N. 461 SENTENZA 15 - 30 dicembre 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Impiego  pubblico  -  Regione  Molise  -  Reinquadramento di tutto il
 personale dell'amministrazione regionale - Interpretazione  autentica
 -  Accesso alla prima qualifica dirigenziale - Valutazione della voce
 "anzianita'  di  servizio"  -  Ridimensionamento  -   Richiamo   alla
 giurisprudenza  della Corte (vedi sentenze nn. 385, 153 e 6 del 1994)
 - Ragionevolezza secondo le indicazioni  della  legislazione  statale
 vigente - Non fondatezza.
 
 (Legge regione Molise 7 luglio 1993, n. 16, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 97, 101, 104, 108 e 113).
 
(GU n.1 del 4-1-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 regionale del Molise 7 luglio 1993, n. 16 (Interpretazione  autentica
 dell'art.  3  della legge regionale 10 maggio (recte: marzo) 1989, n.
 5), promossi  con  tre  ordinanze  emesse  il  1  febbraio  1994  dal
 Tribunale amministrativo regionale per il Molise sui ricorsi proposti
 da  Palladino  Igino  ed altri, Colagiovanni Donato ed Eliseo Giorgio
 contro la Regione Molise, iscritte ai nn. 244, 245 e 246 del registro
 ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di costituzione di Palladino  Igino  ed  altri,  di
 Colagiovanni Donato, di Eliseo Giorgio e della Regione Molise;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  1994  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Uditi gli avvocati Donatella Resta per Palladino Igino ed altri  e
 Filippo Satta per la Regione Molise.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con tre ricorsi di analogo tenore, numerosi dipendenti della
 Regione Molise (alcuni dei quali inquadrati,  ai  sensi  della  legge
 regionale  8  giugno  1981, n. 10, al VII livello retributivo e altri
 all'VIII) esponevano al Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
 Molise  che l'Amministrazione regionale, in applicazione di una nuova
 disciplina, emanata con la legge  regionale  7  luglio  1993,  n.  16
 (Interpretazione autentica dell'art. 3 della legge regionale 10 marzo
 1989, n. 5), aveva proceduto a un riesame delle rispettive posizioni.
 I   ricorrenti   si   dolevano,   in  particolare,  dell'applicazione
 retroattiva  dei  nuovi  criteri  per  la  evidente   disparita'   di
 trattamento  rispetto  ai  dipendenti  degli  enti  subregionali gia'
 inquadrati con i  precedenti  (piu'  favorevoli)  criteri  e  per  la
 elusione  di  orientamenti  giurisprudenziali ampiamente consolidati.
 Avendo la Regione messo a concorso posti dirigenziali senza procedere
 all'inquadramento in base alla legge regionale 10 marzo  1989,  n.  5
 (Reinquadramento del personale gia' inquadrato alla Regione con leggi
 regionali:  nn.  11/74,  12/74,  12/80, 10/81, 26/8z1, 1/83, 3/85), i
 ricorrenti chiedevano  l'annullamento  previa  sospensione  dell'atto
 impugnato:  la  deliberazione  di  Giunta n. 3260 del 23 agosto 1993,
 avente a oggetto l'applicazione dei  criteri  interpretativi  per  il
 reinquadramento  dei dipendenti regionali alla luce della legge n. 16
 del 1993.
    2. - Con tre distinte ordinanze, in data 1 febbraio 1994,  il  TAR
 per  il  Molise  sospendeva  "in  via provvisoria e con riserva, fino
 all'esito  del  giudizio  di  costituzionalita'",  l'atto  impugnato,
 sollevando  nel  contempo, con riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101,
 104,  108  e  113  della  Costituzione,  questione  di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della citata legge regionale n. 16.
    La legge n. 5 del 1989 - osserva il giudice a quo - si occuperebbe
 del   reinquadramento  di  tutto  il  personale  dell'amministrazione
 regionale, prevedendo all'art. 2, per l'anzianita' di  servizio,  una
 valutazione  massima  di  48  punti e attribuendo, in ragione di ogni
 trimestre di servizio, un punteggio di 1,50 per non piu'  di  8  anni
 complessivi (art. 3, commi 1 e 2). Per l'inquadramento ai livelli VII
 e  VIII,  la  valutazione  del  servizio  prestato  nella carriera di
 concetto si ridurrebbe, tuttavia, al 75 per cento (art. 3, comma 5).
    Dell'insieme  normativo si sono fornite, nel tempo, due "letture":
 una,  meno  favorevole  ai   dipendenti,   che   precluderebbe   alla
 generalita' del personale il tetto di 48 punti, lasciando in astratto
 operare  la  riduzione del 75 per cento sul massimale degli otto anni
 di  anzianita';  l'altra,  inizialmente  adottata  dalla  Regione  (e
 avallata  da  alcune  decisioni  del  Tribunale  amministrativo), che
 sarebbe piu'  favorevole  ai  ricorrenti,  consentendo  di  abbattere
 l'anzianita',  determinata  nel  suo  complesso,  anche eventualmente
 superiore agli otto anni. Soltanto  in  questa  seconda  ipotesi,  il
 dipendente avrebbe potuto conseguire il massimo di 48 punti. La legge
 n. 16, approvata a distanza di quattro anni dalla legge n. 5, avrebbe
 optato  per  l'interpretazione  riduttiva,  stabilendo che il periodo
 massimo "deve essere inteso quale ammontare massimo del servizio", di
 cui al comma 1 dell'art. 3 della citata  legge  n.  5  del  1989.  Di
 conseguenza,  "per  calcolare  il  punteggio  di anzianita', in primo
 luogo vanno moltiplicati punti 1,50 per un massimo di 32 trimestri  e
 sul  punteggio  risultante,  non  superiore  nel massimo di 48 punti,
 vanno applicate le riduzioni, di cui ai citati commi 4 e 5" dell'art.
 3 della legge regionale n. 5.
    Cosi' redatta, la norma sarebbe in contrasto con  la  Costituzione
 perche':
       a)  inciderebbe  sulle posizioni di quanti, in difetto di essa,
 avrebbero conseguito qualifica dirigenziale per i posti  in  organico
 sulla  base  del  precedente orientamento della Giunta regionale, con
 vanificazione   degli   esiti   giurisdizionali   e    compromissione
 dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura (artt. 24, 113,
 101, 104 e 108 della Costituzione);
       b)  costituirebbe eccesso di potere legislativo, trattandosi di
 un  intervento  modificativo  e  non  interpretativo,   con   effetti
 retroattivi,    della    normativa   preesistente   (art.   3   della
 Costituzione);
       c) integrerebbe una lesione del principio del  buon  andamento,
 con  pregiudizio delle aspettative dei dipendenti regionali formatesi
 sulla  base  dei  precedenti  atti  della  Regione  (art.  97   della
 Costituzione).
    3.  -  Si sono costituiti i ricorrenti, ricordando preliminarmente
 che la legge della Regione Molise n. 5 del 1989 e'  stata  dichiarata
 conforme  a  Costituzione da questa Corte con la sentenza n. 56 dello
 stesso anno e - in aggiunta ai parametri dell'ordinanza di rimessione
 - eccependo la illegittimita' della disposizione impugnata anche  con
 riferimento  all'art.  117:  essa, infatti, sarebbe stata adottata in
 violazione  dei  limiti  connessi  alla  potesta'  legislativa  delle
 Regioni,   che   sottendono   il   rispetto   dei  principi  generali
 dell'ordinamento   giuridico   statale,    tra    cui    quello    di
 irretroattivita'  delle  leggi  posto dall'art. 11 delle disposizioni
 sulla legge in generale.
    In adesione alle argomentazioni svolte dal  Tribunale  rimettente,
 essi hanno osservato, altresi', che la disposizione impugnata:
      discriminerebbe,   senza   giustificazione,  la  loro  posizione
 rispetto a quella di tutti gli altri dipendenti che hanno gia' potuto
 beneficiare  della  normativa  sul   reinquadramento,   grazie   alla
 precedente interpretazione della Regione;
      violerebbe  gli  artt.  24  e 113 della Costituzione, giacche' -
 presentandosi come legislativo - priverebbe i ricorrenti  del  potere
 d'impugnativa d'un provvedimento amministrativo;
      violerebbe,  infine, l'art. 97 della Costituzione, privilegiando
 il  procedimento  concorsuale,  ben  piu'  oneroso,  in   luogo   del
 reinquadramento degli interessati gia' in servizio presso la Regione.
    4.  -  Si  e' costituita la Regione Molise, chiarendo che la nuova
 legge regionale  mirava  a  impedire  l'accesso  indiscriminato  alla
 dirigenza.  L'ordinamento  regionale  si  articolava infatti, fino al
 1985, in otto livelli funzionali,  l'ultimo  dei  quali  dirigenziale
 (art.  2  della  legge  regionale  Molise  8  maggio  1980, n. 12); e
 soltanto con  la  legge  regionale  29  aprile  1985,  n.  13  (Stato
 giuridico  e  trattamento economico del personale regionale - biennio
 1983-84) questo schema e' stato modificato attraverso  l'introduzione
 di  due  nuove qualifiche dirigenziali a carattere apicale (art. 14).
 Una disposizione transitoria (art. 33) consente la trasposizione  dei
 vecchi  livelli  nel  nuovo ordinamento a nove qualifiche, stabilendo
 che al V livello dell'ordinamento precedente  corrisponda  il  VI  di
 quello nuovo e che il personale inquadrato nell'VIII sia direttamente
 assimilabile al I livello dirigenziale (art. 35).
    Orbene,  la  legge regionale n. 5 del 1989 era stata approvata per
 reinquadrare nei ruoli regionali - questo il suo scopo precipuo -  il
 personale  gia'  inquadrato  che  non  aveva  potuto fruire di alcuni
 titoli posseduti in data anteriore al 31 dicembre  1981.  Titoli  che
 vennero,  all'art.  2, cosi' individuati: anzianita' di servizio, per
 un massimo di 48 punti; titoli di studio, per un massimo di 45 punti;
 concorsi vinti (o per i quali fosse  stata  conseguita  l'idoneita'),
 per  un  massimo  di  10  punti;  titoli  di specializzazione, per un
 massimo di 10 punti.
    L'art.  7  di  tale  legge  statuiva  che  -  ove  il   dipendente
 raggiungesse  un  punteggio  di  almeno  78  punti  -  sarebbe  stato
 inquadrato  nell'VIII  livello  funzionale   previsto   dalla   legge
 regionale  8  maggio 1980, n. 12, con un salto massimo di 2 livelli e
 l'interdizione della carriera direttiva ai dipendenti che non fossero
 in possesso del diploma d'istruzione media superiore. I  limiti  alla
 valutazione    dell'anzianita'    di   servizio   -   oggetto   della
 interpretazione autentica resa con la legge regionale n. 16 del  1993
 -  si  possono a questo punto comprendere pienamente. Essi servivano,
 infatti, a  eliminare  effetti  distorsivi  o,  almeno,  a  temperare
 l'estrema facilita' con cui un dipendente regionale poteva fruire del
 doppio passaggio dal VI all'VIII livello funzionale (di cui alla gia'
 citata  legge  n.  12  del  1980)  e,  successivamente, poteva essere
 inquadrato, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 13 del  1985,  nella
 prima  qualifica  dirigenziale, purche' in possesso del diploma della
 scuola superiore, e  di  otto  anni  di  anzianita'.  La  restrizione
 introdotta  dall'art. 3 della legge n. 5 del 1989 e dall'art. 1 della
 legge impugnata hanno permesso  -  conclude  la  Regione  -  di  fare
 giustizia   d'una   anomala  prassi  amministrativa,  che  assicurava
 l'accesso alla prima qualifica dirigenziale persino a coloro i  quali
 cumulavano  un  rilevante  punteggio  di  anzianita'  con il semplice
 possesso del titolo di licenza elementare,  in  quanto  equiparato  a
 quello di scuola media dell'obbligo.
    La  norma  impugnata,  dunque,  ha contribuito a ridimensionare il
 peso  della  voce  "anzianita'  di  servizio"   a   vantaggio   della
 ponderazione   di   tutti  gli  altri  elementi  utili  ai  fini  del
 reinquadramento e, in ispecie, i titoli di studio, i concorsi vinti e
 le specializzazioni.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Viene  all'esame della Corte l'art. 1 della legge regionale
 del  Molise  7  luglio   1993,   n.   16,   approvato   per   fornire
 un'interpretazione  autentica  dell'art. 3 della legge regionale n. 5
 del 1989  (riguardante  il  reinquadramento  di  tutto  il  personale
 dell'amministrazione regionale), nel senso che:
       a) l'anzianita' di servizio deve essere valutata per un massimo
 di 48 punti;
       b)  detto  massimale  deve  essere valutato al 75 per cento (e,
 dunque, fino a un massimo di  punti  36)  per  il  personale  che  fa
 domanda di inquadramento ai livelli dirigenziali.
    Il  giudice  a  quo  ipotizza  un  contrasto  con la Costituzione,
 perche' l'interpretazione autentica:
       a) mirerebbe a incidere sulle posizioni di coloro che -  stante
 il   precedente  orientamento  della  Giunta  regionale  -  avrebbero
 conseguito qualifica  dirigenziale  per  i  posti  in  organico,  con
 vanificazione   di  alcuni  esiti  giurisdizionali  e  compromissione
 dell'indipendenza e  dell'autonomia  della  magistratura  (violazione
 degli artt. 24, 113, 101, 104 e 108 della Costituzione);
       b)   sarebbe   frutto   dell'eccesso   di  potere  legislativo,
 trattandosi di un intervento modificativo e non interpretativo  della
 normativa  preesistente,  con  chiari effetti retroattivi (violazione
 dell'art. 3 della Costituzione);
       c)  sarebbe  lesivo  del  principio  del  buon  andamento,  con
 pregiudizio  delle  aspettative  dei  dipendenti  regionali formatesi
 sulla base dei precedenti atti della Regione (violazione dell'art. 97
 della Costituzione).
    2. - La legge n. 5 del 1989 della Regione  Molise  aveva,  invero,
 formato  oggetto del sindacato di questa Corte che con la sentenza n.
 56 del 1989 aveva respinto le doglianze  contenute  nel  ricorso  del
 Presidente  del  Consiglio dei ministri e affermato la compatibilita'
 di essa  con  i  valori  costituzionali.  E  cogliendone  la  ragione
 ispiratrice  -  volta "ad eliminare quelle sperequazioni verificatesi
 in dipendenza  del  fatto  che  il  personale  comandato  o  comunque
 transitato  nella  Regione in epoche diverse era stato inquadrato con
 normative e criteri tra loro differenti che avevano  favorito  alcuni
 rispetto   ad   altri"   -  aveva  dichiarato  infondate  le  censure
 d'incostituzionalita'  sollevate  in  considerazione  del   carattere
 relativo  del principio di intangibilita' dell'assetto delle carriere
 dei pubblici impiegati", derogabile  quando  vi  sia  l'"esigenza  di
 assicurare l'eguaglianza a parita' di situazioni".
    3.  - L'intento riequilibratore, rinvenuto dalla Corte quale ratio
 decidendi della pronuncia, non  deve  peraltro  essere  frustrato  da
 prassi  applicative e linee interpretative tendenti a consentire ogni
 sorta di possibilita' di carriera, fino a vere  e  proprie  forme  di
 abuso della normativa di favore. E' cio' che, nella sostanza, lamenta
 la  difesa  della  Regione  Molise, documentando le tante, e anomale,
 possibilita'  di  accesso   alla   dirigenza   regionale   dovute   a
 un'interpretazione    dilatata   delle   disposizioni   della   legge
 concernenti   i   titoli   valutabili    (in    particolare    quello
 dell'anzianita': art. 3 della legge n. 5 del 1989).
    Premesso che fino al 1985 l'ordinamento regionale si articolava in
 otto  livelli  funzionali, l'ultimo dei quali era quello dirigenziale
 (art. 2 della legge regionale  Molise  8  maggio  1980,  n.  12),  e'
 soltanto  con  l'art. 14 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 13,
 che  vengono introdotte due nuove qualifiche dirigenziali a carattere
 apicale. Orbene, una disposizione  transitoria,  contenuta  nell'art.
 33,  ha  consentito  la  trasposizione  dei  vecchi livelli nel nuovo
 ordinamento  a  nove  qualifiche,  stabilendo  che   al   V   livello
 dell'ordinamento  precedente  corrispondesse  il VI di quello nuovo e
 che il personale inquadrato nell'VIII fosse direttamente assimilabile
 al  I  livello  dirigenziale  (art.  35).  Ne   e'   conseguito   che
 l'interpretazione  lata  del  requisito  dell'anzianita'  abbia  reso
 oltremodo facile l'accesso alla dirigenza  amministrativa  regionale,
 anche  in  difetto  del  diploma  di laurea. E tanto perche' l'art. 7
 della legge n. 5 del 1989 ha statuito che il dipendente - ove  avesse
 raggiunto  almeno  78  punti  -  sarebbe  stato  inquadrato nell'VIII
 livello funzionale previsto dalla legge regionale 8 maggio  1980,  n.
 12,  trasponibile  nel  primo  dei due nuovi livelli dirigenziali. Il
 limite del salto di due livelli  e  dell'interdizione  alla  carriera
 direttiva,  per  i dipendenti che non fossero in possesso del diploma
 d'istruzione media superiore, non  bastavano  a  garantire  l'accesso
 alle migliori professionalita' nella dirigenza. Di qui, la necessita'
 di un'interpretazione autentica ovvero - secondo il giudice a quo e i
 ricorrenti  -  d'una  innovazione legislativa a carattere retroattivo
 che limitasse, a non  piu'  di  32  punti,  il  peso  dell'anzianita'
 utilizzabile per la dirigenza.
    4. - La norma impugnata ha certamente contribuito a ridimensionare
 il  peso  della  voce "anzianita' di servizio" a vantaggio d'una piu'
 corretta ponderazione di tutti gli altri elementi utili ai  fini  del
 reinquadramento  dei  dipendenti  regionali  (in ispecie, i titoli di
 studio, i concorsi vinti  e  le  specializzazioni).  Tale  risultato,
 riconducibile  che  sia  ad  un  intervento  innovativo,  con effetto
 retroattivo (in considerazione delle piu' larghe  prassi  applicative
 seguite  dalla  Regione  e  da  alcune  pronunce dello stesso giudice
 rimettente), piuttosto che ad una norma meramente interpretativa,  e'
 di  certo  sorretto  da  idoneo e razionale fondamento (v. sentt. nn.
 385, 153 e 6 del 1994), rispondente ai  valori  costituzionali  e  al
 canone   della  ragionevolezza,  oltre  che  alle  indicazioni  della
 legislazione statale vigente (v. l'art. 28 del decreto legislativo  3
 febbraio 1993, n. 29). L'aver piu' o meno tardivamente ripristinato -
 come  si  denuncia  dai  ricorrenti  - le regole circa l'accesso alla
 dirigenza  delle  migliori  professionalita'  reperibili  all'interno
 dell'amministrazione,   e  nel  loro  difetto  all'esterno  di  essa,
 costituisce intervento di  razionalizzazione  della  legislazione  in
 funzione  del principio costituzionale di buon andamento. Ne' risulta
 alcuna lesione della  funzione  giurisdizionale  per  l'esistenza  di
 alcune   pronunce   contenenti  lo  stesso  principio  interpretativo
 smentito dalla legge impugnata, avendo la Corte di recente  affermato
 che  una tale tutela non puo' giungere fino al punto di far prevalere
 in assoluto il  "giudicato"  -  che  peraltro  qui  difetta  -  sugli
 equilibri  cui  conduce il canone del bilanciamento dei valori (sent.
 n. 385 del 1994).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  1  della  legge  regionale del Molise 7 luglio 1993, n. 16
 (Interpretazione autentica  dell'art.  3  della  legge  regionale  10
 maggio  (recte:  marzo)  1989,  n. 5), sollevata, in riferimento agli
 artt.  3,  24,  97,  101,  104,  108  e  113  della Costituzione, dal
 Tribunale amministrativo regionale per il Molise con le ordinanze  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0009