti in cui si
 cumulano pensione e  retribuzione  (art.  7  del  d.l.  n.  791/1981
 convertito in legge n. 54/1982).
    Ben  piu' grave sarebbe l'incostituzionalita' dell'art. 6, settimo
 comma del d.l. n. 148/1993 (e delle precedenti  disposizioni  i  cui
 effetti  sono  stati fatti salvi) in quanto non consente di mantenere
 il  trattamento  piu'  favorevole,  tanto  piu'   che   alla   palese
 ingiustizia  si  e'  di  recente ovviato con i d.l. nn. 40 e 195 del
 1994 che hanno ripristinato nella sostanza il diritto a conservare il
 trattamento piu' favorevole.
    Ritiene  il   pretore   che   le   eccezioni   di   illegittimita'
 costituzionale  sono  in parte fondate e che quindi la questione vada
 rimessa alla Corte costituzionale.
    L'interpretazione  dell'art.  10,  primo  comma  della  legge   n.
 887/1984  proposta  dal  ricorrente  e' troppo restrittiva, mentre e'
 corretta quella  seguita  dall'I.N.P.S.;  l'espressione  "trattamenti
 pensionistici"  deve  essere  intesa  in senso ampio come riferito ad
 ogni tipo di previdenza  erogata  per  sopperire  all'invalidita'  in
 esecuzione dell'art. 38 della Costituzione per cui, a questi fini, e'
 irrilevante  la  distinzione fra assegno e pensione, che dipende solo
 dal grado di invalidita' e dalla possibilita' o meno di continuare  a
 svolgere attivita' retribuita.
    Neppure  si  puo'  seguire l'interpretazione voluta dal ricorrente
 che vuole esclusa dall'incompatibilita' il trattamento  di  mobilita'
 sostenendone  la  radicale  diversita'  da  quello di disoccupazione;
 anche in questo caso l'espressione "trattamenti ordinari  e  speciali
 di  disoccupazione" vanno intesi in senso ampio come riferiti a tutte
 le previdenze comunque  erogate  in  esecuzione  dell'art.  38  della
 Costituzione   a  seguito  dell'evento  disoccupazione  involontaria.
 L'indennita' di mobilita' consegue al licenziamento collettivo ed  e'
 certamente  un  trattamento  di disoccupazione giacche' viene erogata
 quando e' ormai totalmente  rescisso  ogni  rapporto  col  datore  di
 lavoro;  c'e'  poi  l'argomento  testuale  dell'art. 7 della legge n.
 223/1991; all'ottavo comma  prevede  che  l'indennita'  di  mobilita'
 sostituisca  "ogni altra prestazione di disoccupazione"; per espressa
 disposizione di legge l'indennita' di mobilita'  e'  considerata  una
 delle  varie  prestazioni  di  disoccupazione;  al  dodicesimo  comma
 dispone  poi  che  l'indennita'  di  mobilita'  "e'  regolata   dalla
 normativa  che  disciplina  l'assicurazione  obbligatoria  contro  la
 disoccupazione  involontaria";  il  richiamo   esplicito   a   questa
 disciplina dimostra che col d.l. n. 148/1993 (e con i precedenti non
 convertiti),  menzionando  espressamente  l'indennita'  di  mobilita'
 assieme ai trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione,  si  e'
 voluto  solo eliminare ogni eventuale dubbio interpretativo. Nel 1984
 infatti l'indennita' di mobilita' non esisteva, ma nel 1993  omettere
 di menzionarla espressamente poteva essere interpretato come volonta'
 di escluderla dall'ambito di operativita' della norma.
    Le  norme  gia'  richiamate  che,  invece,  sanciscono  la  totale
 incompatibilita' fra i due trattamenti appaiono  incostituzionali  in
 quanto in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione.
    Senza  scendere  all'esame dettagliato delle varie disposizioni di
 legge  che  ne  sono  espressione,   in   materia   pensionistica   e
 previdenziale   si   puo'  senz'altro  affermare  l'esistenza  di  un
 principio  generale  per  cui,  in  caso  di  concorrenza   fra   due
 prestazioni  non  cumulabili,  al  titolare  deve essere garantita la
 possibilita' di optare per l'una o l'altra prestazione.  La  mancanza
 di tale possibilita' urta contro il principio di ragionevolezza, crea
 disparita'  di trattamento ed appare in contrasto con l'art. 38 della
 Costituzione che esige che il lavoratore venga garantito sia in  caso
 di  invalidita' che in caso di disoccupazione involontaria. Escludere
 il cumulo fra i due trattamenti puo' essere una scelta  discrezionale
 non censurabile del legislatore che nel farla deve tenere conto delle
 condizioni economiche e sociali del paese (ed a questo proposito puo'
 dirsi infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 10,  quattordicesimo  comma della legge n. 887/1984, pur proposta dal
 ricorrente);  escludere  il  diritto  di  opzione,   o   l'automatica
 spettanza del trattamento piu' favorevole, o la riduzione del secondo
 beneficio    alla    sola    differenza,   e'   scelta   che   sembra
 incostituzionale. Vale la pena di fare  rilevare  che,  nel  caso  di
 specie, l'assegno di invalidita' per il ricorrente, era di L. 530.055
 nette  al  mese,  mentre  come  indenita'  di mobilita' avrebbe avuto
 diritto a L. 1.115.725;  dal  15  dicembre  1992  per  effetto  della
 assoluta  incompatibilita' non solo ha percepito solamente il modesto
 assegno di invalidita', ma ha perso anche il diritto all'accredito di
 contribuzione  figurativa,   giacche'   l'incompatibilita'   riguarda
 l'intero trattamento di disoccupazione.
    C'e'  poi  una  palese  violazione  del  principio  di uguaglianza
 perche' non si vede per quale motivo sia stata  introdotta  la  norma
 che  prevede  la  totale incompatibilita' solo per il breve spazio di
 tempo dall'entrata in vigore del d.l. n.  478/1992  e  l'entrata  in
 vigore del d.l. n. 40/1994 che ha introdotto la facolta' di opzione.
    La  questione  non  e' manifestamente infondata e la sua rilevanza
 per la decisione della presente controversia e' evidente.
                               P. Q. M.
    Dichiara non manifestamente infondata la questione  relativa  alla
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 6, settimo comma del d.l. 20
 maggio 1993, n. 148, convertito in legge  19  luglio  1993,  n.  236,
 nonche'  dell'art.  1  della  legge n. 236/1993 nella parte in cui fa
 salvi gli  effetti  prodotti  dall'art.  5  del  d.l.  n.  478/1992,
 dall'art.  5  del  d.l. n. 31/1993, e dall'art. 6, settimo comma del
 d.l.  n.  57/1993,  per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione.
    Sospende  il  presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina che a cura della cancelleria la  presente  ordinanza  venga
 notificata  alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e se
 ne dia comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Parma, addi' 12 maggio 1994
                         Il pretore: FEDERICO

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