N. 790 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio - 27 dicembre 1994

                                N. 790
 Ordinanza  emessa  il  18   maggio   1994   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il 27 dicembre 1994) dalla Corte di appello di Milano
 nel procedimento civile vertente tra  Riva  Adele  e  Amministrazione
 delle finanze dello Stato
 Imposta  complementare  sul  reddito - Cumulo dei redditi dei coniugi
 per la determinazione del reddito complessivo  e  conseguente  azione
 esattoriale - Esclusione, secondo l'interpretazione giurisprudenziale
 della  norma  impugnata,  che  i  ruoli  costituiscano  titolo per la
 riscossione nei confronti della moglie se l'imposta e' stata definita
 dal marito "per condono" ai sensi del d.-l. 5 novembre 1973,  n.  660
 (convertito  in  legge  19  dicembre  1973, n.   823) - Disparita' di
 trattamento di situazioni omogenee, attesa la esecutivita' dei  ruoli
 di   riscossione   nei   confronti  della  moglie  del  contribuente,
 nell'ipotesi di cumulo dei redditi, se vi e' stato un accertamento di
 ufficio o in rettifica gia' divenuto definitivo prima dell'entrata in
 vigore  della  legge  n.  576/1975  -  Incidenza  sul principio della
 capacita' contributiva.
 (Legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 8, primo comma).
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.4 del 25-1-1995 )
                          LA CORTE D'APPELLO
   Ha emesso la seguente ordinanza nella  causa  civile  in  grado  di
 appello,  iscritta  al  n.  257 del r.g. 1992, promossa con citazione
 notificata il 30 gennaio 1992 tra  Riva  Adele,  rapp.  e  dif.,  per
 delega a margine della citazione in riassunzione, dagli avv. Paolo M.
 Tabellini  e  Giuliana  Cantaluppi,  presso  i quali e' elettivamente
 domiciliata, in Milano, via Donizetti, 20, e l'Amministrazione  delle
 finanze   dello   Stato,   in   persona   del  Ministro  pro-tempore,
 rappresentato e difeso dall'avvocatura distretturale dello  Stato  di
 Milano,   avente   ad  oggetto:  impugnazione  decisione  commissione
 tributaria.
    In data 25 novembre 1977 e 16 marzo 1977,  l'esattoria  civica  di
 Milano  ha  notificato  alla signora Adele Riva - quale "responsabile
 del pagamento a' sensi  dell'art.  8,  primo  comma,  della  legge  2
 dicembre 1975, n. 576" - quattro avvisi di mora, relativi all'imposta
 complementare per gli anni 1963-1973, dovuta dal marito sig. Giuseppe
 Dragoni.
    La  sig.ra Riva ha proposto ricorso alla commissione tributaria di
 primo grado di  Milano,  chiedendo  l'annullamento  degli  avvisi,  e
 deducendo, a sostegno del ricorso:
       a) ch'essa, nel 1970, ha instaurato, contro il marito, giudizio
 di  separazione  (per  colpa),  e  che,  con provvedimento in data 30
 giugno 1970 del presidente del  Tribunale,  e'  stata  autorizzata  a
 vivere separatamente;
       b)  che,  pertanto, essendo divenuta, a norma dell'art. 131 del
 testo unico 29 gennaio 1958, n. 545,  autonomo  soggetto  passivo  di
 imposta,  a  partire  dal  periodo  di imposta 1971 ha presentato, in
 proprio, le dichiarazioni annuali dei redditi;
       c) che, nel 1974, intendendo beneficiare del  condono  concesso
 col d.-l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito nella legge 19 dicembre
 1973,  n.  823, ha presentato domanda di definizione degli imponibili
 relativi agli anni 1971 e successivi;
       d) che analoga domanda di definizione e' stata  presentata  dal
 marito  Giuseppe  Dragoni per i redditi relativi agli anni 1963-1973,
 da lui denunciati;
       e) che - se pure i redditi dichiarati dal Dragoni per gli  anni
 1963-1970  comprendono  quelli  della  stessa Riva, a norma dell'art.
 131, secondo comma, del t.u. n. 545/1958, e se pure tale disposizione
 e' stata dichiarata  costituzionalmente  illegittima  dalla  sentenza
 della  Corte  costituzionale  n.  179  del  1976 - la definizione per
 condono  implica  l'esaurimento  del  rapporto  tributario,  con   la
 conseguenza che il marito dev'essere considerato l'unico ed esclusivo
 debitore   d'imposta   e   che   non  puo'  trovare  applicazione  la
 disposizione dell'art. 8, primo comma, della legge n. 576 del 1975;
       f) che la tesi trova conferma nell'art. 4, u.c., della legge 12
 novembre 1976, n. 751, e nell'art. 8, secondo comma, della  legge  n.
 576  del  1975:  la  prima norma, infatti, esclude che possano essere
 applicate le disposizioni sul cd decumulo, da essa dettate, nel  caso
 in  cui vi sia stata definizione del reddito a norma del d.-l. n. 660
 del 1973; la seconda prevede che la  moglie  possa  proporre  ricorso
 contro  l'avviso di mora relativo al pagamento delle imposte iscritte
 nei  ruoli,  di  cui  al  primo  comma  del  medesimo  articolo,  per
 inesistenza  totale  o  parziale  con  riferimento ai propri redditi,
 della obbligazione tributaria: ma "non avrebbe avuto senso  prevedere
 una    impugnazione    per    insussistenza    totale    o   parziale
 dell'obbligazione tributaria, quando l'esistenza di tale obbligazione
 fosse stata irrimediabilmente definita" (come, appunto, nel  caso  di
 definizione "per condono".
    La  commissione  adita  ha  accolto il ricorso, limitatamente alle
 imposte dovute per gli anni 1970, 1971, 1972 e 1973, rigettandolo per
 il resto.
    L'impugnazione proposta dalla  signora  Riva  contro  quest'ultimo
 capo  della  decisione e' stato respinto dalla commissione tributaria
 di secondo grado, la cui pronuncia,  e'  stata,  poi,  confermata  da
 questa  Corte d'appello, sezione I civile, con sentenza depositata il
 31 gennaio 1986.
    Tale sentenza, pero' -  a  seguito  di  ricorso  presentato  dalla
 signora  Riva  -  e' stata cassata (con rinvio ad altra sezione della
 Corte  d'appello  di  Milano)  dalla  Corte  suprema  di   cassazione
 (sentenza n. 2308 in data 5 marzo 1991).
    Ha rilevato la Cassazione:
       aa)  che, per effetto della domanda di definizione agevolata, a
 sensi del d.-l. n. 660  del  1973  (cd  condono  tributario),  e  per
 effetto   dell'iscrizione   a  ruolo  (o  della  liquidazione  o  del
 pagamento)  dei  tributi  dovuti,  si  determina  l'esaurimento   dei
 rapporti tributari;
       bb) che tanto emerge dall'art. 11 del d.P.R. 660 del 1973 - che
 prevede  l'estinzione  dei  giudizi  in  corso e la immodificabilita'
 della definizione, salvi  solo  i  casi  di  errore  materiale  o  di
 violazione   delle   stesse   norme  sul  condono  -  e,  ancor  piu'
 chiaramente, e testualmente, dall'art. 4, u.c., della  legge  n.  751
 del 1976 (emanata a seguito della sentenza della Corte costituzionale
 n.  179 del 1976), che attribuisce ai coniugi la facolta' di chiedere
 l'applicazione separata dell'imposta e disciplina i giudizi  pendenti
 in  materia, ma dichiara inapplicabili tali disposizioni nell'ipotesi
 che il reddito sia stato determinato sinteticamente  o  con  sentenza
 passata  in  giudicato,  ovvero definito a' sensi del citato d.-l. n.
 660 del 1973;
       cc) che, quindi, essendo staa effettuata, nel caso  di  specie,
 l'iscrizione  a  ruolo  dell'imposta liquidata in sede di condono, il
 rapporto  deve  considerarsi  ormai  esaurito,  e  insuscettibile  di
 "essere  riattivato  mediante  la notificazione del ruolo, contenente
 tale liquidazione, alla moglie": questa non era soggetto  passivo  di
 imposta  in  base  al  precedente sistema, e lo e' divenuta - dopo la
 sentenza n. 179/1976 della Corte costituzionale  -  "solo  nel  nuovo
 sistema  fondato  sul  c.d. decumulo, a garanzia del quale il rimedio
 del ricorso, previsto dallo stesso art.  8  del  d.-l.  n.  576/1975,
 costituiva  una  logica  ed ineliminabile garanzia; questo meccanismo
 non  aveva  tuttavia  ragione  di  operare  nell'ipotesi  di  condono
 richiesto  dal  marito  sul  reddito  complessivo  e  di liquidazione
 d'imposta definitiva in base al precedente sistema, poiche' la moglie
 in  questo  non  aveva  soggettivita' e non poteva percio' ne' subire
 pregiudizio, ne' trarre vantaggio dalle norme che lo disciplinavano".
    Ha ritenuto, quindi, conclusivamente, la C.S.  che  alla  Riva  e'
 stato  "illegittimamente notificato il ruolo e richiesto il pagamento
 dell'imposta liquidata a' sensi del d.-l. n. 660/1973  nei  confronti
 del marito, non potendo l'ufficio avvalersi del disposto dell'art. 8,
 primo  comma,  della  legge  n.  576/1975  in  un'ipotesi  in  cui la
 liquidazione d'imposta (per condono) era  gia'  divenuta  definitiva,
 nel  regime  del  cumulo  dei  redditi  personali  dei  coniugi,  nei
 confronti del marito, quale unico debitore d'imposta".
    Il processo e' stato ritualmente riassunto, a norma dell'art.  392
 del  c.p.c., e la Corte deve ora decidere la controversia, sulla base
 dei principi di diritto enunciati dalla cassazione.
    Non e', pero', manifestamente infondato il dubbio che le norme  da
 applicare  nella  fattispecie  - come interpretate dalla C.S. - siano
 viziate da illegittimita' costituzionale.
    L'art. 8 della legge 2 dicembre 1975, n.  576,  stabilisce  che  i
 ruoli  dell'imposta  sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta
 complementare progressiva sul reddito  complessivo,  dovute  in  base
 alle dichiarazioni presentate, rispettivamente nell'anno 1975 e negli
 anni  precedenti  e  comprendenti redditi della moglie, ovvero dovute
 per gli anni 1974 e precedenti a seguito di accertamento in rettifica
 o di ufficio del reddito complessivo, comprensivo dei  redditi  della
 moglie,  costituiscono  titolo  per la riscossione dell'imposta anche
 nei confronti della moglie.
    Pare innegabile che la disposizione trova applicazione - oltre che
 in relazione alle imposte iscritte a ruolo in base alle dichiarazioni
 presentate negli anni 1975 e antecedenti - in relazione alle  imposte
 dovute  per  gli  anni 1974 e precedenti a seguito di accertamento in
 rettifica  o  d'ufficio,   anche   se   divenuto   definitivo   prima
 dell'emanazione della legge in esame: la formulazione della norma non
 ne  consente  una diversa interpretazione; e non vale opporre che non
 avrebbe senso la facolta', concessa alla moglie dallo stesso  art.  8
 della legge n. 576 del 1975 (secondo comma), di proporre impugnazione
 per  insussistenza totale o parziale, con riguardo ai propri redditi,
 dell'obbligazione   tributaria,   "quando   l'esistenza    di    tale
 obbligazione  fosse stata irrimediabilmente definita"; pare evidente,
 infatti, che il legislatore ha inteso porre in grado la moglie di far
 valere il proprio diritto di difesa in relazione  ad  atti  posti  in
 essere  dal  marito  (la  dichiarazione  dei redditi) o nei confronti
 dello stesso (l'accertamento), e sulla  base  dei  quali  sono  stati
 emessi i ruoli, costituenti titolo per la riscossione anche contro la
 consorte.
    Non  si puo' disconoscere, inoltre, che la disposizione in esame -
 emanata prima che venisse pronunciata la sentenza n.  179/1986  della
 Corte   costituzionale   -  si  inserisce  nel  sistema  dell'imposta
 complementare sul reddito, vigente anteriormente alla pronuncia della
 citata sentenza (nel  sistema,  cioe',  che  prevede  il  cumulo  dei
 redditi  della  moglie  con  quelli  del marito, considerato soggetto
 passivo d'imposta).
    Ora, non e' dato di poter spiegare perche' il  ruolo  dell'imposta
 complementare  dovuta  dal  marito  per gli anni 1974 e precedenti, e
 riferita  al  reddito  complessivo,  comprensivo  dei  redditi  della
 moglie,  costituisca  titolo  per  la  riscossione  nei  confronti di
 quest'ultima,  se  vi  e'  stato  un  accertamento,  di  ufficio o in
 rettifica, gia' divenuto definitivo  (prima  dell'entrata  in  vigore
 della  legge  n.  576 del 1975), e non lo e', invece, se l'imposta e'
 stata definita ("per condono") in base al d.-l. n. 660/1973:  le  due
 situazioni  sono  sostanzialmente  equivalenti (nell'uno e nell'altro
 caso opera il regime del cumulo dei redditi;  nell'uno  e  nell'altro
 caso,  l'  an  e  il  quantum dell'imposta sono stati definitivamente
 accertati   e   determinati,   ma   dev'essere    ancora    adempiuta
 l'obbligazione  tributaria),  ed  e'  arduo  individuare i motivi che
 possano  ragionevolmente  giustificare  la  diversa  regolamentazione
 dettata per le due ipotesi.
    Vero  e'  che, in base all'art. 4 della legge 12 novembre 1976, n.
 751, nel caso che il reddito complessivo dichiarato  o  accertato  in
 via definitiva ai fini dell'imposta complementare sia comprensivo dei
 redditi  della  moglie e l'imposta non sia stata ancora pagata (o nel
 caso che l'imposta sia stata pagata, ma sia intervenuto  accertamento
 d'ufficio  o  in  rettifica, non divenuto definitivo alla data del 22
 luglio 1976), e' data la  possibilita'  a  ciascuno  dei  coniugi  di
 chiedere  (con  effetti  anche  per l'altro) la liquidazione separata
 dell'imposta, salvo che il reddito complessivo sia stato  determinato
 sinteticamente  o  con  sentenza  passata  in  giudicato  o sia stato
 definito a' sensi del d.-l. n. 660/1973.
    Ma - a parte il fatto che la norma ora citata e'  posteriore  alla
 legge  n.  576/1975 - si deve rilevare che, ove non sia stata chiesta
 la liquidazione separata, continuano ad operare sia  le  disposizioni
 sul cumulo dei redditi, sia la disposizione dell'art. 8, primo comma,
 della citata legge n. 576/1975: e resta sempre da stabilire quale sia
 il  motivo, che possa ragionevolmente spiegare perche' in questo caso
 il ruolo costituisce titolo per la riscossione  nei  confronti  della
 moglie,  mentre  non  ha  la  stessa efficacia in caso di definizione
 dell'imposta a' sensi del d.-l. n. 660/1973, malgrado che, nell'una e
 nell'altra ipotesi, trovi  applicazione  il  regime  del  cumulo  dei
 redditi.
    Non  appare,  percio',  manifestamente  infondata  la questione di
 legittimita' costituzionale - in relazione all'art. 3,  primo  comma,
 della  Costituzione  -  dell'art.  8,  primo  comma,  della  legge n.
 576/1975,  interpretato  nel  senso   che   il   ruolo   dell'imposta
 complementare,  dovuta  per gli anni 1974 e precedenti, e riferita al
 reddito  complessivo,  comprensivo  dei  redditi  della  moglie,  non
 costituisce  titolo per la riscossione nei confronti di quest'ultima,
 se l'imposta e' stata definita dal  marito  a'  sensi  del  d.-l.  n.
 660/1973.
    Il problema di legittimita' costituzionale del citato art. 8 della
 legge  n. 576/1975 si pone, peraltro, anche in relazione all'art. 53,
 primo comma, della Costituzione.
    Si  deve  premettere,  al  riguardo,  che  pare  pacifico  che  le
 dichiarazioni  dei  redditi  per  gli  anni  1963-1969 presentate dal
 signor  Giuseppe  Dragoni,  marito  della  signora  Adele  Riva,   si
 riferiscono, prevalentemente, se non esclusivamente, a beni e redditi
 di  quest'ultima  (il Dragoni ha sostenuto, nella domanda di condono,
 in atti, che le dichiarazioni menzionate hanno ad  oggetto,  appunto,
 solo redditi della Riva).
    Seguendo  i  principi  di  diritto, enunciati dalla Cassazione, la
 signora Riva - pur essendo la titolare di tutti i  redditi,  o  della
 maggior   parte   dei   redditi,   cui   si  riferisce  l'imposta  in
 contestazione - non risponde del pagamento dei tributi  (nemmeno  per
 la parte proporzionale ai redditi propri), anche se l'amministrazione
 finanziaria  non  puo'  riscuoterli dal marito e non puo' soddisfarsi
 sui beni  dello  stesso  (nel  caso  di  specie,  e'  intervenuta  la
 separazione  legale  dei coniugi, e l'Avvocatura dello Stato sostiene
 che il marito della signora Riva risulta "impossidente").
    Ma e' da chiedersi se un sistema, che comporti  conseguenze,  come
 quelle  indicate,  non sia in contrasto con il precetto dell'art. 53,
 primo comma, della Costituzione, per il quale tutti i cittadini  sono
 tenuti  a  concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione della loro
 capacita' contributiva.
    Il dubbio, cosi' formulato, non e', certo,  palesemente  privo  di
 fondamento,  considerato  che  l'impossibilita'  dell'amministrazione
 finanziaria di agire, in sede di  riscossione,  anche  nei  confronti
 della   moglie   si   traduce   nell'impossibilita'   di   realizzare
 concretamente la pretesa tributaria,  e  quindi  in  una  sostanziale
 elusione  dell'art.  53,  primo comma della Costituzione (almeno, per
 quanto riguarda  l'imposta  dovuta  in  relazione  ai  redditi  della
 moglie).
    Le  questioni  di costituzionalita' prospettate (e che ben possono
 essere sollevate anche nel giudizio di rinvio, in ordine alle  norme,
 sulle  quali  si fonda il principio di diritto, enunciato dalla C.S.,
 che dev'essere applicato nella fattispecie: cfr. Cass., nn.  662/1985
 e  10850/1990),  tali  questioni,  si  diceva,  sono,  indubbiamente,
 rilevanti, poiche' dalla loro soluzione dipende  la  decisione  della
 controversia.
    E pertanto - a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87
 -  si  deve  disporre  la  sospensione del processo e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 8, primo comma, della legge n. 576/1975.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ordina la sospensione del giudizio;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale  per
 il  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, primo comma,
 della legge 2 dicembre 1975, n. 576 - interpretato nel  senso  che  i
 ruoli dell'imposta complementare, cui fa riferimento la stessa norma,
 non  costituiscono  titolo  per  la  riscossione  nei confronti della
 moglie, se l'imposta e' stata definita dal marito a' sensi del  d.-l.
 5  novembre 1973, n. 660, convertito nella legge 19 dicembre 1973, n.
 823 - in relazione agli artt. 3, primo  comma,  e  53,  primo  comma,
 della Costituzione;
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Milano, il 18 maggio 1994
                        Il presidente: NOVITA'
 
 95C0071