N. 395 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 aprile 1995

                                N. 395
 Ordinanza emessa il 18 aprile 1995 dalla corte d'appello di Catanzaro
 sui   ricorsi   riuniti  proposti  da  Parrotta  Domenico  contro  il
 presidente del consiglio  comunale  di  Pietrapaola  ed  altro  proc.
 Repubblica presso il tribunale di Rossano contro Parrotta Domenico ed
 altri.
 Elezioni - Ineleggibilita' alle cariche pubbliche di sindaco,
    assessore  e consigliere comunale di chi abbia riportato condanna,
    anche non definitiva,  per  un  delitto  concernente  l'uso  o  il
    trasporto    di   armi,   munizioni   o   materie   esplodenti   -
    Irrazionalita', disparita' di trattamento ed incidenza sul diritto
    di elettorato passivo per la mancata  previsione  normativa  delle
    ipotesi   di   porto   e  detenzione  e  la  mancanza  di  congrua
    determinatezza e tipizzazione delle fattispecie  assunte  a  causa
    ostativa del diritto di elettorato passivo stesso.
 (Legge 18 gennaio 1992, n. 16, art. 1, lett. a)).
 (Cost., artt. 3 e 51).
(GU n.27 del 28-6-1995 )
                          LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nei giudizi riuniti iscritti
 al n. 85 del ruolo generale  contenzioso  dell'anno  1995  aventi  ad
 oggetto  i  ricorsi  in  appello proposti rispettivamente da Parrotta
 Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Viceconte  e  dal
 procuratore  della  Repubblica presso il tribunale di Rossano in data
 17 gennaio 1995 nella causa elettorale vertente tra Parrotta Domenico
 e Vitale Giuseppe e presidente del consiglio comunale di Pietrapaola;
    Letti i ricorsi e gli atti tutti di causa;
    Udita la relazione del consigliere relatore;
    Uditi il  procuratore  del  ricorrente  Parrotta  ed  il  pubblico
 ministero  in  persona  del  dott.  Giuseppe Chiaravallotti, avvocato
 generale presso questa Corte;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                         Esposizione del fatto
    Alle elezioni amministrative del 20 novembre 1993 Parotta Domenico
 veniva eletto consigliere comunale nel comune di Pietrapaola e la sua
 elezione veniva convalidata dal consiglio.
    Con nota del 13 settembre 1994  il  prefetto  della  provincia  di
 Cosenza rimetteva al presidente del consiglio comunale di Pietrapaola
 copia di sentenza penale pronunciata dal tribunale di Rossano in data
 2  dicembre  1987,  irrevocabile  il  2 gennaio 1988, con la quale il
 Parrotta era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione
 e L. 200.000 di multa per il delitto di cui agli  articoli  12  e  14
 della  legge  n.  479/1974  per  avere  illegalmente portato in luogo
 pubblico un fucile da caccia cal.  16,  previo  riconoscimento  delle
 attenuanti  generiche  e  della diminuente di cui all'art. 5 legge n.
 897/1967.
    Al  Parrotta  veniva  concesso  il  beneficio  della   sospensione
 condizionale della pena inflitta.
    Il  prefetto  con  la  sopracitata  nota rilevava che alla stregua
 della condanna riportata dal Parrotta doveva  considerarsi  nulla  la
 sua  elezione  alla  suindicata  carica  ai sensi dell'art. 1, quarto
 comma, della legge 18 gennaio 1992, n. 16.
    Con  delibera  del  12  ottobre  1994  il  consiglio  comunale  di
 Pietrapaola  revocava  la  convalida  della  elezione  del Parrotta a
 consigliere  e  con  successiva  delibera  dello  stesso  giorno   lo
 surrogava col consigliere Vitale Giuseppe, primo dei non eletti nella
 stessa lista.
    Avverso  tali delibere proponeva ricorso, ai sensi dell'art. 9-bis
 e 82 della legge 16  maggio  1960,  n.  570,  il  Parrotta,  evocando
 davanti  al  tribunale di Rossano il Vitale Giuseppe e il sindaco del
 comune di Pietrapaola ed il presidente  di  quel  consiglio  comunale
 perche'  venisse  dichiarata la nullita' o invalidita' delle suddette
 delibere e  dichiarata  la  insussistenza  della  ritenuta  causa  di
 ineleggibilita',   con   conseguente   obbligo   del   consiglio   di
 reintegrarlo    immediatamente    nella    carica    con     sentenza
 provvisoriamente esecutiva.
   Nel costituirsi con propria memoria, il p.m. sollevava questione di
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, lettera a) della legge 18
 gennaio 1992, n. 16, recante "norme in materia di elezione  e  nomine
 presso  le  regioni e gli enti locali", nella parte in cui stabilisce
 che non possono essere candidati a ricoprire le cariche ivi  indicate
 coloro  che hanno riportato condanna per delitto "concernente l'uso o
 il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti", in riferimento
 agli articoli 3 e 51 della Costituzione.
    Con la suindicata sentenza il tribunale di Rossano  ha  dichiarato
 la   manifesta   infondatezza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale sollevata dal p.m. e, nel  merito,  ha  rigettato  per
 infondatezza il ricorso proposto dal Parrotta.
    Con  i  proposti  gravami  il  Parrotta  ha  censurato l'impugnata
 decisione per aver i primi giudici erroneamente interpretato la norma
 contenuta  nell'art.  1,  comma  quarto,  della  legge   n.   16/1992
 assimilando la fattispecie di porto abusivo di arma comune con quella
 di  "uso  di  trasporto"  prevista  dalla  citata legge ed il p.m. ha
 riproposto  all'attenzione  di   questa   Corte   la   questione   di
 legittimita' costituzionale erroneamente disattesa dai primi giudici,
 richiedendo,   in   subordine,  in  riforma  dell'impugnata  sentenza
 l'annullamento della delibera consiliare del 12 ottobre 1994  con  le
 conseguenziali statuizioni reintegratorie di legge.
                        Motivi della decisione
    Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rossano ha,
 con   il   ricorso   in   appello,   riproposto   la   questione   di
 incostituzionalita'   sollevata   in   primo   grado   e   dichiarata
 manifestamente infondata dai primi giudici, osservando specificamente
 che:
      gli  impedimenti  al diritto di elettorato passivo, per un verso
 devono rispettare il principio di uguaglianza sancito dall'art.  3  e
 ribadito  dall'art.  51  della Carta fondamentale e, per altro verso,
 non possono estendersi  e  dilatarsi  oltre  il  limite  strettamente
 necessario   a  garantire  l'interesse  pubblico,  giacche',  per  il
 succitato art. 51 della Costituzione, "l'eleggibilita' e' la  regola,
 la ineleggibilita' l'eccezione";
      che il legislatore del 1992, laddove, modificando i commi primo,
 secondo,  terzo  e  quarto dell'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n.
 55, ha sancito, all'art. 1, lettera a), della legge 18 gennaio  1992,
 n.  16,  la ineleggibilita' alle cariche pubbliche ivi indicate - tra
 cui quelle a sindaco, assessore e  consigliere  comunale  -  per  chi
 abbia  riportato  condanna, anche non definitiva, tra l'altro "per un
 delitto concernente l'uso o il trasporto di armi, munizioni o materie
 esplodenti", si  e'  sottratto  all'ineludibile  obbligo  di  congrua
 determinatezza  o  tipizzazione  delle  fattispecie  assunte  a causa
 ostativa all'esercizio del fondamentale diritto  pubblico  soggettivo
 di elettorato passivo.
    La   questione,   contrariamente  alle  argomentazioni  dei  primi
 giudici, a parere di questa Corte e' rilevante e  non  manifestamente
 infondata.
    Puo'  fondatamente dubitarsi che la norma sopra richiamata, avendo
 il legislatore previsto quale causa di  ineleggibilita'  la  condanna
 riportata  per un delitto "concernente l'uso o il trasporto di armi",
 espressione quest'ultima del tutto generica e suscettibile di  essere
 oggetto  di  interpretazione  sino a ricomprendere le situazioni piu'
 diverse, si pone in contrasto sia con  il  principio  di  uguaglianza
 sancito  dall'art.  3 della Costituzione e sia con il successivo art.
 51 che recita "tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso  possono
 accedere  agli  uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni
 di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti della legge".
    Gia'   con   altra   pronuncia  del  28  novembre  1972  la  Corte
 costituzionale, in fattispecie analoga,  rilevava  quanto  segue:  e'
 vero che l'art. 51 della Costituzione rimette alla legge di stabilire
 i  requisiti  di eleggibilita', i quali possono essere cosi' positivi
 come  negativi  ed  ostativi,  ma   proprio   perche'   quest'ultimi,
 risolvendosi   in   causa  di  ineleggibilita',  formano  altrettante
 eccezioni al generale e fondamentale principio, enunciato in apertura
 dello  stesso  art.  51,  del  libero  accesso,  in   condizioni   di
 uguaglianza,   di   tutti  i  cittadini  alle  cariche  elettive,  e'
 necessario che siano  tipizzati  dalla  legge  con  determinatezza  e
 precisione  sufficienti ad evitare, quanto piu' possibile, situazioni
 di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni,  soluzioni
 giurisprudenziali  contraddittorie,  che  finirebbero  per  incrinare
 gravemente, in fatto, la proclamata pari capacita' elettorale passiva
 dei cittadini.
    Sulla base di tali principi non possono non condividersi i profili
 di incostituzionalita'  della  norma  sopra  richiamata  dai  confini
 estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in
 sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni piu' diverse e
 meno gravi tali da non giustificare ragionevolmente l'ineleggibilita'
 dovendosi convenire che:
      la  dizione lessicale del dettato normativo "delitti concernenti
 l'uso e trasporto di armi" non consente di  individuare  univocamente
 le  specifiche  fattispecie  di  reato per le quali il legislatore ha
 inteso riservare la causa  di  ineleggibilita'  dovendosi,  comunque,
 rilevare che l'espressione "uso di armi" non puo' essere assunta come
 equivalente  a  quella  di  porto e detenzione di armi giacche' usare
 un'arma e' cosa diversa dal mero portarla o dal semplice detenerla  o
 trasportarla  sia  sotto  il profilo lessicale e sia sotto il profilo
 concettuale e della  sua  specifica  accezione  giurisprudenziale  ed
 anche legislativa;
      la  mancata  previsione  normativa  delle  ipotesi  di  porto  e
 detenzioni di armi e l'utilizzazione della generica espressione  "uso
 o  trasporto" non esclude l'intenzione del legislatore di individuare
 altre  ipotesi  ostative  all'esercizio  del  diritto  di  elettorato
 passivo  o  l'esclusione  di  determinate  fattispecie criminose meno
 gravi  dovendosi  rilevare   che   nell'applicazione   interpretativa
 restrittiva  di detta norma sarebbe eleggibile alle precitate cariche
 rappresentative chi ad esempio abbia riportato condanna per il  grave
 reato  di  porto  abusivo  di  arma  da guerra (art. 4 della legge n.
 895/1967 e successive  modificazioni:  pena  sino  a  dieci  anni  di
 reclusione), mentre sarebbe ineleggibile chi abbia riportato condanna
 per il piu' lieve delitto di semplice trasporto di armi, nell'ipotesi
 prevista  dall'art.  18 della legge n. 110/1975 (pena sino ad un anno
 di  reclusione)  e,  di  contro,  ad   un'interpretazione   estensiva
 verrebbero  accomunate  in  una stessa gravissima sanzione ipotesi di
 ben  diversa  rilevanza  nei  limiti   rigorosamente   necessari   al
 soddisfacimento  delle esigenze di pubblico interesse, ricollegantesi
 alle funzioni elettorali (col condannato per gravi reati di  porto  e
 detenzioni  di  armi,  munizioni,  esplosivi,  aggressivi  chimici  e
 congegni micidiali di guerra,  sarebbe  ugualmente  ineleggibile,  ad
 esempio,  l'incauto  erede  che  non  abbia  provveduto  a nuovamente
 denunciare l'arma gia' denunciata dal sua dante causa).
    Conclusivamente   deve   convenirsi   che  la  norma  in  oggetto,
 introducendo nell'ordinamento cause di ineleggibilita' non  tipizzate
 con  precisione  e determinatezza, porta inevitabilmente a situazioni
 di persistente  ed  irrisolvibile  incertezza,  lasciando  spazio  ad
 interpretazioni piu' varie ed a decisioni, nella pratica giudiziaria,
 contrastanti  e  gia'  verificatisi nell'ambito di questo circondario
 avendo il tribunale di Castrovillari, in  fattispecie  identica,  con
 sentenza  evocata  dallo  stesso ricorrente in prime cure ed allegata
 agli atti, accolto il  ricorso  evidenziando  nella  motivazione  che
 allorquando  la  legge  n.  16/1992 parla di uso e trasporto di armi,
 essendo tali fatti sufficientemente determinati e non comparabili  (e
 men  che  meno  equiparabili)  a condotte, seppure simili, ampiamente
 differenti sia oggettivamente che soggettivamente, non  e'  possibile
 intendere   quei   termini   in   accezione  diverse,  piu'  ampie  o
 semplicemente analogiche.
    La Corte,  pertanto,  riconosciuta  la  rilevanza  ai  fini  della
 decisione  del  ricorso in appello e della non manifesta infondatezza
 delle suindicate questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 1,  lettera  a) della legge 18 gennaio 1992, n. 16 nella parte in cui
 stabilisce che non possono essere candidati a  ricoprire  le  cariche
 ivi   indicate  coloro  che  hanno  riportato  condanna  per  delitto
 concernente l'uso  o  il  trasporto  di  armi,  munizioni  o  materie
 esplodenti,  in  riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione,
 sospende il giudizio in corso e rimette le questioni stesse all'esame
 della  Corte   costituzionale,   ai   sensi   dell'art.   134   della
 Costituzione,  dell'art.  1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata, in relazione agli  articoli
 3   e   51   della   Costituzione,   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 1, lettera a) della legge 18  gennaio  1992,
 n. 16, nella parte in cui stabilisce che non possono essere candidati
 a  ricoprire  le  cariche  ivi  indicate  coloro  che hanno riportato
 condanna per delitto "concernente  l'uso  o  il  trasporto  di  armi,
 munizioni o materie esplodenti";
    Per l'effetto sospende il giudizio in corso;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti  in
 causa  ed  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Cosi' deciso in Catanzaro nella camera di consiglio  del  giorno
 18 aprile 1995.
                         Il presidente: TUCCIO
                                      Il consigliere estensore: ARCURI
 95C0784