N. 81 ORDINANZA 23 febbraio - 6 marzo 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte in genere - Procedimento tributario - Istituti dell'astensione e della ricusazione del giudice tributario - Omessa regolamentazione - Difetto di rilevanza - Insufficiente determinazione del thema decidendum - Manifesta inammissibilita'. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636). (Cost., artt. 3, primo comma, 97, primo comma, 100, secondo comma, e 108, secondo comma)(GU n.11 del 15-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e successive modificazioni ed integrazioni (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), promosso con l'ordinanza emessa il 14 aprile 1994 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Verbania sui ricorsi riuniti proposti da Cocconi Arturo contro l'Ufficio imposte dirette di Verbania, iscritta al n. 343 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Francesco Guizzi; Ritenuto che nel corso dei procedimenti instaurati da Cocconi Arturo, avverso due avvisi di accertamento emessi dall'Ufficio delle imposte dirette di Verbania, che aveva elevato i redditi dichiarati dal contribuente, la commissione tributaria di primo grado di quella citta', previa la riunione dei due giudizi, ha sollevato, in relazione a vari parametri costituzionali, questione di legittimita' costituzionale dell'intero d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte in cui non regola gli istituti dell'astensione e della ricusazione del giudice tributario; che il giudice a quo ha premesso, in fatto, che due dei tre componenti il collegio vantano rapporti di credito con l'ufficio imposte dirette di Verbania, parte in causa nel procedimento; che in particolare un componente ha presentato a quell'Ufficio imposte dirette, per alcuni anni, le dichiarazioni annuali dei propri redditi (servendosi del modello 740) dalle quali risultano crediti d'imposta, per milioni, di cui e' in attesa di rimborso; che un altro componente ha presentato, allo stesso ufficio, l'istanza di rimborso per ritenute, a suo dire indebitamente operate, senza ricevere risposta favorevole, instaurando un contenzioso con vari uffici dell'amministrazione finanziaria (tra i quali quello parte in causa nel giudizio a quo); che nessun componente il collegio ha, peraltro, ritenuto di doversi astenere, in considerazione del fatto che non esisterebbero norme sull'astensione e sulla ricusazione dei giudici tributari; che - sempre ad avviso del collegio - l'articolo 51, primo comma, n. 3, codice di procedura civile, richiamato dall'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 636 del 1972, non sarebbe "compatibile" con il procedimento che si svolge davanti alle Commissioni tributarie; e che conseguentemente, se al processo tributario si applicasse tale disposizione la maggior parte delle commissioni tributarie rimarrebbe paralizzata; che migliore disciplina non sarebbe rinvenibile neppure nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per il nuovo processo tributario; che, ad avviso della commissione tributaria rimettente, i giudici non devono soltanto assicurare l'imparziale applicazione della legge, ma devono anche apparire indipendenti ed imparziali; che essendo costoro, nella gran parte, anche contribuenti del fisco, si trovano in una situazione singolare ed anomala (in taluni casi addirittura inquietante) per il cumulo della figura di controllore e controllato, inerendo ad essi il potere di annullamento degli atti di uffici tributari, nei confronti dei quali, come contribuenti, si trovano in una situazione di soggezione e, a volte, anche "di favore"; che per rimuovere tali situazioni, censurate dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di indipendenza dei giudici speciali (sentt. nn. 196 del 1982, 128 del 1974 e 121 del 1970), occorrerebbe stabilire, per i componenti le commissioni tributarie, il domicilio fiscale in un comune diverso da quello di residenza, posto in altra regione, cosi' come gia' previsto per alcuni contribuenti dall'art. 59 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi); che, pur trattandosi di una soluzione di competenza del legislatore, la commissione rimettente ritiene comunque, in relazione alla questione di costituzionalita', di segnalare alla Corte, per violazione degli artt. 3, primo comma, 97, primo comma, 100, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, tutta la normativa che regola il processo tributario in quanto non prevede l'astensione e la ricusazione del giudice, particolarmente quando quest'ultimo ha rapporti di credito o una causa pendente con l'ufficio tributario che e' parte nella causa; che la questione avrebbe rilevanza nel processo a quo, perche' radicherebbe per due componenti il collegio, se fondata, il dovere di astenersi nel giudizio principale; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione; che, secondo l'interventore, si applicano al processo tributario le norme del codice di procedura civile (sent. n. 196 del 1982) ed e' alla luce di questo che vanno risolti i problemi posti dal giudice a quo; che se e' vero che i giudici tributari sono anche contribuenti, tanto non autorizza a ritenere interessato su ogni questione sottopostagli, in ragione dell'ufficio ricoperto, il singolo giudice tributario chiamato a decidere della causa; che potrebbero verificarsi, al piu', ragioni di astensione a norma dell'art. 51, primo comma, n. 1, codice di procedura civile, quando il giudice tributario ha interesse diretto, come contribuente, in un'altra controversia vertente sull'identica questione di diritto a lui sottoposta; che se anche la generalita' dei giudici tributari fosse interessata alla medesima questione non per questo le commissioni tributarie dovrebbero bloccarsi rifiutando di decidere della causa; e, infatti, vi sono precedenti di decisioni del giudice amministrativo che esplicano effetti sull'intera categoria dei magistrati dello stesso ordine, essendo stata superata la difficolta' - se e in quanto rilevata - alla stregua del canone dell'esercizio normale della giurisdizione; Considerato che l'ordinanza, pur indicando le disposizioni costituzionali che si assumono violate dal d.P.R. 636 del 1972, non fornisce alcuna motivazione in ordine ad essa; che non e' dato sapere quali particolari e specifiche ragioni riguardino le pretese violazioni degli indicati artt. 3, primo comma, 97, primo comma, 100, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, anche in considerazione della genericita' della normativa impugnata (un intero testo di legge) e della perplessita' della motivazione svolta nell'ordinanza sulla legislazione applicabile al caso esaminato; che, pertanto, non risultando sufficientemente determinato il thema decidendum, la questione va dichiarata inammissibile (sentt. 191 del 1992, 483 del 1991 e 137 del 1985); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo comma, 100, secondo comma e 108, secondo comma della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1995. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: GUIZZI Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 6 marzo 1995. Il cancelliere: FRUSCELLA 95C0321