N. 755 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 ottobre 1994

                                N. 755
 Ordinanza  emessa  il  19  ottobre  1994  dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale militare  di  Roma  nel  procedimento
 penale a carico di Flore Luciano
 Pena - Pene detentive - Sanzioni sostitutive - Inapplicabilita', per
    interpretazione  costante  della  Corte di cassazione, per i reati
    militari   giudicati   dall'autorita'   giudiziaria   militare   -
    Ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra imputati di reati
    comuni  e  imputati  di  reati  militari  anche  in  relazione  al
    reinserimento sociale del condannato.
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 53).
 (Cost., art. 3).
(GU n.1 del 4-1-1995 )
                  IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza all'udienza del 19 ottobre
 1994 nel procedimento penale n. 638/a/94 a carico di  Flore  Luciano,
 nato  a  San  Severino  Marche il 15 agosto 1975 e residente in Apiro
 (Macerata) contrada Piaggia,  n.  9;  recluta  del  d.m.  di  Ancona;
 libero,   assente,  imputato  del  reato  di  "rifiuto  del  servizio
 militare"  (art.  8,  secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n.
 772, sost. dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695) perche',
 al di fuori  dei  casi  di  ammissione  ai  servizi  sostitutivi  del
 servizio  militare  rifiutava  il servizio militare di leva, prima di
 assumerlo, adducendo motivi di coscienza, attinenti ad una concezione
 generale della vita fondata sui convincimenti religiosi di  testimone
 di Geova.
    In Ascoli Piceno il 20 aprile 1994.
                            FATTO E DIRITTO
    1.  -  Al  termine  delle indagini preliminari il p.m. chiedeva il
 rinvio a giudizio di Flore Luciano, per  il  reato  di  cui  al  capo
 d'imputazione.
    All'udienza  preliminare  del 19 ottobre 1994 l'imputato - tramite
 il difensore come da procura speciale in  atti  -  ha  richiesto,  ai
 sensi  dell'art.  444  del  c.p.p.,  l'applicazione  della pena nella
 misura di mesi quattro di  reclusione,  sostituita  con  la  liberta'
 controllata per mesi otto.
    Il  p.m.  ha  prestato  il proprio consenso, rilevando che ove, in
 adesione a precedenti decisioni della Corte di cassazione, il giudice
 ritenga inapplicabile anche in questo caso la  sanzione  sostitutiva,
 debba  essere  sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 53 della legge n. 689/1981 in relazione  all'art.  3  della
 Costituzione.
    Il difensore concludeva assumendo di condividere le argomentazioni
 del p.m.
    Questo  giudice  ritiene  che  la  questione  di costituzionalita'
 prospettata dal p.m. sia rilevante e non manifestamente  infondata  e
 quindi,  rilevato  il contrasto della disposizione di cui all'art. 53
 della legge n. 689/1981 con  l'art.  3  della  Costituzione,  debbano
 essere   trasmessi   gli  atti  alla  Corte  costituzionale,  con  la
 sospensione del procedimento.
    2. -  Va  anzitutto  rilevato  che  la  controversia,  sorta  dopo
 l'entrata  in  vigore  della  legge  24  novembre 1981, n. 689, sulla
 applicabilita' delle sanzioni sostitutive per i  reati  militari,  si
 era  risolta  con  la  sentenza  della Corte costituzionale (7 luglio
 1987, n.  279)  con  cui,  preso  atto  della  preclusione  stabilita
 espressamente  dal  legislatore  mediante  il riferimento ai reati di
 competenza pretorile (art. 54 della  legge  n.  689/1981),  la  Corte
 dichiaro'  inammissibile  la  questione di costituzionalita' relativa
 alla non utilizzabilita'  del  sistema  di  sostituzione  delle  pene
 detentive  per i reati militari (v. anche ordinanza 3 maggio 1990, n.
 230).
    Dopo che l'art. 5 della legge 12 agosto 1993, n. 296, ha  abrogato
 l'art.  54  cit., ammettendo la sostituzione delle pene detentive per
 qualsiasi reato (salvo le esclusioni oggettive di cui all'art.  60  e
 purche'  si  rientri  nei limiti di cui all'art. 53), numerosi organi
 giudiziari  militari  hanno  ritenuto  pacificamente  applicabili  le
 sanzioni  sostitutive  anche  per le pene detentive militari (che, ai
 sensi dell'art. 23 del c.p.m.p., sono espressamente comprese  fra  le
 "pene  detentive  o  restrittive  della  liberta' personale"): non e'
 sembrato  dubbio  infatti  che,  secondo  il  generale  principio  di
 complementarita'  di  cui  all'art.  16  del  d.p.,  anche  per reati
 previsti da  leggi  penali  speciali,  quali  sono  le  leggi  penali
 militari,   dovessero   applicarsi   le   norme  comuni  in  tema  di
 sostituzione di pene.
    La Corte di cassazione non ha tuttavia condiviso tale orientamento
 ed  ha  annullato  tutte  le  statuizioni,  sottoposte  al suo esame,
 concernenti applicazione di sanzioni sostitutive da parte di  giudici
 militari (cfr., ad esempio, Cass., sez. I, 28 febbraio 1994, Ferrari;
 Cass.,  sez.  I,  31  marzo  1994, Billizzi; Cass., sez. I, 20 maggio
 1994, Merlini; Cass., 31 maggio 1994, Pierri).
    In proposito sembra che (anche  se  nessuna  norma,  salvo  quanto
 disposto  dall'art.  627,  terzo  comma,  del  c.p.p.,  stabilisce il
 carattere  vincolante  della  interpretazione  data  ad   una   norma
 giuridica  dalla  Cassazione) il giudice di merito non puo' ignorare,
 anche  se  non  lo   condivide,   l'orientamento   del   giudice   di
 legittimita',  quando  questo sia espresso, come avvenuto nel caso di
 specie, in modo univoco e costante.
    Pertanto, pur se la lettera  dell'art.  53  non  esclude  i  reati
 militari dell'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive, tale
 norma  (come  risultante  dal  consolidato  indirizzo  del giudice di
 legittimita' ed ai fini della proponibilita' della presente questione
 di costituzionalita') va letta  come  se  non  comprendesse  i  reati
 militari  fra  i  reati  per i quali e' ammessa la sostituzione delle
 pene detentive brevi.
    3. - Cio' premesso, sembra che sussista una differenza sostanziale
 fra  la  situazione  normativa  sottoposta  all'esame   della   Corte
 costituzionale (e decisa con la sentenza n. 279/1987) e la disciplina
 che attualmente va presa in considerazione.
    Allora infatti l'esclusione delle sanzioni sostitutive per i reati
 di  competenza  dei  tribunali  militari  costituiva il frutto di una
 espressa  scelta  legislativa  e   la   Corte   si   richiamo'   alla
 discrezionalita' del legislatore che (considerate le difficolta', non
 risolutive,   ma   tuttavia   rilevanti,   che   avrebbe   comportato
 l'applicazione delle sanzioni sostitutive ai militari) avrebbe potuto
 correttamente stabilire un regime speciale delle sanzioni sostitutive
 da applicare nei procedimenti penali militari. Adesso invece, poiche'
 il legislatore ha fatto cadere l'ostacolo normativo prima  esistente,
 l'inapplicabilita'   delle   sanzioni  sostitutive  si  basa  su  una
 interpretazione del  giudice:  la  verifica  circa  il  rispetto  del
 principio   costituzionale   di   uguaglianza   puo'   quindi  essere
 agevolmente compiuto mediante l'esame del rilievo che assumono, sotto
 il profilo costituzionale, le argomentazioni adottate dalla Corte  di
 cassazione nelle sentenze citate.
    Non  sembra  dubbio, infatti (e come piu' volte sottolineato dalla
 Corte costituzionale: v. ad es. sentenza 5 marzo 1992, n.  119),  che
 una  disparita'  di  trattamento  tra  imputato  per  reati  comuni e
 imputato per reati militari  puo'  trovare  giustificazione  solo  in
 esigenze  specifiche  del  consorzio  militare, e non nell'apodittica
 affermazione della specialita' della materia.
    Nel caso di specie la disparita' di trattamento fra  imputato  per
 reati  militari  e imputato per reati comuni non sembra in alcun modo
 giustificarsi in quanto la "difficolta'" di  applicazione  di  alcune
 sanzioni  sostitutive  (gia'  rilevata  dalla  Corte costituzionale e
 divenuta,  nell'ottica  della   Corte   di   cassazione,   causa   di
 pregiudiziale  incompatibilita')  non concerne a ben vedere l'aspetto
 oggettivo dei reati militari (che configurano magari, come  nel  caso
 delle  lesioni  personali o del furto militare, fattispecie del tutto
 conformi a corrispondenti fattispecie comuni), ma piuttosto l'aspetto
 inerente  alle  condizioni soggettive della persona nei cui confronti
 dovrebbe essere applicata la sanzione.
    In  altre  parole,  i  problemi  relativi  all'applicazione  della
 semidetenzione  e  della liberta' controllata ai militari in servizio
 concernono sia i condannati per reati militari che quelli  per  reati
 comuni:  tanto  e'  vero che la Corte di cassazione (3 novembre 1992,
 Marcialis) ha affermato, per  un  reato  di  competenza  del  giudice
 ordinario,  che  l'esecuzione  della  liberta'  controllata  non puo'
 avvenire ne' proseguire nel  corso  della  prestazione  del  servizio
 militare di leva.
    Per  converso,  occorre  osservare che solo una parte dei militari
 condannati dai tribunali  militari  sono  militari  in  servizio.  La
 maggior  parte  delle  condanne,  riguardando militari in servizio di
 leva, sono invece  pronunciate  dai  tribunali  militari  quando  gli
 imputati,  tenuto conto dei tempi del procedimento penale, sono stati
 posti in congedo illimitato, o addirittura sono ormai  estranei  alle
 Forze  armate,  perche' collocati in congedo assoluto (ad esempio per
 riforma).
    Nessuna plausibile ragione si scorge per giustificare l'esclusione
 delle sanzioni sostitutive nei confronti  dei  militari  in  congedo.
 Ne',   d'altro   canto,  alcuna  motivazione  e'  stata  addotta  per
 dimostrare che sono  gli  specifici  caratteri  offensivi  del  reato
 militare a determinare l'inapplicabilita' delle sanzioni sostitutive.
 Se  poi  tale ultimo assunto fosse in qualche sede sostenuto andrebbe
 per coerenza dichiarato  che  le  sanzioni  sostitutive  non  possono
 trovare  applicazione  nemmeno nei confronti dall'estraneo alle Forze
 armate che commetta un reato militare in  concorso  con  il  militare
 (art.   14   del   c.p.m.p.):  cio'  che  sembrerebbe  davvero  fuori
 discussione.
    4. - In definitiva,  secondo  una  ricostruzione  della  normativa
 vigente  conforme  ai  principi  costituzionali,  il giudice militare
 dovra', cosi' come il giudice comune, valutare (ai sensi dell'art. 58
 della legge n.  689/1981)  la  compatibilita'  della  singola  misura
 sostitutiva  con le condizioni personali del condannato, in relazione
 anche alla circostanza che il militare sia in servizio o in  congedo.
 Una   generale   preclusione   per   l'applicazione   delle  sanzioni
 sostitutive (compreso il caso che il reato militare sia  commesso  da
 militare  in  congedo)  appare  priva  di  giustificazione e comporta
 violazione  del  principio  di  uguaglianza,  anche  in  ordine  alla
 salvaguardia  del  principio  di  cui all'art. 27, terzo comma, della
 Costituzione.   Il   giudice   militare   dovrebbe   infatti   negare
 l'applicazione  della sanzione sostitutiva anche quando la ritenga la
 piu' idonea al reinserimento sociale del condannato.
    Ne', a giustificare il regime derogatorio per  i  reati  militari,
 puo' valere il richiamo all'art. 60 della legge n. 689/1981, che, non
 contenendo   alcuna   esclusione   per   specifici   reati  militari,
 dimostrerebbe  l'intenzione  del  legislatore  di  non  aver   voluto
 consentire  la  sostituzione  delle pene per nessun reato militare. A
 parte  la  singolarita'  di  tale  argomento  (che  induce   da   una
 disposizione di esclusione da un beneficio, quindi di interpretazione
 tassativa,  la  ragione  per  l'ulteriore  esclusione  di  una intera
 categoria di reati) va notato che nessuna delle  fattispecie  di  cui
 all'art.  60  sembra  poter  entrare in comparazione, sul piano degli
 interessi  tutelari,  con  reati previsti dalla legge penale militare
 (sul  "carattere  del  tutto  eccezionale  del   regime   derogatorio
 all'applicabilita'    delle   sanzioni   sostitutive",   cfr.   Corte
 costituzionale, sent.  20  giugno  1994,  n.  254).  Di  conseguenza,
 l'accoglimento  della  dedotta  questione  di  costituzionalita'  non
 introdurrebbe alcuna  sfasatura  nel  sistema  penale,  ne'  si  vede
 perche',  d'altro  canto,  il  legislatore  dovrebbe  necessariamente
 prevedere l'esclusione, nell'ambito dell'art. 60,  di  qualche  reato
 militare.
    5.  -  La  rilevanza  della  questione  sollevata  presuppone  una
 valutazione positiva (che questo giudice ritiene di poter compiere  e
 che  potra'  essere  ovviamente  sindacata dalla Cassazione ove se ne
 assuma la manifesta illogicita')  circa  l'applicabilita',  ai  sensi
 dell'art.  58  della  legge  n.  689/1981, della sanzione sostitutiva
 richiesta dalle parti.
    Nel caso di specie  infatti  il  reato  e'  stato  commesso  prima
 dell'assunzione  del  servizio militare, da militare ("considerato in
 servizio",  ai  sensi  dell'art.  5  del  c.p.m.p.)  che  conseguira'
 l'esonero  per  effetto  dell'espiazione  della  pena  (art. 8, terzo
 comma, della legge 22 dicembre 1972, n. 772). La pena  principale  da
 applicare  e'  inoltre  la reclusione, avendo la Corte costituzionale
 (sent. 26 luglio 1993, n.  358)  affermato  l'incompatibilita'  della
 pena militare con lo status degli obiettori di coscienza.
    Con  riguardo,  infine,  alla  scelta della sanzione da applicare,
 ritiene questo giudice che la sanzione  sostitutiva  piu'  idonea  al
 reinserimento  sociale del condannato, anche in relazione alla natura
 della violazione penale  compiuta,  sia  effettivamente  la  liberta'
 controllata,   potendosi   peraltro  presumere  che  le  prescrizioni
 inerenti a tale sanzione saranno adempiute dal condannato.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  53
 della  legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui non prevede
 l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive per i reati militari,  in
 relazionie  all'art.  3  della Costituzione, ritenendo tale questione
 rilevante e non manifestamente infondata;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle  parti  e  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 19 ottobre 1994
              Il giudice dell'udienza preliminare: MAZZI
 
 94C1373