N. 802 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 ottobre 1994

                                N. 802
 Ordinanza  emessa  il  7  ottobre  1994  dal  Giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di Torino, nel  procedimento  penale  a
 carico di Lavarini Francesco
 Processo  penale  -  Querela - Validita' - Forma - Prevista firma del
 querelante "autentica"  -  Interpretazione,  in  malam  partem,  come
 "autenticata"  -  Conseguente  ritenuta  nullita'  della  stessa  per
 mancanza di un requisito richiesto ad substantiam - Impossibilita' di
 sanatoria per il non previsto potere del g.i.p. di imporre  al  p.m.,
 la  convocazione  della parte offesa onde provare la genuinita' della
 firma - Violazione del principio del diritto di agire in giudizio per
 la tutela  dei  propri  diritti  e  dell'obbligatorieta'  dell'azione
 penale.
 (C.P.P.  1988,  artt. 337, primo comma, e 409; d.lgs. 28 luglio 1989,
 n. 271, art. 39).
 (Cost., artt. 24 e 112).
(GU n.4 del 25-1-1995 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento a carico  di
 Lavarini  Francesco,  residente in Trofarello, via Casavecchia n. 11,
 per il reato di cui all'art. 590 c.p., nel quale  e'  stata  proposta
 querela il 16 maggio 1994 dalla parte lesa Massimo Giordano.
                              E S P O N E
    Presso  la  pretura  circondariale di Torino, perveniva in data 17
 maggio 1994 querela nei termini, spedita mediante il servizio postale
 il 16 maggio 1994, nella quale la parte lesa chiedeva formalmente che
 si procedesse a carico di Lavarini Francesco  per  il  reato  di  cui
 all'art. 590.
    In  data 19 maggio 1994 il p.m. presso la pretura circondariale di
 Torino inviava al g.i.p. richiesta di archiviazione,  "ritenendo  che
 non  era stata presentata valida querela" con questa motivazione: "la
 firma - Giordano Massimo -  apposta  in  calce  all'atto  di  querela
 presente  nel  fascicolo  e  priva  dell'autenticazione prescritta ad
 substantiam dall'art. 337, comma primo, c.p.p.".
                     OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
    La querela viene definita, in dottrina, come un  atto  facoltativo
 con  il  quale il soggetto passivo toglie un ostacolo al promovimento
 dell'azione penale. Per la forma, e' giurisprudenza costante  che  la
 volonta'   del   querelante  non  deve  essere  espressa  in  termini
 sacramentali. La Cassazione (sent. 1854, sez. V, 7  luglio  1993)  ha
 affermato   che  "il  vigente  codice  di  rito  prevede  determinate
 formalita'  solo  per  la  rinuncia  espressa  e per la remissione di
 querela", mentre la manifestazione di volonta' "e'  disciplinata  dal
 principio generale della liberta' delle forme, con la conseguenza che
 la  sottoscrizione  del  dichiarante  non deve essere necessariamente
 autenticata e la dichiarazione e'  validamente  presentata  anche  se
 spedita  per  posta".  La  manifestazione  della  volonta', pertanto,
 secondo i principi generali del diritto, puo' essere desunta da  atti
 concludenti  o dalle dichiarazioni che accompagnano l'esposizione dei
 fatti. Unico requisito essenziale e' che appaia evidente la  volonta'
 di  presentare  la querela. Essendo un atto negoziale si applicano le
 regole interpretative dettate dagli artt. 1362 e segg. c.c.  In  caso
 di   dubbio   sulla   volonta'   dell'autore,  per  il  principio  di
 conservazione  del  contratto  (art.  1367  c.c.),   dovra'   esserle
 attribuito un senso per cui possa avere effetto.  Inoltre, in caso di
 smarrimento,  potra'  essere provata con ogni mezzo, anche attraverso
 testimoni (art. 2724 c.c.). Ne deriva che la querela non  deve  avere
 necessariamente  requisiti di forma, tant'e' che puo' essere proposta
 anche oralmente o a mezzo di procuratore speciale.
    Il nuovo codice di  procedura  penale  recepisce  questi  principi
 generali  nell'art.  336  c.p.p., ove si conferma come la querela sia
 una manifestazione di volonta', e nell'art. 337 c.p.p., relativo alle
 formalita' di presentazione.  Dal  complesso  di  quest'ultima  norma
 emerge  come  requisito essenziale la sottoscrizione del dichiarante,
 la cui mancanza, gia' sotto il vigore del vecchio codice, faceva  si'
 che l'atto non producesse effetti.
    Il  primo  comma  dell'art.  337  consente di far recapitare da un
 incaricato o spedire per posta, con piego  raccomandato,  la  querela
 con  sottoscrizione  "autentica".  Ouest'ultimo aggettivo, che appare
 una  novita'  nel  campo  giuridico,  e'  stato  interpretato   dalla
 giurisprudenza nel senso di "autenticata" (Cass. 16 aprile 1993, sez.
 V).  Viene  quindi  richiesto un quid pluris "esprimendo una qualita'
 derivante  dall'autenticazione  che   connota   la   verita'   e   la
 provenienza"  (Cass.  19 maggio 1993, sez. V) della manifestazione di
 volonta' espressa con la querela.
    Occorre  pero'  osservare  come,  sotto   un   profilo   puramente
 terminologico,  la  sottoscrizione autentica abbia un significato ben
 diverso da quello della sottoscrizione autenticata. Secondo la comune
 accezione autentica significa, genuina, certa; e' questo il principio
 che il legislatore ha voluto mantenere saldo.  Qualora  il  requisito
 venga  interpretato  nel senso di autenticazione, e' breve il passo a
 ritenere tale elemento ad substantiam, andando cosi', non solo al  di
 la' di quanto espressamente richiesto, ma condizionando ad un fattore
 esterno  ed  incerto  la  validita' di una manifestazione di volonta'
 che, per principio, e' priva  di  forme  sacramentali.  La'  dove  il
 legislatore  ha  voluto  come  requisito formale l'autenticazione, e'
 stato espresso chiaramente; ne e' un esempio l'art. 583, ultimo comma
 c.p.p.  che,  in  tema  di  spedizione  dell'atto  di   impugnazione,
 richiede,   a   pena   di   inammmissibilita',   la   "sottoscrizione
 autenticata". Il termine  "autentica",  inserito  nella  norma,  deve
 pertanto  essere  inteso come una forma di tutela della provenienza e
 della effettiva volonta' del  soggetto,  non  di  una  certificazione
 formale circa l'autenticita' della firma stessa.
    La  querela  e'  un  atto  che  avvia il procedimento penale, onde
 concordemente e' preprocessuale, essendo a sua volta  processuale  il
 primo  atto  dopo  la ricezione della notizia di reato. A conferma di
 questo, possiamo ricordare che e' ricevibile una  querela  anche  non
 redatta  in  lingua  italiano,  considerato  che  tale  requisito  e'
 richiesto solo nel processo. E'  quindi  fuori  dal  processo  penale
 (vedi  in  dottrina  Voena,  Atti in Conso e Grevi, Profili del nuovo
 c.p.p. 1993, p. 105).  Considerare  la  mancanza  dell'autentica  una
 nullita'  di  carattere  assoluto  e'  pertanto  illogico  e  abnorme
 considerato che non vi e' nessuna norma che  commini  tale  sanzione,
 ne'  appare  riconducibile  alla  previsione  delle nullita' assolute
 previste dall'art.  179  c.p.p.  Cosi'  pure  non  e'  pertinente  il
 richiamo  all'art.  178, lettera c), c.p.p. in quanto non ci troviamo
 ancora di fronte a parti nel processo. Non appare  neppure  possibile
 parlare   in  termini  di  inammissibilita',  in  quanto  sarebbe  in
 contrasto con la liberta' di forme postulata per ogni  manifestazione
 di  volonta',  poiche'  verrebbe  imposto un requisito ad substantiam
 anomalo e in contrasto con i principi generali del diritto in tema di
 attivita' negoziali e conservazione del contratto. Come  si  e'  gia'
 osservato,  non  vi  e'  a  riguardo  nessuna  sanzione  espressa  di
 inammissibilita', a differenza di ipotesi  precise,  fra  cui  quella
 ricordata  in  tema  di  impugnazioni. L'art. 39 disp. att. c.p.p. si
 riferisce alla "autenticazione" degli atti  per  i  quali  il  codice
 prevede tale formalita'. Ritenere evidente il riferimento al disposto
 dell'art.  337  c.p.p.  porta  ad  un'interpretazione  analogica  non
 consentita, essendo per di piu' in malam partem, in  quanto  viene  a
 restringere  indebitamente  un  diritto.  Infatti porta a limitare la
 possibilita' di provare la genuina provenienza dell'atto, ponendo  un
 ostacolo   formale  all'obbligatorieta'  dell'azione  penale.  Ne  e'
 riprova la disputa giurisprudenziale circa la necessita' che  vi  sia
 gia'  in  atti la nomina del difensore che autentica la querela (vedi
 da ultimo Cass. 17 dicembre 1993, sez. VI).
    L'uso stesso della parola "autentica" non  appare  riproposto  nel
 titolo dell'art. 39 disp. attuaz. c.p.p. che, correttamente, parla di
 "autenticazione"  con specifico riferimento agli atti processuali che
 di tale formalita' hanno bisogno.
    La giurisprudenza di  merito  si  e'  gia'  piu'  volte  posta  il
 problema  del  valore  della  parola  "autentica", ritenendo che tale
 espressione significa che la firma deve essere "di  fatto"  autentica
 (Pretura  Venezia  10  aprile 1990 in Arch. nuova proc. pen. 1990, p.
 458),   senza   postulare   la   necessita'    ben    piu'    gravosa
 dell'autenticazione. Del pari, il Giudice per le
 indagini  preliminari  presso  il Tribunale di Torino, il 14 febbraio
 1992 (vedi in Difesa penale 1992, fasc. 36 p. 112) ha  affermato  che
 "la  mancata o nulla autenticazione della sottoscrizione non comporta
 la nullita'  o  inammissibilita'  dell'atto,  mancando  una  espressa
 previsione in tal senso e dovendosi viceversa desumere dal sistema di
 tutela,  fornito  alla parte offesa dal c.p.p., un principio generale
 di  conservazione  dell'atto  al  di  la'   dell'inosservanza   delle
 formalita' di cui all'art. 337 c.p.p.".
                               Pertanto
   Di fronte alla richiesta del p.m. di archiviazione del procedimento
 penale  per  nullita'  dell'atto  di  querela,  in  quanto  manca  il
 requisito ad substantiam della autenticazione,  appare  rilevante  la
 questione  di  costituzionalita'  degli  artt.  337 e 409 c.p.p. e 39
 disp.  att.  c.p.p.  in  relazione  agli  artt.  24 primo comma e 112
 Costituzione. Viene ad essere violato il principio secondo cui  tutti
 possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e altresi'
 l'obbligatorieta'   dell'azione   penale,   in   quanto,   di  fronte
 all'incertezza dell'autenticita' della firma del  querelante  dedotto
 dal    dato    esterno,    e    non    richiesto    ad   substantiam,
 dell'autenticazione, il  pubblico  ministero  non  esercita  l'azione
 penale   chiedendo   l'archiviazione  senza  procedere  ad  accertare
 l'effettiva genuinita' della sottoscrizione.
    Considerato che il nuovo codice di procedura  penale  consente  al
 g.i.p. di respingere la richiesta di archiviazione solo per suggerire
 nuove  indagini  o  per  imporre  l'imputazione coatta, ma nulla dice
 circa  la  possibilita'  di  richiedere  l'audizione  di  una   parte
 processuale  quale  il  querelante  e,  d'altro  canto,  non  sarebbe
 possibile chiedere l'imputazione coatta prima di aver la prova  certa
 della  genuinita'  della querela, questo giudice ritiene rilevante la
 questione di costituzionalita' delle norme evidenziate la'  dove  non
 consentono,   in   tale   situazione,  al  giudice  per  le  indagini
 preliminari di  imporre  al  p.m.  di  convocare  il  querelante  per
 verificare   "di  fatto"  la  effettivita'  della  manifestazione  di
 volonta'.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale del  combinato
 disposto  dagli artt. 377, primo comma, 409 c.p.p. e 39 disp. attuaz.
 c.p.p. in relazione agli art. 24, primo comma e 112 Cost. in quanto:
       a) ritenendo ad substantiam il requisito  della  autenticazione
 della   firma   per   la  validita'  dell'atto  di  querela,  secondo
 l'interpretazione  in  malam   partem   secondo   cui   l'espressione
 "autentica"  significa  "autenticazione" in senso stretto, viene leso
 il principio della possibilita' per tutti di agire in giudizio per la
 tutela dei propri diritti, in contrasto con i  principi  basilari  di
 conservazione  del  contratto  (art. 2724 e 1362 c.c.), poiche' fanno
 derivare da un fattore esterno la validita' di una manifestazione  di
 volonta' espressa e sottoscritta;
       b)  non  essendo  prevista  la  possibilita'  per  il g.i.p. di
 imporre al p.m. la convocazione della parte offesa per avere la prova
 della genuinita' della sottoscrizione in caso di dubbio,  viene  leso
 non  solo  l'art.  24,  primo  comma, Cost., ma altresi' il principio
 dell'obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 c.) di fronte  alla
 manifestazione di volonta' contenuta nella querela stessa.
    Ritenendo tale questione rilevante e non manifestamente infondata;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente ordinanza sia notificata alle parti e al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 7 ottobre 1994
                Il giudice: dott.ssa Fernanda CERVETTI
 
 95C0083