N. 311 SENTENZA 6 - 15 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Circolazione  stradale  - Infrazione al codice della strada - Atti di
 accertamento - Invio al prefetto - Omessa previsione  -  Eliminazione
 del  riesame  di  ufficio  del  fatto  e  della  determinazione della
 sanzione  -   Impossibilita'   della   opposizione   al   pretore   -
 Insussistenza   di  una  preclusione  per  l'interessato  a  proporre
 opposizione al pretore - Richiamo alla sentenza n.    255/1994  della
 Corte  -  Estraneita' della disciplina del codice di procedura civile
 dettata per il decreto ingiuntivo - Non fondatezza nei sensi  di  cui
 in motivazione.
 
 (D.P.R.  15  giugno 1959, n. 393, artt. 142, quinto comma, e 142-bis,
 come modificati dalla legge 24 marzo 1989, n. 122).
 
 (Cost., art. 24).
 
(GU n.32 del 3-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
    Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 142, quinto
 comma, e 142- bis del d.P.R. 15 giugno  1959,  n.  393  (Testo  unico
 delle norme sulla circolazione stradale), come modificato dalla legge
 24  marzo  1989,  n. 122, promosso con ordinanza emessa il 21 ottobre
 1993 dal Pretore di Tolmezzo nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Rossi  Stefano  ed  il  Comune  di  Tarvisio,  iscritta al n. 774 del
 registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  giugno  1994  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di un giudizio di opposizione all'ingiunzione di
 pagamento di una somma, escussa con cartella esattoriale, a titolo di
 sanzione amministrativa per  infrazione  a  norme  del  codice  della
 strada  del  1959,  il  pretore di Tolmezzo ha sollevato questioni di
 legittimita' costituzionale degli artt. 142, quinto comma, e 142- bis
 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393  (Testo  unico  delle  norme  sulla
 circolazione  stradale),  nel  testo  novellato  dalla legge 24 marzo
 1989, n. 122, per violazione dell'art. 24 della Costituzione.
   Ad avviso del giudice a  quo  il  combinato  disposto  delle  norme
 impugnate,  derogando  con  una  normativa  speciale  al procedimento
 "comune" dettato per  l'applicazione  delle  sanzioni  amministrative
 dalla  legge  n.  689  del 1981, eliminerebbe la fase del riesame del
 fatto e della valutazione circa la sanzione da  parte  del  Prefetto,
 nell'ipotesi   in   cui  il  presunto  trasgressore  non  inoltri  un
 tempestivo ricorso amministrativo allo stesso Prefetto,  perche'  nel
 sistema  del  codice della strada del 1959 come novellato dalla legge
 n. 122 del 1989 (sistema, peraltro, riprodotto anche nel nuovo codice
 della strada del 1992), non vi e' piu' l'obbligo del rapporto  ed  il
 Prefetto  non conosce gli atti e non emette alcun provvedimento. Cio'
 impedirebbe quindi di proporre l'opposizione  prevista  dall'art.  22
 della legge n. 689 del 1981, con ingiustificabile discriminazione del
 trasgressore   di   norme   sulla   circolazione  stradale,  rispetto
 all'autore di qualsiasi altra violazione amministrativa.
    In subordine il giudice della rimessione denuncia, in  riferimento
 allo  stesso  parametro  costituzionale, l'intero art. 142 del codice
 della strada del 1959, nel testo novellato dalla  legge  n.  122  del
 1989,  nella parte in cui non prevede che nel verbale di accertamento
 della  violazione  debba  essere  inserito  l'avvertimento,  per   il
 trasgressore,  circa  la facolta' di proporre ricorso al Prefetto nel
 termine di 60 giorni dall'accertamento o  dalla  notificazione  della
 violazione  stessa,  da presentarsi allo stesso ufficio o comando cui
 appartiene l'organo accertatore nonche' le conseguenze  della  omessa
 impugnativa e del mancato pagamento, quali l'esecutivita' del verbale
 per  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale, e, non essendo
 prevista la trasmissione degli atti al Prefetto, la impossibilita' di
 proporre opposizione dinanzi al Pretore. Cio' anche in  relazione  al
 principio  espresso  nell'art.  3, ultimo comma, della legge 7 agosto
 1990, n. 241 sulla trasparenza dell'azione amministrativa, nonche'  a
 quanto previsto in tema di decreto ingiuntivo dall'art. 641 c.p.c..
    Di  entrambe  le  questioni il giudice a quo ravvisa la rilevanza,
 perche', in caso di accoglimento della  prima,  diverrebbe  nulla  la
 cartella  esattoriale  in  quanto "emessa senza titolo esecutivo", e,
 nel caso di accoglimento della seconda, sarebbe nullo anche lo stesso
 verbale.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  per  il  tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 rilevando  che  il  sistema  sanzionatorio  previsto dal codice della
 strada, derogatorio rispetto a quello dettato dalla legge n. 689  del
 1981,  si giustifica per l'esigenza di snellimento delle procedure di
 contestazione delle infrazioni alle norme sulla circolazione stradale
 che, per numero, frequenza e diffusione, costituiscono una  categoria
 speciale.
    La scelta del legislatore del 1989, reiterata nel nuovo codice del
 1992  e  non  posta  in  discussione  nemmeno  nella recente modifica
 attuata con decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, non appare
 all'Avvocatura dello Stato censurabile ne'  sotto  il  profilo  della
 ragionevolezza  ne'  sotto  quello  della  violazione  del diritto di
 difesa,  non  sembrando  difficoltosa  la  proposizione  del  ricorso
 amministrativo al Prefetto, da inoltrare allo stesso ufficio o organo
 cui   appartiene   l'agente   accertatore,  ed  essendo  l'ordinanza-
 ingiunzione  prefettizia  che  decide  il  ricorso,  in  forza  della
 completezza  della  sua  motivazione  e  dell'apprezzamento  in  essa
 operato di tutti gli atti e documenti d'ufficio e di  parte,  l'unico
 atto  suscettibile  di  venire compiutamente esaminato dall'autorita'
 giudiziaria in sede di opposizione.
    La difesa dello Stato conclude, pertanto,  per  il  rigetto  delle
 questioni in quanto infondate.
                        Considerato in diritto
   1.1. - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale,
 in  riferimento  all'art.  24  della  Costituzione,  degli artt. 142,
 quinto  comma,  e  142-  bis  del  testo  unico  delle  norme   sulla
 circolazione  stradale,  approvato  con d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393,
 come modificati dalla legge 24 marzo 1989 n. 122.
    Si sostiene nell'ordinanza di rinvio che con la legge n.  122  del
 1989  cit. (applicabile secondo il rimettente al giudizio a quo, data
 l'epoca del fatto) si e' introdotto, rispetto al regime sanzionatorio
 comune dettato dalla  legge  24  novembre  1981  n.  689,  un  regime
 speciale per le infrazioni al codice della strada all'epoca vigente -
 regime  speciale poi trasfuso nel nuovo codice della strada approvato
 con decreto legislativo n. 285 del 1992 - il  quale,  non  prevedendo
 che  gli  atti  di  accertamento  dell'infrazione  siano  inviati  al
 Prefetto, elimina il riesame di ufficio del fatto e la determinazione
 della sanzione da parte del predetto organo ed esclude di conseguenza
 la possibilita' della opposizione al Pretore ai  sensi  dell'art.  22
 della legge n. 689 del 1981 cit.
    1.2.  -  Altra questione di legittimita' di costituzionale, sempre
 in riferimento all'art. 24 della Costituzione, si solleva,  da  parte
 del  giudice a quo, con riguardo all'art. 142 del codice della strada
 cit. per la mancata previsione, in detta  disposizione,  dell'obbligo
 della   indicazione,   nel  verbale  di  accertamento  notificato  al
 trasgressore, della facolta' di proporre ricorso  al  Prefetto  entro
 sessanta   giorni  dalla  notifica  del  verbale  medesimo  "e  delle
 conseguenze (esecutivita' dell'atto per una somma pari alla meta' del
 massimo edittale)", come invece dovrebbe essere previsto  in  armonia
 con  l'art.  3,  ultimo  comma,  della  legge  n.  241  del 1990 "che
 disciplina in generale  il  procedimento  amministrativo  nell'ottica
 della  trasparenza  della  attivita'  amministrativa e dell'effettiva
 tutela del cittadino rispetto agli abusi dell'autorita'", nonche' con
 quanto previsto dall'art. 641 del codice di  procedura  civile  circa
 l'obbligo  di  menzionare alla parte, cui viene notificato il decreto
 ingiuntivo,  "il  termine  per  l'opposizione  e  l'esecutivita'  del
 provvedimento".
     2.1.  -  Le questioni non sono fondate, nei sensi che verranno di
 seguito enunciati.
    Per quel che riguarda la questione  che  investe  gli  artt.  142,
 quinto  comma,  e  142- bis del codice della strada emanato nel 1959,
 come modificati dalla legge n. 122 del 1989, osserva la Corte che  in
 base  a  tali  disposizioni (riprodotte nel nuovo codice della strada
 del 1992) il riesame  della  contestazione  da  parte  dell'autorita'
 prefettizia  non e' stato eliminato, ma, anziche' avvenire di ufficio
 come era in precedenza in base alla legge n. 689 del  1981,  consegue
 al  ricorso  dell'interessato  avverso  il  verbale  di accertamento.
 Indipendentemente percio' dal rilievo secondo cui dall'art. 24  della
 Costituzione  non  deriva  l'esigenza  del  riesame d'ufficio in sede
 amministrativa della contestazione, la facolta' di  proporre  ricorso
 all'autorita'  amministrativa  consente all'interessato di far valere
 comunque le proprie ragioni e di  ottenere  quel  riesame  in  questa
 sede.
    Inoltre,  per  l'aspetto  che propriamente investe l'art. 24 della
 Costituzione, diversamente da quanto sembra ritenersi  nell'ordinanza
 di  rinvio,  il  mancato  esercizio  della  facolta'  di ricorrere al
 Prefetto  avverso   il   verbale   di   accertamento   non   preclude
 all'interessato  la  possibilita' di proporre opposizione al Pretore,
 secondo l'interpretazione adeguatrice offerta da questa  Corte  nella
 sentenza  n.  255  del  1994  e  che si intende ribadire nel presente
 giudizio.
    2.2. - Per quel che  riguarda  la  seconda  questione  prospettata
 nell'ordinanza  di  rinvio,  esattamente  il  giudice a quo, in vista
 dell'esercizio  del  diritto  di  difesa,  richiama  l'esigenza   del
 rispetto  di  quelle  regole  di  trasparenza,  poste in via generale
 dall'art. 3, ultimo comma, della legge n. 241 del 1990, che obbligano
 l'autorita' amministrativa  a  rendere  edotti  coloro,  cui  vengano
 notificati   provvedimenti   amministrativi,   circa   il  termine  e
 l'autorita'  cui  e'  possibile  ricorrere.  Tale   previsione   deve
 ritenersi  di carattere generale e quindi integrativa di procedimenti
 amministrativi  disciplinati,  come  nella  specie,  da  disposizioni
 anteriori.
    Anche  questa interpretazione adeguatrice appare idonea a superare
 il secondo dubbio di costituzionalita'  sollevato  nell'ordinanza  di
 rinvio,   mentre   non   puo'   ritenersi  conferente,  come  tertium
 comparationis, la disciplina del codice di procedura  civile  dettata
 per   il   decreto   ingiuntivo,  data  l'evidente  diversita'  della
 situazione  oggetto  di  tale  disciplina  rispetto  al  procedimento
 amministrativo di cui alla norma denunziata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione:
       a) la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 142,
 quinto  comma,  e  142-  bis  del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (Testo
 unico delle norme sulla circolazione stradale), come modificati dalla
 legge 24 marzo 1989 n. 122, sollevata,  in  riferimento  all'art.  24
 della  Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo con l'ordinanza indicata
 in epigrafe;
       b) la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  142
 del  medesimo  d.P.R.  15  giugno  1959 n. 393, come modificato dalla
 legge 24 marzo 1989 n. 122, sollevata,  in  riferimento  all'art.  24
 della Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo con la stessa ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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