N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 settembre 1994

                                N. 101
 Ordinanza  emessa  il  19  settembre  1994  dal  pretore  di Gela nel
 procedimento penale a carico di Ferrara Nunzio
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Ritenuta riconducibilita'
    di detto "istituto di clemenza" alla  amnistia  -  Previsione  con
    decreto-legge   -  Indebita  rinuncia  dello  Stato  alla  pretesa
    punitiva  senza  la  prescritta  maggioranza  dei  due  terzi  dei
    componenti  di  ciascuna  Camera come richiesto per la concessione
    dell'amnistia.
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Previsione della
    sospensione di tutti i procedimenti penali relativi a  costruzioni
    abusive  ultimate  o  interrotte  con  il  sequestro  entro  il 31
    dicembre 1993 ed estinzione degli stessi dopo l'avvenuto pagamento
    -  Conseguente  rinuncia  alla  pretesa  punitiva  dello  Stato  -
    Violazione  dei  principi di uguaglianza, di tutela del paesaggio,
    della salute e della liberta' di iniziativa economica privata.
 (D.-L. 26 luglio 1994, n. 468, artt. 1, primo, secondo e quinto
    comma, 2 e 5).
 (Cost., artt. 3, 6 e 79).
(GU n.9 del 1-3-1995 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Visti gli atti del sopracitato procedimento, rg. n. 165/94, r.n.r.
 n. 1877/91 contro Ferrara Nunzio, nato a Gela  il  28  gennaio  1954,
 imputato  dei  reati  di  cui  agli artt. 110 c.p., 20 lett. c) della
 legge n. 47/1985, artt. 1, 2, 4, 13, 14 della legge  n.  1086/1971  e
 artt.  17,  18  e  20  della  legge  n. 64/1974 per aver eseguito una
 costruzione costituita da un muro di contenimento e da un ampliamento
 di un fabbricato in zona sottoposta a  vincolo  paesaggistico,  senza
 concessione  edilizia  e  nell'inosservanza delle prescrizioni di cui
 alle citate  leggi.  Per  avere  inoltre  alterato  con  la  suddetta
 costruzione  le  bellezze  naturali circostanti. In Gela, il 3 aprile
 1991;
    Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare l'art.  23,
 commi terzo, primo e secondo;
    Preso  atto dell'istanza del p.m. a che sia sollevata la questione
 di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2  e  5  del  d.-l.  26
 luglio 1994, n. 468, in riferimento all'art. 79 della Costituzione;
    Ritenuto  di  dover  sollevare d'ufficio questione di legittimita'
 costituzionale delle norme di cui all'art. 1, commi primo, secondo  e
 quinto,  del  d.-l.  26  luglio  1994, n. 468, in cui e' ravvisata la
 violazione degli articoli 79, 3 e 6 della Costituzione;
    Ritenuto che le prospettate questioni appaiono tutte  rilevanti  e
 non manifestamente infondate per i seguenti motivi:
                          MOTIVI DI RILEVANZA
    L'imputato   ha  chiesto  che  il  processo  venga  sospeso;  tale
 richiesta rende evidente,  e  processuale,  la  volonta'  di  valersi
 dell'intera   procedura   di   sanatoria  per  ottenere  il  "condono
 edilizio".
    Ne consegue che, come ha gia' stabilito la Corte costituzionale in
 caso identico (sentenza 23-31 marzo 1988 n. 369) divengono  rilevanti
 nella  specie  le  questioni di costituzionalita' relative a tutte le
 summenzionate disposizioni  aventi  forza  di  legge,  che  risultano
 intimamente  collegate  fra  loro  nell'unico  fine  di regolamentare
 (esternamente  ed  internamente)  il  meccanismo  procedimentale   di
 sanatoria.
    Ad  ogni buon conto, dal combinato disposto degli artt. 1, secondo
 e quinto comma, del d.-l. n. 468/1994, e 44 della  legge  n.  47/1985
 discende  che  la  sospensione  opera  anche  a  prescindere  da  una
 richiesta di parte, e serve a creare  la  condizione  necessaria  per
 l'operativita',    (immediatamente    successiva)    del   meccanismo
 procedimentale del condono; dunque le disposizioni che  regolamentano
 piu'  direttamente  tale  meccanismo  assumono rilevanza nel presente
 processo (e  con  esse  le  questioni  di  costituzionalita'  che  le
 investono)  nel  momento  stesso  in cui il giudice deve provvedere a
 sospendere (o meno) il processo.
    Come precisato poi da giudice di legittimita', non  ogni  processo
 per  illeciti  urbanistici  o  edilizi va sospeso, ma soltanto quelli
 relativi  a  reati  suscettibili  di  essere  estinti  attraverso  la
 procedura  amministrativa;  il  giudice  deve  dunque  esaminare,  ad
 esempio, il tempus commissi delicti, e nel far cio' deve osservare le
 norme contenute nei commi primo e secondo dell'art. 1  del  d.-l.  n.
 468/1994.  Tali norme assumono dunque a maggior ragione rilevanza nel
 presente processo.
    Le restanti norme di cui all'art. 1, e agli articoli  2  e  5  del
 d.-l.  in  questione,  rilevano nel presente processo nella misura in
 cui disciplinano modalita' e fasi del procedimento di sanatoria.
                 MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA
    a) Violazione dell'art. 79.
    Il "condono edilizio"  si  configura  come  istituto  di  clemenza
 attraverso  il  quale  viene  meno,  limitatamente  a  fatti  tipici,
 commessi in un circoscritto periodo  di  tempo,  anteriore  alla  sua
 operativita', la pretesa punitiva dello Stato.
    Analizzandone  il meccanismo operativo, la Corte costituzionale si
 e' espressa (con la sentenza n. 369/1988) nel senso che tale istituto
 non  possa  essere  ricondotto   la   figura   tipica   dell'amnistia
 condizionata,  e introduca invece una causa atipica di estinzione del
 reato.
    Rimane   tuttavia   inesplorato   dalla    Corte    costituzionale
 l'argomentazione,   addotta   dal  p.m.,  circa  la  ciconducibilita'
 dell'istituto  del  condono  a  quello  dell'amnistia  sottoposta  ad
 obblighi;  tale  figura  e'  espressamente prevista dall'art. 151 del
 codice penale.
    Il "potere di clemenza" incontra dei  limiti,  anche  procedurali,
 nella  Carta  costituzionale; tra essi quello, recentemente posto dal
 legislatore costituzionale  con  la  revisione  dell'art.  79  (legge
 costituzionale  6  marzo 1992, n. 1): prevede la norma che l'amnistia
 sia concessa con legge deliberata a maggioranza  dei  due  terzi  dei
 componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione
 finale.
    Conclude  dunque  il  p.m.  che il "condono", in quanto rientrante
 nella     tradizionale     figura     dell'amnistia,     e'     stato
 incostituzionalmente concesso dal Governo con d.-l.
    Il  quesito che invece viene posto da questo pretore alla Consulta
 muove  dall'assunto  che  il  condono,  comunque  lo  si   etichetti,
 costituisce  forma  d'esercizio  della  generale potesta' di clemenza
 dello Stato, e debba percio' essere concesso  con  le  forme  dinanzi
 prospettate.
    Anche  tale  questione, per molti versi analoga alla prima, appare
 non  manifestamente  infondata:  a  ritenere  che   l'esecutivo   sia
 legittimato  a  dar  vita,  con decretazione d'urgenza, ad una misura
 generale di clemenza che si distingue  solo  per  fisionomia,  e  non
 anche  per  effetti  giuridici,  dall'amnistia,  si giungerebbe ad un
 sostanziale elusione del dettato costituzionale.
    Dal disposto dell'art. 79 della Costituzione emerge chiaramente la
 volonta'   che   l'emanazione   di   misure   clemenziali   generali,
 comportanti,   l'estinzione   del   reato,   debba  essere  riservata
 all'apprezzamento del Parlamento, al quale  soltanto  e'  rimessa  la
 potesta'   di  limitare  con  tale  estensione  la  pretesa  punitiva
 pubblica.
    E dunque il termine "amnistia", contenuto nel citato art. 79,  non
 va   inteso  in  senso  strettamente  tecnico  (dando  cioe'  rilievo
 preminente  al  peculiare  meccanismo  operativo  dell'istituto",  ma
 ricondotto   ad   una   nozione   generale  di  misura  di  clemenza,
 caratterizzata da elementi "sostanziali"  tipici  (effetto  estintivo
 del  reato  limitato a fatti determinati, commessi in un circoscritto
 periodo di tempo, anteriore alla sua entrata in vigore) comuni  tanto
 alla tradizionale amnistia quanto al condono.
    Violazione dell'art. 3.
    La   rinunzia   alla   pretesa   punitiva  da  parte  dello  Stato
 relativamente   a   determinati   reati,   comporta    un'inevitabile
 pregiudizio  al  principio  di uguaglianza; essa deve dunque "trovare
 giustificazione nel quadro costituzionale che determina il fondamento
 ed  i   limiti   dell'intervento   punitivo   dello   Stato"   (Corte
 costituzionale  sentenza  n.  369/1988),  ed  adeguato  bilanciamento
 dell'interno della gerarchia dei valori e dei beni costituzionalmente
 tutelati. Cio' a pena d'irragionevolezza.
    Con riguardo al condono edilizio del 1985 la Corte  costituzionale
 verifico' che l'eccezionale introduzione di una causa atipica di "non
 punibilita'"  e "non procedibilita'" per condotte recanti pregiudizio
 a fondamentali esigenze della collettivita', trovava  giustificazione
 nell'intento  di  "chiudere  un  passato d'illegalita' di massa" e di
 "porre sicure basi normative per la repressione futura di  fatti  che
 violano  fondamentali  esigenze"  quali il governo del territorio; la
 sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata ed il  suo
 coordinamento  a  fini sociali; la funzione sociale della proprieta';
 la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico.
    E'  ritenuta  non  manifestamente  infondata   la   questione   di
 costituzionalita' concernente l'irragionevolezza delle norme che oggi
 reiterano,  a  distanza  di  nove  anni,  il  meccanismo  del condono
 edilizio: non si puo' infatti parlare piu'  di  eccezionalita'  della
 misura  clemenziale (stante la sua riproposizione ciclica), e neppure
 far nuovamente  valere  l'intento,  gia'  vanificato  una  volta,  di
 chiudere  con  un  passato  di  diffusa  illegalita'. Appaiono invece
 compromessi, nella materia edilizia, in virtu' di tale  reiterazione,
 gli  aspetti di certezza, uguaglianza ed obbligatorieta' (dell'azione
 penale, e  della  pena)  che  informano  il  sistema  costituzionale-
 penalistico.
    Deve  infine  osservarsi che le norme incriminatrici su cui incide
 il condono edilizio mirano a salvaguardare beni fondamentali  per  la
 collettivita':  a)  il  paesaggio, e dunque sia il razionale sviluppo
 urbanistico del territorio che la tutela del pregio naturalistico: b)
 la salute psico-fisica,  compromessa  particolarmente  in  zone  dove
 l'enormita'  del  fenomeno dell'abusivismo edilizio ed il conseguente
 degrado dei centri abitativi  sottrae  all'individuo  il  diritto  di
 vivere  in  un  ambiente  sano.  La  questione  di  costituzionalita'
 sollevata in riferimento all'art. 3  della  Costituzione  appare  non
 manifestamente  infondata anche quando involge l'aspetto del corretto
 (o meno) bilanciamento tra le ragioni del nuovo "condono"  (e  cioe',
 in   base   alle   premesse  del  d.-l.  n.  468/1994,  il  "rilancio
 dell'attivita'   economica   ..   la    ripresa    della    attivita'
 imprenditoriali  ..  la  semplificazione  dei procedimenti in materia
 urbanistico-edilizia";)  e  le  ragioni  di  tutela  dei  beni  sopra
 indicati.
    Considerando  la  questione  secondo la prospettiva del divieto di
 irragionevoli disparita' di trattamento per situazioni meritevoli  di
 pari  tutela, si rileva che il nuovo (seppur limitato) sacrificio dei
 beni costituzionali tutelati dagli articoli 6 e 32  della  Carta  (le
 cui  offese  non  vengono  sanzionate  penalmente)  non  pare trovare
 adeguata giustificazione, e dunque razionale bilanciamento, a  fronte
 della  promozione  di  altri beni pur di rango costituzionale, ma che
 proprio  per  dettato  della   Costituzione   non   devono   comunque
 contrastare con l'utilita' sociale e la dignita' umana.
                               P. Q. M.
    Sospende   il   presente   procedimento   e   dispone  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della   presente
 ordinanza,  letta  in  dibattimento,  al Presidente del Consiglio dei
 Ministri, al Presidente del Senato della Repubblica ed al  Presidente
 della Camera dei deputati.
      Gela, addi' 19 settembre 1994
                           Il pretore: TOSO
 
 95C0244