N. 304 SENTENZA 6 - 15 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sanita'  pubblica  -  Regione  Campania - Esclusione dalla assistenza
 indiretta delle prestazioni sanitarie con carattere di continuita'  e
 prolungate  nel tempo - Prestazioni riabilitative - Autorizzazione al
 ricorso   a   strutture   esterne   -   Erroneita'   delle   premesse
 interpretative  - Disomogeneita' delle situazioni poste a confronto -
 Non fondatezza.
 
 (Legge regione Campania 15 marzo 1984, n. 11, art. 14; legge  regione
 Campania  8 marzo 1985, n. 12, articolo unico; legge regione Campania
 27 ottobre 1978, n. 46, artt. 1, 2, 5 e 6; legge 5 febbraio 1992,  n.
 104, art. 7).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 32, 97 e 117).
 
(GU n.32 del 3-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge
 della  Regione  Campania  15  marzo  1984,  n.  11  (Norme   per   la
 prevenzione,   cura   e   riabilitazione   degli   handicaps   e  per
 l'inserimento nella vita sociale), dell'articolo  unico  della  legge
 della  Regione  Campania  8  marzo  1985,  n.  12  (Autorizzazione ai
 cittadini residenti nella Regione Campania per cure  presso  case  di
 cura  non  convenzionate  operanti  sul  territorio nazionale), degli
 artt. 1, 2, 5 e 6, primo comma, della legge della Regione Campania 27
 ottobre 1978, n. 46  (Autorizzazione  ai  cittadini  residenti  nella
 Regione  Campania per cure presso strutture ospedaliere site in Paesi
 non  regolamentati  da  accordi  C.E.E.  con  lo  Stato  italiano)  e
 dell'art. 7, primo comma, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-
 quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione  sociale e i diritti delle
 persone handicappate), promosso con ordinanza emessa il 5 maggio 1993
 dal Tribunale amministrativo regionale per la  Campania  sul  ricorso
 proposto  da  Mazzone  Osvaldo  contro  la U.S.L. n. 4 di Avellino ed
 altra, iscritta al n. 701 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  48,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di intervento del Presidente della Regione Campania;
    Udito nella camera di consiglio del  27  aprile  1994  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale sottoposto a
 questa Corte  con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe  proviene  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale  della Campania, al quale si era
 rivolto il Signor Osvaldo Mazzone per ottenere dalla Unita' sanitaria
 locale  competente  il  rimborso  delle  spese  o,   quantomeno,   un
 contributo per far fronte ai costi sostenuti dal ricorrente a seguito
 del  ricovero  della  propria  figlia, affetta da sclerosi a placche,
 presso un centro di riabilitazione non convenzionato con il  servizio
 sanitario  nazionale.  Piu'  precisamente,  il giudice rimettente, in
 riferimento agli artt. 2, 3, 32, 97 e 117 della Costituzione,  dubita
 della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  della legge della
 Regione Campania 15 marzo 1984, n. 11 (Norme per la prevenzione, cura
 e riabilitazione degli  handicaps  e  per  l'inserimento  nella  vita
 sociale),  dell'articolo  unico  della  legge  della stessa Regione 8
 marzo 1985,  n.  12  (Autorizzazione  ai  cittadini  residenti  nella
 Regione  Campania  per  cure  presso  case  di cura non convenzionate
 operanti sul territorio nazionale), degli artt. 1, 2, 5  e  6,  primo
 comma,  della  legge  della  medesima  Regione 27 ottobre 1978, n. 46
 (Autorizzazione ai cittadini residenti  nella  Regione  Campania  per
 cure  presso strutture ospedaliere site in Paesi non regolamentati da
 accordi C.E.E. con lo Stato  italiano)  e  dell'art.  7  della  legge
 statale  5  febbraio  1992,  n.  104  (Legge-quadro per l'assistenza,
 l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
    Il giudice a quo premette che l'art. 14 della legge  regionale  n.
 11 del 1984 prevede, in materia di riabilitazione, la possibilita' di
 ricorrere  a  strutture esterne soltanto per consulenze sul programma
 terapeutico-riabilitativo e per interventi  specifici  sul  paziente,
 con  esplicita esclusione delle prestazioni curative con carattere di
 continuita' e prolungate nel tempo, anche se si riferiscono, come nel
 caso,  a  una  grave  patologia  la  cui   cura   non   e'   peraltro
 caratterizzata  da  assoluta  urgenza. Nello stesso tempo, l'articolo
 unico della legge regionale n. 12 del 1985 e gli artt. 1, 2, 5  e  6,
 primo  comma,  della  legge  regionale  n.  46  del 1978 prevedono la
 possibilita' di rivolgersi a strutture non convenzionate ed  operanti
 nel territorio nazionale, ma limitano tale possibilita' soltanto alle
 cure  mediche  e  chirurgiche.  Secondo  il  tribunale rimettente, il
 citato  art.  14,   nella   parte   in   cui   prevede   l'esclusione
 dell'assistenza  indiretta  per le prestazioni curative con carattere
 di continuita' e prolungate nel tempo, e  le  altre  disposizioni  di
 legge  regionale  prima  ricordate,  nella  parte  in cui limitano il
 ricorso a strutture esterne al servizio nazionale soltanto alle  cure
 mediche  e  chirurgiche,  con  esclusione  di  quelle  riabilitative,
 contrasterebbero con l'art. 117 della  Costituzione,  per  violazione
 del  principio fondamentale della materia contenuto nell'art. 3 della
 legge statale 23 ottobre 1985, n. 595 (Norme  per  la  programmazione
 sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-1988). Quest'ultimo
 articolo,   infatti,  nell'affermare  che  di  norma  le  prestazioni
 sanitarie debbono essere erogate in forma diretta, demanda alle leggi
 regionali di stabilire quali prestazioni possano  essere  erogate  in
 forma  indiretta  in  relazione ai casi in cui sia impossibile per il
 servizio nazionale e per le strutture convenzionate erogarle in  modo
 tempestivo  e  nei  limiti  della  spesa prevista per le cure erogate
 presso strutture convenzionate.
    Oltre agli articoli di legge regionale prima indicati, il  giudice
 a  quo  contesta  la  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, primo
 comma, della legge statale 5 febbraio 1992, n. 104,  nella  parte  in
 cui  non  prevede  l'eseguibilita'  degli  interventi  di  cura  e di
 riabilitazione anche presso strutture non  convenzionate,  quando  le
 strutture  pubbliche e quelle convenzionate siano nell'impossibilita'
 di  assicurare  tempestivamente  prestazioni  indispensabili  per  la
 tutela  della  salute.  L'insieme  delle norme legislative contestate
 contrasterebbe, in primo luogo, con l'art. 32 della Costituzione,  il
 quale,  pur garantendo con norma programmatica il diritto alla salute
 come diritto condizionato dall'attuazione che il legislatore  ne  da'
 attraverso   il  bilanciamento  con  altri  interessi  costituzionali
 (inclusi quelli inerenti all'equilibrio del  bilancio),  risulterebbe
 in  ogni  caso violato quando, come nel caso, le leggi escluderebbero
 in assoluto le prestazioni riabilitative.
    In secondo luogo, le stesse  norme  contestate  si  porrebbero  in
 contrasto  con  gli  artt.  2 e 3 della Costituzione, dal momento che
 l'esclusione    dall'assistenza    indiretta    delle     prestazioni
 riabilitative    comporterebbe,   oltreche'   la   violazione   degli
 inderogabili doveri di solidarieta' economica e sociale,  un'ingiusta
 ed irragionevole discriminazione in danno delle persone piu' deboli e
 vulnerabili  a  causa  della  propria  invalidita'.  In  particolare,
 l'irragionevolezza dell'art. 14 della legge regionale n. 11 del 1984,
 nella parte contestata, risulterebbe  evidente  allorche'  condiziona
 l'esclusione   dall'assistenza   indiretta   al  mero  ed  estrinseco
 presupposto del carattere continuativo e prolungato nel  tempo  delle
 prestazioni.
    Secondo  il  giudice  a quo, anche l'art. 7 della legge statale n.
 104 del 1992 appare  irragionevole,  laddove  esclude  il  ricorso  a
 strutture  esterne  o  non  convenzionate, tanto piu' ove si raccordi
 tale previsione con il successivo art.  11  della  stessa  legge,  il
 quale  consente  alle  persone  handicappate  l'assistenza  in  forma
 indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero.  La
 stessa  norma  contenuta  nell'art.  7 appena citato violerebbe, poi,
 l'art. 97 della Costituzione sotto il profilo del principio  di  buon
 andamento  della  pubblica amministrazione, poiche' costringerebbe il
 servizio sanitario  ad  assicurare  in  via  diretta  le  prestazioni
 riabilitative anche nel caso in cui sarebbe piu' conveniente lasciare
 agli utenti l'opportunita' di avvalersi dell'iniziativa privata senza
 maggiori oneri per lo Stato.
    2.  -  E'  intervenuta  in giudizio la Regione Campania, la quale,
 premesso che l'art. 3 della legge statale n.  595  del  1985  demanda
 alla  legge  regionale  la  disciplina  delle  prestazioni  sanitarie
 erogabili in forma indiretta, chiede che le questioni sollevate siano
 dichiarate inammissibili, poiche', in sostanza, il giudice rimettente
 domanderebbe alla Corte una sentenza additiva in  un'ipotesi  in  cui
 manca  la  possibilita' di una soluzione unica. In ogni caso, precisa
 la Regione, le questioni sarebbero anche infondate, dal momento  che,
 nel  loro complesso, presupporrebbero una nozione di diritto alla sa-
 lute  contrastante  con  il  consolidato  orientamento  della   Corte
 costituzionale,  per  il  quale  il  diritto del cittadino a ottenere
 trattamenti  sanitari  e'  condizionato   alle   determinazioni   del
 legislatore circa i tempi, gli strumenti e i modi di attuazione.
                        Considerato in diritto
   1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Campania solleva,
 in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, questione  di
 legittimita'  costituzionale  nei  confronti dei seguenti articoli di
 legge: a) l'art. 14 della legge della Regione Campania 15 marzo 1984,
 n. 11 (Norme per la prevenzione, cura e  riabilitazione  degli  hand-
 icaps  e  per  l'inserimento  nella vita sociale), nella parte in cui
 prevede  l'esclusione  dall'assistenza  indiretta  delle  prestazioni
 sanitarie  con  caratteri  di  continuita' e prolungate nel tempo; b)
 l'articolo unico della legge della Regione Campania 8 marzo 1985,  n.
 12  (Autorizzazione ai cittadini residenti nella Regione Campania per
 cure presso case di cura non convenzionate  operanti  sul  territorio
 nazionale)  e  gli  artt. 1, 2, 5 e 6, primo comma, della legge della
 Regione Campania 27 ottobre 1978, n. 46 (Autorizzazione ai  cittadini
 residenti   nella   Regione   Campania   per  cure  presso  strutture
 ospedaliere site in Paesi non regolamentati da accordi C.E.E. con  lo
 Stato italiano), nella parte in cui, limitando il ricorso a strutture
 esterne  al  servizio sanitario soltanto riguardo alle cure mediche e
 chirurgiche, escludono la medesima possibilita' per le prestazioni di
 riabilitazione; c) l'art. 7 della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104
 (Legge-quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione sociale e i diritti
 delle  persone  handicappate),  nella  parte  in  cui   non   prevede
 l'eseguibilita'  degli  interventi  di cura e di riabilitazione anche
 presso  strutture  private  non  convenzionate  quando  le  strutture
 pubbliche  o  convenzionate  siano  nell'impossibilita' di assicurare
 tempestivamente prestazioni di carattere indispensabile per la tutela
 della salute.
    Quest'ultimo   articolo,   inoltre,   e'   ritenuto   di    dubbia
 compatibilita'  con  gli  artt.  3  e 97 della Costituzione. Sotto il
 primo profilo, il giudice a quo prospetta un'irragionevole disparita'
 di trattamento con la fattispecie regolata dall'art. 11 della  stessa
 legge  n.  104 del 1992, che consente l'assistenza indiretta per cure
 presso  centri  di  altissima  specializzazione,  mentre   la   norma
 contestata  escluderebbe  le  prestazioni  riabilitative da qualsiasi
 forma di assistenza indiretta. Sotto il secondo  profilo,  lo  stesso
 giudice  ritiene  violato  il  principio  del  buon  andamento  della
 pubblica amministrazione, poiche' l'impugnato art.  7  costringerebbe
 il  servizio  pubblico  a erogare prestazioni riabilitative anche nei
 casi  in  cui  sarebbe  piu'   conveniente   lasciare   agli   utenti
 l'opportunita'  di  avvalersi  dell'iniziativa privata senza maggiori
 oneri per lo Stato.
    Infine, le norme di legge regionali indicate sopra alle lettere a)
 e b) sono sospettate d'illegittimita' costituzionale  per  violazione
 dell'art.  117  della Costituzione, poiche' appaiono al giudice a quo
 in contrasto con il principio fondamentale  della  materia  contenuto
 nell'art.  3  della  legge  23  ottobre  1985,  n.  595 (Norme per la
 programmazione  sanitaria  e  per  il   piano   sanitario   triennale
 1986-1988),  secondo  il quale le leggi regionali debbono determinare
 le  prestazioni  da  erogare  eccezionalmente  in  forma   indiretta,
 allorche'  sia  impossibile  per  le strutture pubbliche e per quelle
 convenzionate erogare in modo tempestivo  prestazioni  indispensabili
 per la tutela della salute.
    2. - Tutte le questioni sollevate non sono fondate.
    Questa  Corte  ha ripetutamente affermato - e il giudice a quo non
 contesta affatto tale affermazione - che,  nell'ambito  della  tutela
 costituzionale  accordata al "diritto alla salute" dall'art. 32 della
 Costituzione, il diritto a trattamenti sanitari "e' garantito a  ogni
 persona  come  un diritto costituzionale condizionato dall'attuazione
 che il legislatore  ordinario  ne  da'  attraverso  il  bilanciamento
 dell'interesse  tutelato  da  quel  diritto  con  gli altri interessi
 costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo
 stesso  legislatore  incontra  nella  sua  opera  di  attuazione   in
 relazione  alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al
 momento" (v. sent. n. 455 del 1990; v. anche sentt. nn. 218 del 1994,
 247  del  1992,  40  del  1991,  1011 del 1988, 212 del 1983, 175 del
 1982). Cio' comporta, come questa Corte ha precisato nelle  decisioni
 appena  menzionate, che, al pari di ogni altro diritto costituzionale
 a prestazioni positive, il diritto a  trattamenti  sanitari,  essendo
 basato  su  norme  programmatiche  che  impongono  al  legislatore un
 obbligo costituzionale  all'attuazione  della  tutela  della  salute,
 diviene  per  il cittadino "pieno e incondizionato" nei limiti in cui
 lo stesso legislatore, attraverso  una  non  irragionevole  opera  di
 bilanciamento  fra  i valori costituzionali e di commisurazione degli
 obiettivi  conseguentemente  determinati  alle   risorse   esistenti,
 predisponga  adeguate  possibilita'  di  fruizione  delle prestazioni
 sanitarie.
    Analizzando  l'attuazione  che  il  legislatore  ha  conferito  al
 diritto  costituzionale  all'assistenza sanitaria, occorre precisare,
 innanzitutto, che, ai sensi dell'art.  19  della  legge  23  dicembre
 1978,  n.  833  (Istituzione  del  servizio  sanitario nazionale), le
 prestazioni riabilitative sono considerate  prestazioni  sanitarie  a
 tutti  gli effetti e che, in base all'art. 26 della medesima legge n.
 833 del  1978,  le  stesse  prestazioni  sono  erogate  dalle  unita'
 sanitarie  locali  attraverso  i propri servizi ovvero, quando queste
 non siano  in  grado  di  fornire  direttamente  le  prestazioni,  da
 istituti  convenzionati  con  le  predette  unita' sanitarie, i quali
 operino nella regione in cui abita l'utente o anche in altre regioni.
 Il quadro legislativo rilevante ai fini della decisione in esame  e',
 poi,  completato  dall'art.  25, ultimo comma, della legge n. 833 del
 1978, il quale demandava alle  Regioni  di  stabilire,  per  le  sole
 prestazioni  di  cura,  "i  casi nei quali potranno essere consentite
 forme straordinarie di assistenza indiretta",  e  dall'art.  3  della
 legge n. 595 del 1985, il quale dispone che "le prestazioni sanitarie
 sono  erogate,  di  norma,  in  forma diretta attraverso le strutture
 pubbliche  o  convenzionate"  e,  inoltre,  prevede  che  "le   leggi
 regionali  e  provinciali  stabiliscono  quali  tra dette prestazioni
 possono essere erogate anche in forma indiretta, nel caso in  cui  le
 strutture  pubbliche  o  convenzionate  siano nella impossibilita' di
 erogarle tempestivamente in forma diretta", rinviando  alle  medesime
 leggi  per  la  determinazione  delle  modalita'  di  accesso  a tali
 prestazioni e del concorso dell'utente alla  spesa  sostenuta  (fermo
 restando  il  limite  massimo  di  questo concorso pari all'ammontare
 della tariffa prevista per la medesima prestazione dalle  convenzioni
 vigenti).
    3.  - La Regione Campania, nell'esercizio delle proprie competenze
 in materia, ha  dettato  il  complesso  di  disposizioni,  della  cui
 legittimita' costituzionale dubita il giudice a quo.
    In particolare, nell'individuare le prestazioni erogabili anche in
 forma  indiretta,  l'art.  14  della  legge  regionale n. 11 del 1984
 consente che le strutture sanitarie regionali possano autorizzare  il
 ricorso  a strutture esterne altamente qualificate limitatamente alle
 consulenze sul programma terapeutico-riabilitativo  e  ad  interventi
 specifici sul paziente, con esclusione delle prestazioni curative con
 carattere  di  continuita' e prolungate nel tempo. Con le altre norme
 impugnate, poi, il legislatore della Regione Campania ha previsto  la
 medesima  autorizzazione anche per le cure mediche e chirurgiche pre-
 state  presso  le  strutture  ospedaliere  e   case   di   cura   non
 specificamente   convenzionate   operanti  sul  territorio  nazionale
 (articolo  unico della legge n. 12 del 1985) e ha, inoltre, stabilito
 che i cittadini residenti nella Regione aventi titolo  all'assistenza
 ospedaliera,   in  casi  di  comprovata  necessita',  possono  essere
 autorizzati  dalla  Giunta  regionale  a  recarsi  presso   strutture
 ospedaliere  site  in  Stati  ove  non vigono accordi della Comunita'
 Europea al fine di sottoporsi a cure mediche e chirurgiche (artt.  1,
 2, 5 e 6 della legge n. 46 del 1978).
    Questo   complesso  di  norme  regionali,  che,  in  alcuni  casi,
 escludono le prestazioni riabilitative da quelle erogabili  in  forma
 indiretta e, in altri casi, ne limitano la fruizione a consulenze sul
 programma  terapeutico od a interventi specifici non aventi carattere
 di continuita' o prolungati nel tempo,  non  sono  in  contrasto  con
 l'art.  117  della  Costituzione  sotto  il  profilo  della  presunta
 violazione del principio fondamentale posto dall'art. 25 della  legge
 n.  833  del  1978  e di quello successivamente affermato dall'art. 3
 della legge n. 595 del 1985. Infatti, a differenza di quanto  suppone
 il  giudice  rimettente, quest'ultimo articolo non impone affatto che
 tutte le prestazioni sanitarie, incluse quelle riabilitative, debbano
 essere ammesse a forme di assistenza indiretta,  ne'  impone  che  le
 medesime  prestazioni siano ammesse allo stesso regime in un'identica
 misura, ma  demanda  al  legislatore  regionale  (o  provinciale)  di
 stabilire  "quali  fra (le) dette prestazioni" possono essere erogate
 in forma indiretta, nel caso in cui le strutture pubbliche  o  quelle
 convenzionate  siano  nell'impossibilita' di erogarle tempestivamente
 in forma diretta.  Nell'esercizio  della  indicata  potesta',  spetta
 ovviamente allo stesso legislatore regionale fissare i limiti entro i
 quali  includere  le  prestazioni  riabilitative  fra  quelle ammesse
 all'assistenza indiretta, limiti la cui determinazione  discrezionale
 e' soggetta allo scrutinio di ragionevolezza da parte di questa Corte
 in riferimento all'esigenza costituzionale di tutela del diritto alla
 salute,  garantito  a ogni cittadino dall'art. 32 della Costituzione,
 compatibilmente con la protezione  da  accordare  agli  altri  valori
 costituzionali rilevanti.
    4.  -  Anche  sotto  il  profilo  da  ultimo menzionato risultano,
 tuttavia, non fondate le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 sollevate  dal  giudice  a quo tanto in relazione alle norme di legge
 regionale citate nel punto precedente, quanto in relazione all'art. 7
 della legge n. 104 del 1992.
    Innanzitutto, occorre rilevare che il giudice rimettente muove  da
 una  premessa  interpretativa  errata allorche' presume che l'insieme
 delle norme legislative oggetto di  contestazione  non  prevedano  la
 possibilita'  di  ricorso a strutture esterne al servizio sanitario e
 alle case  di  cura  convenzionate  in  relazione  a  prestazioni  di
 riabilitazione.  In realta', come si e' gia' avuto modo di ricordare,
 l'art. 14 della legge della Regione Campania n. 11 del 1984  consente
 il   predetto   ricorso  sia  riguardo  a  consulenze  sul  programma
 terapeutico-riabilitativo, sia riguardo a interventi  specifici,  con
 esclusione  delle  prestazioni  aventi  carattere  di  continuita'  e
 prolungate nel tempo. Pertanto, risulta non fondata la censura che il
 giudice a quo ha ritenuto di  proporre  in  riferimento  all'art.  32
 della  Costituzione,  sulla  base  dell'argomentazione  che la totale
 esclusione delle  prestazioni  riabilitative  dal  novero  di  quelle
 ammesse   all'assistenza   in   forma   indiretta  costituirebbe  una
 violazione dell'obbligo costituzionale gravante  sul  legislatore  di
 dare  attuazione  al  "diritto condizionato" a trattamenti sanitari a
 favore delle persone disabili.
   Tale dichiarazione di non fondatezza assorbe  altresi'  le  censure
 proposte  dal  giudice  a  quo  in riferimento agli artt. 2 e 3 della
 Costituzione - concernenti, rispettivamente,  la  pretesa  violazione
 degli  inderogabili  doveri  di  solidarieta'  economica  e sociale e
 l'asserita disparita' di trattamento a danno delle  persone  disabili
 -,  dal  momento  che l'una e l'altra muovono dalla medesima premessa
 interpretativa riconosciuta come errata.
    5. - Resta, invece,  da  esaminare  la  questione  attinente  alla
 pretesa  irragionevolezza  della  esclusione dall'assistenza in forma
 indiretta delle prestazioni sanitarie aventi carattere di continuita'
 e prolungate nel tempo, contenuta  nell'art.  14  della  legge  della
 Regione  Campania  n.  11  del  1984.  In  realta',  una volta che la
 legislazione  assicuri  le  prestazioni  sanitarie  indispensabili  e
 indifferibili    ovvero    ammetta,    riguardo    alle   prestazioni
 riabilitative, il ricorso a  strutture  esterne  per  consulenze  sul
 programma   terapeutico-riabilitativo   o  per  interventi  specifici
 autorizzati dalla competente unita' sanitaria, non e'  manifestamente
 irragionevole   l'esclusione   delle   prestazioni   continuative   e
 prolungate nel tempo, tenuto conto del  rilevante  onere  finanziario
 connesso alla fruizione di queste ultime prestazioni presso strutture
 esterne  al servizio sanitario, non convenzionate con quest'ultimo, e
 alla  contestuale  possibilita'  di  poter  fruire   delle   medesime
 prestazioni  presso  le  strutture del servizio sanitario nazionale o
 quelle convenzionate.
    Come  si   e'   precedentemente   ricordato,   questa   Corte   ha
 ripetutamente    affermato   che   nel   bilanciamento   dei   valori
 costituzionali che il legislatore  deve  compiere  al  fine  di  dare
 attuazione  al  "diritto  ai  trattamenti  sanitari"  (art.  32 della
 Costituzione) entra anche la considerazione delle  esigenze  relative
 all'equilibrio della finanza pubblica. Non v'e' dubbio che, se queste
 ultime  esigenze, nel bilanciamento dei valori costituzionali operato
 dal legislatore, avessero un peso assolutamente  preponderante,  tale
 da  comprimere  il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso
 all'inviolabile dignita' della persona umana,  ci  si  troverebbe  di
 fronte   a   un   esercizio   macroscopicamente  irragionevole  della
 discrezionalita' legislativa. Ma, se si considera la norma contestata
 nell'ambito del complessivo ordinamento legislativo, si deve ritenere
 che cosi' non e', dal momento che, nel caso  in  cui  la  disabilita'
 dovesse  comportare  esigenze terapeutiche indifferibili (caso che, a
 detta del giudice a quo, non corrisponde a quello sottoposto  al  suo
 esame),   il  nucleo  essenziale  del  diritto  alla  salute  sarebbe
 salvaguardato da quelle disposizioni di legge (v. art. 3 della  legge
 n.  595  del  1985  nonche'  le  norme  regionali  di attuazione) che
 legittimano  il  ricorso  a  forme  di  assistenza  indiretta,  anche
 all'estero, nelle ipotesi in cui le strutture del servizio sanitario,
 incluse  quelle  convenzionate, non fossero in grado di assicurare un
 tempestivo intervento sanitario, reso indifferibile dalle  condizioni
 di salute della persona bisognosa di prestazioni riabilitative.
    Ne', sempre al fine di negare la fondatezza delle censure relative
 alla   presunta  irragionevolezza  della  esclusione  contestata,  e'
 inutile ricordare che l'ordinamento legislativo consente alle persone
 disabili il ricorso  a  cure  di  altissima  specializzazione  presso
 strutture   esterne   al   servizio   sanitario   e   alle  strutture
 convenzionate (v. art. 11 della legge n. 104 del 1992)  e  garantisce
 alle   medesime,   nel   caso  in  cui  all'esigenza  di  prestazioni
 riabilitative si accompagni  uno  stato  d'invalidita'  grave,  forme
 particolari di intervento e di sostegno economico (v., ad esempio, le
 leggi 30 marzo 1971, n. 118 e 11 febbraio 1980, n. 18).
    6.  -  Da  ultimo,  non  puo'  riconoscersi  alcun fondamento alla
 asserita irragionevole disparita' di trattamento che il giudice a quo
 individua fra l'art. 7 della legge n. 104 del 1992,  nella  parte  in
 cui  limita gli interventi riabilitativi alle prestazioni erogate dal
 servizio  sanitario  nazionale  tramite  le   strutture   proprie   o
 convenzionate,  e  l'art. 11 della stessa legge, che, come si e' gia'
 ricordato,  garantisce  alle  persone  disabili  cure  di   altissima
 specializzazione  presso strutture esterne al servizio stesso. Le due
 situazioni poste a  confronto,  infatti,  non  sono  omogenee  e  non
 possono,  quindi,  essere  utilmente  comparate,  dal momento che gli
 interessi  sottostanti   alle   prestazioni   aventi   carattere   di
 continuita'  e  prolungate  nel tempo sono sostanzialmente diversi da
 quelli connessi alle prestazioni  non  ottenibili  nel  nostro  Paese
 tempestivamente  o  in  forma  adeguata  alla particolarita' del caso
 clinico (v. art. 3, quinto comma, della legge n. 595 del  1985,  come
 attuato dal decreto del Ministro della sanita' 3 novembre 1989).
    Tantomeno, poi, si puo' sostenere che il citato art. 7 della legge
 n.  104  del 1992 contrasti con il principio del buon andamento della
 pubblica amministrazione, contenuto nell'art. 97 della  Costituzione,
 nella  parte  in cui non consente per le prestazioni riabilitative la
 facolta'  del  cittadino  di   utilizzare   strutture   private   non
 convenzionate  con  conseguente vantaggio per le finanze dello Stato.
 Infatti, pur a non voler considerare il fatto  che  la  questione  e'
 prospettata  dal  giudice  a  quo  in  modo  meramente ipotetico, non
 risulta irragionevole che il legislatore, ferma restando la  liberta'
 del  privato  di ricorrere a strutture esterne al servizio sanitario,
 abbia ritenuto il ricorso a strutture proprie del servizio  sanitario
 nazionale  e  a quelle in regime di convenzionamento meno oneroso per
 le finanze pubbliche del ricorso a strutture  esterne  private  nella
 forma  dell'assistenza  indiretta.  Cio'  tanto  piu'  vale in quanto
 l'eventuale ricorso a forme  di  assistenza  indiretta,  come  quelle
 auspicate  dal  giudice  a  quo,  non  farebbe,  comunque, venir meno
 l'obbligo dello Stato di mantenere strutture per la erogazione  delle
 prestazioni sanitarie in favore dei cittadini meno abbienti.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 dell'art. 14 della legge della Regione Campania 15 marzo 1984, n.  11
 (Norme  per  la  prevenzione, cura e riabilitazione degli handicaps e
 per l'inserimento nella  vita  sociale),  dell'articolo  unico  della
 legge  della  Regione Campania 8 marzo 1985, n. 12 (Autorizzazione ai
 cittadini residenti nella Regione Campania per cure  presso  case  di
 cura  non  convenzionate  operanti  sul  territorio nazionale), degli
 artt. 1, 2, 5 e 6, primo comma, della legge della Regione Campania 27
 ottobre 1978, n. 46  (Autorizzazione  ai  cittadini  residenti  nella
 Regione  Campania per cure presso strutture ospedaliere site in Paesi
 non  regolamentati  da  accordi  C.E.E.  con  lo   Stato   italiano),
 sollevate,  con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  dal  Tribunale
 amministrativo regionale della Campania, per violazione dell'art. 117
 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della  legge  23  ottobre
 1985,  n.  595  (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano
 sanitario triennale 1986-1988);
    Dichiara non fondate le questioni di  legittimita'  costituzionale
 degli  articoli  di  legge  regionale menzionati al capo precedente e
 dell'art. 7 della legge 5 febbraio 1992,  n.  104  (Legge-quadro  per
 l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i  diritti  delle  persone
 handicappate), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e  32  della
 Costituzione,  con  l'ordinanza  indicata  in epigrafe, dal Tribunale
 amministrativo regionale della Campania;
    Dichiara non fondate le questioni di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  7  della  citata  legge  n.  104  del  1992, sollevate, in
 riferimento agli artt. 3 e 97  della  Costituzione,  con  l'ordinanza
 indicata  in  epigrafe,  dal Tribunale amministrativo regionale della
 Campania.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 6 luglio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C0922