N. 299 ORDINANZA 4 - 13 luglio 1994
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Impiego pubblico - Anzianita' convenzionale - Diritto al computo della medesima nella determinazione della retribuzione - Divieto di applicazione per piu' di una volta dei benefici combattentistici - Ius superveniens: legge 23 dicembre 1992, n. 498 - Profili della stessa questione gia' esaminati e decisi dalla Corte con sentenza n. 153/1994 - Manifesta infondatezza. (Legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 4, quinto comma). (Cost., artt. 3, 36, 97 e 101).(GU n.32 del 3-8-1994 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma quinto, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), promossi con le seguenti ordinanze: 1) n. 10 ordinanze emesse il 24 giugno 1993 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi proposti da Bisesti Salvatore ed altri contro il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ed altro, iscritte ai nn. da 762 a 771 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 1994; 2) ordinanza emessa il 31 marzo 1993 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Izzo Aniello ed altri contro l'Istituto Nazionale di Previdenza dei Dirigenti di Aziende industriali, iscritta al n. 93 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di costituzione di Izzo Aniello ed altri nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che numerosi dipendenti del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni hanno chiesto, con dieci diversi ricorsi diretti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, la declaratoria del loro diritto a fruire del beneficio dell'anzianita' convenzionale, attribuito dall'art. 1 della legge 24 maggio 1970, n. 336 (Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati), agli ex combattenti (e categorie equiparate), e il conseguente diritto al computo della detta anzianita' nella determinazione della retribuzione, ricostruita sulla base di disposizioni di carattere generale, quali quelle contenute negli accordi nazionali di lavoro; che il divieto di applicazione per piu' di una volta dei benefici combattentistici, stabilito dall'art. 3 della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (Norme di attuazione, modificazione ed integrazione della l. 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati), circoscrivibile soltanto all'ipotesi di modificazione della situazione di carriera, non ricorreva nella specie; che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, e' entrata in vigore la legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica) la quale, all'art. 4, comma 5, ha stabilito che non si dovra' procedere al computo delle maggiori anzianita' previste dalla legge n. 336 del 1970 in sede di successiva ricostruzione economica prevista da disposizioni di carattere generale e che di conseguenza si dovra' procedere al riassorbimento degli eventuali migliori trattamenti gia' in godimento; che il TAR del Lazio ha, siccome rilevante, sollevato questione di costituzionalita' della detta norma, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto il ricorso andrebbe accolto in ossequio ad una concorde e consolidata giurisprudenza amministrativa, se non vi ostasse il disposto dell'art. 4, comma 5, della legge n. 498 del 1992; che in base alla cennata giurisprudenza l'anzianita' di servizio attribuita agli ex combattenti (e categorie equiparate) dalla legge n. 336 del 1970 non differirebbe dall'anzianita' derivante dal servizio effettivamente prestato e spiegherebbe i suoi effetti anche nel computo delle retribuzioni da rideterminare in forza di nuovi accordi nazionali di lavoro; che la norma sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione perche', non diversamente da quanto la Corte costituzionale ha deciso con la sentenza n. 39 del 1993, essa ha determinato una ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti che si trovano nella stessa condizione di ex combattenti (e categorie equiparate), essendosi attribuito ad alcuni e negato ad altri il beneficio; che nel nostro caso la denunciata disparita' non potrebbe dirsi sanata per effetto della disposizione che stabilisce il riassorbimento dei migliori trattamenti in godimento da parte di taluni, atteso che la situazione di eguaglianza potrebbe ristabilirsi, non senza incertezze, per lo meno in un arco di tempo ampio e consistente; che con un ulteriore ricorso, esaminato da altra sezione dello stesso Tribunale amministrativo regionale, alcuni dipendenti dell'Istituto Nazionale di Previdenza dei dirigenti di aziende industriali (I.N.P.D.A.I.) hanno fatto un'uguale richiesta e il Tribunale ha, del pari, sollevato la questione di costituzionalita' dell'art. 4, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, con riferimento, questa volta, non solo ai parametri costituzionali gia' indicati nelle precedenti ordinanze di rimessione (artt. 3 e 36) ma anche a quelli indicati dai ricorrenti e riferibili agli artt. 97 e 101 e ss. della Costituzione, in quanto la norma, oltre a creare l'ingiustificata disparita' di trattamento gia' evidenziata con le precedenti ordinanze di rimessione, sottrarrebbe al giudice il compito istituzionale di interpretare ed applicare la legge (artt. 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione); che la sostituzione del legislatore all'interprete (giudice) attraverso l'emanazione di una disposizione dissimulata come interpretativa ma, in realta', abrogativa con efficacia retroattiva, sarebbe viziata dalla illegittimita' perche' interferirebbe nell'esercizio delle funzioni attribuite ad un altro potere costituzionale (onde si potrebbe parlare di uno sviamento strumentale della funzione legislativa); che la norma impugnata, inoltre, violerebbe anche il principio (peraltro, secondo il rimettente, non assoluto) in virtu' del quale la legge deve disporre solo per l'avvenire (art. 11 delle preleggi), in tal modo frustrando l'affidamento di una vasta categoria di cittadini nella certezza giuridica (sentt. n. 255 del 1990, 822 del 1988 e 349 del 1985); che, in relazione a questo ultimo giudizio, si sono costituiti i ricorrenti i quali hanno chiesto la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma impugnata; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso per l'inammissibilita' o l'infondatezza della questione prospettata. Considerato che le ordinanze sollevano un'unica questione e, pertanto, vanno riunite; che i primi due profili della stessa (natura falsamente interpretativa, sostanzialmente innovativa, della norma impugnata; ingiustificata disparita' di trattamento dei destinatari della norma in ragione del possibile parziale insuccesso del meccanismo di riassorbimento dei maggiori trattamenti gia' in godimento) sono stati esaminati dalla Corte nell'udienza pubblica del 22 febbraio 1994 e decisi con la sentenza n. 153 del 1994; che il restante profilo gia' prospettato negli stessi termini dalla parte privata costituitasi nel giudizio a quo, e davanti alla Corte, e' stato considerato e respinto in quella occasione (come da sentenza n. 153 del 1994); che, pertanto, difettano veri nuovi profili;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi; dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 101 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 4 luglio 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: GUIZZI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 13 luglio 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 94C0920