N. 284 SENTENZA 23 giugno - 6 luglio 1994
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Acque pubbliche - Tutela - Ammissione documentale di ulteriori analisi e relazioni eseguite da laboratorio privato - Legittimita' della norma applicabile - Sbarramento di ammissibilita' ex art. 468 - Previsione - Esclusione - Richiamo alla sentenza della Corte n. 203/1992 su analoga fattispecie processuale - Sussistenza della garanzia per tutte le parti in giudizio del diritto alla controprova e di congruo termine per il suo esercizio - Non fondatezza. (C.P.P., art. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.32 del 3-8-1994 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1993 dal Pretore di Padova nei procedimenti penali riuniti a carico di Falaguasta Ferdinando, iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di costituzione di Falaguasta Ferdinando nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Padova ha ritenuto rilevante, e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 24, secondo comma della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma e 495, terzo comma del codice di procedura penale: il primo (art. 468, primo comma) nella parte in cui non prevede le locuzioni "o l'ammissione dei documenti", dopo il termine "consulenti tecnici" e "e dei documenti", dopo il termine "esame"; il secondo (art. 567, secondo comma) nella parte in cui non prevede la locuzione "e dei documenti", dopo l'indicazione dell'art. "468"; il terzo (art. 495, terzo comma) nel suo insieme. 2. - Nel corso di un giudizio per violazione delle norme sulla tutela delle acque pubbliche ed altri reati connessi, la parte civile ha chiesto, subito dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, l'ammissione come documenti di ulteriori analisi e relazioni eseguite da un laboratorio privato. Il Pretore, nel ritenere l'ammissibilita' di detti documenti, si e' posto il problema della legittimita' della norma da applicare per provvedere in merito: l'art. 567, secondo comma, e le disposizioni ad esso connesse (art. 495, terzo comma e 468 del codice di procedura penale). Osserva il remittente che l'attuale disciplina sulle modalita' di introduzione di documenti in giudizio prevede che essi siano presentati direttamente al dibattimento ai sensi dell'art. 493 (o 567, nel caso di giudizio pretorile) senza che sia stato previsto, per essi, uno "sbarramento" di ammissibilita' ex art. 468, come per gli altri mezzi di prova. Ad avviso del remittente, il legislatore, in tal modo, avrebbe attribuito alle parti la facolta' di esaminare i documenti di cui e' chiesta l'ammissione quando esse sono ormai decadute sia dalla possibilita' di allargare il tema di prova in relazione al contenuto dei documenti producendi, sia dalla possibilita' di operare scelte processuali fondamentali (quale quella dell'applicazione della pena su richiesta ex art. 444). Cio' comporterebbe una disparita' di trattamento che appare particolarmente evidente nel caso in cui la produzione documentale provenga dalle parti private: mentre i documenti utilizzabili del pubblico ministero sono in gran parte noti alle altre parti, essendo gia' contenuti nel suo fascicolo, dell'esistenza dei documenti in possesso delle parti private si puo' venire a conoscenza solo dopo che esse, ex art. 493, secondo comma, ne abbiano chiesto l'ammissione. L'effetto di detta disciplina e', ad avviso del Pretore di Padova, che l'esercizio della facolta' riconosciuta dal terzo comma dell'art. 495, di esaminare i documenti dei quali viene chiesta l'ammissione, risulterebbe meramente formale risolvendosi solo nella "possibilita' di improvvisare una contestazione di ammissibilita' non gia' nella possibilita' di adeguatamente difendersi". Tutto cio' violerebbe il principio di eguaglianza e (quando la cosa si risolva in un pregiudizio per la difesa) anche quello di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Il remittente conclude auspicando una estensione della disciplina prevista nell'art. 468 (per la citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici) anche al regime di ammissione in giudizio di documenti. Detto risultato andrebbe conseguito mediante una declaratoria di illegittimita' di tutto il terzo comma dell'art. 495, dell'art. 468 primo comma (nella parte in cui non prevede le locuzioni "o l'ammissione dei documenti" dopo il termine "consulenti tecnici", e "e dei documenti" dopo il termine "esame"), e dell'art. 567 secondo comma nella parte in cui non contiene la locuzione "e dei documenti" dopo le parole "articolo 468". 3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione. Rileva la difesa del Governo che indubbiamente la normativa disciplina in modo diverso la procedura di ammissibilita' della prova per testimoni, periti e consulenti tecnici rispetto a quella documentale. Nel primo caso l'art. 468 impone alle parti che intendono chiedere l'ammissione di quei mezzi di prova di formalizzare detto intento, a pena di inammissibilita', depositando la lista almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, specificando le circostanze sulle quali i testi dovranno essere sentiti. Il codice non detta, invece, una disciplina specifica per le produzioni documentali. La giurisprudenza e la dottrina sembrano concordi nel ritenere che, non essendo i documenti ricompresi nella previsione dell'art. 468, il primo momento utile nel quale richiederne l' ammissione vada individuato in quello in cui, subito dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, ciascuna parte formula le proprie richieste di prova (art. 493). Successivamente (art. 495, primo comma), il giudice decide sull'ammissibilita' delle richieste. Anche in questo caso la disciplina e' generica, ed e' solo nel terzo comma dello stesso articolo che il legislatore si occupa della produzione documentale prevedendo, per le parti diverse da quella che ha chiesto l'ammissione del documento, la facolta' di interloquire. La diversita' di disciplina fra la prova per testimoni e quella documentale sarebbe quindi evidente. Tuttavia, ad avviso dell'Avvocatura, non puo' essere questo solo dato a legittimare dubbi di costituzionalita'. Per quanto attiene al profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'Avvocatura rammenta che questa Corte in numerose pronunce ha affermato che il principio di uguaglianza postula l'omogeneita' delle situazioni giuridiche messe a confronto, e non puo' essere invocato ne' quando si tratti di situazioni intrinsecamente eterogenee, ne' quando le situazioni a confronto abbiano delle affinita', purche' la diversa normativa non risulti irragionevolmente discriminatoria. Nel caso in esame, ad avviso dell'Avvocatura, la diversita' della disciplina inciderebbe su situazioni affini ma distinte e, anzi, la diversificazione risulterebbe giustificata da un'intrinseca razionalita'. L'imposizione alle parti di un termine anticipato per la presentazione della lista di testimoni periti e consulenti tecnici, con relativa indicazione specifica delle circostanze sulle quali tali soggetti saranno chiamati a deporre, risponde perfettamente, secondo la difesa del Governo, ai principi ispiratori del nuovo codice in ordine alla piena dialettica processuale fra le parti. Il fatto che cio' avvenga solo per taluni mezzi di prova (e non anche per le prove documentali) trova idonea motivazione nella stessa diversita' ontologica dei mezzi di prova a confronto (l'una basata su testimoni, l'altra su documenti). 4. - Ha depositato atto di costituzione in giudizio Falaguasta Ferdinando, imputato nel giudizio a quo , limitandosi a dedurre anch'egli l'illegittimita' costituzionale delle norme medesime. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Padova solleva questione di legittimita' costituzionale degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, del codice di procedura penale:" il primo (art. 468, primo comma) nella parte in cui non prevede la locuzione "o l'ammissione dei documenti", dopo il termine "consulenti tecnici", e "e dei documenti", dopo il termine "esame"; il secondo (art. 567, secondo comma) nella parte in cui non prevede la locuzione "e dei documenti" dopo l'indicazione dell'art. "468"; il terzo (art. 495, terzo comma) nel suo insieme". 2. - In sintesi il giudice remittente ritiene che la disciplina risultante dalle norme impugnate, in quanto non prevede che anche la richiesta di ammissione di documenti segua il medesimo regime previsto dall'art. 468 del codice di procedura penale (o dall'art. 567 per il giudizio pretorile), per la richiesta di esame di testimoni, periti e consulenti, (e cioe' mediante il deposito della lista dei documenti di cui si richiede l'ammissione almeno sette giorni - o due, ex art. 567 - prima della data fissata per il dibattimento) contrasti: con l'art. 3 della Costituzione: per irragionevole disparita' di trattamento tra mezzi di prova di eguale valenza; nonche' per violazione del principio di eguaglianza tra le parti (mentre le parti private conoscono il contenuto del fascicolo del pubblico ministero, non altrettanto il pubblico ministero conosce della documentazione in possesso di queste); con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione: per l'impossibilita' di valutare compiutamente tutte le scelte difensive a fronte di una prova documentale introdotta senza preavviso (con particolare riferimento alla possibilita' di richiedere il patteggiamento o di opporsi all'ammissibilita' della prova). 3. - La questione non e' fondata. Occorre premettere che e' stata gia' sottoposta al giudizio della Corte, e decisa con la sentenza n. 203/1992, analoga fattispecie processuale riguardante la posizione di eventuale svantaggio in cui puo' trovarsi chi vede ammessa l'acquisizione di prove richieste da altra parte per la prima volta in sede dibattimentale (art. 493, terzo comma: "quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente") senza avere la possibilita' di usufruire di un termine per esaminare le deduzioni avversarie ed approntare un'idonea linea difensiva o accusatoria. La citata decisione ha chiaramente affermato che l'esigenza di esaminare adeguatamente le prove indicate dalle altre parti, al fine di opporsi all'ammissione delle stesse o di dedurre prova contraria, integra senz'altro una di quelle "ragioni di assoluta necessita'" che abilita il giudice a disporre, ai sensi dell'art. 477, secondo comma, del codice di procedura penale, la sospensione del dibattimento per il tempo occorrente a soddisfare adeguatamente, caso per caso, l'esigenza stessa. Non vi sono motivi perche', anche nel caso in esame, l'allegata difficolta' di esaminare le prove documentali di cui e' chiesta l'ammissione non possa essere agevolmente superata dalla concessione di un termine ex art. 477, secondo comma, nei sensi indicati dalla citata sentenza n. 203/1992. 4. - Anche la lamentata impossibilita' per l'imputato di scegliere un rito alternativo (ad es.: patteggiamento) ove, di fronte ad un documento a sorpresa, debba ravvisarne la convenienza, deve ritenersi censura inconsistente: la Corte ha gia' espresso il principio che spetta all'imputato valutare la convenienza per un rito alternativo o per il dibattimento "onde egli non ha che da addebitare a se' medesimo la conseguenza della propria scelta" (sentenza n. 316/1992; cfr. anche sentenza n. 129/1993). Ed e' in questa valutazione che egli dovra' considerare l'eventualita' che in dibattimento possano emergere fisiologicamente nuove contestazioni o, come nel caso, nuove prove. 5. - Del pari inconsistente e' il rilievo sull'allegata disparita' di trattamento (mentre le parti private conoscono il contenuto del fascicolo del pubblico ministero, non altrettanto quest'ultimo puo' conoscere della documentazione in possesso di queste); per quanto si e' ora esposto, una volta garantito per tutte le parti in giudizio il diritto alla controprova (art. 495, secondo comma, e art. 468, quarto comma) ed un congruo termine per esercitarlo, la preventiva conoscenza da parte dell'imputato del contenuto del fascicolo del pubblico ministero, lungi dal costituire un privilegio, rappresenta una elementare garanzia dell'esercizio del diritto di difesa; ne' puo' dirsi che la prova testimoniale non abbia, rispetto alla prova documentale, delle peculiari caratteristiche tali da giustificare una presentazione delle relative liste prima del dibattimento: si tratta infatti di indicare non solo i nomi dei testi ma anche le circostanze di fatto prospettate, di modo che la controparte, per difendersi adeguatamente, sia posta in grado di reperire e chiedere la citazione a prova contraria di altri testi, e questo proprio in funzione dell'attivita' che dovra' essere svolta davanti al giudice per l'assunzione delle prove.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione dal Pretore di Padova con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 23 giugno 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: FERRI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 6 luglio 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 94C5908