N. 5 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 1994

                                 N. 5
 Ordinanza emessa l'11 novembre  1994  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il tribunale di Rimini nel procedimento penale a
 carico di De Simoni Gino
 Processo penale - Giudizio immediato - Richiesta di rito abbreviato -
 Ammissibilita'  condizionata  al consenso del p.m.  anche nel caso di
 specie per il quale e' richiesta "la prova  ..    evidente"  ritenuta
 equivalente   alla   decidibilita'   "allo   stato   degli   atti"  -
 Irragionevole disparita' di trattamento rispetto a chi abbia ottenuto
 il consenso del p.m. per il rito abbreviato -  Richiamo  ai  principi
 della sentenza n. 81/1991.
 (C.P.P. 1988, art. 458, primo e secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.4 del 25-1-1995 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Premesso  che in data 12 agosto 1994 il p.m. ha chiesto procedersi
 a giudizio immediato nei confronti di De Simoni Gino, nato  a  Urbino
 il  19  luglio  1949,  arr. domiciliare in Bologna, via Mura di Porta
 Castiglione, 21 c/o la madre Alessandroni Cesira arr. 16 giugno 1994,
 lib. obb. 19 giugno 1994, riarr. 23 giugno 1994, arr. dom. 30  luglio
 1994, dif. fid. avv. Alfonso Vaccari Rimini.
    Imputato:
       a)  del reato di cui all'art. 73, primo comma, d.P.R. n. 309/90
 perche', al fine di spaccio, deteneva sostanze stupefacenti del  tipo
 eroina  in  quantita' di grammi venti circa, confezionata in settanta
 dosi.  Con  l'aggravante  della  recidiva  specifica  reiterata.   In
 Cattolica il 16 giugno 1994;
       b)  del  reato  di  cui all'art. 708 c.p. perche', essendo gia'
 stato condannato per reati contro il  patrimonio,  veniva  colto  nel
 possesso dell'importo di L. 3.930.000 non confacente al proprio stato
 e  del  quale non giustificava la provenienza. Con l'aggravante della
 recidiva reiterata. In Cattolica il 16 giugno 1994;
       c) del reato di cui all'art. 73, primo comma, d.P.R. n.  309/90
 perche',  al fine di spaccio, deteneva sostanze stupefacenti del tipo
 eroina in quantita' di grammi dieci circa, confezionata  in  ventotto
 dosi.   Con  l'aggravante  della  recidiva  specifica  reiterata.  In
 Riccione il 23 giugno 1994;
       d) del reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p.  73,  primo  comma,
 d.P.R.   n.  309/90  perche',  in  esecuzione  del  medesimo  disegno
 criminoso cadeva in tempi diversi ed  in  piu'  occasioni,  quantita'
 imprecisate  di  sostanze stupefacenti del tipo eroina a piu' persone
 tra le quali  Petrini  Roberto,  Pezzi  Paolo,  Cecchini  Domenico  e
 Patrignani Roberto, e per avere offerto in vendita una dose di eroina
 a   D'Adamo   Antonio.  Con  l'aggravante  della  recidiva  specifica
 reiterata. In Riccione ed altrove fino al 23 giugno 1994.
    Con decreto 19 settembre  1994  questo  giudice,  ha  disposto  il
 giudizio immediato.
    Con  istanza  notificata  e  depositata  in  termini l'imputato ha
 chiesto il giudizio abbreviato ex art. 458 c.p.p.; il p.m. ha apposto
 in calce all'istanza dell'imputato la seguente  formula:  "Visto,  il
 p.m. la richiesta, non esprime il proprio consenso".;
                             O S S E R V A
    L'art.  458 c.p.p. prevede la possibilita' che il p.m. non esprima
 il  consenso  al  giudizio  abbreviato  e  al   riguardo   la   Corte
 costituzionale,  con sentenze n. 81/91 e 23/92 ha esteso ai primi due
 comma  di  tale  articolo  le  note  declaratorie  di  illegittimita'
 costituzionale nelle parti in cui non prevedendo che il p.m., in caso
 di  dissenso,  sia  tenuto  a  enunciarne le ragioni, e il giudice, a
 dibattimento concluso, ritenuto ingiustificato il dissenso del p.m. o
 ritenuto  che  il  processo  poteva  essere definito allo stato degli
 atti, non possa applicare la diminuzione  di  pena  prevista  per  il
 giudizio abbreviato.
    Questo  giudice ritiene, tuttavia, che i primi due comma dell'art.
 458  c.p.p.  siano  viziati  da  illegittimita'  costituzionale   con
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  nelle  parti  in  cui
 l'ammissione del giudizio abbreviato e' subordinata al  consenso  del
 p.m.  e  ad  un  ulteriore  giudizio  di  ammissibilita' da parte del
 giudice.
    La richiesta di giudizio immediato da parte  del  p.m.  e  il  suo
 accoglimento  da  parte del giudice ex art. 455 c.p.p., presuppongono
 infatti la valutazione positiva sia  da  parte  del  p.m.    che  del
 giudice,  sull'evidenza  della  prova (art. 453 c.p.p) che e' nozione
 logicamente comprensiva della nozione di decidibilita'  del  processo
 allo  stato  degli atti.   Logicamente comprensiva poiche' e' nozione
 piu' pregnante e, perdipiu', esprime un'evidenza in senso accusatorio
 (che, se si trattasse di evidenze in senso  favorevole  all'imputato,
 il  p.m.  dovrebbe  chiedere  l'archiviazione  ex art. 125 disp. att.
 c.p.p.).
    In sintesi, un processo in cui la prova appare evidente  -  e  non
 puo'  apparire  tale  che in base agli atti compiuti ed esistenti nel
 fascicolo processuale - e' definibile allo stato degli atti.
    In sostanza, una volta richiesto e ammesso il giudizio  immediato,
 sono non solo pleonastiche ma addirittura contraddittorie nell'ambito
 del  sistema  normativo descritto la previsione del consenso del p.m.
 alla richiesta di giudizio abbreviato e la  valutazione  del  giudice
 sull'ammissibilita' del giudizio stesso.
    Questo  argomento  logico  appare  incontrovertibile  alla luce di
 quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 81/91:
      " .. individuata la funzione della motivazione del suo  eventule
 dissenso  e del susseguente controllo di essa nel dare al giudice del
 dibattimento la possibilita' di far luogo alla riduzione  della  pena
 allorquando   il   dissenso   del   pubblico  ministero  gli  risulti
 ingiustificato,  l'unico   criterio   idoneo   a   rendere   concreto
 l'esercizio  della  suddetta  funzione deve considerarsi, al momento,
 quello  imperniato   sull'effettiva   utilita'   del   passaggio   al
 dibattimento:  criterio  che, alla stregua della normativa in vigore,
 non puo' che identificarsi in quello - ricavabile dal confronto con i
 poteri conferiti al giudice dall'art. 440, primo comma -  consistente
 nel ritenere il processo non definibile allo stato degli atti".
    Se  la  definibilita' allo stato degli atti e' l'unico criterio in
 relazione al quale il p.m. puo' motivare  il  dissenso,  e'  evidente
 che,  qualora il p.m. abbia gia' espresso una valutazione positiva in
 tal senso chiedendo  il  giudizio  immediato,  la  previsione  di  un
 ulteriore consenso al giudizio abbreviato e' del tutto pleonastica.
    Nel  sistema attuale la previsione della necessita' dell'ulteriore
 consenso del p.m., con la conseguente possibilita' che egli lo neghi,
 realizza  nei  confronti  dell'imputato  richiedente  una  palese   e
 assolutamente  irrazionale  disparita'  di trattamento rispetto a chi
 abbia  ottenuto  il  consenso  del  p.m.  al   giudizio   abbreviato,
 sottoponendolo  al  pregiudizio  conseguente ad una condotta del p.m.
 equivalente  ad  una  revoca   del   consenso   basata   su   ragioni
 necessariamente  diverse  dalla  valutazione della definibilita' allo
 stato degli atti e,  pertanto,  estranee  al  sistema  e  arbitrarie.
 Pregiudizio che si concreta anche nella sottoposizione ad un giudizio
 nelle  forme  ordinarie, con tutto cio' che in termini di costi umani
 ed economici comporta.
    Se il sistema delineato dalla Corte costituzionale con le sentenze
 citate  -  rimedio  all'errore  del  p.m.  e  del   g.i.p.   mediante
 diminuzione   della   pena   nella   decisione  dibattimentale  -  si
 giustifica, nell'ambito della  procedura  ordinaria  -  richiesta  di
 giudizio  abbreviato  prima  e  durante  l'udienza  preliminare  - in
 relazione all'opinabilita' del dissenso del p.m. o della  valutazione
 negativa  del  g.i.p.  sull'ammissibilita'  del  giudizio abbreviato,
 soggetti a verifica appunto in sede dibattimentale,  non  altrettanto
 puo'  dirsi  dell'attuale  disciplina  prevista  dall'art. 458 c.p.p.
 proprio perche' la necessita' del consenso al giudizio  abbreviato  e
 la   conseguente  possibilita'  del  dissenso  si  innestano  in  una
 situazione processuale in cui sia il p.m. che il  g.i.p.  hanno  gia'
 valutato  in  senso  affermativo  la  definibilita' del processo allo
 stato degli atti, valutazione su cui l'imputato ha fatto  evidente  e
 ragionevole affidamento chiedendo il giudizio abbreviato.
    La  questione  appare non manifestamente infondata ed e' rilevante
 nel processo, dipendendo dalla sua risoluzione la prosecuzione  nella
 forma del giudizio immediato o l'ammissione del giudizio abbreviato.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134 della Costituzione, 23 e ss. della legge 11
 marzo 1953,  n.  87,  solleva  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 458, primo e secondo comma, del c.p.p., con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, nelle parti in cui prevede
 la necessita' del consenso del p.m.  per  l'ammissione  del  giudizio
 abbreviato su richiesta dell'imputato, dopo che sia stato chiesto dal
 p.m. e ammesso dal giudice il giudizio immediato;
    Dispone la sospensione del processo;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  questa   ordinanza   sia
 notificata all'imputato, al difensore e al pubblico ministero nonche'
 al  Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti
 della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Rimini, addi' 11 novembre 1994
                         Il giudice: ANDREUCCI
 
 95C0090