N. 86 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 1994

                                 N. 86
 Ordinanza emessa il 24 novembre 1994  dal  tribunale  di  Genova  nel
 procedimento  civile vertente tra S.r.l. ASSI.GE. contro il Ministero
 delle finanze
 Contenzioso tributario - Tasse annuali di concessioni governative -
    Rimborso - Esperibilita' dell'azione giudiziaria anche in mancanza
    del  preventivo  ricorso  amministrativo  -  Omessa  previsione  -
    Violazione  del  diritto  di  difesa  -  Lesione  del principio di
    eguaglianza.
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 12, primo e secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.9 del 1-3-1995 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 promosso  da  ASSI.GE  S.r.l.,  con sede in Genova, via Ss. Giacomo e
 Filippo  31,  in  persona   del   suo   rappresentante   pro-tempore,
 elettivamente  domiciliata in Genova, via Ceccardi 4.6 presso e nello
 studio dell'avv. Mara Dasso Dall'Orso che la  rappresenta  e  difende
 per  mandato  a  margine  dell'atto  di  citazione,  attrice,  contro
 Ministero  delle  finanze,  in  persona  del  Ministro   in   carica,
 rappresentato  e  difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello
 Stato di Genova,  legale  domiciliataria  in  Genova,  viale  Brigate
 Partigiane, 2, convenuto.
                              CONCLUSIONI
    Per l'attrice:
    Voglia codesto ill.mo Tribunale contrariis rejectis, dichiarare la
 tassa  di  concessione  governativa sulle societa' di cui all'art. 36
 del d.-l. n. 69/1989 convertito in  legge  27  aprile  1989,  n.  154
 illegittima   perche'   istituita   in   palese   violazione  di  una
 disposizione   normativa   comunitaria   (come   tale    direttamente
 applicabile   nel  nostro  ordinamento  giuridico)  ed  indebitamente
 percepita secondo quanto stabilito dalla Corte di giustizia  CEE  con
 sentenza  del 20 aprile 9 e conseguentemente condannare, il Ministero
 delle finanze alla restituzione in favore della societa'  attrice  di
 quanto da essa pagato per il quinquennio dal 1988 al 1992 e quindi L.
 17.500.000   oltre   interessi   legali  dal  pagamento  al  saldo  e
 rivalutazione.
    Sentenza  provvisoriamente  esecutiva.  Con  vittoria  di  spese e
 competenze di causa.
    Per il convenuto:
    Voglia il tribunale ill.mo dichiarare pregiudizialmente la propria
 incompetenza  territoriale,  riconoscendo   quella   funzionale   del
 tribunale di Roma. Vinte le spese.
    In  subordine,  voglia  respingere  nel  merito le domande attore:
 siccome infondate. Vinte le spese.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  atto  di  citazione  in  data  28  ottobre  1993  ritualmente
 notificato   la  ASSI.GE.  S.r.l.,  in  persona  del  proprio  legale
 rappresentante, conveniva in giudizio dinanzi a questo  tribunale  il
 Ministero  delle  finanze per sentir dichiarare dovuto il rimborso in
 proprio favore dell'importo complessivo di  L.  17.500.000  che  essa
 aveva  versato  negli  anni 1988, l989, 1990, 1991 e 1992 a titolo di
 tassa sulle concessioni  governative  sull'iscrizione  di  vari  atti
 presso il registro delle societa' di questo tribunale in applicazione
 di quanto disposto dal d.P.R. n. 641 del 26 ottobre 1972 e successive
 modifiche.
    Eccepiva,  al  riguardo,  l'illegittimita'  del tributo siccome in
 contrasto con gli art. 10 e 11 della direttiva  del  Consiglio  delle
 comunita'   economiche  europee  17  luglio  1969  n.  355  la  quale
 escludeva, come e' noto, l'applicazione di qualsiasi imposizione  per
 l'immatricolazione  delle  societa' fatta eccezione per l'imposta sui
 conferimenti e per i diritti di carattere remunerativo; ed  osservava
 che    nessuna    remunerativita'    poteva    ravvisarsi    in   una
 controprestazione di danaro di entita'  non  certo  proporzionata  al
 servizio reso, tra l'altro assoggettato ad altra apposita tassa.
    Nel  costituirsi  in  giudizio  il  Ministero  convenuto  eccepiva
 preliminarmente l'incombenza territoriale del tribunale  adito,  ogni
 controversia  giudiziaria  al  riguardo  dovendo  radicarsi presso il
 tribunale di Roma ove aveva sede  l'ufficio  finanziario  liquidatore
 della tassa.
    Nel  merito  contestava  la fondatezza delle opposte pretese delle
 quali chiedeva il rigetto, sostenendo, che la contestata tassa doveva
 rientrare nei diritti di carattere remunerativo espressamente esclusi
 dal divieto comunitario.
    Quindi la causa, senza necessita' di particolare istruzione, sulle
 conclusioni come sopra trascritte, e' stata trattenuta  in  decisione
 all'udienza collegiale del 17 novembre 1994.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    Nell'ordine   logico  delle  questioni  sottoposte  all'esame  del
 Collegio carattere assorbente assume la questione di decadenza  e  di
 improponibilita'   della   domanda   attore   siccome  non  preceduta
 dall'intero esperimento della fase amministrativa dei ricorsi secondo
 il disposto dell'art. 11  del  d.P.R.  n.  641  del  1972;  questione
 sollevata  per la prima volta in comparsa conclusionale ma pur sempre
 rilevabile di ufficio da parte del Collegio.
    La questione sottoposta all'esame del collegio  presenta  evidenti
 aspetti  di  similitudine  con  altra,  rimessa all'esame della Corte
 costituzionale con ordinanza 27 gennaio 1994, per cui analoghe devono
 essere le conclusioni anche per il presente giudizio.
    Come e' noto questo tribunale ha rilevato di ufficio la  questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12 del d.P.R. 26 ottobre
 1972, n. 641 (disciplina delle tasse sulle concessioni  governative),
 secondo  cui nelle controversie relative all'applicazione delle tasse
 e  sopratasse  previste  in  tale  decreto  l'esperimento dell'azione
 giudiziaria e' subordinato  alla  previa  presentazione  dei  ricorsi
 amministrativi,  previsti  dall'art. 11 dello stesso decreto, ed alle
 relative  decisioni  definitive  dell'Intendente  di  finanza  o  del
 Ministro  delle finanze oppure, in mancanza delle relative decisioni,
 al  decorso  del  termine  di  centottanta  giorni  dalla   data   di
 presentazione  del ricorso per manifesta infondatezza con riferimento
 agli artt. 24 e 3 della Cost.
    L'art. 13, secondo comma, del d.P.R. n. 641 del  1972,  stabilisce
 che  il  contribuente  puo'  chiedere  la  restituzione  delle  tasse
 erroneamente  pagate  nel  termine  decadenziale  di  tre  anni   dal
 pagamento  o  in  caso di rifiuto dell'atto sottoposto a tassa, nella
 data della comunicazione del rifiuto. Il comma successivo non ammette
 il rimborso delle tasse pagate in modo straordinario.
    L'art.  11  dello  stesso  d.P.R.  n.  641   stabilisce   che   le
 controversie  sull'applicazione  delle  tasse e soprattasse, previste
 dal decreto, sono decise in  via  amministrativa  dall'Intendente  di
 finanza  con  provvedimento  che puo' essere impugnato con ricorso al
 Ministro per le finanze nel termine di trenta giorni, se  l'ammontare
 delle tasse superi le L. 100.000.
    Il ricorso al Ministro puo' essere proposto, decorso il termine di
 centottanta  giorni dalla presentazione del ricorso, se al ricorrente
 non sia stata notificata la relativa decisione.
    Il successivo art. 12 del decreto stabilisce, infine, che "avverso
 le decisioni definitive, di cui ai precedente articolo, e' esperibile
 l'azione giudiziaria nel termine di  novanta  giorni  dalla  data  di
 notificazione  della  decisione".  La contestazione della pretesa dei
 contribuenti  ad  ottenere  la  restituzione  delle  tasse  cc.   gg.
 costituisce   controversia   relativa  all'applicazione  delle  tasse
 medesime, e, quindi, e' soggetta alle  norme  sul  contenzioso  sopra
 richiamate   con   la   conseguenza  che  la  domanda  giudiziale  di
 ripetizione delle imposte indebitamente pagate  proposta  davanti  al
 giudice  ordinario in mancanza dei ricorsi gerarchici dovrebbe essere
 dichiarata improponibile.
    Dal sistema descritto risulta  infatti  che  l'azione  giudiziaria
 puo'  essere  esperita  solo  se i ricorsi amministrativi siano stati
 proposti e solo dopo la  notifica  delle  decisioni  intendentizie  o
 ministeriali  definitive ovvero dopo il decorso di centottanta giorni
 dalla data di presentazione del  ricorso  senza  alcuna  notifica  di
 decisione.
    E',  quindi,  incontestabile  che  il legislatore con la normativa
 riferita ha inteso creare uno "sbarramento" all'esercizio dell'azione
 giudiziaria  che  si  configura  giuridicamente  come  condizione  di
 proponibilita'  della  stessa,  posto  che  il  contribuente non puo'
 avvalersi del diritto di difesa garantito dall'art.  24  della  Cost.
 senza aver prima percorso la via dei ricorsi amministrativi.
    Ora,  codesta  Corte,  pur  avendo costantemente affermato che gli
 artt. 24 e 113 della Cost. non impongono  una  correlazione  assoluta
 tra  il  sorgere  del  diritto  e la sua azionabilita', la quale puo'
 essere differita ad un momento successivo ove ricorrano  esigenze  di
 ordine  generale  e  superiori  finalita  di  giustizia,  tuttavia, a
 proposito di una disciplina parallela a questa  in  esame  (art.  33,
 d.P.R.  20  ottobre  1972,  n.  642  sulla disciplina dell'imposta di
 bollo)  ha ritenuto che, anche nel concorso di queste circostanze, il
 legislatore  e'  sempre  tenuto  ad  osservare  il   limite   imposto
 dall'esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente
 difficoltosa,  in  conformita'  ai  principio  della piena attuazione
 della garanzia stabilita  dalle  suddette  norme  costituzionali  (C.
 cost., 23 novembre 1993, n. 406), e ne ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale per violazione dell'art. 24 della Cost.
    Tali principi valgono indubbiamente anche per l'art. 12 del d.P.R.
 n.   641  del  1972,  contenente  la  disciplina  delle  tasse  sulle
 concessioni  governative,  essendo  certo  che  esso   comporta   una
 ingiustificata  compressione  del  diritto di difesa del contribuente
 ostacolandone l'esercizio, in particolare comminando la decadenza per
 il mancato esperimento dei ricorsi amministrativi.
    Non vi e' alcuna ragione che giustifichi il defatigante ed inutile
 percorso del contenzioso amministrativo, come premessa indispensabile
 per l'accesso alla via giudiziaria, in controversie in cui si discute
 di diritti soggettivi e, quasi sempre, di questioni di diritto.
    Per le considerazioni che precedono si ritiene che vi siano motivi
 piu' che  sufficienti  per  ritenere  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale non manifestamente infondata, con riferimento all'art.
 24  della  Cost.  nella  parte in cui l'art. 12 del d.P.R. n. 641 del
 1972 non prevede in materia di rimborsi  di  imposta  l'esperibilita'
 dell'azione  giudiziaria  anche  in  mancanza  dei preventivi ricorsi
 amministrativi.
    La denunciata questione di legittimita' costituzionale appare  non
 manifestamente  infondata  con riferimento all'art. 3 della Cost. ove
 si consideri che in materia di  rimborsi  l'Amministrazione,  essendo
 priva  di  poteri  discrezionali  e  dovendo  verificare  soltanto la
 sussistenza  dei   presupposti   del   diritto   fatto   valere   dal
 contribuente,  si  trova  con  questo  in  una posizione paritaria e,
 quindi, in una situazione con la quale non e' affatto compatibile  la
 compressione della tutela giurisdizionale del privato.
    Ne'  vi  sono  dubbi  sulla rilevanza della questione. La societa'
 attrice, nel caso concreto, si e' limitata a richiedere  il  rimborso
 all'Intendenza  di  finanza  e, ricevutone il rifiuto, ha proposto la
 domanda di rimborso a questo giudice omettendo il ricorso  gerarchico
 al  Ministero delle finanze. E' certo, quindi, che la decisione della
 causa in un  senso  o  nell'altro  dipende  dalla  definizione  della
 questione di costituzionalita' con questa ordinanza proposta.
    Questo   Tribunale,   infatti,   ha  delibato  sfavorevolmente  la
 questione di incompetenza funzionale sollevata dalla difesa  erariale
 secondo  cui, ai sensi dell'art. 8 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611,
 funzionalmente competente sarebbe il  Tribunale  di  Roma  nella  cui
 circoscrizione si trova l'ufficio del registro cc. gg. di Roma che ha
 riscosso i tributi di che trattasi.
    Il   collegamento   con  il  Tribunale  di  Roma  dovrebbe  essere
 costituito dalla liquidazione del tributo in  quella  circoscrizione;
 ma  e'  certo  che  la  tassa  di  cc.  gg.  viene  autoaccertata dal
 contribuente e versata, mentre l'ufficio del registro, limitandosi  a
 riscuotere  ed  a  controllare l'esattezza dell'autoaccertamento, non
 opera  alcuna   liquidazione   del   tributo   con   la   conseguente
 inapplicabilita' del citato art. 8 del t.u. n. 1611 del 1933.
    Analogamente   deve   essere  ritenuta  infondata  l'eccezione  di
 decadenza. L'art. 13 del d.P.R. n.  641/1972  invocato  dalla  difesa
 erariale  impone al contribuente di rispettare il termine di tre anni
 per la "restituzione delle tasse  erroneamente  pagate";  mentre  nel
 caso   in  esame  non  risulta  esservi  stato  alcun  errore  bensi'
 l'adempimento di un obbligo  all'epoca  legislativamente  previsto  e
 sanzionato  e,  correlativamente  al suo adempimento, la richiesta di
 rimborso per somme indebitamente erogate.
    A  cio'  aggiungasi  che,   allorquando   il   legislatore   volle
 assoggettare   a   decadenza   anche   il   recupero   delle  imposte
 indebitamente versate lo disse in modo chiaro e preciso (cfr. art. 40
 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.  640  in  tema  di  rimborsi  relativi
 all'imposta sugli spettacoli).
    Il  processo  va  quindi  sospeso  e  gli  atti inviati alla Corte
 costituzionale, come da dispositivo.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza,  con
 riferimento  agli  artt.  3  e  24  della  Cost.,  della questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 12, primo e secondo comma,  del
 d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 641, nella parte in cui non prevede, in
 materia di rimborsi della  tassa  annuale  cc.  gg.  sulle  societa',
 prevista  dall'art. 3, diciottesimo e diciannovesimo comma, del d.-l.
 19 dicembre 1984, convertito, nella legge 17 febbraio 1985, n.  17  e
 successive  modificazioni,  l'esperibilita'  dell'azione  giudiziaria
 anche in mancanza  dei  preventivi  ricorsi  amministrativi  previsti
 dall'art. 11, stesso d.P.R. n. 641 del 1972;
    Sospende il giudizio in corso ed ordina la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza, a cura del cancelliere, sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi'  deciso in Genova, nella camera di consiglio del 24 novembre
 1994.
                        Il presidente: DIMUNDO
 
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