N. 298 SENTENZA 4 - 13 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  G.I.P.  -  Rito  abbreviato  -  Impedimento  dei
 difensori - Impossibilita' di procedere al giudizio - Sospensione dei
 termini di custodia cautelare - Esclusione - Richiamo  alla  sentenza
 della  Corte  n.  349/1993  -  Norma  di  carattere  eccezionale  non
 assumibile come utile termine di raffronto ai  fini  del  giudizio  -
 Insussistenza  della  violazione  del  principio di uguaglianza (cfr.
 ordinanze  nn.  666  e  582  del  1988  e  sentenza  n.  383/1992)  -
 Inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 304, primo comma, lettere  a) e  b)).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.32 del 3-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
    Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 304, primo
 comma, lett. a) e b), del codice di procedura  penale,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  9  novembre  1993  dal giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale di Potenza nel procedimento penale  a
 carico  di  Varallo  Antonio, iscritta al n. 9 del registro ordinanze
 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  6,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 giugno 1994 il Giudice
 relatore Mauro Ferri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale  di
 Potenza  solleva,  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 questione di legittimita' dell'art. 304, primo comma, lett. a)  e  b)
 del  codice  di  procedura  penale  "nella  parte in cui non consente
 l'adozione dell'ordinanza ivi prevista anche quando  si  procede  con
 rito abbreviato".
    2. - Il remittente premette che la disposizione impugnata prevede,
 nei  casi  di impossibilita' di procedere al giudizio per impedimento
 dei difensori, la sospensione del termine di custodia  cautelare,  ma
 solo   -  come  puo'  evincersi  dalla  lettera  della  norma  -  con
 riferimento all'impossibilita' di procedere  al  "dibattimento",  nel
 giudizio ordinario, e non anche al giudizio abbreviato, come nel caso
 sottoposto al suo esame.
    3.  -  La  limitazione suddetta - a suo avviso - si risolve in una
 ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni assolutamente
 simili, non  comprendendosi  perche'  l'imputato  debba  ottenere  un
 trattamento  differenziato,  in  materia  di  termini  custodiali,  a
 seconda che il procedimento sia  sfociato  nel  dibattimento  ovvero,
 come  nel caso di specie, nel giudizio abbreviato, con la conseguenza
 che nel secondo caso,  astenendosi  i  difensori  dalle  udienze,  il
 termine  di  cui all'art. 303 del codice di procedura penale non puo'
 essere sospeso.
    Ne' la  diversa  disciplina  potrebbe  essere  giustificata  dalle
 caratteristiche  del  rito abbreviato quale giudizio allo stato degli
 atti, che in nessun modo  incidono  da  un  lato  sull'esercizio  del
 diritto  alla  difesa  e  sui  diritti  di  liberta' del cittadino, e
 dall'altro  sulle  esigenze  della   giurisdizione,   come   appaiono
 bilanciati, gli uni e le altre, nell'art. 304 del codice di procedura
 penale;  ma,  al  contrario,  da  questo  punto  di  vista,  il  rito
 abbreviato non  si  discosterebbe  dal  dibattimento,  rappresentando
 l'uno e l'altro possibili epiloghi decisori del procedimento con pari
 esigenze  cautelari  da un lato, ed identica necessita' di tutela dei
 diritti di liberta' del cittadino, dall'altro.
   4. - Quanto infine all'impossibilita' di  trattazione  della  causa
 per  l'astensione  da  tutte le attivita' di udienza proclamata dagli
 avvocati e procuratori del foro locale, il giudice remittente precisa
 che detta situazione processuale e' assimilabile, in punto di  fatto,
 a  quella  delineata  dall'art.  304, primo comma, lett. a) e b), del
 codice  di  procedura  penale,  riscontrandosi  in  entrambi  i  casi
 l'impossibilita'  di  procedere al giudizio per impedimento difensivo
 ovvero per mancata presentazione dei difensori, e cio' a seconda  che
 si  consideri l'astensione dalle udienze ascrivibile alla fattispecie
 di cui alla lettera a) o rispettivamente b), del citato articolo.
                        Considerato in diritto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Potenza  solleva,  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 questione  di legittimita' dell'art. 304, primo comma, lett. a) e b),
 del codice di procedura penale  "nella  parte  in  cui  non  consente
 l'adozione  dell'ordinanza  ivi  prevista anche quando si procede con
 rito abbreviato".
    2. - La disposizione impugnata prevede, nei casi di impossibilita'
 di  procedere  al  giudizio  per  impedimento   dei   difensori,   la
 sospensione  dei  termini  di custodia cautelare soltanto - come puo'
 evincersi   dalla   lettera   della   norma   -    con    riferimento
 all'impossibilita'   di  procedere  al  "dibattimento"  nel  giudizio
 ordinario, ma non anche al giudizio abbreviato.
    Cio' posto, il remittente rileva che detta limitazione si  risolve
 in  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  situazioni
 assolutamente simili, non  sussistendo  motivi  perche'  all'imputato
 debba  applicarsi  un  differente  trattamento, in materia di termini
 custodiali,  a  seconda  che  il  procedimento   sia   sfociato   nel
 dibattimento  ovvero  nel giudizio abbreviato, con la conseguenza che
 nel secondo caso, astenendosi i difensori dalle udienze, i termini di
 cui all'art. 303 del codice di procedura penale  non  possono  essere
 sospesi.
    3.  -  In  sostanza, la questione sollevata mira ad introdurre una
 nuova ipotesi di sospensione dei  termini  di  durata  massima  della
 custodia   cautelare  estendendo  anche  al  giudizio  abbreviato  la
 disciplina prevista dall'art.  304,  primo  comma,  per  il  giudizio
 ordinario.
    In questi termini la questione e' inammissibile.
    Questa  Corte ha piu' volte affermato (v., da ultimo, sent. n. 349
 del 1993) che i diritti inviolabili dell'uomo, primo tra tutti quello
 alla liberta' personale, sono espressione di valori fondamentali; per
 tal motivo la loro limitazione (nei soli casi e modi  previsti  dalla
 Costituzione  e  dalla  legge) ha carattere derogatorio ad una regola
 generale e presenta natura  eccezionale:  le  norme  suscettibili  di
 incidere  su tali diritti, pertanto, non possono essere applicate per
 analogia e vanno interpretate in modo rigorosamente restrittivo.
    Nel caso in esame tali principi portano immediatamente a ravvisare
 nel normale decorso dei  termini  di  custodia  cautelare  la  regola
 generale  e,  invece, nella sospensione dei termini stessi, una norma
 di  carattere  eccezionale,  giacche'  consente  di   prolungare   la
 limitazione  della  liberta'  personale  che  la  custodia  cautelare
 comporta.
    4. - Proprio in relazione a siffatto carattere eccezionale,  detta
 norma non puo' essere assunta come utile termine di raffronto ai fini
 del giudizio sulla corretta osservanza, da parte del legislatore, del
 principio  di eguaglianza. E' infatti costante orientamento di questa
 Corte che, in presenza di norme generali e di norme  derogatorie,  in
 tanto  puo'  porsi  una  questione di legittimita' costituzionale per
 violazione del principio di eguaglianza,  in  quanto  si  assuma  che
 queste  ultime, poste in relazione alle prime, siano in contrasto con
 tale  principio;   viceversa,   quando   si   adotti   come   tertium
 comparationis  la  norma  derogatrice,  la  funzione  del giudizio di
 legittimita' costituzionale non puo'  essere  se  non  il  ripristino
 della  disciplina  generale,  ingiustificatamente  derogata da quella
 particolare, non l'estensione ad altri  casi  di  quest'ultima  (cfr.
 ord. n. 666 del 1988, ord. n. 582 del 1988, sent. n. 383 del 1992).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 304, primo comma, lett. a) e b), del  codice  di  procedura
 penale,  sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
 giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale  di  Potenza
 con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 4 luglio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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