N. 408 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 1995

                                N. 408
 Ordinanza emessa il 22 febbraio 1995 dal pretore di Reggio  Calabria,
 sezione  distaccata  di  Melito  Porto  Salvo nel procedimento civile
 vertente tra Ricca Fulvio e il comune di Napoli ed altro
 Esecuzione forzata - Obbligazioni pecuniarie - Crediti nei confronti
    della p.a. (nella specie: Comune) - Limiti -  Ammissibilita'  solo
    per  le  somme  giacenti  presso  il  Tesoriere  e  non  destinate
    all'assolvimento di un pubblico servizio - Inammissibilita'  anche
    per  le  somme affluite in contabilita' speciale presso le sezioni
    decentrate   di   bancoposta   e  delle  tesorerie  provinciali  -
    Rilevabilita' d'ufficio di detti vizi - Attribuzione alla p.a.  di
    strumenti processuali privilegiati rispetto ai privati cittadini -
    Lesione  dei principi di par condicio creditorum, di uguaglianza e
    di difesa.
 (Legge 19 marzo 1993, n. 68, art. 11, punto 1-bis; legge 29 ottobre
    1984, n. 720, art. 1-bis, punto 4-bis).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.27 del 28-6-1995 )
                              IL PRETORE
    Sciolta la riserva precede:
    Visti gli atti ed i verbali di udienza nella causa civile promossa
 dal comune di Napoli, in persona del sindaco pro-tempore, on. Antonio
 Bassolino, rapresentato e difeso dagli avv.ti  Fulvio  Santoro,  Aldo
 Ruperto e Pietro Catanoso, nello studio di quest'ultimo elettivamente
 dom.to, debitore opponente, contro l'avv. Fulvio Ricca, elettivamente
 dom.to  in Reggio Calabria presso lo studio dell'avv. Filippo Malara,
 che lo rappresenta e difende nel presente  giudizio  per  mandato  in
 atti;    creditore    opposto,   avente   per   oggetto   opposizione
 all'esecuzione;
    Ritenuto che le eccezioni formulate dal debitore opponente, comune
 di Napoli circa l'inammissibilita' ex art. 11, 1-bis, della legge  n.
 68/1993  della  esecuzione  forzata  promossa dall'avv. Fulvio Ricca,
 nonche' l'esistenza di un presunto vizio rilevabile d'ufficio ex art.
 1-bis, punto 4-bis, della legge n.   720/1984, appaiono tali  da  far
 presumere  l'esistenza  di  vizi  di costituzionalita' della legge n.
 68/1993 per i seguenti motivi:
    1. - Difformita' del criterio disciminativo  della  pignorabilita'
 delle   somme   rispetto   alla  sentenza  n.  138/1981  della  Corte
 costituzionale e all'orientamento giurisprudenziale  della  Corte  di
 cassazione.
    La  sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 138/1981 ha sancito
 l'ammissibilita' delle esecuzioni forzate nei confronti  della  p.a.,
 con  l'unico limite dei beni e delle somme destinate per loro natura,
 legge  ed  atto  amministrativo,  all'assolvimento  di  un   pubblico
 servizio. Questo per garantire l'interesse generale preminente che la
 p.a. ha di assolvere ai propri scopi istituzionali.
    Al   di   fuori   di   questo  limite  non  potrebbero  ammettersi
 discriminazioni di carattere processuale e/o sostanziale che  pongano
 la  p.a.  su  un  piano  di privilegio rispetto al privato cittadino,
 quando  i  rapporti  controversi  abbiano   carattere   squisitamente
 privatistico.
    Di  converso,  l'art.  11  della  legge n. 68/1993 nelle sue varie
 articolazioni, avrebbe limitato l'esercizio del diritto di difesa del
 privato nei confronti della p.a., in quanto viene a  questi  precluso
 l'utilizzo  degli  strumenti  processuali previsti dal codice di rito
 relativi all'esecuzione forzata dei giudicati di condanna.
    Orbene, mentre il primo comma dell'art. 11 della  legge  n.68/1993
 non   presenterebbe,   ictu   oculi,   questioni   di  illegittimita'
 costituzionale, in quanto indica partitamente quali  siano  le  somme
 soggette  ad esecuzione forzata ed impone, all'ente debitore, l'onere
 di far valere  le  relative  eccezioni  con  gli  strumenti  ordinari
 delI'opposizione  all'esecuzione  ex  art.  615 (cfr. circ. 20 F.L in
 Gazzetta Ufficiale n. 180/1993, altrettanto non  puo'  dirsi  per  la
 parte  successiva  della  norma.  Essa,  infatti,  fornisce  all'ente
 pubblico strumenti assolutamente inediti, in contrasto con i principi
 costituzionali di par condicio creditorum, di uguaglianza, di difesa,
 laddove dichiara  l'inammissibilita'  di  esecuzioni  forzate  presso
 soggetti  diversi dal tesoriere. Lo stesso e' a dirsi per il punto 4-
 bis della legge n. 720/1984 (comma  cosi'  aggiunto  dalla  legge  n.
 68/1993  di  conversione  del d.-l. 18 gennaio 1993 n. 8, che esclude
 l'ammissibilita' di esecuzioni forzate presso le  sezioni  decentrate
 del  bancoposta o della sezione di tesoreria provinciale dello Stato,
 con la sanzione di nullita' rilevabile d'ufficio.
    Ora, se e' pur vero che questa situazione di privilegio  conferita
 all'Amministrazione  costituisce  uno  ius  singulare, motivato dalle
 esigenze contigibili ed urgenti di ovviare  allo  stato  di  dissesto
 degli  enti  pubblici  territoriali,  e'  altrettanto vero che non si
 possono comprimere o, quel che e' peggio, sacrificare,  senza  limiti
 di  tempo,  i  principi  costituzionalmente  protetti  del diritto di
 difesa ex art. 24 della Costituzione e di eguaglianza ex art. 3.
    2. - Rilevabilita' di ufficio dei vizi della  procedura  esecutiva
 contro  la  p.a.:  Profili  di  incostituzionalita'  ex  art. 3 della
 Costituzione.
    I vizi delle procedure esecutive devono necessariamente ricondursi
 agli artt. 615 e 617 del c.p.c. ed il nostro diritto processuale  non
 conosce  vizi  rilevabili  d'ufficio  che  non  siano quelli previsti
 espressamente dal codice di rito. Questo sistema  normativo  dovrebbe
 applicarsi  nel nostro ordinamento a tutti i soggetti giuridici e non
 pare opportuno  e  costituzionalmente  corretto  che  il  legislatore
 discrimini  i  soggetti privati dalla p.a., attribuendo solo a questo
 soggetto degli  strumenti  processuali  inediti  e  certamente  molto
 efficaci.
    Appare  evidente  che la normativa dell'art. 11, 1-bis e dell'art.
 1-bis, punto 4-bis, della legge n. 720/1984, non  solo  opera  questa
 discriminazione  processuale  irrazionale  tra i diversi soggetti, ma
 sembra fatta apposta anche  per  eludere  le  disposizioni  circa  la
 pignorabilita' dei beni degli enti pubblici.
    Infatti,  la  non  ammissibilita'  delle esecuzioni forzate presso
 soggetti diversi dal tesoriere (o presso le  sezioni  decentrate  del
 bancoposta)  comporta  una impignorabilita' di fatto di tali beni non
 per la loro destinazione ai fini istituzionali dell'ente, ma  per  la
 lor  collocazione  presso un soggetto che non puo' essere considerato
 terzo anche se detiene somme pignorabili  per  loro  natura,  (e  non
 sarebbero nemmeno ammissibili pignoramenti presso il debitore, qui il
 contrasto  della  normativa  con  la  fattispecie  della  sentenza n.
 138/1981 e' notevole).
    Se si considera che all'ente pubblico fanno  capo  una  molteplice
 serie  di  rapporti  obbligatori attivi, molti dei quali di carattere
 privato, e che  i  titoli  di  spesa  devono  necessariamente  essere
 estinti  per  mezzo  dei c/c postali in virtu' dell'art. 67-bis della
 legge di contabilita' di Stato integrato ora dall'art. 13 del  d.P.R.
 n.  367/1994  (cfr.  Sole 24 ore del 4 gennaio 1994, articolo a firma
 Roberto Galullo), non si capisce come possano impedirsi le esecuzioni
 forzate presso le sezioni decentrate del bancoposta, senza che vi sia
 un criterio che discrimini a monte le  varie  entrate  dell'ente,  in
 ragione  della  loro  natura  o destinazione agli scopi istituzionali
 dell'ente.
    Nemmeno  la  normativa  in  corso  di approvazione, (d.lgs. del 21
 dicembre 1994 sul nuovo ordinamento della finanza locale,  cfr.  art.
 123  con  la  normativa  oggi censurata), che vede il tesoriere quale
 depositario di tutte le entrate del comune, puo' giustificare la  sua
 legittimazione   esclusiva  quale  terzo  pignorato.  I  rapporti  di
 deposito e di altro, i canoni di locazione ed i  pagamenti  fatti  da
 privati   a   titolo  diverso  dalle  entrate  tributarie,  diventano
 assolutamente impignorabili in virtu' dell'effetto  preclusivo  della
 norma che oggi si censura di costituzionalita'.
    Anche  se il creditore opposto ha fatto rilevare che solo le somme
 affluite nelle contabilita' speciali  sono  impignorabili  presso  le
 sezioni  decentrate del bancoposta, pena la nullita' rilevabile anche
 d'ufficio,  non  si  capisce  in  virtu'  di  quale  principio  certe
 determinate somme possano essere pignorabili presso un soggetto e non
 pignorabili presso altro soggetto.
    Non  si  riesce nemmeno a comprendere come le due norme si possano
 coordinare tra di loro, perche' l'art. 11, 1-bis  si  dovrebbe  porre
 come  norma  di  assoluto  sbarramento rispetto a quella del punto 4-
 bis, o questa si porrebbe come specificazione della prima?
    Per concludere, questo pretore rileva che il legislatore e' libero
 di  emanare  norme   di   carattere   sostanziale   che   determinino
 l'impignorabilita'   dei   beni   della  p.a.,  (secondo  i  principi
 generali), ma non e' altrettanto libero di emanare norme  processuali
 atipiche  che  incidano sul diritto di difesa e quindi di eguaglianza
 del  cittadino  offrendo  alla  p.a.  strumenti  tali  da  precludere
 l'esercizio stesso di tali diritti.
                               P. Q. M.
    Questo pretore ritiene:
       1)  che  le  eccezioni  proposte dall'opposto circa la presunta
 incostituzionalita' dell'art. 11 1-bis della legge n.  68/1993  siano
 rilevanti e non manifestatamente infondate;
       2)  di  sollevare  anche d'ufficio la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1-bis, punto 4-bis della legge n.  720/1984,
 nella parte  in  cui  prevede  l'esistenza  di  un  vizio  rilevabile
 d'ufficio   per   i  pignoramenti  caduti  sulle  somme  affluite  in
 contabilita' speciale degli in enti in tabella A della stessa  legge,
 con   terzo   le   sezioni  decentrate  del  Bancoposta,  precludendo
 l'ammissibilita' delle esecuzioni  forzata  presso  questo  soggetto,
 perche' queste norme, mediante strumenti processuali atipici, eludono
 i  principi  della  pignorabilita' delle somme e dei beni pubblici in
 virtu' della loro idoneita'  a  realizzare  gli  scopi  istituzionali
 dell'ente,  ponendosi  cosi'  in  violazione degli artt. 3 e 24 della
 Costituzione.
    Sospende il giudizio de qua e dispone che la cancelleria trasmetta
 alla Corte  costituzionale  il  fascicolo  e  notifichi  la  presente
 ordinanza alle parti ed a tutti i destinatari previsti dalla legge.
      Cosi' deciso in Melito Porto Salvo, addi' 22 febbraio 1995
                       Il v.p.o. - g.e.: PALERMO
 
 95C0797