N. 338 SENTENZA 19 - 25 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita' pubblica - Riconoscimento degli istituti di ricovero e cura a
 carattere  scientifico  e  relativa  revoca  -  Previsto parere della
 Conferenza  Stato-regioni  -  Mancata  previsione  del  parere  delle
 regioni  direttamente  interessate  -  Conseguente sottrazione di una
 competenza consultiva regionale -  Contrasto  con  i  principi  della
 legge delega - Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (D.-Lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 2, secondo comma).
 
 (Cost.,  artt.  76 e 117, in relazione alla legge 23 ottobre 1992, n.
 421).
 
 Sanita'  pubblica  -  Istituti  di  ricovero  e  cura   a   carattere
 scientifico  -  Estensione  per legge delle loro finalita' di ricerca
 non solo nel campo medico ma anche in  quello  dell'organizzazione  e
 gestione  dei  servizi  sanitari  -  Qualificazione,   ex lege, delle
 strutture  e  dei  presidi  ospedalieri  come  ospedali  di   rilievo
 nazionale  e di alta specializzazione - Lamentato eccesso di delega -
 Esclusione - Desumibilita' dei  principi  direttivi  della  legge  di
 delega del suo intero testo - Contestata previsione di un obbligo per
 la  regione  di  finanziamento  di  istituti  sul cui riconoscimento,
 organizzazione  e  gestione  non  ha   influenza   -   Esclusione   -
 Partecipazione  delle  regioni  al  riconoscimento  e,  per  la parte
 assistenziale, alla gestione degli istituti -  Non  fondatezza  delle
 quetioni.
 
 (D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 1, primo e terzo comma).
 
 (Cost.,  artt. 76, 117, 118 e 119, in relazione alla legge 23 ottobre
 1992, n. 421).
 
 Sanita'  pubblica  -  Istituti  di  ricovero  e  cura   a   carattere
 scientifico  -  Attivita'  di controllo esercitata dal Ministro della
 sanita' - Previsto regolamento governativo per  la  disciplina  degli
 atti e dei relativi procedimenti da sottoporre al controllo - Mancato
 coinvolgimento  della  regione - Esclusione - Attribuzione dei poteri
 di controllo in rapporto alle rispettive competenze - Spettanza  alla
 regione  di  quelle  attinenti  all'assistenza - Non fondatezza della
 questione.
 
 (D.Lgs.  30  giugno  1993,  n. 269, art. 2, commi primo, lett.  c), e
 terzo, lett.  d)).
 
 (Cost., artt. 117, 118 e 119).
 
 Sanita'  pubblica  -  Istituti  di  ricovero  e  cura   a   carattere
 scientifico  -  Contestata  previsione  di  un finanziamento a carico
 della regione senza corrispondente possibilita' di  programmazione  e
 di  controllo  per  l'attivita'  sanitaria  -  Conseguente  lamentata
 lesione dei principi della delega  e  delle  competenze  regionali  -
 Esclusione   -   Ripartizione   del  regime  finanziario  secondo  le
 rispettive competenze -  Attribuzione  in  percentuale  (max  80  per
 cento)  del  finanziamento alla regione per la parte assistenziale in
 misura determinata dalla stessa - Non fondatezza della questione.
 
 (D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 6, terzo e quinto comma).
 
 (Cost., artt. 76, 117, 118 e 119, in relazione alla legge 23  ottobre
 1992, n. 421).
 
 Sanita'   pubblica   -  Istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere
 scientifico - Possibilita'  di  adozione  da  parte  del  Governo  di
 provvedimenti,  anche in assenza del previsto parere della Conferenza
 Stato-regioni, decorso il termine di sessanta giorni dalla  richiesta
 -  Lamentata  mancanza  di  garanzie  procedimentali per le regioni -
 Esclusione - Sussistenza, per il Governo, anche  in  assenza  di  una
 esplicita  previsione,  in base al principio di leale collaborazione,
 di un dovere di correttezza  riguardo  alla  tempestiva  convocazione
 della  Conferenza,  e  di  un obbligo di motivazione in rapporto alla
 mancata espressione del parere o dell'intesa - Non  fondatezza  della
 questione.
 
 (D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 7, primo e settimo comma).
 
 (Cost., artt. 117, 118 e 119).
 
(GU n.32 del 3-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  avv.  Mauro  FERRI,  prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  2,  3,  6,
 terzo  e  quinto  comma,  7,  primo  e  settimo comma e 8 del decreto
 legislativo 30 giugno 1993, n. 269 (Riordinamento degli  istituti  di
 ricovero  e  cura a carattere scientifico, a norma dell'art. 1, comma
 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992,  n.  421),  promossi  con
 ricorsi  delle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia, notificati il 2 ed
 il 1 settembre 1993, depositati in cancelleria il 9 e l'11  settembre
 successivi ed iscritti ai nn. 46 e 51 del registro ricorsi 1993;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1994 il Giudice  relatore
 Cesare Mirabelli;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  per la Regione Emilia-
 Romagna e Valerio Onida per la Regione Lombardia e  l'avvocato  dello
 Stato  Pier  Giorgio  Ferri  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
   Con due distinti ricorsi  le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Lombardia
 hanno  promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale  in  via
 principale di alcune disposizioni del decreto legislativo  30  giugno
 1993,  n.  269  (Riordinamento  degli  istituti  di ricovero e cura a
 carattere scientifico, a norma dell'art.  1,  comma  1,  lettera  h),
 della  legge 23 ottobre 1992, n. 421), impugnando, in particolare, la
 Regione Emilia-Romagna gli artt. 1, terzo comma; 2, primo, secondo  e
 terzo  comma;  3,  secondo comma; 6, terzo e quinto comma; 7, primo e
 settimo comma; 8, primo comma; la Regione Lombardia gli artt.  1,  2,
 3,  6,  quinto  comma;  7, settimo comma; 8; evocando come parametro,
 entrambe, gli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione ed assumendo  la
 Regione  Emilia-Romagna  il  contrasto  anche  con  l'art.  119 della
 Costituzione.
   Ad avviso delle ricorrenti, il decreto legislativo n. 269 del  1993
 si  discosta  dalla  finalita'  della  legge delega (legge n. 421 del
 1992), il cui scopo consisteva nel "rendere  piene  ed  effettive  le
 funzioni  che  vengono trasferite alle regioni" (art. 1, primo comma,
 lettera h), e realizza invece  un  processo  di  accentramento  e  di
 sottrazione   alle  regioni  di  potesta'  ad  esse  spettanti,  gia'
 trasferite, in materia di istituti di ricovero  e  cura  a  carattere
 scientifico. Il risultato complessivo della disciplina sarebbe quello
 di  trasformare  in  organismi  di  pertinenza esclusivamente statale
 istituti  che  pure  hanno,  accanto a finalita' di ricerca nel campo
 biomedico,  altrettanto  essenziali  finalita'   di   erogazione   di
 prestazioni  di  ricovero  e cura nell'ambito del Servizio sanitario,
 venendo a tale scopo finanziati dalle regioni.
    Per quanto riguarda gli istituti di ricovero e  cura  a  carattere
 scientifico, la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, in
 attuazione  degli  artt.  117  e  118  della  Costituzione,  e' stata
 stabilita, per la prima volta, dall'art.  28  del  d.P.R.  24  luglio
 1977,  n.  616,  il  quale  ha  posto  tre  principi fondamentali: il
 riconoscimento degli istituti viene "effettuato dallo  Stato  sentite
 le  regioni  interessate"  (primo  comma);  spettano  alle regioni le
 stesse funzioni che esse esercitano per la  parte  assistenziale  nei
 confronti  degli  enti ospedalieri o nei confronti delle case di cura
 private, a seconda che si  tratti  di  istituti  pubblici  o  privati
 (secondo  comma); il controllo sulle deliberazioni degli istituti con
 personalita'  giuridica  di  diritto  pubblico  e'  esercitato  dalla
 regione  nel  cui territorio l'istituto ha sede (terzo comma). Questi
 principi sono stati ripresi  e  confermati  dalla  legge  di  riforma
 sanitaria  (legge  23  dicembre 1978, n. 833), che ha aggiunto alcune
 disposizioni  riguardanti  i  rapporti  con  il  Servizio   sanitario
 nazionale.
    Le  ricorrenti  sostengono  che  la  delega  data  al  Governo dal
 legislatore di disporre il "riordino" degli istituti non comporta  il
 potere  di modificare nella sostanza questo quadro di regolazione dei
 rapporti tra Stato e regioni. La  ripartizione  di  attribuzioni  tra
 Stato  e  regioni  operata  con  legge  ordinaria in attuazione della
 Costituzione non e' intangibile, ma il legislatore delegato non  puo'
 restringere le attribuzioni regionali, quando la delega nulla preveda
 in tal senso.
    In  particolare,  la  Regione  Lombardia  sottolinea che l'art. 1,
 primo comma, del decreto legislativo n. 269 del 1993, nel definire la
 natura e  le  finalita'  degli  istituti,  adotta  una  significativa
 inversione  di  termini: non piu' istituti che "insieme a prestazioni
 sanitarie  di  ricovero  e  cura  svolgono   attivita'   di   ricerca
 scientifica  biomedica" (art. 42, primo comma, della legge n. 833 del
 1978), bensi' enti che "perseguono finalita'  di  ricerca  nel  campo
 biomedico  ed  in  quello della organizzazione e gestione dei servizi
 sanitari, insieme con prestazioni di ricovero e cura".  Le  finalita'
 degli  istituti, estese alla ricerca nel campo della organizzazione e
 gestione dei servizi sanitari, sarebbero la premessa per un'ingerenza
 degli  organi  dello  Stato   nello   svolgimento   delle   attivita'
 assistenziali rese dagli istituti.
    Lo stesso rilievo varrebbe, secondo entrambe le ricorrenti, per il
 terzo  comma  del  medesimo  art.  1, per il quale "le strutture ed i
 presi'di ospedalieri degli  istituti  sono  qualificati  ospedali  di
 rilievo  nazionale  e  di  alta  specializzazione e assoggettati alla
 disciplina per questi  prevista,  compatibilmente  con  le  finalita'
 peculiari  di  ciascun  istituto".  La  parificazione  di diritto dei
 presi'di ospedalieri degli  istituti  a  carattere  scientifico  agli
 ospedali  di rilievo nazionale e di alta specializzazione inciderebbe
 sulla programmazione regionale della sanita' e sull'impiego dei fondi
 che  la  regione  destina  al  servizio  sanitario,  vincolandola  ad
 utilizzare  e  finanziare istituti sul cui riconoscimento e sulla cui
 organizzazione e gestione non ha possibilita' di  influenza.  Inoltre
 non  sarebbe  conforme ai criteri fissati, in attuazione dell'art. 1,
 primo comma, lettera n), della legge n. 421 del  1992,  dall'art.  4,
 secondo  comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (ove
 si specificano i requisiti degli ospedali di rilievo nazionale  e  di
 alta specializzazione).
    La   sottrazione  di  poteri  alle  regioni  emergerebbe,  secondo
 entrambe le ricorrenti, considerando le competenze  disciplinate  dal
 decreto   legislativo   in   tema  di  riconoscimento  del  carattere
 scientifico degli istituti in questione. Nella precedente  disciplina
 ciascuna regione interessata era necessariamente sentita. Nella nuova
 disciplina,  invece,  sulla  definizione  dei  criteri  e sui singoli
 provvedimenti viene sentita la Conferenza permanente per  i  rapporti
 tra  lo  Stato  e  le  regioni.  Tale parere non puo' essere ritenuto
 equivalente o sostitutivo di quello  della  regione  interessata,  in
 quanto  gli  istituti  assumono  veste di enti gestori di presi'di di
 ricovero e cura del Servizio sanitario nazionale  e  sono  finanziati
 dalla regione stessa.
    Entrambe    le    Regioni    censurano   inoltre   la   previsione
 dell'affidamento,  che  ritengono  esclusivo,   della   funzione   di
 controllo  sull'attivita'  degli  istituti al Ministro della sanita',
 senza alcuna distinzione del tipo  di  attivita',  e  la  disciplina,
 mediante   regolamento  emanato  con  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica, degli atti degli istituti sottoposti a  controllo  e  del
 relativo  procedimento  (art.  2,  primo  comma,  lettera c), e terzo
 comma, lettera d), ritenendole in contrasto con gli artt. 117  e  118
 della  Costituzione. Alle regioni sarebbe sottratta ogni possibilita'
 di concreta influenza su un comparto assai  rilevante  dell'attivita'
 di  assistenza  sanitaria  svolta  nel proprio territorio. La Regione
 Emilia Romagna prospetta la censura anche in riferimento all'art. 119
 della Costituzione, ravvisando la lesione nel fatto che le  strutture
 assistenziali  degli  istituti  sono  di  per  se', anche ai fini del
 finanziamento, parte del  Servizio  sanitario,  senza  che  a  questo
 corrisponda l'esistenza del necessario raccordo con la programmazione
 regionale.
    Le  ricorrenti  si  dolgono inoltre che l'art. 2, terzo comma, del
 decreto legislativo n. 269 del 1993 rinvii ad un regolamento  statale
 -  sentita  la Conferenza la Conferenza permanente per i rapporti tra
 lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  -  la  disciplina  di
 ulteriori aspetti fondamentali degli istituti, quali i criteri per il
 riconoscimento,   la   definizione  delle  strutture  e  attrezzature
 destinate all'attivita' di ricerca biomedica,  le  procedure  per  il
 riconoscimento e la revoca di esso, i criteri per l'adeguamento degli
 statuti, le procedure per lo svolgimento di ricerche finalizzate ed a
 pagamento.  L'interesse  della  regione,  gia'  tutelato dalla legge,
 sarebbe rimesso  ad  un  regolamento  governativo,  senza  che  siano
 prefissati adeguati criteri direttivi.
    Per  le  stesse  ragioni sarebbero illegittimi gli artt. 3 e 8 del
 decreto legislativo n. 269  del  1993,  che  cancellano  la  garanzia
 legislativa della presenza di rappresentanti regionali nell'organo di
 amministrazione degli istituti. Infatti, il secondo comma dell'art. 3
 demanda  ad  un  regolamento  governativo  -  sentita  la  Conferenza
 permanente per i  rapporti  Stato-regioni,  senza  la  previsione  di
 principi  o  direttive  -  la  disciplina  delle modalita' di nomina,
 composizione, durata, attribuzioni e funzionamento degli organi degli
 istituti, nonche' delle modalita' di nomina del direttore scientifico
 e  delle  relative  attribuzioni.  A  sua  volta l'art. 8 del decreto
 legislativo in questione abroga tutte le disposizioni  incompatibili,
 fra  cui,  espressamente,  le norme della legge n. 833 del 1978 (art.
 42, settimo, ottavo, nono e decimo comma) e del  d.P.R.  n.  617  del
 1980,  che  prevedevano, tra l'altro, la competenza della regione per
 la  parte  assistenziale  e  una  partecipazione  della  stessa  alla
 gestione degli istituti.
    Altra  disposizione che le ricorrenti censurano e' l'art. 6, terzo
 e  quinto  comma,  del  decreto  legislativo,  a  termini  del  quale
 l'attivita'   di   assistenza  sanitaria  svolta  dagli  istituti  e'
 finanziata dalla regione competente per territorio, sulla base  delle
 disposizioni   sugli   ospedali   di  rilievo  nazionale  e  di  alta
 specialita' di cui al decreto  legislativo  n.  502  del  1992.  Tale
 modalita'  di  finanziamento comporta che la regione sarebbe tenuta a
 destinare una quota del fondo sanitario alla copertura parziale delle
 spese di gestione dell'istituto, determinata in una percentuale  "dei
 costi complessivi delle prestazioni che l'azienda e' nelle condizioni
 di erogare, rilevabile sulla base della contabilita'". In questo modo
 la  regione  dovrebbe  finanziare  a bilancio, e non in rapporto alle
 prestazioni rese, le strutture e la gestione di presi'di  pubblici  e
 privati   sui   quali   non   puo'   esercitare  alcuna  potesta'  di
 programmazione e di controllo.
    Una lesione dell'autonomia regionale e' infine ravvisata nell'art.
 7, settimo comma, del decreto legislativo n. 269 del 1993, laddove si
 stabilisce che l'intesa della Conferenza Stato-regioni, richiesta dal
 primo comma dello stesso articolo per la revisione dei riconoscimenti
 gia'  attribuiti,  deve  intervenire  entro  sessanta  giorni   dalla
 ricezione   della   richiesta,   e  che,  decorso  tale  termine,  "i
 provvedimenti  relativi  sono,  comunque,  adottati",  senza   alcuna
 garanzia  procedimentale.  Manca,  come sarebbe invece necessario per
 non consegnare ogni potere di decisione  allo  Stato,  un  meccanismo
 sostitutivo  della  mancata  intesa,  secondo  il  principio di leale
 collaborazione, con oneri procedurali e  di  motivazione  o  apposite
 sedi di composizione del conflitto.
    La   Regione   Emilia-Romagna   prospetta  l'illegittimita'  della
 disposizione anche in relazione al parere,  e  non  solo  all'intesa.
 Esso  e'  infatti emesso dalla Conferenza Stato-regioni, presieduta e
 convocata da un organo dello Stato (il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  secondo  la disciplina dell'art. 12 della legge n. 400 del
 1988), sicche' sarebbe incongruo far derivare un  potere  statale  da
 un'inerzia   che   puo'   dipendere   in   pratica   soltanto   dalla
 corrispondente omissione di un organo statale.
    2. - In entrambi i giudizi si e' costituito, con atti di  identico
 contenuto,  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per  la  non
 fondatezza delle questioni.
    L'Avvocatura   premette   che   il  criterio  direttivo  contenuto
 nell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge n.  421  del  1992,
 nel  senso  di rendere piene ed effettive le funzioni trasferite alle
 regioni,   appare   specificamente   indirizzato   alle   norme    di
 riordinamento  del Ministero della sanita'. In ogni caso la direttiva
 formulata pone al legislatore delegato un obiettivo di  rafforzamento
 della  funzione  regionale  in materia sanitaria che non attiene alla
 latitudine delle competenze, bensi' alla efficacia e alla incisivita'
 con cui esse sono esercitate.
    L'Avvocatura  esclude  che  il  decreto legislativo abbia alterato
 l'assetto preesistente, sottraendo o attenuando competenze regionali.
 In particolare gia' l'art. 4, ottavo comma, della legge  n.  412  del
 1991,  giudicato  costituzionalmente  legittimo  (sentenza n. 356 del
 1992),  aveva  soppresso  il  controllo  del  comitato  regionale  di
 controllo  sugli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
 Il rapporto di strumentalita', ravvisato dalla Corte,  tra  attivita'
 di  assistenza e attivita' di ricerca costituirebbe una risposta alle
 singole censure  mosse  nei  confronti  del  decreto  legislativo  in
 questione.  La qualificazione degli istituti come ospedali di rilievo
 nazionale  rappresenterebbe   un   ragionevole   allineamento   della
 componente  assistenziale  a  quella  scientifica.    Cosi'  pure non
 sarebbero  lesivi  delle  competenze  regionali   le   modalita'   di
 finanziamento  degli  istituti  e, piu' in generale, l'intervento nel
 procedimento della Conferenza Stato-regioni in  luogo  della  singola
 regione  interessata,  in  quanto  il  riconoscimento  del  carattere
 scientifico non potrebbe non fondarsi su giudizi obiettivi ancorati a
 criteri generali.  Richiamando la sentenza di questa Corte n. 355 del
 1993, l'Avvocatura conclude osservando che l'intreccio di  competenze
 relative  all'assistenza  ed  alla ricerca comporta la collaborazione
 fra Stato e  Regione  e  giustifica  la  prevalenza  degli  interessi
 unitari relativi alla ricerca basata sull'assistenza sanitaria.
    3.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  Regione  Lombardia  ha
 depositato una memoria, nella  quale  anzitutto  replica  al  rilievo
 dell'Avvocatura,   secondo  cui  l'obiettivo  di  "rendere  piene  ed
 effettive le  funzioni  che  vengono  trasferite  alle  regioni"  non
 sarebbe riferibile al riordinamento degli istituti di ricovero e cura
 a  carattere scientifico. Se questa fosse l'interpretazione dell'art.
 1, primo comma, lettera h), della legge  n.  421  del  1992,  per  la
 ricorrente  se ne dovrebbe trarre la conclusione che il riordinamento
 di detti istituti ha costituito l'oggetto  di  una  delega  priva  di
 criteri  e  quindi  contrastante  con  l'art.  76 della Costituzione.
 L'asserito  carattere  strumentale   dell'attivita'   di   assistenza
 sanitaria    rispetto   all'attivita'   di   ricerca   non   potrebbe
 giustificare, ad avviso  della  Regione,  una  modifica  dell'assetto
 preesistente nel senso della sottrazione o attenuazione di competenze
 regionali.  Vi  ostano, da un lato, la circostanza che l'attivita' di
 assistenza sanitaria (di ricovero e cura) e' rivolta al fine primario
 di promuovere e garantire la salute  delle  persone;  dall'altro,  il
 rilievo  che gli istituti svolgono attivita' assistenziale ed operano
 percio' nel campo specificamente appartenente alla  competenza  della
 regione,  tant'e' che tale loro attivita' e' finanziata dalla regione
 medesima  con  le  risorse,  proprie  e  trasferite,   destinate   al
 finanziamento dei servizi sanitari.
    La  Regione  osserva  inoltre che la qualificazione di diritto dei
 presi'di  degli  istituti  scientifici  come  ospedali   di   rilievo
 nazionale  e  di  alta  specializzazione non puo' essere giustificata
 sulla base della considerazione che si tratterebbe di un "ragionevole
 allineamento della componente assistenziale a quella scientifica';  e
 cio'  in quanto un istituto potrebbe compiere un'attivita' di ricerca
 anche molto sofisticata e di  pregio,  in  settori  delle  discipline
 biomediche,  senza per questo svolgere quelle attivita' assistenziali
 di  elevata  specializzazione  che  unicamente  rendono  legittima la
 qualifica di ospedale di rilievo nazionale. Richiamata la sentenza n.
 355  del  1993  di  questa  Corte,  la  ricorrente   sottolinea   che
 l'automatica  attribuzione  di  questa  qualifica  ai  presi'di degli
 istituti scientifici manifesta un profilo, oltre che di  incongruita'
 e  di  indiretta riduzione delle potesta' esercitabili dalla regione,
 altresi' di violazione del  criterio  della  delega  (art.  1,  primo
 comma,  lettera  n), della legge n. 421 del 1992), e dunque dell'art.
 76 della Costituzione.  La Regione esclude che  il  riferimento  alla
 Conferenza,  anziche'  alla  singola  regione  interessata,  serva  a
 conciliare,  come  invece  sostiene   l'Avvocatura,   l'esigenza   di
 rappresentanza  dell'istanza  regionale  con quella della uniformita'
 delle valutazioni. Non sarebbe  giustificata  la  sostituzione  della
 regione  interessata  (gia'  competente  secondo  gli artt. 28, primo
 comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 e 42, secondo comma, della legge n.
 833 del 1978) con un organismo  nazionale,  di  per  se'  inidoneo  a
 compiere  valutazioni  su  singole  proposte  di riconoscimento degli
 istituti.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Lombardia   contestano   la
 legittimita'   costituzionale  delle  norme  di  riordinamento  degli
 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dettate  con  il
 decreto  legislativo  30  giugno  1993, n. 269, in forza della delega
 concessa al Governo per la razionalizzazione  e  la  revisione  della
 disciplina  in  materia,  tra  le altre, di sanita' (legge 23 ottobre
 1992, n. 421).
    Le ricorrenti sostengono che, a fronte di  una  delega  diretta  a
 rendere  piene  ed  effettive le funzioni trasferite alle regioni, in
 realta' e'  stato  diminuito  il  grado  di  regionalizzazione  degli
 istituti  in  questione  ed  e'  stato  attuato  un  accentramento di
 funzioni, che implica la  sottrazione  di  competenze  in  precedenza
 trasferite. Ne risulterebbe il contrasto con gli artt. 76, 117, 118 e
 119 della Costituzione.
    Le  Regioni denunciano in particolare le seguenti disposizioni del
 decreto legislativo n. 269 del 1993:
       a) l'art. 1, primo comma, che, nel  definire  la  natura  degli
 istituti,   comprende   tra   le   loro  finalita',  unitamente  alle
 prestazioni di ricovero  e  cura,  la  ricerca  non  solo  nel  campo
 biomedico,   come   era   in   precedenza,   ma   anche   in   quello
 dell'organizzazione  e  gestione  dei  servizi  sanitari,  estendendo
 quindi l'ambito di attivita' di tali enti;
       b)  l'art.  1,  terzo  comma,  che  qualifica le strutture ed i
 presi'di degli istituti come ospedali di rilievo nazionale e di  alta
 specializzazione,  indipendentemente dalla verifica caso per caso dei
 requisiti previsti per attribuire la  stessa  qualifica  ai  presi'di
 ospedalieri.  Ne  segue che la regione sarebbe vincolata a finanziare
 istituti sul cui riconoscimento, organizzazione e  gestione,  non  ha
 alcuna influenza;
       c)  l'art.  2,  che  attribuisce  al  Ministro della sanita' la
 competenza a riconoscere il  carattere  scientifico  degli  istituti,
 sentita  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le
 regioni e le province autonome, ma non la regione interessata  (primo
 comma,  lettera  a),  e  secondo comma). Lo stesso art. 2 prevede che
 l'attivita' di controllo sugli istituti e' esercitata  dal  Ministero
 della  sanita'  (primo  comma,  lettera  c),  senza mantenere, per le
 attivita' assistenziali, le competenze della regione,  in  precedenza
 indicate dall'art. 42 della legge n. 833 del 1978.
    E'  censurato  inoltre  il  terzo comma dello stesso art. 2, nella
 parte in cui rinvia ad un regolamento statale, da adottare sentita la
 Conferenza Stato-regioni, per aspetti fondamentali  della  disciplina
 degli istituti;
       d)  gli  artt.  3  e  8, che cancellano la garanzia legislativa
 della presenza di rappresentanti regionali negli istituti,  rinviando
 ad  un  regolamento,  sentita  la  Conferenza  Stato-regioni,  per la
 disciplina   della   composizione   e   nomina   degli   organi    di
 amministrazione e controllo, abrogando le disposizioni incompatibili,
 fra  cui,  espressamente,  le norme della legge n. 833 del 1978 (art.
 42, settimo, ottavo, nono e decimo comma) e del  d.P.R.  n.  617  del
 1980;
       e) l'art. 6, terzo e quinto comma, che dispone il finanziamento
 regionale dell'attivita' di assistenza svolta dagli istituti, secondo
 le  disposizioni  sugli  ospedali  di  rilievo  nazionale  e  di alta
 specialita';
       f) l'art. 7, settimo comma, che nel porre un termine quando  e'
 previsto   che  la  Conferenza  Stato-regioni  esprima  un  parere  o
 un'intesa,  come  quella  richiesta  dal  primo  comma  della  stessa
 disposizione  per  la  revisione  dei riconoscimenti gia' attribuiti,
 consente che, decorso il termine di sessanta giorni, i  provvedimenti
 siano   comunque   adottati   dal   Governo,   senza  altre  garanzie
 procedimentali per le regioni.
    2. - I due ricorsi hanno ad oggetto le stesse disposizioni  legis-
 lative e prospettano, con argomentazioni in larga misura coincidenti,
 comuni  profili  di  illegittimita'  costituzionale.  I giudizi vanno
 pertanto riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    3. - Le diverse questioni si aggregano attorno  ad  alcuni  nuclei
 essenziali,  che  toccano  la disciplina degli istituti di ricovero e
 cura a carattere scientifico in aspetti  che  riguardano  il  momento
 genetico, la struttura e la funzione.
    Questi   istituti  sono  enti  per  i  quali  la  peculiarita'  di
 disciplina e' risalente nel  tempo  ed  e'  stata  mantenuta,  con  i
 necessari  adeguamenti,  anche  dopo  il trasferimento alle regioni a
 statuto ordinario e la delega di funzioni amministrative  statali  in
 materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera (artt. 6 del d.P.R. 14
 gennaio 1972, n. 4 e 28 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).
    L'istituzione  del Servizio sanitario nazionale ha conservato, per
 gli istituti che "insieme a prestazioni sanitarie di ricovero e  cura
 svolgono  specifiche attivita' di ricerca scientifica biomedica", una
 disciplina particolare (art. 42 della legge  n.  833  del  1978):  il
 riconoscimento  e'  riservato  al Ministero della sanita', sentite le
 regioni interessate; per la parte  assistenziale  gli  istituti  sono
 considerati  presi'di  ospedalieri  multizonali;  coesistono funzioni
 regionali, per la  parte  assistenziale,  e  statali  per  il  regime
 giuridico  amministrativo,  con  una  distinzione che si proietta sul
 sistema  dei  controlli.  Su  questa  base,  in  forza  della  delega
 attribuita  al Governo dall'art. 42, settimo comma, del d.P.R. n. 616
 del 1977, sono stati poi delineati l'ordinamento  ed  il  sistema  di
 controlli e di finanziamento (d.P.R. n. 617 del 1980).
    Dal   complesso  della  disciplina  che  li  riguarda  risulta  la
 caratteristica  peculiare  degli  istituti  di  ricovero  e  cura   a
 carattere  scientifico,  quali enti che svolgono preminenti attivita'
 di studio e ricerca nel settore sanitario, rispetto alle quali assume
 carattere strumentale l'attivita' di assistenza  sanitaria  (sentenza
 n.  356  del  1992).  L'ineliminabile  duplicita' di funzioni, che in
 concreto spesso si intrecciano ed in ordine  alle  quali  si  possono
 esprimere  competenze  diverse,  ha  determinato  la  coesistenza  di
 distinte e complementari attribuzioni, dello Stato e  delle  regioni,
 anche  in rapporto alla duplice fonte di finanziamento degli istituti
 per le loro attivita' di ricerca e di assistenza.
    4. - La prima delle  questioni  prospettate  coinvolge  le  stesse
 finalita'  degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,
 che sono estese sino a comprendere la  ricerca  non  solo  nel  campo
 biomedico, secondo la definizione che di essi ha dato l'art. 42 della
 legge  n.  833  del  1978, ma anche nel settore dell'organizzazione e
 gestione dei servizi sanitari. Inoltre e' contestata la  legittimita'
 della  qualificazione,  immediatamente  operata  dalla  legge,  delle
 strutture e dei  presi'di  ospedalieri  degli  istituti  stessi  come
 ospedali  di  rilievo  nazionale  e di alta specializzazione (art. 1,
 primo e terzo comma, del decreto legislativo n. 269 del 1993).
    Le censure non sono fondate.
    Quanto alla prima di esse, i principi della delega al  Governo  in
 materia   di   sanita'   devono  essere  ricavati  dall'intero  testo
 normativo. L'art. 1 della legge  n.  421  del  1992  enuncia  tra  le
 proprie  finalita', tra l'altro, l'ottimale e razionale utilizzazione
 delle  risorse  e  la  migliore  efficienza  del  servizio  sanitario
 (sentenza  n.  124  del 1994); il riordinamento si espande quindi, in
 via generale,  allo  studio  ed  all'applicazione  di  nuovi  modelli
 organizzativi.
    Anche  se  ci si colloca nel piu' ristretto versante della ricerca
 nel settore sanitario, e' da rilevare  come  essa  non  si  esaurisca
 nell'attivita'  di  laboratorio e di diagnosi e terapia. Lo studio di
 modelli di  organizzazione  e  di  gestione  viene  a  costituire  un
 elemento  strettamente  connesso  alla  ricerca  biomedica,  giacche'
 consente l'elaborazione e la verifica di  protocolli  di  diagnosi  e
 cura   che  richiedono  attivita'  coordinate  e  complesse,  la  cui
 fattibilita' in  rapporto  ai  profili  organizzativi  e'  necessario
 valutare,  per  apprezzare la possibilita' di un'effettiva diffusione
 applicativa  della  ricerca,  elaborando  i   relativi   modelli   di
 prescrizione.
    Per  quanto concerne la qualifica di ospedali di rilievo nazionale
 e di alta specializzazione, attribuita alle strutture ed ai  presi'di
 ospedalieri   degli   istituti   di   ricovero  e  cura  a  carattere
 scientifico,  si  tratta  di  una  classificazione  coerente  con  le
 caratteristiche   proprie   degli   istituti  e  con  il  complessivo
 riordinamento della materia sanitaria disposto  in  attuazione  della
 delega concessa dalla legge n. 421 del 1992.
    In   precedenza   gli   istituti,   pur   mantenendo   la  propria
 caratterizzazione ed autonomia,  per  la  parte  assistenziale  erano
 considerati  presi'di ospedalieri multizonali, come tali direttamente
 classificati   non   dalla   legge   regionale   nell'ambito    della
 programmazione  sanitaria  (come  invece  gli altri presi'di ai quali
 veniva attribuita la stessa qualifica), ma in base alla legge statale
 per il solo fatto del riconoscimento (artt. 18  e  42,  terzo  comma,
 della legge n. 833 del 1978).
    Il  decreto  legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ha modificato lo
 schema  organizzativo  dei  servizi  sanitari,  ora   articolati   in
 "azienda"   unita'   sanitaria   locale,  ed  in  distinte  "aziende"
 ospedaliere, costituite dagli ospedali di rilievo nazionale e di alta
 specializzazione. Questi  assumono  personalita'  giuridica  e  piena
 autonomia.  Nel  mutato contesto normativo gli istituti di ricovero e
 cura a carattere scientifico trovano razionale collocazione,  per  la
 parte   assistenziale,   in   quest'ultima   nuova   figura,   meglio
 assimilabile  a  quella  in  precedenza  rivestita,   adeguata   alle
 peculiarita'  degli  istituti,  in  coerenza  con  l'autonomia  e  la
 personalita'  giuridica  ad  essi  propria.  Queste   caratteristiche
 consentono  anche  di  escludere  che  la  loro  qualificazione  come
 ospedali di rilevo nazionale, sulla base di criteri prefissati, ed il
 loro riconoscimento che  avviene,  come  si  vedra',  con  la  dovuta
 partecipazione  delle  regioni, possano rappresentare una rottura del
 "sistema chiuso" delineato dalla legge delega n.  421  del  1992  per
 limitare  lo scorporo dalle unita' sanitarie locali degli ospedali da
 costituire in aziende (v. sentenza n. 355 del 1993).
    5. - Un nucleo di  questioni  proposte  dalle  Regioni  ricorrenti
 riguarda lo stesso riconoscimento degli istituti di ricovero e cura a
 carattere scientifico.
    Mantenuta  la competenza del Ministro della sanita' (art. 2, primo
 comma, lettera a), il procedimento di riconoscimento prevede che  sia
 sentita  la  Conferenza Stato-regioni (art. 2, secondo comma), il cui
 parere deve essere raccolto in via generale anche per  l'adozione  di
 un   regolamento  che  indichi  i  criteri  e  le  procedure  per  il
 riconoscimento.
    Non e' quindi piu' richiesto il parere delle regioni  direttamente
 interessate,  che era invece necessario per l'art. 42, secondo comma,
 della legge n. 833 del 1978.
    Il parere  della  Conferenza  Stato-regioni  sui  criteri  per  il
 riconoscimento   -  criteri  che  considerano  la  definizione  delle
 strutture e delle attrezzature di ricerca richieste, l'organizzazione
 e  gestione  dei  servizi  sanitari,  l'attivita'  di  ricerca  e  di
 assistenza svolte - e' diverso dal parere che la stessa Conferenza e'
 chiamata  ad  esprimere  su  ogni singolo riconoscimento. Ma anche se
 relative a ciascun  atto  di  riconoscimento,  le  valutazioni  della
 Conferenza  non possono assorbire ne' sostituire quelle della regione
 interessata. La distinzione tra pareri delle singole regioni e parere
 della Conferenza Stato-regioni risulta, del resto, con evidenza dalla
 stessa disciplina delle funzioni della Conferenza. Nel caso in cui le
 regioni  siano  chiamate  ad  esprimere  pareri  nell'ambito  di   un
 procedimento  statale  che  interessi le loro competenze, tali pareri
 sono resi dai presidenti delle regioni nell'ambito  della  Conferenza
 (art.  6,  sesto  comma, del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n.
 418),  ma  conservano  la  loro  consistenza  di  autonomo  atto  del
 procedimento.
    In  questo contesto la mancata previsione del parere della regione
 interessata sottrae una competenza consultiva ad essa  in  precedenza
 attribuita  senza  che  cio'  sia  giustificato  dal  mutato  sistema
 complessivo, in contrasto, quindi, con  i  principi  della  legge  di
 delega.  Inoltre  permane  l'esigenza  di  partecipazione  regionale,
 attraverso il parere, alla procedura di riconoscimento degli istituti
 in  ragione  dell'attivita'  di assistenza, finanziata dalle regioni,
 che essi svolgono.
    6. - Egualmente fondate sono le questioni proposte  per  le  norme
 concernenti  la  composizione  del consiglio di amministrazione e del
 collegio dei revisori.
    L'art. 3, secondo comma, del decreto legislativo n. 269  del  1993
 rimette  la  disciplina  degli organi degli istituti con personalita'
 giuridica di  diritto  pubblico  ad  un  successivo  regolamento,  da
 adottare sentita, tra l'altro, la Conferenza Stato-regioni. E' venuta
 cosi' meno la garanzia della presenza di rappresentanti della regione
 negli  organi  collegiali di gestione e di controllo interno. Difatti
 in precedenza il d.P.R. n. 617 del 1980  includeva  nel  collego  dei
 revisori e nel consiglio di amministrazione rispettivamente uno e due
 rappresentanti  della  regione  in  cui  ha sede l'istituto (artt. 6,
 primo comma, numero 6, e 8). L'omissione di analoga previsione  nella
 nuova  disciplina  legislativa,  sia  pure in un quadro normativo che
 legittimamente rimette ad  un  regolamento  aspetti  della  struttura
 degli  istituti  che  non  toccano  competenze  regionali,  non trova
 fondamento in alcun esplicito principio della legge di delega ne'  e'
 resa  necessaria  dal  contesto  complessivo  del  riordinamento  del
 settore. Inoltre anche  in  questo  caso  vi  e'  l'esigenza  di  una
 partecipazione  regionale,  tenuto conto dell'attivita' di assistenza
 sanitaria svolta dagli istituti.
    Le due disposizioni  denunciate  (artt.  3  e  8)  vanno  pertanto
 dichiarate  costituzionalmente  illegittime  nella  parte  in cui non
 prevedono, rispettivamente, che siano assicurati  in  ogni  caso  due
 rappresentanti  della regione in cui ha sede l'istituto nel consiglio
 di amministrazione ed uno nel collegio dei revisori.
    7. - Le regioni ricorrenti si dolgono che lo Stato possa  comunque
 adottare  i  provvedimenti  indicati  nella  nuova  disciplina  degli
 istituti di ricerca e cura a  carattere  scientifico,  anche  quando,
 richiesto  il parere o l'intesa (quest'ultima in particolare prevista
 per  la  revisione  dei  riconoscimenti  gia'  attribuiti)   con   la
 Conferenza  Stato-regioni,  tale  atto  non  sia  reso entro sessanta
 giorni dalla ricezione della richiesta. In assenza di altri oneri  di
 procedura  o  di  motivazione, questo equivarrebbe ad attribuire ogni
 potere di decisione allo Stato,  giacche'  la  Conferenza  e'  organo
 statale,  convocato  e  presieduto  dal  Presidente del Consiglio dei
 ministri.
    La censura non e' fondata.
    Interventi in sostituzione di una mancata intesa o in  assenza  di
 un parere richiesto non sono contrari a Costituzione a condizione che
 il   Governo,   nell'adottare  il  provvedimento  sul  quale  non  e'
 intercorsa l'intesa nel termine previsto o non e' stato  espresso  il
 parere, fornisca una adeguata motivazione. Non e' necessario che tale
 obbligo sia previsto specificamente in ogni disposizione che richiede
 il  parere  o  l'intesa, giacche' esso e' connaturato al principio di
 leale cooperazione al quale si deve ispirare il  sistema  complessivo
 dei  rapporti  tra Stato e regioni (sentenze n. 116 del 1994 e n. 204
 del 1993). Sicche', anche in assenza  di  una  esplicita  e  ripetuta
 previsione,  sussiste  un  dovere  di  correttezza  nella  tempestiva
 convocazione della  Conferenza,  chiamata  ad  esprimere  il  proprio
 parere  o  l'intesa,  ed  un  obbligo di motivazione in rapporto alla
 mancata espressione del parere o dell'intesa anche  in  relazione  al
 rispetto o meno dei termini previsti.
    8.  -  Infondate  sono le questioni di legittimita' costituzionale
 attinenti al regime dei controlli.
    Le regioni ricorrenti muovono dal presupposto  interpretativo  che
 il  decreto  legislativo  n. 269 del 1993 - stabilendo che compete al
 Ministero della sanita' "l'attivita' di  controllo"  (art.  2,  primo
 comma, lettera c) e che con regolamento governativo sono disciplinati
 gli  atti  degli  istituti  sottoposti  al  controllo  e  il relativo
 procedimento (art. 2, terzo comma, lettera d) -  abbia  escluso  ogni
 controllo   regionale  per  la  parte  assistenziale,  quale  era  in
 precedenza previsto dall'art. 42  della  legge  n.  833  del  1978  e
 specificato dagli artt. 16 e 19 del d.P.R. n. 617 del 1980.
    Queste  disposizioni,  sulla  base  della  distinzione  tra regime
 giuridico  amministrativo,  di  competenza   statale,   e   attivita'
 assistenziale,  di competenza regionale, attribuivano alle regioni il
 controllo sulle deliberazioni degli istituti di  ricovero  e  cura  a
 carattere scientifico di diritto pubblico relative all'assunzione del
 personale,  alla stipulazione di contratti di ricerca, al trattamento
 economico  del  personale,  alle   alienazioni   ed   agli   acquisti
 immobiliari,  alle  transazioni.  Ma  si  tratta  di  controlli  gia'
 aboliti, o diversamente  disciplinati,  dall'art.  4,  ottavo  comma,
 della  legge  30  dicembre  1991,  n.  412.  Con questa disposizione,
 inserita in  un  piu'  ampio  provvedimento  in  materia  di  finanza
 pubblica,  e'  stato  privilegiato  il controllo sul bilancio e sulla
 determinazione complessiva del personale rispetto  al  controllo  sui
 singoli   atti.   La  stessa  disposizione  ha  anche  modificato  la
 ripartizione di competenze, estendendo il controllo  dello  Stato  ai
 provvedimenti  riguardanti  i  programmi di spesa pluriennali ed alla
 disciplina ed  attribuzione  delle  convenzioni.  La  Corte  ha  gia'
 ritenuto  questa disposizione costituzionalmente legittima, in quanto
 "il carattere  strumentale  dell'attivita'  di  assistenza  sanitaria
 svolta  da  detti  istituti,  rispetto  allo  studio  e alla ricerca,
 giustifica, in ragione  della  rilevata  connessione  funzionale,  la
 concentrazione  nel  medesimo organo del controllo su ogni attivita'"
 (sentenza n. 356 del 1992).
    Rispetto a questo assetto di competenze, le  nuove  norme  dettate
 dal  decreto legislativo n. 269 del 1993 non concentrano nel Ministro
 tutti i residui compiti di controllo sugli  istituti  di  ricovero  e
 cura  a  carattere  scientifico  sinora  devoluti  alle  regioni, ne'
 sottraggono ad esse ogni possibilita' di vigilanza sulle attivita' di
 ricovero  e  cura  svolte   dagli   stessi   istituti.   Difatti   la
 qualificazione  delle  strutture  e  dei  presi'di  ospedalieri degli
 istituti   come   ospedali   di   rilievo   nazionale   e   di   alta
 specializzazione  fa si' che essi siano "assoggettati alla disciplina
 per questi prevista, compatibilmente con le  finalita'  peculiari  di
 ciascun  istituto"  (art.  1, terzo comma, del decreto legislativo n.
 269  del  1993).  Per  la  parte  assistenziale  operano,  quindi,  i
 controlli  regionali  che  il  decreto  legislativo n.   502 del 1992
 prevede per  le  aziende  ospedaliere,  purche'  compatibili  con  le
 preminenti finalita' di studio e di ricerca proprie degli istituti.
    9.   -  Le  regioni  ricorrenti  censurano  anche  il  sistema  di
 finanziamento degli  istituti  in  questione,  assumendo  di  doverne
 finanziare  l'attivita'  a  bilancio,  senza  alcuna  possibilita' di
 programmazione e di controllo della spesa per l'attivita' sanitaria.
    In  proposito  e' da rilevare che l'art. 6 del decreto legislativo
 n. 269 del 1993 prevede, al terzo comma, che l'attivita'  di  ricerca
 degli  istituti  e'  finanziata  direttamente dallo Stato, attingendo
 alla quota dell'uno per cento del fondo sanitario  nazionale  che  e'
 destinata  dal Ministero della sanita' al finanziamento della ricerca
 corrente  e  finalizzata  (art.  12,  secondo  comma,   del   decreto
 legislativo  n. 502 del 1992). L'attivita' di assistenza sanitaria e'
 invece finanziata dalle regioni "sulla base delle disposizioni  sugli
 ospedali di rilievo nazionale e di alta specialita'".
    Ancora  una volta la qualificazione dell'ente ne determina, per la
 parte assistenziale, il regime finanziario,  che  e'  quello  proprio
 delle  omologhe  "aziende", la cui gestione e' informata al principio
 dell'autonomia economico finanziaria e dei  preventivi  e  consuntivi
 per  centri  di  costo,  basati sulle prestazioni effettuate (art. 4,
 primo  comma,  del  decreto  legislativo  n.  502   del   1992).   Il
 finanziamento  di  tali  aziende  e' determinato dalla regione in una
 percentuale "non superiore  all'80  %  dei  costi  complessivi  delle
 prestazioni  che  l'azienda  e' in grado di erogare, rilevabile sulla
 base  della  contabilita'"  (art.  4,  settimo  comma,  del   decreto
 legislativo  n.  502  del  1992).  Ma,  si  e' visto, la contabilita'
 rispecchia le prestazioni effettuate. Per altro verso la disposizione
 denunciata fissa solo la misura massima  del  finanziamento,  la  cui
 concreta determinazione e' riservata alla regione.
    La   disciplina   dei   finanziamenti  regionali  per  l'attivita'
 assistenziale degli istituti di ricovero e  cura  e'  quella  propria
 degli  ospedali  di  rilievo  nazionale  e  di  alta specializzazione
 costituiti in aziende ospedaliere, e non appare lesiva della delega e
 delle competenze regionali.
    10. - Ogni altro profilo, anche in riferimento  alla  disposizione
 finale di abrogazione, rimane assorbito.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 2, secondo
 comma, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269  (Riordinamento
 degli  istituti  di  ricovero e cura a carattere scientifico, a norma
 dell'art. 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421),  nella
 parte  in  cui  non  prevede  che per il riconoscimento del carattere
 scientifico degli istituti e la relativa revoca e' sentita la regione
 interessata;
      dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  3,  secondo
 comma,  dello  stesso  decreto  legislativo,  nella  parte in cui non
 prevede che del consiglio  di  amministrazione  e  del  collegio  dei
 revisori degli istituti di ricovero e cura con personalita' giuridica
 di  diritto pubblico fanno parte, rispettivamente, due rappresentanti
 ed un rappresentante della regione;
      dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 degli artt. 1, primo e terzo comma; 2, primo  comma,  lettera  c),  e
 terzo  comma, lettera d); 6, terzo e quinto comma; 7, primo e settimo
 comma; 8 dello stesso decreto legislativo, in riferimento agli  artt.
 76,  117,  118  e  119  della  Costituzione,  sollevate dalle regioni
 Emilia-Romagna e Lombardia con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 19 luglio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 25 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C0890