N. 401 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 1995
N. 401 Ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Pordenone nel procedimento penale a carico di Fabi Costantino Pena - Offesa all'onore e al prestigio del Presidente della Repubblica - Trattamento sanzionatorio - Previsione di una pena minima edittale di un anno di reclusione - Lamentata eccessiva afflittivita' rispetto al disvalore del fatto - Lesione del principio di proporzionalita' e della funzione rieducativa della pena - Richiamo alla sentenza n. 341/1994. (C.P., art. 278). (Cost., art. 27, terzo comma).(GU n.27 del 28-6-1995 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Nel procedimento n. 1371/1993 a carico di Fabi Costantino il giudice dell'udienza preliminare nel corso dell'udienza preliminare del 30 marzo 1995 ha emesso la seguente ordinanza, dandone lettura alle parti. A seguito della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal p.m. Fabi Costantino veniva tratto all'udienza preliminare per rispondere del reato di cui all'art. 278 del c.p. in questa sede otteneva di essere ammesso, con il consenso della pubblica accusa, al rito abbreviato, ritenendo questo giudice definibile il processo allo stato degli atti. In sede di discussione la difesa sollevava eccezione d'incostituzionalita' dell'art. 278 del c.p. per violazione degli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione nella parte in cui prevede un minimo edittale di pena di anni uno di reclusione. Sulla scorta delle risultanze processuali, in particolare la registrazione della seduta del consiglio comunale di Maniago tenutasi il 27 ottobre 1993 e la trascrizione integrale dell'intervento del consigliere Fabi Costantini, risulta pacifico che l'imputato, nel corso di tale seduta, nel mentre esprimeva il proprio convincimento sul venir meno di una maggioranza di giunta, incidentalmente e reiteratamente, divagando sull'argomento all'ordine del giorno, apostrofava il Presidente della Repubblica con l'espressione "campanaro di seconda mano" aggiungendo "e' uno che prende la pensione di magistrato di Corte Suprema avendo fatto il magistrato per un anno" e che "ha parlato con Poggiolini per i farmaci ..". Ritenuto che correttamente il fatto e' stato qualificato ai sensi dell'art. 278 del c.p. che sanziona l'offesa all'onore o al prestigio del Capo dello Stato, il giudice dell'udienza preliminare e' quindi chiamato a decidere se la condotta contestata e sussistente, sia penalmente rilevante in quanto lesiva del bene giuridico tutelato dall'art. 278 del c.p., dovendo, in caso affermativo, irrogare la pena prevista da detta norma. Le frasi pronunciate dall'imputato, in particolare l'insinuazione e l'allusione a connivenze non meglio precisate tra il Capo dello Stato e l'ormai tristemente famoso Poggiolini per questioni attinenti ai farmaci, non vi e' dubbio che siano state dette allo scopo di gettare ombre sull'onesta' e l'integrita' morale del Presidente, tanto e' vero che il Fabi concludeva il proprio intervento con l'esclamazione "se questo e' uno Stato ed ha un cosi' fatto Capo, sono orgoglioso di essere denunciato e di prendere le manette per aver detto queste parole". La questione avanzata dalla difesa deve pertanto ritenersi rilevante potendosi ravvisare nelle espressioni profferite l'idoneita' a menomare il prestigio ed il decoro del Capo dello Stato nella piena consapevolezza e volonta' da parte dell'imputato di recare offesa sia all'individualita' privata che all'istituzione rappresentata dalla persona del Presidente. La questione nei termini in cui e' stata prospettata deve inoltre ritenersi non manifestamente infondata apparendo il minimo edittale previsto dall'art. 278 del c.p. assolutamente sproporzionato in eccesso, proprio alla luce della mutata coscienza sociale e morale rispetto al momento storico e culturale in cui e' entrato in vigore il codice penale. Non puo' che richiamarsi in proposito e recepirsi integralmente le considerazioni gia' ampiamente svolte dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 343 e 422 del 1993 e, da ultimo, nella sentenza n. 341 del 1994. Dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 341 del c.p. nella parte in cui prevedeva come minimo edittale la reclusione per mesi sei, la Corte infatti osservava come la discrezionalita' del legislatore nel determinare la quantita' e qualita' della sanzione penale debba in ogni caso rispettare il limite della raginevolezza e, piu' in generale, debba adeguarsi al principio di proporzionalita' tra le finalita' statuali di difesa sociale e di prevenzione perseguite con l'irrogazione della pena ed i sacrifici imposti da questa sanzione estrema ai diritti fondamentali dell'individuo, concludendo per l'illegittimita' di tutte quelle incriminazioni che, attraverso la sanzione penale, "producono danni alla persona ed alla societa' sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la tutela dei beni e valori offesi dalle predette incriminazioni" (sentenza n. 409/1989). Sotto questo profilo se puo' ritenersi ragionevole la previsione di un diverso trattamento sanzionatorio per il delitto di vilipendio del Presidente della Repubblica rispetto ai reati di cui agli artt. 341, 594 e 595 del c.p. in quanto l'art. 278 del c.p., lungi dal violare il principio della pari dignita' sociale dei cittadini, punisce non solo la lesione ai beni comuni di ogni persona, ma anche quella al prestigio della istituzione, recando quindi, l'azione del colpevole, offesa alla stessa personalita' dello Stato, non sembra tuttavia giustificabile che, in ragione della sola plurioffensivita' del reato, alcuni casi di minimale valenza per il tenore delle espressioni usate, il contesto in cui sono state pronunciate, la qualita' soggettiva dell'autore del reato, pur determinando una lesione oggettivamente lieve all'interesse giuridico tutelato, vengano sanzionati con pene cosi afflittive anche nel minimo edittale e tali da consentire addirittura l'arresto in flagranza ai sensi dell'art. 381 del c.p.p. Una sanzione cosi' sproporzionata rispetto all'effettiva offensivita' del fatto-reato verrebbe, invero, a contrastare con la finalita' rieducativa della pena che, come statuisce la stessa Corte, "non puo' essere limitata alla sola fase dell'esecuzione, ma costituisce una delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e l'accompagnano da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue: tale finalita' rieducativa, implica pertanto un costante principio di proporzione tra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte, ed offesa, dall'altra" (sentenza n. 313/1990, nn. 343 e 422 del 1993). In particolare la stessa Corte nella sentenza n. 343 del 1993 richiamata dalla sentenza n. 341/94, riconosce che "la palese sproporzione del sacrificio della liberta' personale provocata dalla previsione di una sanzione penale manifestamente eccessiva rispetto al disvalore dell'illecito produce una vanificazione del fine rieducativo della pena prescritto dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione, che di quella liberta' costituisce una garanzia istituzionale in relazione allo stato di detenzione". Sulla base di questi presupposti si puo' pertanto affermare che la previsione di anni uno di reclusione come minimo edittale e quindi come pena inevitabile e non superabile anche per le piu' modeste infrazioni dell'art. 278 del c.p. non e' piu' rispondente al comune sentire e che di questo mutato contesto sociale, culturale, morale e giuridico deve necessariamente tenersi conto in quel giudizio di bilanciamento di interessi che presiede alla determinazione della misura della sanzione penale. L'eliminazione del minimo edittale, gia' statuito per il reato di oltraggio, consentirebbe pertanto, ed in attesa dell'auspicabile intervento del legislatore, di riaffermare in tutti i casi il principio di proporzione tra la effettiva lesione del bene giuridico tutelato ed una risposta sanzionatoria adeguata e conforme alla funzione rieducativa della pena.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, la questione di costituzionalita' dell'art. 278 del c.p. nella parte in cui prevede un minimo edittale di pena di anni uno di reclusione; Sospende il presente procedimento; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pordenone, addi' 30 marzo 1995 Il giudice: FASAN 95C0790