N. 294 SENTENZA 4 - 13 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Locazione  -  Immobili  urbani  - Regolamentazione della locazione di
 immobile e non anche dell'affitto di azienda alberghiera - Diversita'
 strutturale e funzionale fra i due rapporti giuridici (cfr. ordinanza
 della Corte n. 384/1988 e sentenza n. 108/1986) -  Autonomia  formale
 dei rispettivi istituti giuridici - Non fondatezza.
 
 (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, terzo comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.32 del 3-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro
    FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANTA,
    prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare
    MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,  dott.
    Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  27, terzo
 comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni
 di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 16  marzo  1992
 dalla  Corte  di  appello di Venezia nel procedimento civile vertente
 tra Togni Ruggero e Andreis Giacomina ed altri, iscritta al n. 99 del
 registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'8 giugno 1994 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
                           Ritenuto in fatto
    La Corte d'appello di Venezia, nel corso del  procedimento  civile
 vertente  tra Togni Ruggero e Andreis Giacomina, con ordinanza emessa
 il 16 marzo 1992, ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27,
 terzo comma, della legge 27 luglio 1978,  n.  392  (Disciplina  delle
 locazioni di immobili urbani), nella parte in cui regolamenta solo la
 locazione di immobile e non anche l'affitto di azienda alberghiera.
    Oggetto  del  giudizio  a quo e' la risoluzione di un contratto di
 affitto di azienda stipulato tra il Togni e Ramazzotti Caterina  ved.
 Andreis,  Giacomina,  Giampaolo  e Gabriella Andreis, in relazione al
 quale  gli  Andreis  avevano  inviato  formale  disdetta  al   Togni.
 Quest'ultimo, con citazione notificata il 7 ottobre 1985, conveniva i
 medesimi  Andreis  dinanzi  al  Tribunale  di  Verona,  chiedendo che
 "venisse dichiarata la sussistenza di un contratto  di  locazione  di
 immobile   ad   uso  non  abitativo,  precisamente  alberghiero,  con
 conseguente diritto a continuare nella detenzione dello  stesso  fino
 alle  scadenze  di  cui  all'art. 27 della legge n. 392 del 1978". In
 subordine,  il  Togni  chiedeva  la  declaratoria  di  non  manifesta
 infondatezza  della  questione  di  legittimita' costituzionale degli
 artt. 27, 38 e 40,  della  legge  n.  392  del  1978  in  riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, per il fatto che dette norme prevedono
 solo   la   locazione   di  immobili,  ancorche'  attrezzati  ad  uso
 alberghiero, e non anche l'affitto di azienda.
    Le domande venivano  disattese  dal  Tribunale,  mentre  la  Corte
 d'Appello  riteneva  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale, sollevata nei termini sopra
 riportati, riproposta dal Togni.
    Il giudice a quo, ribadita la distinzione tra la "locazione di im-
 mobile  attrezzato"  e  l'affitto  di  azienda,  sottolinea  che   in
 quest'ultimo - a differenza di quanto accade nella prima - l'immobile
 non  viene  in  considerazione nella sua individualita' giuridica, ma
 solo come uno dei beni che costituiscono il complesso  aziendale,  in
 un  rapporto  di  complementarita'  ed  interdipendenza con gli altri
 elementi organizzati dall'imprenditore per un fine produttivo.
    A parere del  giudice  rimettente,  pero',  i  due  istituti,  pur
 essendo  suscettibili  sul  piano  concettuale  ed  astratto  di  una
 distinzione tecnica, presentano elementi  di  sostanziale  identita',
 "cosicche'  la  reale  differenza  tra  le  due  fattispecie  sarebbe
 talmente  inconsistente  da  far   dubitare   della   sua   effettiva
 sussistenza". Poiche', infatti - rileva la Corte d'appello di Venezia
 -   nel   complesso  dei  beni,  coordinati  al  fine  dell'esercizio
 dell'azienda  alberghiera,   l'immobile   dotato   delle   necessarie
 attrezzature assume di norma una posizione di grandissimo rilievo, al
 punto che, da solo, costituisce elemento sufficiente alla sussistenza
 di un organismo aziendale, ne deriva che la locazione di un "immobile
 attrezzato"  non si differenzia, nella sostanza, rispetto all'affitto
 di azienda  alberghiera  e  che  l'art.  27,  disciplinando  solo  la
 locazione  di immobile, introduce una disparita' di trattamento, che,
 per essere riferita  a  situazioni  obiettivamente  omogenee,  appare
 arbitraria e contraria al principio di eguaglianza.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte d'appello di Venezia ha sollevato, in riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
 costituzionale dell'art. 27, terzo comma, della legge 27 luglio 1978,
 n. 392, nella parte in cui, stabilendo che "la durata della locazione
 non  puo'  essere  inferiore  a  nove  anni  se  l'immobile, anche se
 ammobiliato,  e'  adibito  ad  attivita'  alberghiere",  esclude  dal
 proprio  a'mbito  di  applicabilita'  l'ipotesi di affitto di azienda
 destinata  ad  identiche  attivita',  cosi'  da  determinare   -   in
 violazione  del  principio  di  eguaglianza formale di cui all'art. 3
 della Costituzione - trattamenti  giuridici  diversi  per  situazioni
 sostanzialmente omogenee.
    2. - La questione non e' fondata.
    Che  la  locazione di immobile, anche se "attrezzato", e l'affitto
 di azienda siano rapporti giuridici non assimilabili costituisce  ius
 receptum,  condiviso  dallo  stesso  giudice rimettente. Ed invero la
 giurisprudenza  ha  sempre  affermato  che   nell'affitto   d'azienda
 l'immobile  viene  in  considerazione  non  nella  sua individualita'
 giuridica ma  come  uno  dei  beni  che  costituiscono  il  complesso
 aziendale,  in  un rapporto di complementarita' e interdipendenza con
 gli   altri   elementi  organizzati  dall'imprenditore  per  un  fine
 produttivo; mentre nella locazione  di  immobile,  questo,  anche  se
 caratterizzato  dal  fatto  che il suo godimento deve avvenire per un
 uso  determinato,  costituisce  l'oggetto  esclusivo  o  quanto  meno
 principale  del  contratto,  con  la  conseguenza  che  le  eventuali
 attrezzature di cui l'immobile fosse  dotato  costituiscono  elementi
 accessori   rispetto   all'immobile  stesso,  considerato  nella  sua
 autonoma consistenza.
    3.  -  Sul  presupposto  di  siffatta  diversita'  strutturale   e
 funzionale fra i due rapporti poggia il riconoscimento, gia' espresso
 da   questa   Corte   (Ordinanza  n.  384/1988),  della  legittimita'
 costituzionale    di    trattamenti    normativi     correlativamente
 differenziati,  in  guisa  da  risultare  coerenti  con le reciproche
 peculiarita' delle situazioni poste a raffronto.
   A cio' aggiungasi che l'art. 1, comma 9-septies, del  decreto-legge
 7  febbraio 1985, n. 12 (recante disposizioni in favore delle aree ad
 alta tensione abitativa), convertito, con modificazioni, nella  legge
 5 aprile 1985, n. 118, ha poi contribuito a dissipare i dubbi da piu'
 parti  precedentemente espressi in ordine a un'asserita irragionevole
 disparita' di trattamento dei due rapporti in esame.  Il  legislatore
 del  1985, infatti, con lo stabilire che "si ha locazione di immobile
 e non affitto  di  azienda,  in  tutti  i  casi  in  cui  l'attivita'
 alberghiera  sia  stata  iniziata  dal conduttore", e' intervenuto al
 fine di "eliminare le incertezze ermeneutiche  relative  al  criterio
 discriminatore"   fra   i  due  tipi  contrattuali  (v.  sentenza  n.
 108/1986),  non  assoggettabili,  per   eterogeneita',   a   identica
 disciplina.
    Rimane  in  tal modo escluso che si possa recepire, ai fini di cui
 alla norma impugnata, una nozione puramente statica dell'azienda,  in
 virtu'  della  quale  la  giurisprudenza  era pervenuta piu' volte ad
 escludere dal regime vincolistico il rapporto avente  ad  oggetto  un
 immobile  cosi'  attrezzato  da formare con gli elementi accessori un
 complesso coordinato allo scopo produttivo d'un servizio alberghiero,
 anche se realizzabile solo in tempi successivi alla  conclusione  del
 contratto.  E'  quindi  divenuta  possibile  (e netta), attraverso la
 previsione d'una presunzione juris et de jure,  la  sola  alternativa
 fra  locazione  d'un  immobile  comunque  attrezzato  ed  affitto  di
 un'azienda intesa rigorosamente nella  sua  nozione  dinamica:  cosi'
 restando  relegata  nell'a'mbito della prima, quella dubbia figura di
 opificio industriale non ancora gestito dal concedente, che  dottrina
 e giurisprudenza avevano elaborato ai fini di cui sopra.
    4. - Orbene, una volta stabilita la reciproca autonomia formale di
 determinati  istituti  giuridici  e la loro distinguibilita' sotto il
 profilo sia strutturale che funzionale, l'affinita' dei medesimi  non
 impone  affatto  un  identico  trattamento  normativo  di  tutti  gli
 svolgimenti e le implicazioni dei rapporti ad essi,  rispettivamente,
 riconducibili. Ne' il richiamo ad esigenze comuni (come gia' e' stato
 precisato con le sentenze nn. 68 del 1983, 73 del 1979 e 209/1975) e'
 premessa idonea per inferirne che ogni differenza di regolamentazione
 incidente  sul  soddisfacimento  di  tali  esigenze si risolva in una
 violazione dell'art. 3 della Costituzione: a tal fine  richiedendosi,
 per  contro,  la  sussistenza  di  una  palese  irrazionalita'  delle
 divergenti discipline confrontate. Vizio, dal quale resta  immune  la
 disposizione censurata.
    Anzi  puo'  dirsi che della non estensibilita' di essa all'affitto
 di azienda si rinviene ragionevole giustificazione  nell'esigenza  di
 evitare,  con  la  protrazione coattiva del rapporto, lo sfruttamento
 dell'azienda  in  danno  del  proprietario  ed  eventualmente   della
 produzione  nazionale,  come  del  resto  la  Corte  di cassazione ha
 ripetutamente rilevato.  Una  maggiore  duttilita'  nella  disciplina
 della   durata   costituisce  difatti  strumento  indispensabile  per
 scongiurare l'eventualita' che il coacervo dei beni  aziendali  resti
 troppo  a  lungo  vincolato  ad un affittuario, il quale potrebbe non
 dare  sufficienti  garanzie  di  idonea  gestione,  con   danno   sia
 all'impresa  sia  all'economia  turistica  locale.  E  poiche' non e'
 certamente secondario l'interesse  pubblico  che  a  quest'ultima  si
 ricollega,   nel   conflitto   fra   siffatto   interesse   e  quello
 dell'affittuario  alla  continuazione  del  rapporto  appare   dunque
 giustificata  la scelta fatta dal legislatore di accordare preferenza
 al primo, rendendo l'affitto d'azienda insensibile  a  quegli  stessi
 vincoli  di durata che riguardano il caso in cui oggetto del rapporto
 sia non un complesso organizzato di beni ma un immobile in se' e  per
 se' considerato.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 27, terzo  comma,  della  legge  27  luglio  1978,  n.  392
 (Disciplina  delle  locazioni  degli  immobili  urbani), sollevata in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione dalla Corte di  Appello  di
 Venezia con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 4 luglio 1994.
                       Il Presidente: PESCATORE
                         Il redattore: RUPERTO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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