N. 798 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1994

                                N. 798
 Ordinanza emessa il 20 ottobre 1994 dal pretore di  Reggio  Calabria,
 sezione  distaccata  di  Melito Porto Salvo nel procedimento penale a
 carico di Meo Pietro
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Ritenuta riconducibilita'
 di  detto  "istituto  di  clemenza"  alla  amnistia  - Previsione con
 decreto-legge   -   Lamentata   mancata   osservanza   della    forma
 costituzionalmente   prevista  per  la  concessione  dell'amnistia  -
 Irragionevolezza - Violazione del principio di uguaglianza - Richiamo
 alla sentenza n. 369/1988.
 (D.-L. 27 settembre 1994, n. 551, artt. 1, 2 e 3).
 (Cost., artt. 3 e 79).
(GU n.4 del 25-1-1995 )
                              IL PRETORE
    Visti gli atti del sopracitato procedimento contro Meo Pietro nato
 a Montebello Ionico il 22 agosto  1932  ivi  residente  imputato  del
 reato di cui agli articoli:
       a)  art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per
 avere eseguito i lavori di costruzione di un capannone della sup.  di
 32 mq circa in assenza della concessione;
       b)  artt. 17 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, per avere
 iniziato la costruzione di cui al capo a), senza nulla osta del genio
 civile;
       c) artt. 18 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, per  avere
 effettuato  la  costruzione di cui al capo a) senza direzione tecnica
 di un professionista autorizzato.
    In Montebello Ionico l'11 maggio 1992;
    Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare l'art.  23,
 primo e secondo comma;
    Preso  atto dell'istanza del p.m. a che sia sollevata la questione
 di legittimita' costituzionale dagli artt. 1, 2  e  3  del  d.-l.  27
 settembre  1994,  n.  551,  in  relazione  agli  artt.  79  e 3 della
 Costituzione;
    Ritenuto che le prospettate questioni appaiono tutte  rilevanti  e
 non manifestamente infondate per i seguenti motivi;
                          MOTIVI DI RILEVANZA
    La  questione  sollevata  si  presenta  di  evidente  rilevanza in
 quanto, dall'applicazione del combinato disposto degli  artt.  1  del
 d.-l.   n.  551/1994  e  44  della  legge  n.  47/1985,  discende  la
 obbligatoria sospensione del procedimento, anche a prescindere da una
 richiesta di parte, qualora, come nel caso di specie,  il  reato  sia
 stato  commesso  entro  il  31 dicembre 1993, termine ultimo previsto
 dall'art. 1, primo comma, del d.-l. n. 551/1994,  per  l'operativita'
 del meccanismo del condono per i reati di cui all'art. 20 della legge
 n. 47/1985.
    Poiche'  inoltre  le  norme  di cui si eccepisce la illegittimita'
 costituzionale devono venire applicate dal giudice nella  valutazione
 della  sussistenza dei presupposti per l'inizio della procedura della
 sanatoria, ne discende logicamente la indubbia rilevanza delle  norme
 sopra citate nel presente processo.
    Sul  punto  vale  richiamare  quanto  gia'  statuito  dalla  Corte
 costituzionale con sentenza n. 389 del 23-31 marzo 1988  in  identica
 fattispecie,   e  cioe'  che  divengono  rilevanti  le  questioni  di
 costituzionalita' relative a  tutte  le  disposizioni  di  legge  che
 risultano   intimamente   collegate   fra  loro  nell'unico  fine  di
 regolamentare il meccanismo procedimentale della sanatoria.
    Quanto poi alle norme di cui  agli  artt.  2  e  3  del  d.-l.  n.
 551/1994,  esse  pure  rilevano in quanto riguardano fasi e modalita'
 del procedimento di sanatoria.
                 MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA
     A) Violazione dell'art. 79 della Costituzione.
    Ritiene  questo  pretore  che  il  condono  edilizio  possa essere
 qualificato giuridicamente come una misura clemenziale con  la  quale
 lo  Stato  rinuncia,  in  presenza di particolari presupposti (tempus
 commissi delitti, determinate caratteristiche dell'opera abusiva)  ad
 esercitare  la  propria  pretesa  punitiva  nei confronti dell'autore
 dell'abuso, condizionando tale rinuncia al versamento di  determinati
 importi  da  parte  di  colui  che intenda valersi della procedura di
 sanatoria, con conseguente declaratoria di estinzione del reato.
    Orbene, un istituto che presenta siffatte caratteristiche  pare  a
 questo  pretore assimilabile all'amnistia: anch'essa infatti, a norma
 dell'art. 151 del c.p.,  ha  un'operativita'  circoscritta  ai  reati
 commessi  in un determina'to periodo di tempo; essa forse puo' essere
 condizionata ad obblighi; infine, ha  come  conseguenza  l'estinzione
 del reato.
    Pare  comunque  a  questo pretore che, avendo il condono natura di
 provvedimento clemenziale debba essere assimilato all'amnistia almeno
 sotto il profilo della conformita' con la Carta costituzionale.
    Posto dunque  tale  inquadramento  giuridico  per  l'istituto  del
 condono   edilizio,  ne  consegue  che  lo  stesso  non  puo'  essere
 introdotto nell'ordinamento che con legge approvata a maggioranza dei
 due terzi dei componenti di ciascuna Camera, e non, come e'  avvenuto
 nel  caso  del  condono del 1994, con lo strumento della decretazione
 d'urgenza.
    E' ben vero che la  Corte  costituzionale,  con  la  sopra  citata
 sentenza  n.  389 del 23-31 marzo 1988, esaminando la questione della
 natura  giuridica  del  condono  edilizio  previsto  dalla  legge  n.
 47/1985,  lo  ha qualificato "provvedimento di clemenza atipico", non
 riconducibile all'istituto dell'amnistia ne' a quello dell'oblazione:
 purtuttavia, la Corte, in tale occasione si e'  espressa  con  grande
 chiarezza sulla natura clemenziale dell'istituto in oggetto.
    Va  rilevato  a questo proposito che l'art. 79 della Costituzione,
 successivamente alle modifiche  apportate  dall'art.  1  della  legge
 costituzionale  6  marzo  1992,  n.  1,  prevede  che  "l'amnistia  e
 l'indulto sono concessi con legge deliberata a  maggioranza  dei  due
 terzi  dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella
 votazione finale".  La  norma  costituzionale  enuncia  dunque  nella
 maniera  piu'  chiara  che  i  provvedimenti  clemenziali (quali sono
 appunto   l'amnistia   e   l'indulto)   possono   essere   introdotti
 nell'ordinamento  solo con la particolare procedura in essa prevista;
 e poiche' la stessa Corte costituzionale ha  qualificato  il  condono
 edilizio  come  un provvedimento clemenziale atipico, ne discende che
 il legislatore del 1994, ricorrendo allo strumento del decreto  legge
 per  introdurre  il  condono  ha disatteso la previsione dell'art. 79
 della Costituzione.
     B) Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Ritiene questo  pretore  che  proprio  dalla  lettura  del  citato
 precedente   della   Corte   costituzionale   possano   ricavarsi  le
 argomentazioni piu' pregnanti a sostegno della non  conformita'  alla
 Costituzione  della  normativa  di  cui  al decreto-legge n. 551/1994
 sotto il duplice profilo della irragionevolezza  e  della  violazione
 del principio di uguaglianza anche in relazione agli artt. 9, secondo
 comma,   41,   secondo  e  terzo  comma,  42,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
    E' infatti la Corte costituzionale ha statuito, nella pronuncia n.
 369/1988,  che,  ogni qualvolta lo Stato rinunci alla propria pretesa
 punitiva, e la punibilita'  venga  utilizzata  per  fini  estranei  a
 quelli   relativi   alla   difesa   dei   beni   tutelati  attraverso
 l'incriminazione penale,  tale  rinuncia,  venendo  ad  incidere  sul
 principio  di  uguaglianza  affermato dall'art. 3 della Costituzione,
 deve trovare la sua giustificazione  nel  quadro  costituzionale  che
 determina il fondamento nei limiti dell'intervento dello Stato": cio'
 al  fine  di  non incorrere appunto nella vlolazione del principio di
 uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione
    In  allora,  la  Corte  costituzionale  ritenne  di  "salvare"  la
 disciplina  del  condono  edilizio,  che  era stata sottoposta al suo
 vaglio,  respingendo   le   sollevate   questioni   di   legittimita'
 costituzionale,   in  considerazione  del  fatto  che  era  all'epoca
 vivamente sentita ed urgente l'esigenza di "chiudere con  un  passato
 di  illegalita'  di massa" in occasione dell'entrata in vigore di una
 nuova e articolata disciplina in materia di controllo  dell'attivita'
 urbanistico-edilizia.
    La suddetta esigenza, evidenziata dalla Corte costituzionale nella
 pronunzia  sopra citata, non pare viceversa possa essere sottesa a un
 provvedimento quale  il  d.-l.  n.  551/1994,  che  ha  semplicemente
 riaperto  i  termini  del  condono  di  cui  alla  legge  n. 47/1985,
 limitandosi in pratica a reiterare una procedura  per  l'introduzione
 della  quale,  tuttavia,  non  sussistono  giustificazioni analoghe a
 quelle individuate dalla sentenza sopra citata  per  il  condono  del
 1985.
    La  stessa  Corte  costituzionale,  infatti, ha precisato che, ove
 l'estinzione della punibilita' venga irrazionalmente in contrasto con
 le finalita' della sanzione penale, risultando  cosi'  una  "variante
 arbitraria",  non potrebbe considerarsi costituzionalmente legittima.
 La Corte ha altresi'  ribadito  che  la  non  punibilita'  o  la  non
 procedibilita'  dei  moderni  condoni  penali,  "specie  quando  essi
 cancellano reati lesivi di  beni  fondamentali  della  comunita',  va
 usata  negli  stretti  limiti consentiti dal sistema costituzionale";
 viceversa, un esercizio arbitrario della non punibilita' equivarrebbe
 addirittura "ad alterare, con il principio dell'obbligatorieta' della
 pena, l'intero volto del sistema costituzionale in materia penale".
    Richiamandosi ancora al "rispetto dei vincoli esterni" posti dalla
 Costituzione al potere  di  clemenza,  la  Corte  costituzionale  ha,
 sempre  nella succitata pronuncia, ritenuto che, nel caso del condono
 di cui alla legge n. 47/1985,  tali  vincoli  esterni  fossero  stati
 rispettati,  considerando  che si era inteso porre basi normative per
 la futura tutela di fondamentali  esigenze  sottese  al  governo  del
 territorio,   quali   la   sicurezza  dell'esercizio  dell'iniziativa
 economica privata, il suo coordinamento a  fini  sociali  (artt.  41,
 secondo  e terzo comma, della Costituzione) la funzione sociale della
 proprieta' (art. 42, secondo comma) e la tutela del paesaggio  e  del
 patrimonio  storico  ed  artistico  (art.  9,  secondo  comma,  della
 Costituzione).
    Viceversa, le ragioni poste dal legislatore del 1994 a  fondamento
 dell'introduzione   del   nuovo   condono  edilizio  (rectius,  della
 riapertura dei termini del vecchio condono  edilizio)  e  individuate
 nel  "rilancio  economico  ed  occupazionale  dei  lavori  pubblici e
 dell'edilizia    privata"    nonche'   "nella   semplificazione   dai
 procedimenti in materia urbanistico-edilizia", non sembrano in  alcun
 modo   riconducibili  al  "quadro  costituzionale  che  determina  il
 fondamento ed i limiti  dell'intervento  punitivo  dello  Stato":  al
 contrario   si   deve   rilevare  che  la  normativa  introdotta  dal
 legislatore del 1994 viene ad incidere pesantemente su alcuni  valori
 primari  contenuti  in  postulati  costituzionali quali la tutela del
 paesaggio,  dell'ambiente,  del  patrimonio  storico  ed   artistico,
 nonche'  la  funzione  sociale  della  proprieta'  e  dell'iniziativa
 economica privata.
    E' inoltre di palmare evidenza che  provvedimenti  clemenziali  di
 questo  genere,  ciclicamente  riproposti, non possono che perdere la
 loro natura di provvedimenti eccezionali emanati  per  far  fronte  a
 particolari  situazioni  e  per  rispondere  a specifiche esigenze di
 natura  sociale,  producendo  pericolosi  effetti  sul  piano   della
 certezza del diritto.
    In   particolare,   per   meglio  evidenziare  la  sussistenza  di
 molteplici possibili casi di violazione del principio di  uguaglianza
 e  di  compromissione  del  principio  della certezza del diritto che
 possono derivare  dall'applicazione  del  d.-l.  n.  551/1994,  basti
 pensare, a titolo di esempio, al caso del cittadino che, per il fatto
 di  avere commesso un abuso edilizio in territorio di comune retto da
 amministratori osservanti la legge,  abbia  visto  la  propria  opera
 demolita  in  applicazione  delle  sanzioni  previste  dalla legge n.
 47/1985 e, per contro, ad altro cittadino  che,  avendo  abusivamente
 costruito  in centro non amministrato con altrettanto zelo, puo' oggi
 sanare il proprio illecito fruendo della procedura del condono.
                                P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  1,  2  e  3  del d.-l. 27
 settembre 1994, n.  551,  in  relazione  agli  artt.  79  e  3  della
 Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  presente procedimento e l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della   presente
 ordinanza,  letta  in  dibattimento,  al Presidente del Consiglio dei
 Ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e  al  Presidente
 della Camera dei deputati.
      Melito Porto Salvo, addi' 20 ottobre 1994
                         Il pretore: BOCCACCIO
 
 95C0079