N. 80 SENTENZA 23 febbraio - 6 marzo 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte in genere - Reati in materia - Leggi penali finanziarie vigenti - Disposizioni applicabili - Ambito temporale - Principio della cosiddetta ultrattivita' - Deroga a quello della retroattivita' della legge piu' favorevole al reo - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (v. sentenze nn. 6/1978 e 164/1974 e ordinanze nn. 158 e 134 del 1977) - Legittimita' di una legge che preveda la irretroattivita' delle norme favorevoli - Non fondatezza. (Legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20). (Cost., art. 25, secondo comma).(GU n.11 del 15-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: avv. Ugo SPAGNOLI; Giudici: prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), promossi con ordinanze emesse il 29 marzo e il 14 aprile 1994 dal Pretore di Catania nel procedimento penale a carico di Mouduch Mohamed e di D'Amico Luigi, iscritta ai nn. 347 e 352 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25 e 26, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di due procedimenti penali a carico di Mohamed Mouduch e D'Amico Luigi, imputati del delitto previsto e punito dagli artt. 25, 282, 301 e 304 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 per avere commesso il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, il Pretore di Catania con due ordinanze di identico contenuto ha sollevato, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), nella parte in cui prevede che le disposizioni penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti connessi durante la loro vigenza ancorche' le disposizioni medesime siano state successivamente abrogate o modificate. In punto di rilevanza il giudice a quo osserva che agli imputati e' addebitato il fatto di avere commesso il reato di contrabbando di Kg 1,14 e 1,6 di tabacchi lavorati esteri; per tale condotta ai sensi dell'impugnato art. 20 della legge n. 4 del 1929 dovrebbe applicarsi la multa prevista dall'art. 282 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 nonostante che tale norma sia stata modificata, in epoca successiva al momento del commesso reato, dalla legge 28 dicembre 1993, n. 562, che non prevede piu' come reato le violazioni finanziarie punite - come quelle di specie - con la sola multa, e dalla legge 18 gennaio 1994, n. 50, in base alla quale costituisce reato solo il contrabbando di tabacchi lavorati esteri in quantita' superiore ai 15 Kg. Nel merito, l'Autorita' rimettente premette che il principio di legalita' espresso nell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, ai sensi del quale "nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso", deve esser interpretato nel senso di ricomprendervi anche il principio di non ultrattivita'; in altre parole, se nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge, allo stesso modo, nessuno potra' essere punito se la legge non e' piu' in vigore, indipendentemente dal fatto che essa sia stata abrogata o non sia mai esistita. Il principio della non ultrattivita' dovrebbe pertanto ritenersi intrinseco al principio di legalita', e di conseguenza l'art. 20 della legge n. 4 del 1929, con il prevedere che le disposizioni delle leggi penali finanziarie si applicano ai fatti commessi durante la loro vigenza ancorche' le disposizioni medesime siano state abrogate o modificate, si porrebbe in contrasto con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione cosi' come interpretato. 2. - Nel giudizio avanti alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato concludendo per la manifesta infondatezza della questione. Ha osservato la difesa erariale che l'art. 25, secondo comma, della Costituzione pone soltanto il divieto della legge penale retroattiva ma non prescrive affatto, conformemente all'insegnamento dato dalla Corte costituzionale in numerose pronunce, la retroattivita' delle leggi sopravvenute piu' favorevoli al reo. Considerato in diritto 1. - Il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), nella parte in cui prevede che le disposizioni delle leggi penali finanziarie si applicano ai fatti commessi durante la loro vigenza ancorche' le disposizioni medesime siano state, successivamente alla consumazione del reato, abrogate o modificate. A parere del rimettente tale previsione (pur ritenuta da questa Corte costituzionalmente legittima con riguardo all'art. 3 sarebbe in contrasto con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione dal momento che nel principio di legalita' deve ritenersi compreso anche quello della non ultrattivita' della legge; e cio' in quanto, poiche' ai sensi della norma costituzionale richiamata "nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge", allo stesso modo non potra' farsi luogo all'irrogazione della pena se la legge non e' piu' in vigore, indipendentemente dal fatto che essa sia stata abrogata ovvero non sia mai esistita. 2. - La questione non e' fondata. L'impugnato art. 20 della legge n. 4 del 1929 sancisce in tema di successione di leggi penali tributarie il principio della c.d. ultrattivita', ai sensi del quale si applica sempre la legge in vigore al momento del fatto, anche se essa sia stata successivamente abrogata o modificata. Tale principio rappresenta una deroga a quello della retroattivita' della legge piu' favorevole al reo stabilito per le leggi penali comuni dall'art. 2, terzo comma, del codice penale. Tuttavia, affinche' possa ritenersi vulnerato il parametro costituzionale invocato, e' necessario dimostrare che la regola della retroattivita' della legge penale favorevole sia stata elevata al rango di principio costituzionale. Dalla lettura dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, emerge, al contrario, che solo il principio della irretroattivita' della legge penale incriminatrice ha acquistato valenza costituzionale ma non quello della retroattivita' della legge piu' favorevole al reo. Da cio' consegue che, come deve essere ritenuto conforme al richiamato disposto costituzionale il principio della retroattivita' della disposizione piu' favorevole, alla stessa conclusione dovra' pervenirsi in ordine alla legge che preveda la irretroattivita' delle norme favorevoli. In altri termini, in tema di successione nel tempo della legge penale, il legislatore ordinario e' vincolato solo al principio della irretroattivita' della legge incriminatrice. Con particolare riguardo alla ultrattivita' delle disposizioni penali delle leggi finanziarie relative ai tributi dello Stato, sancita dall'impugnato art. 20, questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che essa non contrasta con il principio costituzionale dell'art. 3, e tanto meno, deve essere ora ribadito, con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, poiche' tale norma impone solo il divieto della retroattivita' di nuove norme incriminatrici (fra le molte, sentenza n. 6 del 1978, ordinanze nn. 158 e 134 del 1977 e sentenza n. 164 del 1974). Ne', infine, puo' essere condivisa l'affermazione del giudice a quo secondo cui, di fronte al principio di legalita', e' indifferente che la legge non sia mai esistita o sia stata invece abrogata, in quanto l'abrogazione presuppone l'esistenza e vigenza di una legge ed opera inoltre con effetto ex nunc e non ex tunc.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Pretore di Catania con le ordinanze indicate in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1995. Il Presidente: SPAGNOLI Il redattore: SANTOSUOSSO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 6 marzo 1995. Il cancelliere: FRUSCELLA 95C0320