N. 28 SENTENZA 12 - 19 gennaio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Famiglia - Immigrazione - Lavoratori extracomunitari - Non consentito
 il ricongiungimento di figlio minore di extracomunitario residente in
 Italia   coniugato  con  cittadino  italiano  anche  ove  non  svolga
 attivita' lavorativa retribuita - Non condivisibile l'interpretazione
 del giudice   a quo perche' lesiva  delle  norme  costituzionali  che
 assicurano  protezione  alla  famiglia,  ai  minori  e  al  lavoro  -
 Insostenibile  interpretazione  della   norma   se   limitativa   dei
 destinatari  dell'istituto  del  ricongiungimento  familiare  ai soli
 immigrati  extracomunitari  titolari  di  lavoro   subordinato,   con
 esclusione  di chi svolge lavoro familiare tutelabile in tutte le sue
 forme per il suo valore sociale ed economico  -  Non  fondatezza  nei
 sensi di cui in motivazione.
 
 (Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 4, primo comma).
 
 (Cost., artt. 29 e 30).
 
(GU n.4 del 25-1-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  prof.  Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi  MENGONI,  dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 della   legge   30  dicembre  1986,  n.  943  (Norme  in  materia  di
 collocamento  e  di  trattamento   dei   lavoratori   extracomunitari
 immigrati   e  contro  le  immigrazioni  clandestine),  promosso  con
 ordinanza emessa il 10 novembre  1993  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale del Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da De Castro
 Carvalho  Telma  ed altro contro il Ministero degli Interni, iscritta
 al n. 209 del registro ordinanze 1994  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  17, prima serie speciale, dell'anno
 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 14 dicembre 1994 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel giudizio promosso da Telma De Castro Carvalho  e  Odorico
 Erbino  contro  il  Ministero  degli  interni, per l'annullamento del
 provvedimento con cui detto  Ministero  rigettava  la  domanda  della
 ricorrente  intesa  ad ottenere il permesso di soggiorno per coesione
 familiare a favore del figlio minore  Fabio  Carvalho  De  Cerqueira,
 nonche'  della  nota  della  Questura  di  Udine  con la quale veniva
 comunicato il citato provvedimento ministeriale, il T.A.R.    Friuli-
 Venezia  Giulia-Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt.  29 e
 30 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo
 comma, della legge 30 dicembre 1986, n.  943  (Norme  in  materia  di
 collocamento   e   di   trattamento  dei  lavoratori  extracomunitari
 immigrati e contro le immigrazioni clandestine), nella parte  in  cui
 non   consente   il  ricongiungimento  di  un  figlio  minore  di  un
 extracomunitario residente in Italia quale coniugato con un cittadino
 italiano, anche ove non svolga attivita' lavorativa retribuita.
    In  base  al disposto di cui all'art. 4, primo comma, legge n. 943
 del 1986,  "I  lavoratori  extracomunitari  legalmente  residenti  in
 Italia  ed  occupati hanno diritto al ricongiungimento con il coniuge
 nonche' con i figli a carico non coniugati, considerati minori  dalla
 legislazione  italiana, i quali sono ammessi nel territorio nazionale
 e possono soggiornarvi per lo stesso periodo per il quale e'  ammesso
 il lavoratore e sempreche' quest'ultimo sia in grado di assicurare ad
 essi normali condizioni di vita".
   Secondo  il  giudice  a  quo,  la norma, ancorche' contenuta in una
 legge finalizzata principalmente  a  disciplinare  la  posizione  dei
 lavoratori  extracomunitari  in  Italia,  ha  lo  scopo  ulteriore di
 favorire la riunificazione delle famiglie di detti lavoratori.
    Pertanto, costituisce attuazione dell'art. 29 Cost., che tutela la
 famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio. Tuttavia,  ad
 avviso  del  giudice  rimettente la limitazione della possibilita' di
 ricongiungimento familiare ai  soli  lavoratori  occupati  in  Italia
 contrasterebbe  con  lo stesso art. 29 Cost., in quanto consentirebbe
 di escludere da siffatto ricongiungimento chi,  come  la  ricorrente,
 coniugata con un cittadino italiano, svolge l'attivita' lavorativa di
 casalinga, non retribuita, ma costituente indubbiamente un contributo
 al buon andamento della famiglia.
    Sarebbe  violato,  peraltro, l'art. 30 Cost., che equipara i figli
 nati al di  fuori  del  matrimonio  a  quelli  cosiddetti  legittimi,
 giacche'  la  fattispecie impugnata precluderebbe il ricongiungimento
 alla madre di un figlio nato fuori del matrimonio.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per l'inammissibilita'  o,  comunque  per  l'infondatezza
 della questione.
    Secondo l'Avvocatura, al caso di specie non sarebbe applicabile la
 disposizione  impugnata,  bensi' gli artt. 2 e 4 del decreto-legge 30
 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, nella legge  28
 febbraio  1990,  n.  39). In base al comma primo del citato art. 2 "I
 cittadini stranieri extracomunitari possono  entrare  in  Italia  per
 motivi  di  turismo,  studio,  lavoro  subordinato o lavoro autonomo,
 cura, familiari e di culto". Mentre il citato art. 4 regola la durata
 del  (permesso  di)  soggiorno,  consentendo  all'Amministrazione  di
 calibrarla in relazione alla varieta' delle esigenze, particolarmente
 di quelle familiari. Pertanto, la questione sarebbe inammissibile per
 irrilevanza,  in  quanto  la  disposizione  impugnata  non troverebbe
 applicazione nel giudizio a quo.
    Peraltro la questione sarebbe comunque infondata. L'art. 4,  primo
 comma,  legge  n. 943 del 1986, tutelando la condizione familiare del
 lavoratore (in  attuazione  della  convenzione  n.  143  dell'O.I.L.,
 ratificata  con  legge  n.  158  del  1981,  che  prevede  una tutela
 differenziata "per i  lavoratori  che  emigrano  da  un  paese  verso
 l'altro,  in  vista  di  un'occupazione,  altrimenti  che per proprio
 conto", in ragione della peculiarita' degli immigrati per  motivi  di
 lavoro,  rispetto agli altri immigrati) e' in armonia con l'art. 29 e
 non viola l'art. 30 Cost. perche' non fa alcuna differenza tra figli,
 anche se nati fuori dal matrimonio, come, invece, deduce  l'ordinanza
 di rimessione.
                        Considerato in diritto
    1. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 comma
 primo  della  legge  30  dicembre 1986, n. 943 e' stata sollevata dal
 Tribunale amministrativo  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  nel
 corso  di  una controversia promossa da una cittadina brasiliana, cui
 era   stata   negata   da   parte   del   Ministero   degli   interni
 l'autorizzazione  all'ingresso  in Italia del figlio naturale, minore
 di eta', e residente in Brasile.  La  richiesta  era  stata  avanzata
 dalla  madre,  sposata  con  un cittadino italiano, per consentire al
 figlio di vivere con lei, presso la sua abitazione coniugale, ed  era
 stata  respinta  in  quanto  la  richiedente, essendo casalinga, "non
 svolgeva  attivita'  lavorativa  e  pertanto  non  si  trovava  nelle
 condizioni di cui all'art. 4 della legge n. 943 del 1986 che consente
 il  ricongiungimento  familiare  dei  figli  minori"  ai  "lavoratori
 extracomunitari  residenti  in  Italia   e   occupati".   I   giudici
 remittenti,  accogliendo l'eccezione di incostituzionalita' sollevata
 dalla ricorrente, hanno ritenuto che la citata norma,  escludendo  la
 possibilita'    di    ricongiungimento   familiare   agli   stranieri
 extracomunitari  residenti  e  sposati  in   Italia,   che   svolgono
 l'attivita'  non  retribuita di casalinga, confliggesse con l'art. 29
 della Costituzione che tutela  la  famiglia  come  societa'  naturale
 fondata  sul  matrimonio  e  con  l'art.  30  della  stessa Carta che
 equipara i figli nati fuori del matrimonio ai figli legittimi.
    2. - Va, in primo luogo, disattesa l'eccezione di inammissibilita'
 per irrilevanza prospettata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 secondo   la  quale,  l'esistenza  nell'ordinamento  vigente  di  una
 disposizione che consente che l'amministrazione rilasci  il  permesso
 di  soggiorno per motivi "familiari" (art. 2 decreto-legge n. 416 del
 1989, come convertito nella legge n. 39 del 1990) renderebbe  inutile
 l'estensione   dell'applicabilita',   al   caso   di   specie,  della
 disposizione impugnata.
    Al riguardo e' da osservare che e' del tutto diversa la ratio  del
 permesso   di   soggiorno  per  motivi  di  famiglia  da  quella  del
 ricongiungimento familiare. Mentre  il  primo  dei  due  istituti  in
 questione  ha  natura  temporanea  e  rinnovabile  solo a discrezione
 dell'amministrazione, il  ricongiungimento  e'  configurato  come  un
 diritto  del  lavoratore immigrato ed e' legato alle sorti di costui,
 in quanto - come afferma la norma impugnata - perdura "per lo  stesso
 periodo   per   il  quale  e'  ammesso  il  lavoratore  e  sempreche'
 quest'ultimo sia in grado di assicurare ad essi normali condizioni di
 vita".
   3. - Il giudice a quo, sollevando incidente sull'art. 4 della legge
 n.  943   del   1986,   ha   implicitamente   respinto   la   ipotesi
 interpretativa,  avanzata  nel  corso  del giudizio dalla ricorrente,
 secondo la quale la  sua  situazione  di  casalinga  dovrebbe  essere
 equiparata  ai  fini  del ricongiungimento, a quella di un lavoratore
 extracomunitario residente in Italia e occupato.
    L'esclusione di una siffatta ipotesi  interpretativa,  pero',  non
 puo' essere condivisa da questa Corte.
    4.  -  La normativa in parola, infatti - come del resto nota anche
 il giudice a quo - pur essendo ricompresa  in  una  legge  di  tutela
 delle   condizioni   del   lavoratore  subordinato  extracomunitario,
 acquista una sua autonoma rilevanza nel momento in cui fa riferimento
 all'istituto della ricongiunzione familiare, nel quale si considerano
 e  si  proteggono  diritti  -  quali  quelli  della  famiglia  ed  in
 particolare del minore - tutelati dalla Costituzione  e  riconosciuti
 da   una  molteplicita'  di  atti  internazionali  (a  partire  dalla
 Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948).
    L'art. 4, primo comma, della legge n. 943 del 1986 attribuisce  al
 lavoratore  immigrato  un  vero e proprio diritto al ricongiungimento
 della sua famiglia, diritto che implica l'ammissione e  il  soggiorno
 del  coniuge  e  dei  figli  minori nel territorio italiano; costoro,
 inoltre, una volta legalmente residenti in Italia non possono  essere
 privati  del  permesso  di  soggiorno  nel  caso in cui il lavoratore
 immigrato perda il posto di lavoro (art. 11 comma terzo della legge).
    La specificita' della legge si esprime pertanto nella garanzia  di
 una  esigenza  -  la  convivenza del nucleo familiare - che si radica
 nelle norme costituzionali che assicurano protezione alla famiglia  e
 in particolare, nell'ambito di questa, ai figli minori.
    Il  diritto e il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli,
 e percio' di tenerli con se', e il diritto dei genitori e  dei  figli
 minori  ad  una vita comune nel segno dell'unita' della famiglia sono
 infatti diritti fondamentali della persona che  percio'  spettano  in
 via  di principio anche agli stranieri contemplati dalla legge qui in
 esame.
    Naturalmente, questi diritti possono essere assoggettati ai limiti
 derivanti dalla necessita' di realizzarne un  corretto  bilanciamento
 con altri valori dotati di pari tutela costituzionale, come del resto
 avviene  nel  caso  di  specie in cui l'esigenza del ricongiungimento
 familiare viene collegata alla condizione che lo straniero  immigrato
 sia in grado di assicurare ai propri familiari "normali condizioni di
 vita".  Cosi'  individuate  le  finalita'  della  norma in esame, e i
 valori cui essa  si  ispira,  non  puo',  anche  per  un'ulteriore  e
 decisiva  considerazione, ritenersi accettabile l'interpretazione che
 restringe i destinatari dell'istituto del ricongiungimento  familiare
 ai  soli  immigrati  extracomunitari  titolari di lavoro subordinato,
 escludendone chi svolge lavoro familiare.
    Infatti, anche il lavoro effettuato  all'interno  della  famiglia,
 per il suo valore sociale ed anche economico, puo' essere ricompreso,
 sia  pure con le peculiari caratteristiche che lo contraddistinguono,
 nella tutela che l'art. 35 della Costituzione assicura al lavoro  "in
 tutte  le sue forme". Si tratta di una specie di attivita' lavorativa
 che e' gia' stata oggetto  di  svariati  riconoscimenti  per  il  suo
 rilievo sociale ed anche economico, anche per via degli indiscutibili
 vantaggi  che  ne  trae l'intera collettivita' e, nel contempo, degli
 oneri e delle responsabilita' che ne discendono e  gravano  -  ancora
 oggi - quasi esclusivamente sulle donne (anche per estesi fenomeni di
 disoccupazione).
    Cosi'  si  puo' ricordare, per esempio, l'art. 230- bis del codice
 civile che, apportando  una  specifica  garanzia  al  familiare  che,
 lavorando nell'ambito della famiglia o nell'impresa familiare, presta
 in modo continuativo la sua attivita', mostra di considerare in linea
 di  principio  il  lavoro prestato nella famiglia alla stessa stregua
 del lavoro prestato nell'impresa.
    Il valore del lavoro  familiare  e'  stato  poi  alla  base  della
 risoluzione  del Parlamento europeo 13 gennaio 1986 e della pronunzia
 di questa Corte n. 78 del 1993 (con la quale e'  stato  affermato  il
 diritto alla rivalutazione dei contributi versati per la previdenza a
 favore  delle casalinghe), mentre le esigenze di tutela di chi presta
 lavoro  familiare  sono  state   oggetto   di   ripetute   iniziative
 parlamentari  nel  corso  di  varie  legislature  con  riferimento ad
 aspetti  -  connessi  alle  prestazioni  lavorative   -   di   natura
 previdenziale, infortunistica e di protezione della maternita'.
    In   sostanza,   il   rilievo  assunto  dall'attivita'  lavorativa
 all'interno della famiglia, non puo' non  comportare  la  conseguenza
 che   tale   attivita'   debba   essere   assimilata  alle  forme  di
 "occupazione" che la legge qui contestata richiede per  l'attivazione
 dell'istituto del ricongiungimento familiare.
    Pertanto,  la  disposizione  impugnata,  nel  caso di specie, deve
 intendersi nel senso che  anche  la  cittadina  extracomunitaria  che
 presti - nel nostro Paese - lavoro nella propria famiglia deve essere
 ricompresa   nel   novero   dei   lavoratori  che  hanno  diritto  al
 ricongiungimento con figli minori che risiedono all'estero.
   La diversa interpretazione  della  norma  impugnata  postulata  dal
 giudice  a  quo,  non  solo apparirebbe insostenibile alla luce delle
 esposte considerazioni, ma, soprattutto, sarebbe lesiva  delle  norme
 costituzionali  che  assicurano protezione alla famiglia, ai minori e
 al lavoro.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, della  legge
 30  dicembre  1986,  n.  943  (Norme  in materia di collocamento e di
 trattamento dei lavoratori  extracomunitari  immigrati  e  contro  le
 immigrazioni  clandestine),  in  riferimento agli artt. 29 e 30 della
 Costituzione, sollevata dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia-Trieste  con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: SPAGNOLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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