N. 360 SENTENZA 19 - 27 luglio 1994
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Contenzioso tributario - Controversie relative all'applicazione dell'imposta sugli spettacoli, dei tributi connessi e delle soprattasse - Esperimento dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo - Mancata previsione - Violazione del principio per cui la subordinazione dell'azione giudiziaria al previo esperimento del rimedio amministrativo, anche se legittima in via di principio, deve essere tuttavia giustificata dal perseguimento di piu' adeguate finalita' di giustizia e, in ogni caso, dall'esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa (cfr. sentenza n. 406/1993) - Illegittimita' costituzionale parziale. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 39, in relazione agli artt. 38 e 40). (Cost., artt. 24 e 113).(GU n.32 del 3-8-1994 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Gabriele PESCATORE; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 (Disciplina dell'imposta sugli spettacoli), promosso con due ordinanze emesse il 16 dicembre 1993 dalla Corte di appello di Venezia nei procedimenti civili vertenti tra il Comune di Venezia e l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, iscritte ai nn. 158 e 159 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1994; Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore. Ritenuto in fatto La Corte di appello di Venezia, con due ordinanze emesse in data 16 dicembre 1993 e aventi identico tenore, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, nella parte in cui subordina l'esperimento della azione giudiziaria - nelle controversie di cui agli artt. 38 e 40, secondo comma, dello stesso d.P.R. in materia di imposta sugli spettacoli - al previo ricorso ai rimedi amministrativi. Il dubbio di costituzionalita' prospettato dalla Corte remittente concerne essenzialmente la improponibilita' dell'azione giudiziaria - in materia di controversie relative all'applicazione dell'imposta predetta, dei tributi connessi e delle soprattasse - ove non siano esperiti i rimedi amministrativi previsti dall'art. 38 del d.P.R. n. 640 del 1972. Piu' in particolare, ai sensi dell'art, 38 surrichiamato, la cognizione delle controversie in via amministrativa, qualunque sia l'importo dell'imposta o della soprattassa in contestazione, spetta all'Intendente di finanza territorialmente competente. Le decisioni delle intendenze sono definitive se l'ammontare controverso delle imposte e delle soprattasse non supera le centocinquantamila lire; se detto ammontare viene superato e' possibile ricorrere al ministero delle finanze entro il termine di giorni sessanta dalla notifica della decisione. Contro le decisioni definitive dell'Intendenza e del Ministero delle finanze e' esperibile, ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. 640 del 1972, l'azione giudiziaria nel termine di novanta giorni dalla data di notificazione della decisione. Qualora entro centottanta giorni dalla presentazione del ricorso non sia intervenuta la relativa decisione, il contribuente puo' promuovere l'azione giudiziaria anche prima della notificazione della decisione stessa (art. 39, secondo comma). Ad avviso del remittente l'art. 39 surrichiamato implicherebbe una sorta di "sbarramento all'esercizio dell'azione giurisdizionale" che verrebbe a configurarsi come "condizione di proponibilita'" dell'azione stessa precludendo al contribuente l'azionabilita' del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione nonche' della tutela giurisdizionale prevista dall'art. 113 della Costituzione ove non siano stati previamente esperiti i rimedi amministrativi. Secondo l'ordinanza di remissione tale disciplina sarebbe applicabile pure alle azioni di rimborso contem- plate dall'art. 40 del d.P.R. n. 640 del 1972 per le quali e' prevista la decadenza di tre anni a decorrere dal giorno dell'effettuato pagamento. Senonche' la subordinazione della azione giudiziaria al previo esperimento del rimedio amministrativo - anche alla luce dei principi piu' volte affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia e recentemente richiamati nella sentenza n. 406 del 1993 - sarebbe "del tutto ingiustificata" in quanto non sorretta da esigenze che richiedano un differimento della azione giudiziaria. Viene, altresi', rilevato che anche ove sussistano esigenze di ordine generale e superiori finalita' di giustizia al differimento dell'azione giudiziaria ad un momento successivo a quello del sorgere del diritto il legislatore sarebbe comunque tenuto ad osservare il limite imposto dalla esigenza di non rendere eccessivamente difficile la tutela giurisdizionale, in conformita' a quanto previsto dagli artt. 24 e 113 della Costituzione. Detto limite sarebbe - per contro - violato dall'art. 39 del d.P.R. n. 640 del 1972 laddove subordina la proponibilita' dell'azione giudiziaria - nelle controversie di cui agli artt. 38 e 40, secondo comma, stesso d.P.R. - alla previa notifica della decisione del Ministro, ovvero in caso di mancata decisione di quest'ultimo al decorso di centottanta giorni dalla proposizione del ricorso. Dinanzi a questa Corte non vi e' stata costituzione di parti ne' intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato in diritto 1. - Puo' disporsi la riunione dei giudizi per la loro totale omogeneita'. 2. - La Corte di appello di Venezia dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 39, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, nella parte in cui subordina - nelle controversie relative all'applicazione delle imposte, dei tributi connessi e delle soprattasse nonche' in quelle concernenti le azioni di rimborso (artt. 38 e 40 d.P.R. n. 640 del 1972) - l'esperimento dell'azione giudiziaria al previo ricorso gerarchico al ministero delle finanze. Piu' in particolare la norma censurata, impedendo l'esperimento della azione giudiziaria sino alla notificazione del provvedimento ministeriale ovvero, in mancanza, per centottanta giorni dalla proposizione del ricorso violerebbe - secondo il giudice remittente - gli artt. 24 e 113 della Costituzione. 3. - La questione e' fondata. I ricorsi di cui all'art. 38 d.P.R. n. 640 del 1972, ai quali si e' fatto sopra cenno, devono necessariamente essere proposti prima di adire gli organi giurisdizionali, salva, in caso di mancata pronuncia entro certi termini (centottanta giorni dalla data di presentazione del ricorso), la possibilita' di investire direttamente gli organi giurisdizionali. Il giudice a quo ritiene che tale normativa si applichi anche in materia di rimborsi di imposta, con la conseguenza che in caso di diniego del rimborso, ove sia trascorso il termine per ricorrere in via amministrativa senza proporre il ricorso, e' preclusa la possibilita' di esperire l'azione giudiziaria. La tutela giurisdizionale e' in ogni caso preclusa decorsi i termini di decadenza specificamente previsti (novanta giorni dalla decisione del ministro, centottanta giorni in caso di mancata decisione). Di guisa che la norma censurata non solo subordina la tutela giurisdizionale al previo esperimento di ricorsi amministrativi, ma statuisce, altresi', la decadenza dalla azione giudiziaria ove non si sia agito in via amministrativa nei termini prescritti. Di conseguenza, la tutela, di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione, verrebbe ad essere non gia' incondizionata ma addirittura esclusa, ove alla lesione dei diritti non abbiano fatto seguito i ricorsi amministrativi in termini. Tale conseguenza non puo' non ritenersi fortemente compressiva del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. e, piu' specificamente, della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica amministrazione incondizionatamente garantita dall'art. 113 Cost. 4. - Questa Corte ha costantemente affermato (cfr. da ultimo le sentenze nn. 406/93, 154/92 e 15/91) che gli artt. 24 e 113 della Costituzione non impongono una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la sua azionabilita', sicche' risultano legittime in via di principio forme di accesso alla giurisdizione, condizionate al previo esperimento di rimedi di carattere amministrativo (sentt. nn. 87/62; 107/63; 47/64; 39/69; 87/69; 130/70; 46/74; 530/89 e 470/90). Il differimento della tutela giurisdizionale deve essere, tuttavia, giustificato dal perseguimento di piu' adeguate finalita' di giustizia e, in ogni caso, dall'esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa. Ed e' poi da rilevare che nella fattispecie l'esperimento dei rimedi amministrativi, lungi dal porsi come "esigenza" o "condizione generale" per la tutela giurisdizionale, e' in realta' imposto solo in alcuni casi specifici e rispetto ad alcuni tributi (mentre per gli altri vige il sistema delineato dal d.P.R. n. 636 del 1972). Questo modello e' alla base della sent. n. 406 del 1993 in materia di imposta di bollo, la quale ha statuito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 33, ultimo comma, d.P.R. n. 642 del 1992 nella parte in cui non prevede l'esperibilita' della azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. La disciplina del contenzioso in materia di imposta sugli spettacoli - oggetto dell'attuale giudizio - presenta caratteristiche esattamente simmetriche rispetto a quelle che connotano l'imposta di bollo (doppio grado, sospensione solo ad istanza del ricorrente, disciplina della revocazione). Di guisa che la ratio decidendi richiamata nella sentenza n. 406 del 1993 non puo' non essere operativa anche nel presente giudizio di costituzionalita'. Come si e' gia' osservato, l'art. 24 della Costituzione, anche attraverso il principio posto dall'art. 113, che ne costituisce - senza dubbio - specificazione, ha una portata cosi' ampia da colpire qualsiasi esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva od oggettiva, e qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o anche difficile l'esercizio. Ne discende quale soluzione conforme a Costituzione la esperibilita' dell'azione giudiziaria, anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Di conseguenza, deve dichiararsi la illegittimita' costituzionale dell'art. 39, del d.P.R. n. 640 del 1972, nella parte in cui non prevede, nelle controversie di cui agli artt.38 e 40 stesso d.P.R., l'esperimento della azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 (Disciplina dell'imposta sugli spettacoli) nella parte in cui non prevede, nelle controversie di cui agli artt. 38 e 40 stesso d.P.R., l'esperimento della azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 19 luglio 1994. Il Presidente e redattore: PESCATORE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 27 luglio 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 94C0903