N. 18 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 aprile 1995

                                 N. 18
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 3  aprile  1995  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri)
 Regione Basilicata - Impiego regionale - Previsione che le due unita'
    di   personale   dipendente   del   disciolto   Consorzio   lucano
    universitario, in servizio alla data del 1  gennaio  1994,  previa
    istanza  documentata,  siano assorbiti dalla regione ed inquadrati
    nel proprio ruolo organico nel livello  funzionale  corrispondente
    al titolo di studio posseduto e nei limiti dei posti vacanti nella
    pianta  organica  dell'ente  -  Lamentata  violazione dei principi
    generali  in  materia  di  accesso  agli  impieghi pubblici di cui
    all'art. 36 del d.lgs. n. 29/1993 e all'art. 3,  ventesimo  comma,
    della legge n. 537/1993 e all'art. 22 della legge n. 724/1994, che
    prevedono  l'assunzione di personale, ad eccezione delle categorie
    protette,  mediante  concorsi  pubblici  aperti  a  tutti   e   la
    preventiva  verifica  degli  organici  e  dei  carichi di lavoro -
    Incidenza sui principi di imparzialita'  e  buon  andamento  della
    p.a.
 (Delibera legislativa della regione Basilicata 6 marzo 1995).
 (Cost., artt. 97 e 117).
(GU n.17 del 26-4-1995 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato presso i cui uffici in
 Roma, via dei Portoghesi 12, e'  domiciliato,  contro  il  presidente
 della   Giunta   della   regione   Veneto,   per   la   dichiarazione
 d'illegittimita'   costituzionale   della    delibera    legislativa,
 riapprovata  dal  Consiglio  regionale nella seduta del 7 marzo 1995,
 concernente "Concorsi per assistenti di biblioteca negli enti locali,
 assunti ai sensi dell'art. 34, quinto comma, della legge regionale  5
 settembre  1994,  n.  50",  in  relazione  agli artt. 117 e 128 della
 Costituzione ed ai principi fondamentali di cui al d.lgs. 3  febbraio
 1993, n. 29.
    1.   -   Nell'ambito   degli   interventi   urgenti   a   sostegno
 dell'occupazione, l'art. 4-bis del d.-l. 20 maggio 1993, n. 148, come
 convertito in legge 19 luglio 1993, n. 236, ha autorizzato (in deroga
 all'art.  31  del  d.lgs.  3  febbraio  1993,  n.  29)  le  pubbliche
 amministrazioni,  che  si  trovassero  ad  utilizzare  personale  con
 rapporti di lavoro a tempo determinato ai  sensi  dell'art.  7  della
 legge  29  dicembre  1988,  n.  544,  a  bandire  - sotto determinate
 condizioni - concorsi per la copertura dei corrispondenti posti nelle
 qualifiche funzionali richiedenti titolo di studio superiore a quello
 di scuola secondaria di primo grado.
    La norma (al quinto comma) ha,  altresi',  autorizzato  le  stesse
 pubbliche  amministrazioni  a  prorogare i rapporti di lavoro a tempo
 determinato, in atto alla data di entrata in vigore del decreto, fino
 all'assunzione dei vincitori dei concorsi (per titoli  o  per  esami,
 secondo  le  previsioni  di  cui ai precedenti commi 2 e 3), vietando
 infine  (all'ottavo  comma)  nuovi  reclutamenti   nelle   qualifiche
 interessate fino all'espletamento dei concorsi in questione.
    La  misura  cosi'  adottata  si  rivolge,  come gia' accennato, al
 personale precario reclutato (a sensi del citato art. 7  della  legge
 n.  554/1988) per la realizzazione di specifici "progetti-obiettivo",
 alcuni dei quali interessanti settori puntualmente individuati (e tra
 questi, il settore della tutela dei  beni  culturali  ed  ambientali:
 sesto comma, art. 7 ult. cit.), e a quello parimenti assunto, a tempo
 determinato,  dagli istituti previdenziali, dal Ministero di grazia e
 giustizia e da quello del lavoro in base alle  norme  richiamate,  in
 modo specifico, dall'art. 4-bis in esame.
    2.  -  Il  15  dicembre  1994 il consiglio regionale del Veneto ha
 approvato un disegno di legge, di un unico articolo, il quale dispone
 che "Il personale assunto presso gli enti locali  con  l'incarico  di
 assistente  di  biblioteca ai sensi dell'art. 34, quinto comma, della
 legge regionale 5 settembre 1984, n. 50, e' equiparato  a  tutti  gli
 effetti  al  personale  assunto  ai  sensi dell'art. 7 della legge 29
 dicembre 1988, n. 554".
    Come  risulta  dalla  relazione illustrativa del citato disegno di
 legge, la regione si e' prefissa, attraverso la posta  equiparazione,
 di   rendere  possibile  l'attivazione  delle  procedure  concorsuali
 autorizzate dal commentato ar.  4-bis  della  legge  n.  236/1993  e,
 cosi',  di  consentire  l'immissione  in  ruolo  degli  assistenti di
 biblioteca cui  tale  incarico,  forfettariamente  retribuito,  fosse
 stato  conferito  -  nei  comuni  con popolazione inferiore ai 10.000
 abitanti - a sensi della  legge  regionale  n.  50/1984  (eppero'  in
 deroga,  appunto,  all'ordinaria regola del reclutamento per pubblico
 concorso del personale tecnico delle biblioteche di enti locali).
    Il disegno di legge ha, pero', formato oggetto di rinvio da  parte
 del  Governo,  essendosi rilevato (giusta provvedimento del 5 gennaio
 1995) che la riferita norma, oltre  ad  interferire  nella  sfera  di
 autonomia  garantita  ai  comuni  dall'art.  128  della Costituzione,
 operasse  un'indebita  estensione  dell'art.  4-bis  della  legge  n.
 236/1993 a personale da questa non contemplato quale destinatario del
 relativo  beneficio  (limitato,  invero,  al  solo personale precario
 individuato attraverso il richiamo all'art. 7 della legge n. 554/1988
 ed alle altre disposizioni espressamente indicate).
    In  data  13  marzo  1995  e',   tuttavia   giunta   comunicazione
 dell'avvenuta  riapprovazione  (nella  seduta  consiliare del 7 marzo
 1995) dell'identico testo "rinviato", che viene percio' impugnato per
 illegittimita' dal deducente Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 in conformita' della delibera in tal senso adottata a sensi dell'art.
 31 della legge 16 marzo 1953, n. 87.
    3.  -  Come  si  desume  dalle  premesse  di  fatto  sub  2)  -  e
 segnatamente dal riferito  brano  della  relazione  illustrativa  del
 disegno  di  legge regionale (riprodotto, del resto, a sostegno della
 proposta di riapprovazione della norma - la  regione  concorda  sulla
 non  applicabilita'  delle  disposizioni  dell'art.  4-bis  legge  n.
 236/1993 ai dipendenti comunali assunti, a termine, con l'incarico di
 assistente di biblioteca presso gli enti locali;  ritiene,  tuttavia,
 che  sia  in  suo potere, attraverso l'interposizione di una norma di
 equiparazione di detto personale a  quello  considerato  dalla  legge
 statale,  di  risolvere  una  situazione di precarieta' che - come si
 sottolinea  ancora  nella  relazione  -  non  favorisce  una   serena
 prestazione lavorativa degli interessati (assistenti di biblioteca).
    Va osservato, in contrario: a) che non e' nei poteri della regione
 cui  e'  finanche  preclusa  la  "novazione"  di  una  fonte  statale
 (attraverso la mera riproduzione di questa in una  legge  regionale),
 di  incidere  o, comunque, di interferire sull'efficacia di una norma
 dello Stato, riducendone o - come nella specie - ampliandone la sfera
 d'operativita'; b) che le attribuzioni ex art. 117 della Costituzione
 in materia di "musei e biblioteche di  enti  locali"  non  comportano
 l'estensione della competenza regionale dal piano dell'organizzazione
 di  dette strutture (attinente alla conservazione, funzionamento, uso
 ed incremento dei beni e delle attivita' con gli  stessi  realizzate:
 v.  sentenza  n. 921/1988) a quello, affatto diverso, del rapporto di
 lavoro col personale impiegato,  dai  comuni,  per  il  funzionamento
 delle strutture medesime.
    3.1.  -  Deve  in  particolare notarsi che, come gia' accennato in
 esordio, l'art. 4-bis della legge n. 236/1993 e'  norma  eccezionale,
 introdotta in deroga ai principi stabiliti dalla riforma del pubblico
 impiego,  per  la  cui  realizzazione l'art. 31 del d.lgs. 3 febbraio
 1993,  n.  29, ha - strumentalmente - vietato nuove assunzioni presso
 le amministrazioni pubbliche (con disposizione  recentemente  ripresa
 dall'art. 22, sesto e settimo comma, della legge 23 dicembre 1994, n.
 724).  Ne  segue che, quando pure avesse avuto il potere di farlo (e,
 se si fosse  trattato  di  provvedere  nei  confronti  del  personale
 precario   impiegato  dalla  stessa  regione  o  da  enti  da  questa
 dipendenti), il legislatore veneto non avrebbe potuto - in  contrasto
 con  l'art.  117 della Costituzione e coi principi fondamentali della
 normativa statale sulla riforma del pubblico impiego - "aggirare"  il
 gia'  ricordato  divieto di nuove assunzioni di personale consentendo
 l'immissione in ruolo (con procedure concorsuali  sostanzialmente  di
 favore) di dipendenti a tempo determinato non compresi tra quelli cui
 ha  tassativo riguardo l'art. 4-bis cit. (e da questo individuati con
 puntuale richiamo a ben precise disposizioni, tra le quali  l'art.  7
 legge 29 dicembre 1988, n. 554, in tema di reclutamento di lavoratori
 da  assumere,  a tempo determinato, per la realizzazione di specifici
 progetti-obbiettivo).
    Salvo, quindi, quanto si dira' avanti (in relazione all'art.  128)
 deve  riconoscersi  in contrasto con l'art. 117 della Costituzione la
 norma qui impugnata, giacche' questa mira ad estendere  l'eccezionale
 disposizione statale (autorizzatoria dell'assunzione in ruolo) ad una
 categoria  di personale, "incaricato" delle funzioni di assistente di
 biblioteca nei comuni con meno di 10.000 abitanti, che in nessun modo
 puo' essere parificata, o soltanto assimilata, a quella  dei  precari
 assunti  per la realizzazione di progetti-obiettivo a sensi dell'art.
 7 della legge n. 554/1988. Non solo,  infatti,  quella  categoria  e'
 considerata  da  una  norma regionale (l'art. 34, quinto comma, della
 l.r. 5 settembre 1984, n. 50) addirittura anteriore a quella  statale
 in  rilievo  cosi' da precludere, per cio' solo, ogni serio tentativo
 di  ricercare  una   sostanziale   corrispondenza   tra   "incaricati
 assistenti  di  biblioteca"  (in  base  alla  norma regionale cit.) e
 "dipendenti assunti  a  tempo  determinato"  per  compiti  precisi  e
 definiti   in  particolari  progetti;  ma  e',  poi,  risolutivo  per
 escludere  una  eadem  ratio  (che,  comunque,   di   per   se'   non
 legittimerebbe   -   come   pure   accennato  -  un'interferenza  del
 legislatore regionale sull'efficacia e sull'ambito di applicazione di
 una  norma  statale,  oltre  tutto  eccezionale)   il   rilievo   che
 l'assunzione  di "incaricati" assistenti di biblioteca e' chiaramente
 prevista - dalla legge regionale del 1984 - come soluzione congrua  e
 definitiva (in deroga a quella comportante, di norma, l'assunzione di
 personale  "a  titolo  stabile":  arg.  ex artt. 33 e 34, primo comma
 della l.r. ult. cit.) delle ordinarie esigenze di funzionamento delle
 biblioteche di piccoli  centri  (destinate  ad  operare  con  ridotto
 orario  di apertura al pubblico: art. 28, terzo comma, della l.r.), e
 non gia'  per  il  contingente  soddisfacimento  di  particoli  -  ed
 eccezionali   -  necessita'  di  uffici  pubblici  (com'e'  nel  caso
 dell'art. 7 della legge n. 554/1988 ed in quelli previsti dalle altre
 disposizioni richiamate nell'art. 4-bis della legge n. 236/1993).
    Cosi'  dimostra  (ad  abundantiam,  del  resto)  l'assenza  d'ogni
 ragionevole e fondato motivo dell'equiparazione istituita dalla norma
 impugnata,  e'  pure  dimostrata  la  violazione  dell'art. 117 della
 Costituzione e delle norme statali (anche eccezionali, come l'art. 4-
 bis piu' volte citato) costituenti principi fondamentali  in  materia
 di  razionalizzazione ed organizzazione amministrativa e del pubblico
 impiego (artt. 2 della legge n. 421/1992, 30, 31 e 32 del  d.lgs.  n.
 29/1993).
    3.2.  - Autonomo motivo di censura puo', del resto, formularsi con
 riguardo all'art. 128 della Costituzione.
    La materia dei "musei e biblioteche  degli  enti  locali"  non  si
 estende  a  comprendere il rapporto di lavoro del personale impiegato
 in tali strutture, che e' rapporto intercorrente con gli enti  locali
 eppero'  (estraneo  alle  attribuzioni  regionali e) ricompreso nella
 sfera  di  autonomia  dei  comuni  (da  esercitarsi  nell'ambito  dei
 principi fissati dalle leggi generali della Repubblica).
    Fermo, invero, che gli enti locali non sono assimilabili agli enti
 amministrativi  dipendenti  dalle  regioni (di cui all'art. 117 della
 Costituzione), deve osservarsi che le funzioni regionali  relative  a
 "musei  e  biblioteche di enti locali" sono, essenzialmente, funzioni
 di programmazione e coordinamento e non toccano  -  se  non  per  gli
 aspetti  organizzatori  generali  dei  relativi  servizi sociali - la
 gestione delle strutture (intese quali complesso di beni e persone).
    In tal senso, del resto, depongono (quanto alle  biblioteche)  gli
 artt.  24  e  25  della  stessa  legge  regionale  n. 50/1984, dianzi
 richiamata, che riconoscono agli enti locali la competenza -  tra  le
 altre - a determinare "l'ordinamento intero delle loro biblioteche" e
 "le  funzioni  del personale", richiedendo - bensi' - che la relativa
 regolametazione si uniformi ai criteri generali d'indirizzo stabiliti
 dalle norme  regionali,  ma  solo  agli  effetti  dell'ammissione  ai
 benefici da queste previsti.
    Fuori  dell'ambito  propriamente  attinente ai criteri generali di
 organizzazione e funzionamento delle strutture in parola (e nel quale
 puo' ricomprendersi  la  predeterminazione,  pur  essa  di  carattere
 generale,  dei requisiti del personale da utilizzare nel servizio) si
 colloca, dunque, la disciplina del rapporto di lavoro dei  dipendenti
 addetti  alla  biblioteche  comunali,  da ritenere oggetto del potere
 regolamentare  degli   enti   locali   (a   sua   volta   espressione
 dell'autonomia garantita dall'art. 128 della Costituzione).
    E  sara'  pure,  allora,  che sono state le stesse amministrazioni
 comunali interessate a richiedere pressantemente (come si legge nella
 relazione illustrativa della delibera legislativa impugnata) una "via
 d'uscita", che consentisse la sistemazione  definitiva  d'un  "numero
 limitatissimo  di  dipendenti  di enti locali": sta per certo, pero',
 che la norma regionale che la quale si e' inteso allestire simile via
 d'uscita si dimostra invasiva della sfera della autonomia  garantita,
 ai comuni, dall'art. 128 della Costituzione.
   Il  deducente, pertanto, chiede che sia dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale  della  delibera   legislativa   col   presente   atto
 impugnata.
    Saranno   prodotti,   in  copia,  il  testo  originario  e  quello
 riapprovato della legge regionale, il  provvedimento  governativo  di
 rinvio e la delibera di cui all'art. 31 della legge n. 87/1953.
      Roma, addi' 24 marzo 1995
                 Sergio LAPORTA, avvocato dello Stato
 
 95C0439